ambition - Pointed Leaf Press

Transcript

ambition - Pointed Leaf Press
elle storiadidonna
p h o t o g r a p h y b y c e c i l b e a t o n , B i l l b e r k s o n p r i v a t e c o l l e c t i o n
Ritratto di una
giovanissima
Eleanor
Lambert
fotografata
dall’amico
Cecil Beaton.
E
leanor, capelli cinerini e sorriso spigliato, nasce a
Crawfordsville, piccola cittadina dell’Indiana, il 10
agosto 1903, quinta figlia inaspettata di Helen ed Henry
Clay Lambert, editore del giornale locale.
Alla sua nascita improvvisa, o forse proprio a causa
di questa, il padre – uomo schivo e ritroso – decide di
abbandonare il focolare domestico preferendo variopinti caravan, clown, acrobati e giocolieri; e parte così in
tournée senza voltarsi, al seguito del tendone itinerante
del Ringling Brothers Circus, affiliato del ben più celebre Barnum, con l’incarico di suo rappresentante. La
piccina, serena e paffutella, cresce così con la madre e
gli adorati fratelli maggiori Kent e Ward detto “Piggy”,
e rivede il padre fuggiasco solo nel 1925, in quella New
blond
ambition
Eleanor Lambert ha inventato
la moda americana. O meglio,
le pubbliche relazioni che
l’hanno resa celebre in tutto
il mondo. Partendo dall’arte
d i m i c a e l a r . t e n ac e
E l l e a p r i l e 2 0 1 2 249
elle storiadidonna
York in cui lui si è reinventato produttore di Broadway
e dalla quale lei si sente amorevolmente accolta. È infatti
lì, nella città che non dorme mai, che Eleanor approda
dopo il liceo e il matrimonio frettoloso con Wills Conner, studente di architettura, suo personale biglietto
di sola andata per la Grande Mela. Intraprendente e
operosa, si trova da subito un lavoretto part-time per
sbarcare il lunario e inizia disegnando copertine di libri
d’arte editi da Franklin Spear, proprietario anche di
un modesto ufficio di pubbliche relazioni a Midtown.
Visto il talento chiacchierino della giovanissima
Eleanor, non ci vuole molto prima che il capo le offra
una scrivania tutta sua e il compito di trovare nuovi
clienti errando di galleria in galleria sulla 57ª strada;
fu così che, in un sol giorno, la ragazza
minuta venuta dall’Indiana si accaparrò
in un battibaleno ben dieci clienti. In un
attimo la neo signora Corner, sull’onda
dell’inaspettato successo, si ritrova a
rappresentare artisti emergenti come
Jacob Epstein, Jackson Pollock, Salvador
Dalí e Cecil Beaton che, spesso impossibilitati a pagarle lo stipendio, le donano schizzi a carboncino che andranno
a nutrire la sua invidiabile collezione di opere d’arte.
namorano perdutamente l’una dell’altro. Si sposeranno,
due anni più tardi.
modi di fare moda
Una mattina qualunque suona il telefono: è Annette Simpson, stravagante stilista americana di relativo
successo, che domanda a Eleonor di entrare a far parte
dell’entourage dei suoi protetti, diventando così la prima designer di moda nel fitto carnet di Miss Lambert.
Dopo aver trasformato artisti di nicchia in personaggi
del jet set, la sfida è quella di rendere i creativi americani riconosciuti e osannati come i colleghi francesi. In
primo luogo promuove il Couture Group, un circolo
elitario di createurs all’interno del Dress Institute, per
cercare di far comprendere l’importanza di un incontro vis-à-vis tra stilista e
giornalisti, come avveniva già da tempo in Francia e in Italia. Sempre con
l’aiuto economico del New York Dress
Institute mette in piedi all’Hotel Plaza,
nel gennaio del 1943, la prima edizione della Fashion Press Week. Prima di
un susseguirsi di frenetiche settimane
della moda che continuano ancor oggi
con piccoli aggiornamenti, ma immutate nello spirito.
Seconda arguta strategia messa a punto dalla minuta e vulcanica biondina fu l’International Best-Dressed
List. Molto simile a un elenco nato a Parigi nel 1924 dalla
mente creativa – e diabolicamente orientata al marketing – dello stilista Mainbocher, nato a Chicago ma stabile da anni nella Ville Lumière. La lista, guardata con
curiosità dalle donne facoltose di tutto il mondo, subisce
però suo malgrado un brusco arresto allo scoppiare della seconda guerra mondiale. Ed è in quel preciso istante
che l’astuta signora col filo di
perle ne fonda una tutta sua e
la pubblica sul New York Times
(sino al 2002 quando passerà
a Vanity Fair per suo esplicito
desiderio).
Un successo strepitoso, che
provoca trepidante attesa – ed
energiche sgomitate – tra le
signore bene che, nelle loro
residenze dell’Upper East Side, bramano d’essere incluse
in categorie pittoresche come
“eccellenti esempi di eleganza
priva di ostentazioEleanor tra Mia
ne”, “personalità che
Farrow e Frank
influenzano lo stile
Sinatra al Black
impara l’arte e mettila da parte
Loquace e intraprendente, istituisce in pochissimo
tempo l’associazione dei mercanti d’arte d’America, la
casa d’aste Parker-Bernet e mette mano alla creazione
del MoMA e del Whitney Museum of Modern Art, di
cui diviene il primo direttore dei rapporti con la stampa. È proprio mentre ricopre quel ruolo, di trasferta in
Italia nel 1934 per seguire la realizzazione del padiglione americano alla decima
Biennale di Venezia, che cupido s’intromette nei suoi febbrili
affari. Contrariata dall’idea che
un ritratto dell’attrice Marion
Davies – amante di William
Randolph Hearst – venisse esibito, si reca dall’allora direttore
generale delle pubblicazioni
del magnate per l’Europa, tal
Seymour Berkson. Dopo aver
scongiurato insieme una crisi
diplomatica tra i due Paesi, e
un invito a cena galeotto, ecco
che i due, già entrambi con la
fede all’anulare (lui, per giunta,
in attesa del primo figlio), s’in-
& White Ball
di Truman
Capote.
250
Elle aprile2012
corbis
“Eleanor
ha incluso
lo stile
americano nella
storia della
moda mondiale”
elle storiadidonna
Da sinistra.
Cover del libro
Eleanor
Lambert: Still
Here 2011,
Pointed Leaf
Press. Ritratto
di Eleanor
alla scrivania.
252
Elle aprile2012
cent’anni di (non) solitudine
Eleanor Lambert è sempre stata un tipetto volitivo e decisamente metodico. Ogni mattina, anche negli
ultimi anni della sua operosa esistenza, ha indossato
pressoché le medesime cose: cappotto di lana mohair
di Geoffrey Beene, completo di Léon Paule Couture, un
vistoso turbante rubino, borsetta di coccodrillo lucido e
mocassini belgi di morbida nappa; sofisticata come uno
scatto del suo amico Cecil Beaton, un poco stravagante
con la piccola stella tatuata alla caviglia fatta negli anni
Venti dopo una serata intellettual-alcolica con la controversa giornalista di costume Dorothy Parker.
Ogni settimana da sempre va al Kenneth Salon,
parrucchiere di Jacqueline Kennedy e ideatore del bob
mosso di Marilyn Monroe in A qualcuno piace caldo.
È forse proprio lì che nel 2002, tra profumo di lacca,
spazzola e phon, ormai 98enne, decide di chiudere una
volta per tutte i suoi uffici sulla 58ma strada. “Santa
Eleanor”, come la chiamava affettuosamente Bill Blass,
lascia scivolare la penna tra le dita e ripone l’agendina nel cassetto. Chissà se in quegli attimi di ritrovata
quiete, avrà ripensato a quella volta in cui sdoganò, facendole sfilare per la prima volta nell’America razzista
degli anni ’40, modelle di colore, ispirando Yves Saint
Laurent e Christian Dior a fare lo stesso. O se, con un
sorriso appena accennato sulle labbra vermiglie, si sarà
ricordata di quando Truman Capote le chiese di aiutarlo
a stilare la lista di invitati per il suo leggendario Black
and White Ball. Magari avrà scovato, rassettando le sue
carte, l’invito al Grand Divertissement à Versailles del 1973,
la grande soirée per festeggiare la riapertura dell’Opéra
con annesso défilé d’Alta Moda francese e prêt-à-porter
americano. Una sorta di circo-chic, tra piroette di Rudolf Nureyev e acuti vibranti di Liza Minnelli. Chissà
se, il 7 ottobre 2003, pochi mesi dopo aver compiuto 100
anni, si sarà sentita appagata oppure solo un po’ stanca
della sua frenetica esistenza, prima di sprofondare nel
sonno ristoratore che l’ha condotta dolcemente a miglior
vita. Micaela R. Tenace
la presse
degli adolescenti” o “simboli del vestire corretto e
contemporaneo”.
Nel 1943, impetuosa e lungimirante, mette in piedi
con Grover Whalen – ideatore della World Fair e presidente della maison parfumeur Coty – i Coty American
Fashion Critics’ Awards. Presentatore della serata al
Museo Metropolitan di New York, soirée dichiaratamente ispirata alla serata degli Oscar – il premio del resto è una statuetta di bronzo dalla silhouette femminile
di nome “Winnie” – è il sindaco Fiorello La Guardia. E
della statuetta aurea, oltre alle simili fattezze, acquisisce
ben presto anche egual prestigio: chi si aggiudica il riconoscimento entra di diritto nel gotha dello scintillante
fashion system. Inutile dire che il primo se lo aggiudica
lo stilista Norman Norell, della premiata scuderia Lambert. Del resto il suo è ormai un quasi totale monopolio.
È il 1944 quando Eleanor incontra una donna sagace e volenterosa quasi quanto lei: Elaine Whitelaw.
Membro del comitato nazionale del March of Dimes,
organizzazione no-profit per la salute della madre e del
bambino fortemente voluta dal presidente Roosevelt,
organizza con Eleanor uno show di beneficenza dove
star di Hollywood come Bette Davis e Judy Garland
sfilano indossando le creazioni dei più importanti stilisti americani.
L’ascesa di questa donna è inarrestabile: imbarca
modelle sulla prima classe dei voli TWA e le scorrazza
in giro per l’Europa, in Giappone e persino in Russia,
dove – alle soglie degli anni ’60 – il clima tra il vicepresidente Nixon e Krusciov è decisamente teso. E nel
1962, spronata dall’allora senatore Jacob Javits, lascia il
Couture Group per creare il CFDA (Council of Fashion
Designers of America), composto da 50 tra stilisti, creatori di gioielli e shoe designers.
Il 31 ottobre 1963 Eleanor parla al Senato degli Stati
Uniti: sua la missione di includere la moda tra le discipline di valore artistico, al pari di pittura, scultura
e musica. Due anni più tardi, nel 1965, al cospetto del
presidente Johnson, ci riesce; e lei, come previsto, diviene membro del Consiglio Nazionale delle Arti.
Eleanor è l’indiscussa donna della moda più in-
fluente al mondo,
incarnazione stessa
del sistema. Senza
alcun intoppo sino
al 1981 quando, alla rispettabilissima età di 78 anni,
consegna le sue dimissioni
dal premio Coty per dare i
natali ai CFDA awards, col
patrocinio del suo presidente dell’epoca, Bill Blass.