L` uso del tabacco si è diffuso in Europa alla fine del XV secolo

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L` uso del tabacco si è diffuso in Europa alla fine del XV secolo
L' uso del tabacco si è diffuso in Europa alla fine del XV secolo. Cristoforo Colombo fu il primo
europeo che vide un uomo fumare quando sbarcò, nel 1492, nell' isola di San Salvador. Nel
secolo seguente, il fumo del tabacco si diffuse in tutto il mondo, anche per le sue presunte
capacità medicinali, nonostante l' energica opposizione ufficiale e, in alcuni casi, la
comminazione di pene severe.
Solo alla fine del secolo scorso i progressi tecnici consentirono l' immissione sul mercato di un
nuovo prodotto, la sigaretta, che era meno costoso e
più
piacevole del sigaro e forniva un fumo così tenue che poteva essere inalato; con la comparsa
della sigaretta il consumo di tabacco subisce aumenti vertiginosi nel giro di pochi decenni
(Goodman et al., 1990; Arciti e Palombi, 1987).
Il primo segnale d' allarme circa i rischi del fumo di tabacco venne lanciato, nel 1964, dagli
organi di informazione in occasione del cosiddetto Rapporto Terry, il rapporto del Surgeon
General degli Stati Uniti (Modolo el al., 1989).
E' nel 1986 che l' Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che "l' uso di tabacco in
tutte le sue forme è incompatibile con il raggiungimento dell' obiettivo: Salute per tutti entro il
2000" (WHO, 1986); tuttavia, "per ragioni poco chiare, la dipendenza da tabacco non è stata
aggiunta a quella delle altre dipendenze specifiche, ma in un'altra sezione separata, intitolata
incredibilmente 'Abuso non dipendente di droghe'" (Arnao, 1990).
consumi di tabacco in Italia hanno subito un forte incremento nel periodo che va dal 1900 al
1985, successivamente si è verificata una significativa riduzione delle vendite: si è passati, infatti,
da 1,82 Kg/persona nel 1985 a 1,62 nel 1990.
I dati relativi al consumo pro capite di tabacco e la spesa media mensile per componente
familiare per regione, mostrano nell' area Centro Nord consumi più elevati rispetto alle regioni
del Sud con una differenza di oltre 900 gr/pro capite tra il valore massimo (2,175 g) della Valle d'
Aosta e il valore minimo (1,250 gr) della Puglia.
Se questi dati possono fornire un quadro d'insieme, certamente non permettono né di stabilire il
numero, né di delineare il profilo, cioè stabilire il sesso, l' età, la condizione sociale e le modalità
di consumo, del fumatore italiano.
Le principali inchieste sul tabagismo sono state condotte dall' Istituto Doxa su campioni
rappresentativi della popolazione italiana e dall' Istituto Centrale di Statistica, su campioni di
famiglie.
I dati raccolti dall' Istituto Doxa sin dal 1949 mostrano linee di tendenza diametralmente opposte
nei due sessi: una diminuizione marcata tra i maschi (dal 71% nel 1949 al 38% nel 1987) ed un
forte incremento nelle femmine (dal 10% circa nel 1949 al 28% del 1987).
Dal 1980 l' ISTAT ha condotto tre indagini campionarie domiciliari sulle condizioni di salute e il
ricorso ai servizi sanitari degli italiani, nell' ambito delle quali sono state rilevate le abitudini
fumatorie degli intervistati.
Nel 1987, i fumatori erano il 28,6% della popolazione di età superiore ai 14 anni (40,8% dei
maschi e 17,4% delle femmine), gli ex-fumatori erano l' 8,9% e mediamente venivano fumate
circa 15 sigarette al giorno a testa (17 dagli uomini e 11 dalle donne).
Per quanto riguarda la correlazione tra età e fumo, è stato evidenziato che le classi di età con più
elevate percentuali di fumatori erano quelle comprese tra i 30 e i 39 anni, sia per gli uomini che
per le donne; osservando le diverse fasce di età, le differenze percentuali risultavano minori nell'
età giovanile mostrando, quindi, una tendenza all' acquisizione di modelli comportamentali
relativi al fumo simili nei due sessi. I consumi pro capite al giorno crescevano dall' età più
giovanili fino ai 35 - 54 anni, per poi ridiscendere nelle età più avanzate. Il 3,8% dei fumatori
aveva iniziato a fumare prima dei 14 anni ed il 39,7% prima dei 18 anni. I maschi cominciano
prima delle femmine: il 44,4%, contro il 29,4% aveva iniziato a fumare prima dei 18 anni
(ISTAT, 1991b).
Il grado di istruzione non sembra influenzare molto i livelli di consumo tra i maschi, mentre tra
le femmine si osserva un fortissimo incremento dei consumi con l' aumento della scolarità: le
percentuali di fumatrici erano il 9,9% tra le donne con istruzione fino alla quinta elementare ed
il 27,8% tra le donne con diploma superiore o laureate; dato confermato da una recente indagine
(Arciti et al., 1993).
Per quanto riguarda lo stato civile è possibile osservare una significativa differenza tra coniugati
(44,6% di fumatori) e celibi (33,8% di fumatori) (Tabella 2.3).
Circa l' occupazione, è possibile osservare le più alte percentuali di fumatori nei lavoratori,
occupati o disoccupati, rispetto ai non lavoratori; particolarmente evidente risulta il divario per le
donne, interpretabile come espressione di una relazione tra l' emancipazione femminile e l'
adesione all' abitudine, tipicamente maschile, del fumo. Le categorie professionali maggiormente
coinvolte dall' abitudine tabagica sono gli operai per gli uomini e gli imprenditori e liberi
professionisti per le donne. E' interessante osservare come in coloro che lavorano nell'
agricoltura vi sia una notevole differenza tra le percentuali di fumatori tra le donne (8,6%) e gli
uomini (47,0%) e come negli occupati nel settore della scuola si riscontri una bassa percentuale
di uomini fumatori rispetto alla popolazione generale, il contrario si osserva per le donne.
In Italia, nel 1984, è stata realizzata dalla Lega Italiana per la Lotta ai Tumori una ricerca
promossa dal WHO sulle abitudini fumatorie del personale sanitario (medici e infermieri).
Mentre la percentuale dei fumatori maschi non si discosta molto, pur essendo lievemente più
elevata, da quella rilevata nella popolazione generale dall' ISTAT (1986), la percentuale delle
operatrici sanitarie che fumano è enormemente più elevata rispetto alla popolazione femminile.
Osservando il fenomeno rispetto alle aree geografiche si nota che per i maschi le percentuali di
fumatori più elevate si rilevano nelle Isole e nell' Italia Nord-occidentale, mentre per le femmine
è netto il divario tra il Centro Nord ed il Sud.
Più in dettaglio, la regione con il più alto tasso di fumatori maschi è la Campania seguita dalla
Sicilia e dal Piemonte; per le femmine è l' Emilia Romagna seguita da Lazio e Valle d' Aosta.
Per quanto riguarda il prodotto fumato, la sigaretta é largamente utilizzata (96,7%), anche se tra
gli anziani è leggermente più diffuso l' uso di sigari e pipa (massimo del 16,5% di fumatori di
sigari tra gli ultraottantacinquenni); di fatto assente l' uso di sigari e pipa nelle donne (ISTAT,
1991b).
Considerando il numero di sigarette fumate è possibile osservare come tra i maschi si registrano
le più alte percentuali di forti fumatori (il 51,9% dei maschi dichiara di fumare tra 11 e 20
sigarette al giorno, rispetto al 34,2% delle femmine); dal confronto con gli anni precedenti
emerge l' aumento dei forti fumatori, tanto più significativo considerando la riduzione del
numero complessivo dei fumatori.
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