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Come fa bene alla pastorale vocazionale la vita matrimoniale! Che benedizione è
incontare un uomo o una donna che, per amore, lottano uniti, crescono uniti, soffrono uniti
e sono molto felici per fare uniti tutte queste cose.
In uno dei suoi libri, Pieter Van Der Mer, parlando sugli studi fatti sulla morte della sua
sposa Cristina, per poter ordinarsi sacerdote, scrive queste righe: “Vengo dal corso dedicato
ai sacramenti: una volta ho toccato l’argomento del matrimonio. Un astio infinito! Mi sono
reso conto: solo disposizioni giuridiche, impedimenti, finalità, ecc. Orripilante! Meno male
che ho avuto l’accortezza di pensare alle nozze di Cana ed a Cristina ed è tornata ad ardere
la luce del paradiso”.
Il punto focale della questione è che Cristo diede la sua lezione di matrimonio a Cana
durante una festa e la circondò di uno scoppio d’allegria. Questa fu la prima lezione che
diede al primo gruppo di vocazionabili, ai suoi splendenti discepoli. Impariamo dal Maestro.
Perchè, se non facciamo vedere ai nuovi candidati che il matrimonio cristiano è “la luce del
paradiso”, cosa gli spieghiamo? Ci contageremo anche noi, animatori vocazionali, di questa
visione cinica del matrimonio che circola tra le “barzellette di uomini”? E’ vero che risulta
molto difficile vivere una vita da sposati in permanente gioia. Vivere “in allegria” è sempre
difficile. Però, che bello incontrare due persone sposate che hanno capito a fondo ciò che è
l’amore uomo-donna. Dopo il paradiso e la fede non c’è nulla che lo eguagli.
Ho udito da un saggio psicologo laico, della Colombia, che da anni aiuta noi clarettiani
nei compiti del discernimento vocazionale, che non dovremmo ammettere, come
clarettiano, nessuno che non sia mai stato innamorato. Non parlava solo di essere
innamorato di una donna, ma innamorato di qualcosa o di qualcuno, della sua vocazione,
della sua comunità, di quelli che soffrono, della vita. Meglio se è innamorato di Gesù di
Nazaret. Diceva “innamorato – innamorato”, come quelli che non sanno nemmeno respirare
senza pensare alla persona che amano. Perchè se uno non è stato innamorato non può
parlare bene nè dell’amore, con la minuscola, nè dell’Amore con la maiuscola.
Se c’è qualcosa della quale dovremmo essere scrupolosi sarebbe non insinuarre mai,
direttamente o indirettamente, che il matrimonio è una trappola o una fonte di pericoli, e
molto meno che la donna è occasione di peccato. Assolutamente proibito! Si sarebbe tanto
sbagliato Dio nel creare la coppia? Inventò quell’aiuto, del quale si parla nella Genesi, perchè
Adamo finisse male? Forse il paradiso smise di essere paradiso all’arrivo di Eva? Se fosse il
contrario! Il paradiso non lo fu del tutto per Adamo sino all’incontro di quella che sarebbe
stata carne della sua carne.
E’ da qui che noi animatori vocazionali dovremmo parlare con maggior entusiasmo
dell’amore matrimoniale. Per fortuna, Cristo, a Cana, non ebbe nessuna paura alla festa
dell’amore matrimoniale. Fino a moltiplicare il vino durante la festa! E’ possibile che qualche
moralista rancido non perdoni mai a Cristo questo miracolo, timoroso che qualcuno di quei
commensali di Cana avrebbero potuto concludere il pranzo nuziale un poco “sbronzo”
Juan Carlos cmf
PADRES Y HERMANOS
Per questo, nel proporre il celibato, mai dobbiamo dire che così, senza sposarsi, si ama
di più Dio. Come se l’amore fosse qualcosa di divisibile, come se un falò perdesse qualcosa
del suo fuoco quando incendia, con le sue fiamme, un altro falò. Diciamo che l’amore di Dio
è già più che sifficiente per riempire una vita; diciamo che la castità è un dono per amare di
più. Però che mai si debba dire che uno sposato ama meno Dio per amare la sua sposa.
Questo è falso. Come se Dio fosse geloso dell’ amore umano.
CARTA DE ANIMADORES
MATRIMONIO E PASTORALE VOCACIONALE
MISIONEROS CLARETIANOS
MAGGIO 2013