5 L`appello dell`Italia con altri 5 Paesi. Tobruk alla Lega Araba
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5 L`appello dell`Italia con altri 5 Paesi. Tobruk alla Lega Araba
IL CONTRASTO AL FONDAMENTALISMO Martedì 18 Agosto 2015 PRIMO PIANO L’emergenza 5 TENSIONE Roma con Francia, Germania, Spagna, Gran Bretagna e Stati Uniti si rivolge a «tutte le fazioni» affinché «si uniscano contro lo Stato islamico» Il ministro Gentiloni: «Stiamo rischiando una nuova Somalia, a due passi dalle nostre coste» A sinistra, una parata dell’esercito libico a Tripoli Nella capitale si è “insediato” il governo-ombra islamista, che ha costretto l’esecutivo “ufficiale” a riparare a Tobruk. A destra, militari che rispondono a Tobruk pronti a reagire contro l’Is (Ansa/Ap) Libia, «fronte comune per fermare l’Is» L’appello dell’Italia con altri 5 Paesi. Tobruk alla Lega Araba: bombardateli LUCA MIELE gire subito. Su due livelli. Pacificare il fronte interno. E creare una barriera all’infiltrazione jihadista. Perché la Libia sta correndo verso il precipizio, e il Paese rischia di diventare un’altra Somalia, «a due passi dalla nostra costa», come ha detto il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Tutto questo mentre l’Is moltiplica le atrocità a Sirte, violenze che hanno causato la morte di almeno 200 civili e il ferimento di altri 500 nell’ultima settimana, «mentre gli ospedali sono ormai al collasso, privi di tutto: con i medici libici costretti a curare unicamente i feriti dell’Is», secondo quanto denunciato dal presidente dell’Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi) e della Co-mai (Comunità del mondo arabo in Italia), Foad Aodi. L’imperativo è fare in fretta. I governi di Francia, Germania, Italia, Spagna, Gran Bretagna e Stati Uniti hanno chiesto a tutte le fazioni libiche di unire le proprie forze contro lo Stato islamico. Mentre il Parlamento di Tobruk, riconosciuto dalla comunità inAncora atrocità ternazionale, ha inun intervena Sirte. Almeno vocato to armato contro i duecento morti jihadisti. Richiesta recapitare diin una settimana fatta rettamente sul tavoE spuntano video lo della riunione dei «combattenti» straordinaria al Cairo della Lega Araba. Tobruk – mentre il premier Abdullah alThani ha annunciato di non volersi più dimettere – si è rivolto alla Lega rammentando che, a causa dell’embargo Onu imposto nel 2011 alla vendita di armi, non può agire da solo. Le autorità libiche avvertono che l’Is conquisterà altro territorio senza un intervento armato. Da parte loro Parigi, Berlino, Madrid, Roma, Londra e Washington hanno condannato con forza gli atti barbarici che «terroristi dell’Is» stanno perpetrando a Sirte. «Siamo profondamente preoccupati dalle notizie che parlano di bombardamenti indiscriminati su quartieri della città densamente popolati e atti di violenza commessi al fine di terrorizzare gli abitanti – si legge in un comunicato congiunto dei sei Paesi –. Facciamo appello a tutte le fazioni libiche che desiderano un Paese unificato e in pace affinché uniscano le proprie forze per combattere la minaccia posta da gruppi terroristici transnazionali che sfruttano la Libia per i loro scopi». «Ci felicitiamo – si legge in un comunicato diramato dalla Farnesina – per la recente sessione di negoziati per il dialogo politico svoltasi a Ginevra e ribadiamo tutto il nostro appoggio al processo di dialogo guidato dal rappresentante speciale del segretario Generale delle Nazioni Unite, Bernardino Leon». L’Italia si sta muovendo, spingendo per un pia- A Siria. Zone di influenza dei diversi gruppi libici Quell’equilibrio tragico tra i due governi Entrambi sovvenzionati da «padrini» stranieri nessuno riesce a prevalere, nessuno cede FEDERICA ZOJA intenzione di cessare le ostilità. Ma inserirsi nella contesa da parte nostra sarebbe un errore grave. Invece? Invece vanno mantenuti contatti informali anche con Tripoli, cercando nella lotta ad Is un terreno comune fra i due governi. Tripoli vive questa minaccia ancor più direttamente, ha tutto l’interesse a cercare un contatto. Ma l’escalation di questi giorni denota che Is in Libia è ormai una presenza strutturata e non più solo una bandiera? La Libia è stata per loro terreno fertile di propaganda, ma ora inizia ad essere qualcosa in più: le tante cellule che si sono legate a quella visione rischiano di trovare una saldatura, è per questo che si deve fare in fretta. Come però? L’opzione militare non è praticabile? Non ci sono le condizioni politiche. Neanche in ambito Nato, visto che manca, anche giuridicamente, l’attacco ad uno degli stati membri. Ma la Nato non opera solo con gli F-35, c’è tutto un patrimonio di informazioni sul terreno da mettere a disposizione della diplomazia e di piani di sviluppo con interventi non armati. tezze, drenando scontenti dai campi esistenti. Intendiamoci, Is in Libia non sta ottenendo i risultati raggiunti in Medio Oriente, e per rapidità e per profondità di penetrazione. La resistenza opposta dagli islamisti misuratini ai “colleghi” passati all’Is è emblematica: il fenomeno è percepito come estraneo e quindi da molti rigettato. Anche nel “miniCaliffato” di Derna non mancano i contrasti fra gruppi radicali. E a Sirte non è semplice per Is affermarsi. Tuttavia, il “brand” Stato islamico, con il suo fascino oscuro, potrebbe avvantaggiarsi dello stallo libico se questo dovesse protrarsi ancora a lungo. Per ora, il conflitto principale è soprattutto “politico”. L’esecutivo riconosciuto internazionalmente, espulso da Tripoli insieme al Parlamento – e riparato a Tobruk, in Cirenaica – nell’agosto del 2014 dalle forze raccolte nella coalizione Fajr Libya-Alba libica (islamiste), può contare sul supporto di Arabia Saudita ed Egitto, cioè della dirigenza della Lega Araba. Lamenta di non poter combattere i nemici adeguatamente perché azzoppato dall’embargo sulle armi in vigore dal 2011, ma ha un braccio armato, guidato dal generale Haftar. Intimo dell’egiziano Abdel Fattah al-Sisi, il generale potrebbe rivelarsi pericoloso in futuro, ma per ora è di prezioso aiuto. Attentati, defezioni, un’autorevolezza limitata alla Cirenaica stanno logorando il premier alThani, a sorpresa dimissionario una settimana fa in diretta televisiva. Un cedimento poi rientrato, ma indicatore di uno sfinimento anche personale. Tobruk ha firmato l’accordo quadro delle Nazioni Unite lo scorso 12 luglio: esso prevede la formazione di un governo di unità nazionale con un premier e due vice dotati di effettivi poteri, in carica per un anno; il riconoscimento del Parlamento in esilio in Cirenaica e non di quello formato a Tripoli (Congresso nazionale generale); la fine dei combattimenti. La fazione di Misurata, che sostiene Alba libica, ha aderito all’intesa insieme ad altri gruppi minori, ma Tripoli no: non può accettare lo scioglimento del proprio Parlamento. Ed è proprio un maggiore credito politico che il “premier-ombra” di Tripoli, Khalifa al-Ghweil, il cui paladino oltreconfine è il Qatar, sta negoziando in queste ore. È auspicabile che lo ottenga, se si vuole che una cornice libica prenda forma e duri oltre la torrida estate nordafricana. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA na soluzione politica che includa tutte le parti in causa in Libia è l’unica via d’uscita praticabile. L’inferno in cui è piombata Sirte nell’ultima settimana dà l’idea non tanto della potenza militare dei jihadisti affiliati allo Stato islamico (Is) quanto dell’impotenza di Tripoli e Tobruk, divise come sono, nel contrastarli. Annunciava il primo ministro libico legittimo, Abdullah al-Thani, nell’ottobre del 2014 da Khartoum, in Sudan: «Sono disponibile a trattare con tutti. Naturalmente con quelli che accetteranno di fare concessioni». Il contesto di oggi, nelle sue dinamiche principali, diverge di poco da quello dello scorso autunno. Armate e sovvenzionate da illustri padrini stranieri, le svariate milizie, che fanno capo a due poli politici, potrebbero perpetuare il tragico equilibrio raggiunto ancora per anni. Il caso siriano docet. Nessuna delle parti prevale, nessuna cede. Un terzo incomodo, però, sta scuotendo le due for- U «Passo importante, ma il difficile inizia ora» ANGELO PICARIELLO ROMA il passo politico a lungo aspettato, visto anche il peso delle sei potenze che si sono impegnate. Ma il difficile in Libia inizia ora», dice il capogruppo di Alleanza popolare in Commissione Esteri della Camera Paolo Alli, che è anche vicepresidente della commissione parlamentare Nato. Ap si è fatta anche promotrice di un documento che sollecita il governo ad adottare un "libro bianco" sull’Africa, un piano organico di cooperazione per favorire processi virtuosi. «Un intervento militare non sortirebbe effetti sperati, d’altronde, e poi non ci sono le basi». Quale ruolo ha avuto l’Italia nell’elaborazione di questo documento? Un ruolo certamente importante, forse decisivo. Non potrebbe essere diversamente per gli interessi che abbiamo: non a caso siamo stati gli ultimi a chiudere la nostra ambasciata. Come destreggiarsi, però con i due governi di Tripoli e Tobruk? La strada impone pragmatismo. Noi riconosciamo solo il governo democraticamente eletto di Tobruk, ma bisogna anche stare attenti a non lascia- «È Paolo Alli L’intervista Alli: «Un intervento militare non sortirebbe effetti» re il governo di Tripoli nelle mani dell’Is. Le faccio un esempio. Nell’audizione in Commissione, Aqila Saleh, presidente del Parlamento di Tobruk, ci ha detto che il modo più efficace per aiutarli sarebbe quello di interrompere l’embargo delle armi. Ma questo vorrebbe dire armarli, vuol dire che non c’è L’Onu sui raid: «Disprezzo per la vita dei civili» DANIELE ZAPPALÀ n mercato urbano domenicale trasformato in un nuovo torrente di sangue da improvvisi bombardamenti aerei agli ordini di Damasco, sotto gli occhi di una comunità internazionale ancora impotente. Straziata, la città siriana di Duma, nella periferia della capitale e controllata dai ribelli, ha visto ieri salire a 96 i propri morti, quasi tutti civili, secondo le fonti umanitarie che denunciano pure le condizioni estremamente gravi di molti dei 240 feriti registrati. A Damasco per la prima volta da responsabile Onu per gli Affari umanitari, il britannico Stephen O’Brien si è detto ieri «inorridito» dai resoconti del massacro che mostrano «un disprezzo totale per la vita dei civili». Per Staf- U sione di caschi blu dell’Onu a presidio dei punti strategici Mar Mediterraneo del territorio libico. Bayda TUNISIA Zuwara Tripoli Dall’altro, la creazioDerna Misurata Bengasi Sabratha ne di un governo libico di unità nazioTobruk Zintan Nofilia Ajdabiya nale, la creazione di SIRTE Sidra Marsa al-Brega un “ombrello” che EGITTO Ras Lanuf cementi tutte le forze anti-Is. La macchina propaALGERIA Sabha gandistica dello StaLIBIA to islamico, intanto, non si ferma. L’ala libica dello Stato islamico ha pubblicato un nuovo video affermando che si tratta dei combattimenti «in corso» a NIGER Sirte. Il video, diffuCHAD so sui social media in lingua araba, duGoverno legittimo Gruppi alleati dell'Isis ra 30 secondi ed è Milizie Tebu Ansar al Sharia firmato dalla «ProAlleanza miliziana Fajr Libya Altri jihadisti vincia di Tripoli» del 300 km Milizie Tuareg Califfato nero. Nel ANSA Fonte: BBC filmato si vedono dei combattenti dell’organizzazione terroristica, tutti con i volti no che si articoli su due livelli: da un lato preoscurati, sparare da dei pick-up con mitradisporre aiuti militari e finanziari per rendere gliatrici automatiche. l’esercito libico in grado di fronteggiare la minaccia dello Stato islamico, con tanto di mis© RIPRODUZIONE RISERVATA Le divisioni nel Paese masco, sono proseguiti scontri e bomfan de Mistura, inviato speciale dell’Obardamenti. A Latakia, roccaforte leanu in Siria, è stato un attacco «devalista sul Mediterraneo, l’agenzia gostante». Ma i nuovi appelli del Palazvernativa Sana ha registrato la morte zo di Vetro per il rispetto del diritto udi 6 civili sotto razzi ribelli. A Zabadamanitario sono giunti nelle stesse oni, alla frontiera con il re in cui lo stallo diploLibano, avanzano invematico attorno alla crisi ce le truppe e formazioera confermato da un Liberato padre ni paramilitari alleate di faccia a faccia a Mosca fra Damasco, a cominciare il ministro russo degli ETony Boutros, dalle milizie sciite libasteri Sergeij Lavrov e l’oda mesi sotto nesi di Hezbollah. In mologo iraniano Javad questo settore, dopo un Zarif, all’unisono nel rinsequestro fragile cessate il fuoco, novare la propria protele trattative sono nuozione al regime di Bashar vamente naufragate. al-Assad. Evocando l’iIntanto, feriscono pure le immagini potesi di una transizione politica con trasmesse dalla televisione satellitare defenestrazione dell’uomo forte di curda Rudaw che mostrano tre criDamasco, Lavrov ha ripetuto che «la stiane della comunità assira rapite ad Russia non accetta questa posizione». Hasaka lo scorso febbraio dai terroriSempre ieri, in diverse aree siriane, sti dell’Is, i quali minacciano di tratcompresa la stessa periferia di Da- «La mancanza d’acqua ad Aleppo sta raggiungendo livelli catastrofici» tenerle come «schiave», in assenza di riscatti. Su uno sfondo così fosco, ha preso per i cristiani siriani un particolare sapore di speranza la liberazione, dopo mesi di sequestro, di padre Tony Boutros, sacerdote greco-cattolico cinquantenne a cui è affidata, a Shahba, la parrocchia di San Filippo apostolo. Giunta sabato, la notizia è salutata come «un bel regalo dell’Assunta», ha detto monsignor Mario Zenari, nunzio a Damasco, ai microfoni di Tv 2000, esprimendo invece preoccupazione per il persistente silenzio attorno a padre Paolo Dall’Oglio, sequestrato oltre due anni fa a Raqqa, nel nord della Siria. © RIPRODUZIONE RISERVATA assedio. Quaranta gradi. Niente acqua. Aleppo, stretta da mesi nella morsa del regime, da una parte, e degli islamisti, dall’altra, rischia letteralmente di morire di sete. L’approvvigionamento all’esterno è reso impossibile dal cordone dei soldati governativi. All’interno, nei quartieri lealisti, le linee di fornitura sono state tagliate dai ribelli come ritorsione al taglio dell’elettricità operato dai governativi nelle aree islamiste. Ciclicamente la città è rimasta senza acqua. «Ma adesso l’emergenza idrica ha raggiunto livelli catastrofici», spiega padre Elias Janji, della chiesa armeno-cattolica, cheche vive nel quartiere di al-Suleimaniyeh, una delle roccaforti del regime. L’associazione “Aiutiamo la Siria” (di cui padre L’ Duma, il popoloso sobborgo di Damasco, colpito dai raid dell’aviazione siriana: nel mirino sono finiti ancora una volta i civili (Ap) Elias fa parte) da settimane fa tutto il possibile per alleviare l’emergenza. «Ogni giorno – spiega il religioso – forniamo gratis a 20 famiglie 500 litri di acqua. Inoltre è partito un altro progetto che prevede l’acquisto di cisterne da installare nelle abitazioni così che tutti possano avere a disposizione l’acqua anche quando viene tagliata». Ma intanto, tutti partecipano alla “guerra” per l’acqua. Anche i bambini: «I piccoli di cinque-sei anni – racconta padre Elias – portano l’acqua alle loro famiglie prendendola dai pozzi pubblici. Ma ci sono code lunghissime e non si possono prelevare più di 10-15 litri per volta». Il religioso rivolge quindi un appello ai ribelli affinché l’acqua torni a disposizione. «Un appello a chi ha una coscienza. Non per forza cristiana». (R.E.)