lettera_confratelli_mise_agli_scolari

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Carissimi, giovani amici, prima di tutto voglio ringraziarvi, a nome di tutti i miei compagni, per i bei
sentimenti che ci riservate nella vostra lettera e anzi devo scusarmi con voi per avere trovato solo ora il
tempo per scrivere. La vostra bella lettera termina con la promessa che vi ricorderete di noi anche se non
potremo conoscerci di persona: questo vostro sentimento ci onora, ma vorremmo che rifletteste un attimo su
questo fatto. In effetti non ci sono impedimenti fisici che ci impongano di non conoscerci di persona: Firenze
non è poi così distante! Piuttosto siamo convinti che il nostro anonimato personale possa esservi ancora
utile. Lasciate che vi spieghiamo svelandovi un piccolo segreto. Dopo essere stati fra voi, dopo aver
condiviso i disagi di quei giorni, alcuni dei nostri compagni hanno sentito il desiderio di tornare a "respirare"
ancora una volta l'aria amica di Alba. È successo così che siano tornati: questa volta in abiti "civili", confusi
fra i tanti albesi ed i turisti che, fortunatamente, stanno ricominciando a visitare la vostra bellissima città. Ne
hanno ricavato un grande conforto. Soprattutto si sono sentiti gratificati dall'aria di "normalità" che
nuovamente si respira camminando in Piazza del Duomo (che conoscevamo in un'altra versione per averla
invasa con i nostri mezzi), nelle pizzerie, nei bar: hanno sentito Alba anche un po' loro e questo è stato un
sufficiente compenso. In quei giorni delle feste natalizie Alba era sotto i riflettori delle telecamere e l'aiuto
umanitario ormai si esprimeva con gli sponsors, le paillettes, le passerelle, il karaoke: anche questo è un
segno di ritrovata "normalità" ma che, tuttavia, non ci appartiene. Non ce ne vogliate se desideriamo di non
consegnare alcuna immagine personale di noi. Anzi crediamo di farvi più ricchi se impediamo alla nostra
immagine individuale, personale, di sovrapporsi alla ben più importante immagine "anonima" della Squadra
USPIM della Misericordia. Se conserverete nei vostri ricordi quella immagine anonima, saprete che, fra la
gente sconosciuta che incontrerete, nel prossimo, che spesso sembra insignificante od indifferente, ci sono
invece persone (le più impensate) che sentono l'urgenza del dovere (anzi, del bisogno) di aiutare chi si
trova in difficoltà. Nelle vostre parole, belle, dettate dall'affetto, c'era anche tanta riconoscenza.
Mantenendo il nostro anonimato vi invitiamo ad essere riconoscenti verso la "gente": se credete di aver
contratto un debito con noi, saprete, così, di dovervi "sdebitare" verso il "prossimo anonimo" troppo
numeroso per poter essere definitivamente soddisfatto. Tuttavia vi invitiamo ad impegnarvi lo stesso in
questa opera di riconoscenza cercando di mettere a disposizione degli altri le enormi capacità che vi
vengono dall'essere così giovani. Se è un debito, questo, è un debito che vale la pena avere! Oggi in Italia
gli oltre seicentomila nostri compagni (noi li chiamiamo Confratelli) sono impegnati in questa impresa
impossibile, ma bella. Anche loro, come noi, sentono il bisogno di sentirsi riconoscenti (per la buona salute,
per l'istruzione ricevuta, per un lavoro, una casa...) e sentono di doversi "sdebitare" con chi invece è stato
meno fortunato. È un "debito" che ci viene tramandato da oltre sette secoli e che da allora, attraverso
innumerevoli generazioni di "confratelli", costantemente si rinnova ogni giorno. Certamente i tempi
cambiano e oggi le nostre associazioni volontarie locali, che noi chiamiamo "Confraternite della
Misericordia", sono più di cinquecento in Italia e moltissime altre sono sparse nel mondo, soprattutto laddove
il bisogno è più forte. Un tempo i nostri predecessori usavano la "zana" (che è una specie di cesta che
serviva a portare i malati sulle spalle) mentre oggi abbiamo le nostre autoambulanze con il medico a bordo
(sono più di 2500!) ed i nostri mezzi speciali. Un tempo i Fratelli della Misericordia facevano il proprio
servizio con la "buffa" (che è una tunica nera che nascondeva sia i vestiti che il volto), mentre oggi le nostre
divise sono necessariamente sgargianti ed evidenti per colore per foggia. Eppure anche oggi, come allora, i
Fratelli della Misericordia usano ringraziare chi soccorrono perché gli viene data l'occasione di "ripagare",
almeno in parte, quel "debito". Il creditore? Il prossimo. Anzi, "il Prossimo" ovvero il Buon Dio che facendosi
prossimo si è reso simile a noi. Assieme a questa lettera vi giungono anche due cose che vi aiuteranno a
ricordare l'impegno verso gli altri. La prima è un casco che porta ancora traccia del fango contro cui,
insieme a voi, abbiamo combattuto. C'è ancora molto "fango" da combattere: speriamo di avervi ancora, in
futuro, al nostro fianco. La seconda è la riproduzione del quadro dedicato al "Fratello della Misericordia".
Osservatelo bene. Il soggetto del quadro, ossia il Fratello della Misericordia, coperto dalla buffa della
tradizione, di spalle, è totalmente irriconoscibile e se non comparissero quelle gambe, forti, abituate alla
fatica del servizio, sembrerebbe una macchia scura sullo sfondo; l'unico volto che si intravede, sofferente e
trasfigurato, è quello del prossimo bisognoso portato a spalle sulla zana. Il Fratello della Misericordia, che
pure è il soggetto del quadro, trova identità nell'immagine del volto del prossimo sofferente. È questa
l'immagine che ci piacerebbe lasciare di noi. Grazie, dunque, di tutto cuore e augurandovi ogni bene, vi
salutiamo secondo il nostro antico costume: Iddio ve ne renda merito!