Alternatore -- tecnologia

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Alternatore -- tecnologia
ALTERNATORE
Principio di funzionamento e tecnologia delle macchine sincrone
Vengono chiamate macchine sincrone tutte le macchine a corrente alternata (generatori e motori), la
cui velocità di funzionamento è rigidamente legata alla frequenza della tensione generata o applicata ai
morsetti. Considerate nel funzionamento come generatori di corrente alternata le macchine sincrone
vengono comunemente indicate col nome di alternatori ; considerate invece nel funzionamento come
motori, esse prendono il nome di motori sincroni.
Tanto gli alternatori che i motori sincroni corrispondono al medesimo principio costruttivo basato
(come nelle macchine a corrente continua) sul fenomeno della induzione elettromagnetica, che viene ad
esplicarsi attraverso un movimento uniforme di rotazione relativa fra un campo magnetico induttore e un
sistema di conduttori indotti opportunamente collegati fra loro.
Per realizzare il movimento relativo tra sistema induttore e sistema indotto, le macchine sincrone
sono costituite da una parte fissa denominata statore e da una parte rotante denominata rotore.
Nelle macchine sincrone l'avvolgimento indotto viene disposto sullo statore, sul rotoreviene montato
il sistema induttore, che deve essere convenientemente eccitato da una sorgente ausiliaria di corrente
continua. È questa, una sostanziale semplificazione costruttiva, la quale viene offerta dal fatto che nelle
macchine sincrone non è richiesta la presenza del collettore a lamelle che caratterizza tutte le macchine
a corrente continua.
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Nelle macchine sincrone infatti le f.e.m. indotte nei conduttori attivi vengono direttamente prelevate e
utilizzate nella forma alternata in cui si generano; non c‘è dunque alcun bisogno di procedere al
raddrizzamento di esse rispetto al circuito esterno. Viene con ciò a cadere l'esigenza pratica che si
presenta nelle macchine a corrente continua, di far ruotare l'indotto e il collettore al fine di tenere fisse le
spazzole. Una tale semplificazione determina il vantaggio essenziale di rendere assai più agevole e
sicura la soluzione dei problemi inerenti all'isolamento e al saldo fissaggio dell'avvolgimento indotto, il
quale viene ad essere costituito dal semplice collegamento in serie di un certo numero di conduttori
attivi : i capi liberi di questa serie vengono direttamente e rigidamente collegati ai morsetti di statore
della macchina. Ciò rende possibile la generazione diretta di tensioni e correnti (e quindi potenze) assai
più elevate di quelle realizzabili nelle macchine a corrente continua, nelle quali il prelievo (o
l'immissione) dell'intera potenza deve essere effettuata attraverso i contatti striscianti delle spazzole sul
collettore a lamelle ; i soli contatti striscianti delle macchine sincrone risultano così rappresentati da due
semplici anelli isolati calettati sull'asse del rotore, per l'adduzione della corrente continua di eccitazione
agli avvolgimenti magnetizzanti investiti sui poli induttori La costruzione a indotto fisso consente
inoltre di risolvere nel migliore dei modi (per le grandissime unità), i1 problema del raffreddamento dei
conduttori attivi, mediante circolazione interna di adeguati fluidi refrigeranti gassosi o liquidi, quali
idrogeno, olio o acqua distillate : tutto ciò ha consentito di elevate i limiti di potenza delle macchine
sincrone fino a molte centinaia di MV A con tensioni di macchina fino a 30 kV ed oltre.
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Principio di funzionamento e tecnologia delle macchine sincrone
Sulla base dei criteri esposti, le macchine
sincrone assumono una configurazione
strutturale del tipo rappresentato
schematicamente nella fig. 1 relativa ad una
macchina monofase a quattro poli.
In ogni caso il sistema induttore, calettato
sull'albero di rotazione della macchina, è
costituito fondamentalmente da una corona
di acciaio fuso o fucinato, dalla quale
sporgono radialmente verso l'esterno i
diversi poli , ciascuno costituito da un
nucleo e da una espansione polare
convenientemente sagomata.
Fig. 1 - Schema di alternatore monofase a quattro poli.
L'insieme della corona e dei poli costituisce la ruota polare. Sui nuclei dei poli sono avvolte
altrettante bobine magnetizzanti le quali vengono percorse dalla corrente di eccitazione in verso tale
da creare lungo la corona una successione di polarità nord e sud. Le varie bobine sono tutte
collegate in serie fra loro e gli estremi della serie sono collegati a due anelli montati sull'albero di
rotazione sui quali strisciano le spazzole per l'adduzione della corrente di eccitazione.
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Principio di funzionamento e tecnologia delle macchine sincrone
Quest'ultima viene comunemente fornita da una
apposita dinamo eccitatrice, spesso montata di
sbalzo sullo stesso albero della macchina
sincrona. Si comprende che la potenza impegnata
per il servizio di eccitazione è sempre una
piccola frazione della intera potenza nominale
della macchina, generalmente dell'ordine dal 2 %
a meno dello 0,5 % dalla piccole alle grandi
unità.
Il sistema indotto consta a sua volta di una
corona statorica, costruita in lamierini magnetici
isolati, che si sviluppa coassialmente al rotore
per tutta la lunghezza dei poli.
Nella superficie cilindrica interna di questa corona sono intagliati i canali o cave, entro i quali
vengono collocati i conduttori attivi che compongono l'avvolgimento indotto.
Per mezzo di un motore primo adeguato la ruota polare viene mantenuta in rotazione ad una
velocità angolare costante Ω. II flusso magnetico che emana dai poli viene a scorrere lungo il traferro,
e così muovendosi taglia i conduttori attivi di indotto allogati entro le cave di statore.
In ciascuno di questi conduttori si genera in tal modo una f.e.m. indotta.
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Poiché il campo induttore che scorre lungo l'intraferro è caratterizzato da una successione di poli
magnetici di nome opposto, ne deriva che tali f.e.m. indotte risultano in ogni caso di forma alternata,
con una frequenza f pari al numero dei campi completi (nord e sud) che tagliano ciascun conduttore
ad ogni secondo. Infatti ad ogni coppia di poli nord e sud che scorre di fronte a un conduttore indotto
corrisponde un periodo della f.e.m. indotta ; se il sistema induttore presenta p coppie di poli si
avranno p periodi per ogni giro; pertanto, se n è il numero di giri al primo compiuti dal rotore, la
frequenza generata sarà. :
f =
p⋅n
60
È questa la fondamentale e semplice relazione che lega rigidamente tra loro il valore della frequenza e il
numero di giri delle macchine sincrone. La relazione inversa
n=
60 ⋅ f
p
determina la velocità di sincronismo in giri al primo corrispondente alla frequenza f, per tutte le
macchine sincrone aventi p coppie di poli.
Questa stessa velocità può essere espressa, in radianti al secondo, anche in funzione della
pulsazione generata ω = 2 π f : poiché la velocità angolare ha il valore , Ω = 2 ⋅ π ⋅ n
60
risulta immediatamente la relazione :
ω
Ω=
p
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Si constata così in ogni caso che, assegnate la frequenza o la pulsazione, la macchina risulterà tanto
più lenta quanto maggiore è il numero di poli.
Se la macchina è destinata a funzionare come generatore, il numero dei poli viene scelto mettendo in
relazione la frequenza che si vuol produrre con la velocità che si presenta più conveniente per il tipo di
motore prima utilizzato per trascinare l'alternatore.
I motori primi che sono correntemente usati nelle centrali si riducono sostanzialmente alle turbine
idrauliche, alle turbine a vapore, alle turbine a gas e ai motori Diesel.
Le turbine idrauliche e i motori Diesel hanno sempre una velocità di massima convenienza che è
piuttosto bassa. A seconda della potenza e delle condizioni di impianto tale velocità può essere compresa
nei limiti fra 50 e 1000 g / min. D'altra parte il valore della frequenza è imposto in genere dalla necessità
di unificare le frequenze di tutti gli impianti di una data zona : così le frequenze usate in Italia erano nel
passato di 42, 45 e 50 Hz e sono oggi tutte unificate sulla frequenza europea di 50 Hz. Con questi valori
della frequenza e per le velocità comprese entro i limiti sopra indicati, si riconosce subito che gli
alternatori comandati da turbine idrauliche o motori Diesel avranno un numero di poli compreso fra 6 e
120.
[Si richiede ad esempio un alternatore a 30 poli (p = 15) per generare la frequenza di 50 Hz con una velocità
di 200 g/min ; risulta infatti : n = 60 f / p = 60 x 50 / 15 = 200 g/min]
Le turbine a vapore e le turbine a gas sono invece macchine che possono essere convenientemente
costruite solo per velocità elevate; perciò un alternatore che debba essere accoppiato a tali tipi di turbine,
per costituire un gruppo turbo-alternatore, avrà in genere 2 oppure 4 poli.
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[Ad esempio con due poli (p = 1), alla frequenza di 50 Hz, corrisponde la velocità n = 60 x 50 = 3000 g/min ].
Quanto maggiore è il numero dei poli, cioè quanto più lento è un alternatore, tanto maggiore risulterà
evidentemente a parità di potenza, il suo diametro e maggiore sarà il peso. Un alternatore lento con molti
poli avrà quindi, per una data potenza, un maggiore costo di uno veloce con minor numero di poli ; salvo
il caso degli alternatori velocissimi (turboalternatori) per i quali la velocità eccezionalmente elevata
richiede una costruzione speciale di maggior costo, malgrado il minor peso.
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Particolarità costruttive dell'induttore.
Negli alternatori moderni l'induttore viene costruito essenzialmente secondo due tipi : induttori a poli
salienti e induttori a poli lisci. Il primo rappresenta il tipo normale per le macchine con più di quattro
poli, il secondo è invece il tipo normale per i turbo-alternatori veloci a due o a quattro poli.
L'induttore a poli salienti (sporgente) si compone, come mostra la fig. 2, di una corona circolare o
fascia F, portata da un mozzo M mediante una connessione assolutamente rigida realizzata in forma di
disco pieno per i piccoli diametri, come in a), oppure a razze (o raggio) in uno o due ordini, come in b) e
c), per i diametri maggiori. Tale struttura viene generalmente fusa in un solo getto di acciaio.
Fig 2 - Induttore a poli salienti - Forme costruttive della corona.
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Qualche volta tuttavia, le razze in due ordini sono di acciaio fucinato fissate con incastri a coda di rondine
da una parte al mozzo e dall'altra alla fascia. In ogni caso il mozzo e le razze hanno solo funzione
portante, mentre la fascia F costituisce parte del circuito magnetico della macchina.
Per ruote polari di grande diametro viene spesso preferita, o senz'altro imposta, una costruzione per parti,
connesse fra loro mediante opportuni sistemi di bullonature.
Lungo la periferia della corona rotorica vengono montati, con distribuzione angolare uniforme, i poli
induttori. La distanza fra gli assi di due poli contigui prende il nome di passo polare. Se la misura viene
effettuata angolarmente, il passo polare viene espresso, in radianti, dalla relazione :
τ=
2 ⋅π π
=
2⋅ p p
Se viene invece effettuata linearmente, in metri, lungo il traferro della macchina, la sua espressione
diventa :
2 ⋅π ⋅ R π ⋅ R
τ=
=
2⋅ p
p
essendo R il raggio medio del traferro ; questo passo esprime la misura della zona di azione di
ciascun polo lungo l'intraferro.
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I nuclei polari vengono talvolta fusi anch'essi in un sol getto con la fascia, ma più spesso sono
riportati. In tal caso uno dei problemi costruttivi fondamentali è precisamente l'attacco dei poli, date le
ingentissime sollecitazioni centrifughe dovute al peso proprio del polo e al peso della bobina
magnetizzante. Se la ruota polare ha un diametro sufficiente, si possono fissare i nuclei polari alla
corona con due bulloni dall'interno come in fig. 3 a) realizzando in tal modo una costruzione comoda
ed economica che consente il facile montaggio o smontaggio del polo insieme alla bobina
magnetizzante che può essere preparata e finita a parte. Tale costruzione tuttavia deve essere
abbandonata quando le sollecitazioni meccaniche diventano tanto ingenti da richiedere bulloni di
diametro eccessivo.
Fig. 3 - Attacco dei poli alla corona.
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Si ricorre allora all'attacco a coda di rondine con chiavette di forzamento o spinotto di espansione come è
indicato nelle figure 4 b), c), d). Per i poli di dimensioni molto grandi si fa l'incastro multiplo.
Le espansioni polari devono essere laminate quando l'indotto è del tipo a canali aperti, per ridurre la
perdita per correnti parassite conseguenti alle oscillazioni dei pennelli di flusso che si dirigono verso i
denti dell'indotto. Possono invece essere massicce se i canali di indotto sono del tipo chiuso o anche
semichiuso, nel qual caso l'espansione polare scorre davanti ad una superficie liscia e il flusso ne esce con
distribuzione praticamente uniforme. Le espansioni polari massicce, per sollecitazioni non troppo elevate,
possono essere riportate sul nucleo polare per mezzo di semplici viti a testa incassata come è indicato ad
esempio nella fig. 4 b).
Le espansioni polari laminate invece possono essere riportate sui nuclei polari con incastro a coda di
rondine semplice o multiplo. I1 pacco di lamierini è serrato da bulloni passanti con piastre frontali di
compressione.
Fig. 4 - Attacco dei poli alla corona.
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Fig. 5 - Polo laminato.
Qualche costruttore, per evitare il riporto
dell'espansione polare laminata, costruisce
l'intero polo a forma di pacco lamellare,
con un prisma, massiccio passante al
centro del nucleo. Nel prisma vanno a far
presa i bulloni per l'attacco del polo alla
corona, come è indicato nella fig. 5.
Un problema costruttivo assai importante è
quello inerente al profilo dell'espansione
polare il quale deve essere tale da
determinare una distribuzione sinusoidale
della induzione nell'intraferro onde
ottenere f.e.m. indotte anch'esse
sinusoidali. Questo risultato viene ottenuto
sagomando opportunamente il profilo
dell'espansione polare, onde formare un
intraferro di spessore crescente a partire
dall'asse polare verso i bordi.
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Sui nuclei polari devono essere investite le bobine magnetizzanti, preventivamente costruite al tornio su
apposita sagoma. Le varie bobine sono collegate in serie fra loro e l'intero avvolgimento induttore è
previsto in modo da consentire l'alimentazione con una tensione continua piuttosto bassa, compresa in
genere fra 100 e 500 volt. L'isolamento deve soddisfare perciò piuttosto a esigenze meccaniche che
elettriche. La sezione dei conduttori deve essere proporzionata all'intensità massima della corrente di
eccitazione. A tale riguardo si può dire che la potenza elettrica che si deve impegnare per l'eccitazione è
compresa in genere fra lo 0,3 e 1'1,5% della potenza di targa dell'alternatore, dalle grandi alle piccole
macchine. Per una determinata potenza dell'alternatore, si richiede una potenza di eccitazione maggiore o
minore, a seconda che il numero dei poli e più o meno grande. Da questi dati è facile desumere che negli
alternatori di grande potenza, e con i limiti della tensione di eccitazione sopra fissati, l'intensità della
corrente di eccitazione assume sempre valori alquanto elevati.
[Così ad esempio per un alternatore da 10 000 kVA, assumendo una percentuale dell'1,5 % si ottiene una potenza per
l'eccitazione di 150 kW ; volendo prefissare una tensione di eccitazione di 200 V, la corrente di eccitazione dovrà assumere una
intensità dell'ordine di 750 A. Conseguentemente le bobine di eccitazione avranno un numero di spire piuttosto limitato, con
conduttori di grande sezione].
All'atto pratico pertanto, nella costruzione delle bobine magnetizzanti si impiega filo di rame per potenze
molto piccole (una ventina di kVA), mentre per le potenze maggiori le bobine magnetizzanti vengono
sempre costruite con piattina o nastro di rame.
Col nastro si realizzano le bobine a forma di elica a spire sovrapposte piegate di coltello; l'isolamento fra
le spire sovrapposte viene fatto con carta, oppure dove si hanno maggiori sollecitazioni, con mica-carta o
carta d'amianto.
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La bobina viene generalmente avvolta su una scatola di lamiera di ferro sulla quale viene
preventivamente incollato un cartoncino isolante; sulle testate è serrata tra flange di ferro o di bronzo.
Per evitare giochi e deformazioni conseguenti alla forza centrifuga, le bobine vengono fortemente
compresse e serrate. Rispetto al nucleo
polare sul quale viene investita, la scatola
Fig. 6 - Bobina a nastro di mine piegato di coltello
deve lasciare una certa intercapedine per la
circolazione d'aria di raffreddamento (fig. 6).
L'induttore a poli salienti non realizza
evidentemente la costruzione più indicata per
le velocità molto elevate, sia per ragioni di
resistenza alle forze centrifughe sia per la
discontinuità del profilo
Per velocità elevate è invece necessario diminuire il diametro e allungare la macchina (si giunge fino
a 6 ÷ 7 metri) eliminando, inoltre, tutte le masse riportate e sporgenti. Così nella costruzione dei turboalternatori velocissimi, a due o a quattro poli, si eliminano i poli sporgenti e si realizza l'induttore liscio.
Esso è rappresentato da un semplice cilindro di acciaio il quale porta gli avvolgimenti magnetizzanti
allogati a forma di matasse entro profondi canali ricavati lungo alcune generatrici.
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Con questa costruzione il traferro presenta uno spessore costante lungo tutta la circonferenza del rotore :
l'andamento sinusoidale del campo induttore deve essere perciò realizzato con una particolare
disposizione degli avvolgimenti di eccitazione. Questi vengono cioè distribuiti sulla periferia del rotore
in modo da produrre in corrispondenza degli assi delle bobine, che sono fra loro concentriche,
l'induzione massima BM per il contributo di tutte le amperspire, e nei punti laterali induzioni via via
decrescenti per effetto delle sole amperspire esterne ad essi.
Fig. 7 - Composizione schematica di induttore liscio a due poli, a canali paralleli semiassi flangiati.
Nella fig. 7 è indicata in struttura schematica di un induttore liscio massiccio a due poli con canali
paralleli e semiassi riportati : i canali incidono anche le fronti del cilindro, alle quali si adattano le
flange di attacco dei semiassi ; le flange ricoprono così e richiudono, nei canali frontali, le testate delle
bobine. Sulla periferia i canali sono chiusi da biette di bronzo o di acciaio antimagnetico. Si fanno
anche induttori fucinati in un sol pezzo coi semiassi ; in tal caso le testate delle bobine si adagiano sui
semiassi e sono quindi ricoperte con robuste coppe di bronzo o acciaio antimagnetico.
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Nella fig. 8 è indicata la sezione schematica di un induttore liscio a tubo, a quattro poli con canali radiali ;
la costruzione a tubo con semiassi riportati è particolarmente indicata per i turbo-alternatori di grande
potenza. Altra soluzione è la costruzione a dischi di acciaio investiti a caldo su un asse passante.
Fig. 8 - Induttore liscio a quattro poli
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Fig. 9.
Gli avvolgimenti induttori vengono costruiti
con nastro di rame adagiato e pressato nei canali
a spire sovrapposte di piatto, con isolamento in
micarta, o in tessuto laminato di vetro, o in
amianto impregnato. Nei turboalternatori di
grande potenza gli avvolgimenti induttori
richiedono un raffreddamento diretto, e vengono
perciò formati con conduttori cavi, come indica
la fig. 9, destinati ad essere percorsi nell'interno
dal fluido refrigerante.
I canali e i denti hanno sempre dimensioni
assai sviluppate, e talvolta i denti hanno al centro
un taglio passante per formare opportuni canali
di ventilazione. Gli anelli per l'adduzione della
corrente di eccitazione, sono disposti uno per
parte rispetto all'induttore.
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Disposizioni costruttive dell'indotto. Pacco lamellare. Carcassa.
L'indotto delle macchine sincrone si compone di un pacco lamellare di corone circolari, costituente il
nucleo magnetico statorico, rigidamente sostenuto da una robusta carcassa portante, ancorata alle
fondazioni. La costruzione laminata di questo nucleo è resa necessaria per il fatto che esso è soggetto alle
stesse variazioni di flusso alle quali vengono sottoposti i conduttori attivi: un nucleo di costruzione
massiccia diverrebbe sede perciò di correnti parassite di tale entità da rendere impossibile il
funzionamento della macchina.
Per la formazione del pacco si parte in genere da lamiera dello spessore di circa 0,5 mm in fogli delle
dimensioni di due metri per uno. Se il diametro esterno dell'indotto è minore di un metro si possono
quindi tranciare direttamente delle corone circolari intere ; per diametri maggiori le corone devono essere
composte invece a settori, e nella formazione del pacco, i giunti fra i settori vengono sfalsati. Prima di
eseguire la tranciatura, su ogni foglio di lamiera si applica un sottilissimo foglio di carta oppure un
leggero strato di vernice isolante al fine di costituire l'isolamento necessario contro le correnti parassite.
In corrispondenza del bordo interno delle corone si praticano col punzone i fori che devono formare nel
pacco lamellare i canali entro cui verranno allogati i conduttori attivi dell'avvolgimento indotto. La forma
dei canali può essere del tipo aperto, chiuso o semichiuso indicati rispettivamente in fig. 10 a), b), c). La
forma del canale ha una grande influenza sull'intera costruzione della macchina.
Fig. 10 - Forme tipiche dei canali di indotto
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Fig. 10 - Forme tipiche dei canali di indotto
I canali aperti consentono la costruzione degli avvolgimenti indotti su sagoma, a forma di matasse,
da mettere in sede nei canali dopo ultimate; essi offrono per questo in possibilità di rendere perfetto
l'isolamento, e si prestano perciò meglio degli altri tipi di cave alla costruzione di macchine a tensione
elevata. I canali aperti inoltre consentono il facile ricambio delle matasse che durante l'esercizio
dovessero subire guasti per scariche od altro.
Per contro i canali aperti aumentano la riluttanza dei circuiti magnetici della macchina e richiedono
perciò un maggior numero di amperspire magnetizzanti; inoltre, come si è già osservato, richiedono
sempre le espansioni polari laminate, per diminuire la perdita dovuta alle correnti parassite che si
inducono nelle espansioni stesse in conseguenza delle oscillazioni delle linee di forza che durante la
rotazione saltano da un dente all'altro.
I canali semichiusi attenuano questi inconvenienti e permettono l'impiego di espansioni polari
massicce, ma d'altra parte consentono solo un parziale impiego della costruzione su sagoma delle
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matasse.
Infatti dopo aver avvolto sulla sagoma il filo costituente la matassa, questa deve essere sistemata nei
canali prima di eseguire la nastratura, per poter introdurre attraverso alla stretta apertura del canale un filo
alla volta.
1 canali chiusi infine rendono minima la riluttanza dei circuiti magnetici, ma richiedono che
l'avvolgimento indotto venga eseguito infilando i conduttori longitudinalmente nei fori. Tale forma di
cave è oggi del tutto abbandonata.
La forma dei canali ha pure notevole influenza sulle caratteristiche di funzionamento della macchina ;
passando infatti dai canali aperti, ai canali semichiusi o a quelli chiusi, aumenta la reattanza di
dispersione dell'avvolgimento indotto, corrispondente ai flussi dispersi che si richiudono localmente
attorno ai singoli fasci indotti quando sono attraversati dalla corrente di carico.
Nelle macchine monofasi, dotate di un solo avvolgimento indotto, i canali non vengono distribuiti
uniformemente sull'intera circonferenza, ma riuniti invece in tanti gruppi equidistanti quanti sono i poli.
Ciascun gruppo può comprendere da 2 a 5 canali e fra un gruppo e l'altro rimane una zona libera. La
larghezza minima dei denti compresi fra i canali contigui è dello stesso ordine di grandezza, ma in
generale alquanto minore della larghezza dei canali, i quali hanno i fianchi paralleli con angoli
arrotondati.
Il pacco lamellare di indotto viene suddiviso in pacchi minori, aventi ciascuno uno spessore da 40 e 80
mm distanziati fra loro da 6 a 8 mm per formare altrettanti vani costituenti i canali di ventilazione
dell'indotto.
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Per le macchine di grande potenza a indotto liscio, dati il grande sviluppo assiale e l'entità delle perdite
da dissipare, si richiede un raffreddamento artificiale particolarmente energico. Si adotta allora come
fluido refrigerante l'idrogeno, spinto in circolazione forzata attraverso un circuito chiuso corredato di
opportuni refrigeratori esterni. Per il suo minor peso molecolare l'idrogeno presenta, rispetto agli altri
gas, un calore specifico notevolmente più elevato e determina una perdita per ventilazione
particolarmente ridotta. L'impiego come fluido refrigerante dell'idrogeno richiede ovviamente delle
cautele del tutto particolari per evitare ogni possibile ingresso d'aria nel ciclo, o perdite di idrogeno, così
da escludere il pericolo di formazioni accidentali di miscele esplosive.
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Gli avvolgimenti indotti.
I conduttori attivi del sistema indotto devono essere tutti collegati in serie fra loro allo scopo di
ottenere ai capi della serie una f.e.m. risultante avente il massimo valore possibile.
È necessario a tal fine collegare fra loro dei conduttori attivi situati ad una distanza l'uno rispetto
all'altro eguale o poco diversa dal passo polare, in modo che le f.e.m. rispettive risultino sensibilmente
in fase fra loro o poco sfasate : ciò significa, in sostanza, collegare mediante una connessione frontale
un conduttore sotto un polo con un altro soggetto all'azione di un polo adiacente di nome opposto e
così via, fino all'esaurimento di tutti i conduttori. Il complesso che ne risulta costituisce l'avvolgimento
indotto, il quale può essere costruttivamente realizzato a matasse in filo di rame o treccia, oppure a
sbarre in piattina rettangolare collocata nei canali di coltello.
Le possibilità che esistono in relazione al modo di collegare tra loro i conduttori sono diverse, e
diversi sono perciò i tipi di avvolgimenti che si possono realizzare.
Una prima necessaria distinzione deve essere fatta tra avvolgimenti a strato unico e cioè con un solo
lato di matassa o di sbarra per cava, e avvolgimenti a doppio strato, aventi due lati di matassa o sbarra
per cava, sovrapposti e divisi da un setto isolante.
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In ogni caso è inoltre possibile collegare
tutti i conduttori posti sotto un polo con
l'egual numero di conduttori situati sotto il
polo seguente, come nello schema
rappresentato in fig. 15 a), oppure invece
collegare i conduttori di ciascun polo, per
una metà con altrettanti conduttori posti
sotto il polo che lo precede e, per l'altra
metà, con i conduttori corrispondenti situati
sotto il polo seguente come nello schema di
fig. 15 b).
Fig. 15 - Avvolgimenti concentrici a spirale, di tipo A (a, a') ;
di tipo B (b b')
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A questi due schemi si fanno corrispondere rispettivamente le due denominazioni di avvolgimenti a
matassa lunga o di tipo A, e di avvolgimenti a matassa corta o di tipo B.
Con il primo tipo il numero di matasse da costruire risulta uguale al numero delle coppie di poli; col
secondo tipo si ha invece un numero di matasse doppio e cioè tante quanti sono i poli, ma aventi,
ciascuna, metà spire del tipo precedente.
Nella realizzazione pratica dei due tipi di avvolgimenti A e B, la successione dei collegamenti può essere
a sua volta attuata secondo diversi schemi che danno origine ad altrettante categorie di avvolgimenti
differenti.
Una prima distinzione riguarda le due categorie di avvolgimenti a spirale e avvolgimenti ondulati. I primi
si ottengono collegando un conduttore sotto un polo con un conduttore sotto il polo adiacente e poi
tornando ad un conduttore sotto il polo di partenza, e così di seguito formando appunto tante spire quanti
sono i conduttori sotto un polo; nei secondi invece si passa da un conduttore sotto un polo ad un
conduttore soggetto al polo seguente per procedere poi nello stesso verso da questo al successivo, e così
avanti formando attorno alla macchina tante onde consecutive quanti sono i conduttori sotto un polo.
Una ulteriore caratterizzazione degli avvolgimenti riguarda infine la forma e la disposizione delle
matasse. Si possono avere gli avvolgimenti concentrici, se le matasse sono rettangolari e concentriche fra
loro; gli avvolgimenti embricati, se le matasse sono rombiche e parzialmente sovrapposte come gli
embrici di un tetto; gli avvolgimenti americani infine (o a mantello) se le matasse sono di forma trapezia.
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La formazione effettiva degli
avvolgimenti concentrici a
spirale, di tipo A e di tipo B,
viene effettuata secondo gli
schemi rappresentati nella
fig. 15.
Fig. 15 - Avvolgimenti concentrici a spirale, di tipo A (a, a') ;
di tipo B (b b')
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Sulle fronti le matassine relative ai diversi canali vengono spesso fasciate insieme a costituire un'unica
matassa le cui testate vengono ripiegate verso l'esterno come è indicato schematicamente in fig. 16.
Le diverse matasse vengono poi collegate in serie fra loro collegando la fine della prima col principio
della seconda, la fine di questa con il principio della terza e così via ; restano liberi il principio della prima
e la fine della ultima che costituiscono il principio e la fine dell'avvolgimento, P ed F.
Fig. 16 - Avvolgimenti a matassa a spirale del tipo A :
a.
forma di una matassa a spirale lunga ;
b.
fronte di indotto a 6 poli - 4 canali per polo.
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Con gli avvolgimenti concentrici, le
matassine relative ai canali contigui
hanno necessariamente dimensioni
diverse e richiedono perciò diversa
sagoma. In tal caso risultano però
evitate le intersezioni frontali fra le
diverse matassine. Rinunciando a
questa proprietà, si possono adottare
gli avvolgimenti embricati, i quali sono
caratterizzati da matassine tutte
identiche, della forma tipica
rappresentata in fig. 17. Sulle fronti le
matassine devono essere ripiegate a
formare una specie di occhio disposto
nel senso radiale dell'indotto per
realizzare l'incrocio con le matassine
contigue.
Fig. 17 - Avvolgimenti a spirale embricati :
a) matassa lunga ;
b) matassa corta.
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Il caso considerato si riferisce ad un avvolgimento a strato unico, ma in pratica l'avvolgimento embricato
viene applicato di preferenza con la disposizione a doppio strato. Ogni matassa ha, in tal caso, un lato
nello strato superiore di un canale e l'altro nello strato inferiore di un canale sotto il polo vicino, e
l'avvolgimento assume l'aspetto indicato in fig. 18.
Fig. 18 - Avvolgimento embricato a doppio strato.
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Anche l'avvolgimento di tipo americano (o embricato-doppio) presenta matasse (a forma di trapezio)
tutte uguali fra loro. Queste, nella disposizione a strato unico, vengono allogate in modo che nelle cave si
abbiano alternativamente lati lunghi e lati brevi del trapezio, come in fig. 19. L'avvolgimento risulta
senz'altro di tipo B e viene largamente adoperato anche con disposizione a doppio strato. In questo caso le
matasse vanno allogate sovrapponendo in ciascuna cava un lato lungo ad un lato breve, e rivolgendole
ordinatamente ora in un senso ora nell'altro.
Fig. 19 - Avvolgimento americano a spirale a 4 poli.
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Fig. 20 - Avvolgimenti ondulati : a) concentrico ; b) embricato.
Per quarto riguarda gli avvolgimenti ondulati,
si possono ancora distinguere i tipi A e B, di
forma concentrico, o embricata, o americana.
Cosi la fig. 20 a) mostra lo schema di un
avvolgimento ondulato concentrico, tipo A,
formato da tante ondulazioni quante sono le
cave per polo, senza alcuna intersezione ; la
fig. 20 b) mostra invece un avvolgimento dello
stesso tipo, però embricato, e formato pertanto
da ondulazioni identiche parzialmente
sovrapposte. Questi due tipi di avvolgimento
vengono particolarmente impiegati nella
costruzione a sbarre, per tensioni relativamente
basse e correnti intense : il tipo a) con una sola
sbarra per canale, e il tipo b) in modo speciale
con due sbarre per canale su due strati.
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Tuttavia anche a tali avvolgimenti
può essere applicata la costruzione
a matasse, nel qual caso lo schema
delle ondulazioni si ravvisa solo
nelle connessioni in serie fra le
diverse matasse come è indicato
ad esempio nella fig. 21 per il tipo
concentrico.
Fig 21 - Avvolgimento a matasse in strato unico, ondulato concentrico.
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I procedimenti costruttivi dei diversi avvolgimenti variano con la forma dei canali e con il grado di
isolamento che si vuol raggiungere.
Per tensioni superiori ai 4000 V si usa in genere in costruzione a matasse impregnate. Avvolte le
matasse sulla opportuna sagoma, dopo averne piegate le testate, esse vengono prima essiccate nel
vuoto per espellere ogni traccia di umidità, indi impregnate di resine isolanti poliestere od epossidiche,
in autoclave e infine pressate; dopo di ciò i lati attivi che devono essere collocati nei canali vengono
nastrati in micartite.
Se la macchina ha i canali aperti, le matasse così preparate possono essere direttamente collocate
nei canali (avvolgimento collocato).
Per tensioni inferiori a 4000 V si tralascia in genere l'impregnazione delle matasse.
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Fig. 24 - Sezioni schematiche dei canali statorici.
a)
b)
c)
Avvolgimento calato attraverso il taglio (tensioni film a 1 000 V).
Avvolgimento con treccia infilata nel canale in cartoccio chiuso (tensioni fino a 4 000 V, correnti intense).
Avvolgimento con matasse impregnate e pressate, tagliate in testa infilate e saldate (alte tensioni).
Nella fig.24 sono riportati alcuni esempi di sezioni schematiche di canali statorici, con l'indicazione
degli isolamenti e del processo costruttivo dell'avvolgimento.
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Fig. 24 - Sezioni schematiche dei canali statorici.
d)
e)
Avvolgimento a doppio strato, matasse collocate in canali aperti (tensioni fino a 4 000 V).
Avvolgimento in doppio strato con conduttori cavi (alte tensioni e forti intensità).
Tuttavia l'isolamento delle testate è assicurato sempre con opportuni intervalli d'aria sia fra le testate
e la massa, sia fra matasse contigue.
Per le tensioni più alte si usa anche metallizzare la superficie esterna del cartoccio per renderla
equipotenziale con la superficie del canale in cui è immerso ; ciò per evitare che l'aria interposta possa
trovarsi sollecitata da gradienti di tensione atti a dar luogo al fenomeno corona con conseguente
ozonizzazione e lenta corrosione del cartoccio. La fig. 24 e) si riferisce ad un avvolgimento con
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conduttori forati per il raffreddamento interne a liquido.
Gli avvolgimenti polifasi.
In pratica le macchine sincrone con un solo avvolgimento indotto, e cioè monofasi, non trovano
applicazione che in casi eccezionali, perché la trasmissione e distribuzione dell'energia elettrica, viene
fatta quasi esclusivamente sotto forma di sistemi trifasi.
Queste sono caratterizzate dalla presenza sulla periferia del nucleo statorico di tre avvolgimenti
indotti uguali e distinti, spostati l'uno rispetto all’altro in modo che le rispettive f.e.m., eguali in
valore efficace e frequenza, risultino sfasate ciclicamente l'una dall’altra di un terzo di periodo.
Fig. 26 - Alternatore trifase bipolare 2 canali per polo e per fase.
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Fig. 26 - Alternatore trifase bipolare 2 canali per polo e per fase.
Se si considera una macchina a due poli, questo
risultato viene ottenuto disponendo sul pacco
lamellare statorico tre avvolgimenti identici,
spostati fra loro di 120°. Ne risulta una
configurazione del tipo rappresentato in fig. 26,
nella quale ciascuna fase di avvolgimento è
ripartita in due canali per polo. P1 ed F1,
costituiscono il principio e la fine della prima
fase ; nell'istante in cui i poli induttori passano
nella posizione segnata in figura, la f.e.m. relativa
a questa fase passa per il suo valore massimo ed
è perciò rappresentabile col vettore E1. In P2 ed
F2 si hanno analogamente il principio e la fine
della seconda fase, la quale può immaginarsi
dedotta dalla prima con uno spostamento
angolare di 120° nel verso di rotazione dei poli
induttori ; questi passeranno così in
corrispondenza dei conduttori attivi della seconda
fase dopo un terzo di giro dalla posizione segnata
in figura, e perciò la f.e.m. della seconda fase
risulterà sfasata di un terzo di periodo in ritardo
rispetto alla prima: questa f.e.m. è perciò
rappresentabile col vettore E2 spostato in ritardo
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di 120° sul vettore E1.
In P3 ed F3 si hanno il principio e la fine della terza fase, che spostata ancora di 120° rispetto alla
seconda : la f.e.m. di questa fase è dunque sfasata a sua volta di un terzo di periodo in ritardo rispetto
alla f.e.m. della seconda fase ed è rappresentata dal vettore E3.
Si deve qui ricordare che, indipendentemente dal verso di rotazione della macchina, i vettori
rappresentativi delle tre f.e.m. generate ruotano convenzionalmente in verso antiorario con velocità
angolare pari alla pulsazione ω.
Nel caso particolare di una macchina bipolare (p = 1) la pulsazione ω coincide con la velocità
angolare Ω del rotore poiché ad un giro di questo ultimo corrisponde un periodo delle f.e.m. indotte. In
una macchina multipolare con p coppie di poli invece la velocità angolare Ω della ruota polare
corrispondente alla pulsazione ω risulta p volte minore, in base alla relazione già vista:
Ω=
ω
p
Nel linguaggio tecnico si indica col nome di angolo elettrico ogni spostamento angolare dei vettori
rappresentativi delle f.e.m., e col nome invece di angolo meccanico ogni angolo misurato sulla
periferia della macchina o descritto dal rotore. È facile controllare che fra questi due tipi di angoli
esiste sempre la stessa relazione di corrispondenza che passa tra la velocità angolare Ω e la pulsazione
ω e cioè ad ogni spostamento di fase dei vettori definito come un certo angolo elettrico αe corrisponde
sulla macchina un angolo meccanico αm definito dalla relazione
αm =
αe
p
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In particolare, ad un angolo meccanico pari al passo polare τ = π / p , corrisponde uno spostamento di
fase pari a mezzo periodo e cioè un angolo elettrico
p ⋅π
=π
α e = p ⋅α m =
p
geometricamente rappresentato, come suole dirsi, da 180 gradi elettrici; analogamente, l'intero periodo
delle f.e.m. indotte, pari a 360 gradi elettrici, si svolge entro un angolo meccanico :
2 ⋅π
α
e
= 2 ⋅τ
αm = =
p
p
corrispondente a due passi polari ; infine uno sfasamento di un terzo di periodo, pari a 120 gradi elettrici,
corrisponde sulla macchina ad un angolo pari a
2 ⋅π
2 π 2
α
e
3
= ⋅ = ⋅τ
αm = =
p
p
3 p 3
Da quest'ultimo risultato discende la regola per il tracciamento degli avvolgimenti trifasi multipolari,
perché resta determinato lo spostamento angolare che deve esistere sulla macchina fra una fase e l'altra,
per ottenere il voluto sfasamento di un terzo di periodo tra le f.e.m. rispettive.
All'atto pratico l'avvolgimento viene designato indicando il numero di canali per polo e per fase, che in
genere può variare da 2 a 5. Per il tracciamento si procede allora nel modo seguente.
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Si divide la
circonferenza in tanti
settori quanti sono i
poli; in ogni settore, la
cui ampiezza
corrisponde al passo
polare τ equivalente a
180 gradi elettrici, si
segnano tre gruppi di
canali situati
rispettivamente nei tre
terzi del passo polare e
comprendenti ciascuno
il voluto numero di
canali per polo e per
fase.
Fig. 26 - Esempio di avvolgimento trifase - 3 canali per polo e per fase
(formazione concentrica a spirale, lunga).
Al complesso di questi canali si da in genere una distribuzione uniforme, cosicché la circonferenza
d'indotto presenta un passo di dentatura costante. Se con z si indica il numero di cave per polo e per
fase, il passo di dentatura e cioè l'angolo alle cave risulta
60°
τ
π
=
=
=
αc
3⋅ z 3⋅ p ⋅ z p ⋅ z
Le f.e.m. indotte nei conduttori di due cave contigue
sono perciò sfasate di un angolo elettrico
α ec = p ⋅ α c =
π
3⋅ z
=
60°
z
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Fig. 33 - Macchina sincrona con eccitatrice coassiale.
Eccitazione delle macchine
sincrone. — II circuito induttore
delle macchine sincrone viene
previsto per essere alimentato da una
tensione continua compresa in genere
fra 100 e 500 volt : la potenza
richiesta per l'eccitazione può variare
da 0,3 ad 1,5% della potenza di targa,
dalle grandi alle piccole macchine e a
seconda del numero dei poli. La
sorgente di energia per l'eccitazione e
costituita in genere da un'apposita
dinamo con eccitazione in
derivazione. Questa dinamo può
essere completamente indipendente
dalla macchina sincrona (come
accade ad esempio nel caso dei
turboalternatori bipolari la cui
velocità è in genere ritenuta eccessiva
per la dinamo, o nel caso degli
alternatori a gran numero di poli la
cui velocità risulterebbe invece
troppo lenta), oppure può essere40
rigidamente montata
Fig. 34 - Schema della
eccitazione singola coassiale
esternamente a un supporto della macchina stessa con l’indotto
direttamente accoppiato all'albero ; si dice in tal caso che la macchina
sincrona è provvista di eccitatrice coassiale. Se la dinamo è piccola,
può essere fissata di sbalzo al supporto, diversamente può essere
montata, secondo una disposizione del tipo indicato in fig. 33; in
questa è pure indicato il dettaglio degli anelli di eccitazione col
relativo portaspazzole. La connessione fra gli anelli e i capi
dell'avvolgimento induttore è fatta mediante due fili o con piattina di
rame, isolati, sagomati lungo l'albero e il contorno della ruota polare.
Lo schema elettrico relativo all'eccitazione coassiale può essere
rappresentato come in fig. 34 : AB è l'avvolgimento induttore rotante,
connesso (tramite gli anelli e le spazzole) ai morsetti + e – della
dinamo eccitatrice. Su una di queste connessioni è inserito reostato di
campo Rc, dell'alternatore. La dinamo è del tipo ad eccitazione
derivata ed è provvista a sua volta di un proprio reostato di campo rc.
La regolazione della corrente di eccitazione dell'alternatore può essere
eseguita così in doppio modo: o mediante il reostato di campo proprio
dell'alternatore Rc, oppure mediante il reostato di campo della dinamo
eccitatrice rc, col quale si viene a variare la tensione generata dalla
dinamo. In generale si preferisce questa seconda regolazione perché
agisce su una corrente assai minore. La corrente di eccitazione della
dinamo ie è infatti dell'ordine dal 5 al 10% della corrente Ie che essa
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eroga sul circuito di eccitazione dell'alternatore.
Quando in una stessa centrale generatrice sono installati più alternatori, il sistema di eccitazione singola sopra descritto,
potrebbe essere sostituito da un sistema di eccitazione centralizzato, disponendo un'unica dinamo destinata ad alimentare i
circuiti induttori di tutti gli alternatori. La dinamo risulterebbe in tal caso indipendente, dagli alternatori e dovrebbe essere
azionata da un proprio motore primo, termico o idraulico allo stato attuale della tecnica questo sistema di eccitazione è peraltro
abbandonato.
Per i grandi alternatori (che sono sempre in numero limitato in una stessa
centrale) si adotta sempre eccitazione singola e poiché, in generale, è
necessaria una variazione entro limiti molto estesi della corrente di eccitazione
si ricorre quasi sempre all'impiego della eccitazione in cascata conforme ad
uno schema del tipo rappresentato in fig. 35.
Questo sistema consiste nell'alimentare il campo della dinamo eccitatrice
mediante una speciale dinamo in derivazione detta eccitatrice ausiliaria o
pilota, coassiale con la prima, che è detta eccitatrice principale. Tale sistema
rende superfluo l'impiego del reostato di campo dell'alternatore, organo che
risulterebbe di notevole ingombro e di rilevante consumo. La regolazione
della tensione dell'alternatore viene in tal caso principalmente affidata al
reostato di campo della eccitatrice ausiliaria, poco ingombrante e di consumo
ridottissimo, la cui azione risulta continua e altamente sensibile. La potenza
della eccitatrice pilota è contenuta nei limiti dall’1 al 3%, di quella della
eccitatrice principale. Elemento di notevole importanza nella regolazione della
tensione nei grossi alternatori, specie se questa viene effettuata
automaticamente, è la prontezza di risposta della eccitazione.
Fig. 35 - Eccitazione in cascata
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È infatti evidente che i circuiti di eccitazione essendo dotati di notevole induttanza non consentono
in generale rapide variazioni della corrente che li percorre. Per realizzare quindi, ove occorra, la
eccitazione rapida o ultrarapida, è necessario ridurre con opportuni artifici la costante di tempo dei
circuiti di eccitazione.
Vari sono i metodi per raggiungere tale scopo. Generalmente l'eccitatrice principale viene costruita
col nucleo laminato e l'avvolgimento di campo suddiviso in più circuiti in parallelo dotati di resistenza,
zavorra. Sistemi più moderni sono invece basati sull'impiego di macchine speciali appartenenti alla
famiglia delle metadinamo, e principalmente del tipo delle amplidine: queste offrono infatti la
possibilità di regolare con grande rapidità l'eccitazione dell'alternatore agendo semplicemente sul loro
circuito variatore il quale è percorso da una corrente molto ridotta, facilmente controllabile anche
mediante un regolatore automatico di elevata sensibilità.
Si adottano infine, specie per macchine di grande potenza, sistemi di eccitazione statici, che
utilizzano la corrente continua fornita da opportuni gruppi raddrizzatori generalmente basati
sull'impiego di diodi controllati al silicio (tiristori), direttamente alimentati dalla rete a corrente
alternata dei servizi ausiliari della centrale.
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