Il ricordo della guerra per celebrare la pace

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Il ricordo della guerra per celebrare la pace
MUSEO DELLO SBARCO
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Il ricordo della guerra
per celebrare la pace
e Ciminiere, il grande complesso fieristico-culturale di viale
Africa ospita il Museo storico
dello sbarco in Sicilia. E’ stato
il presidente dell’Ente, Nello
Musumeci, presenti la Giunta al completo,
con in prima fila l’assessore alle Attività culturali Giuseppe Cutuli e il suo predecessore
Rosario Patanè, e le massime autorità provinciali e regionali delle Forze armate e dei
corpi di polizia, nonché di istituzioni culturali e
della Pubblica amministrazione, a tagliare il
nastro.
“Questa è la prima tappa del realizzando
circuito museale predisposto dalla Provincia di
Catania: si parte non a caso dalle Ciminiere, un
punto di riferimento ormai conosciuto a livello
nazionale, e poi si attraverseranno diversi centri del territorio”, ha dichiarato Musumeci.
“Il Museo dello sbarco è dedicato ad una
delle pagine più drammatiche e meno conosciute della II Guerra mondiale. Intendiamo
raccontare le battaglie combattute dai nostri
padri e le giornate di paura vissute dai nostri
nonni, ma soprattutto vogliamo insegnare a
tutti ad apprezzare la pace, un bene irrinunciabile che però può essere apprezzato appieno
solo da chi ha conosciuto gli orrori della guerra, dove quasi sempre è impossibile distinguere
buoni dai cattivi”.
L’esposizione ricostruisce, in particolare,
il periodo della Seconda guerra mondiale compreso tra il luglio e il settembre del 1943, dallo
sbarco sulle coste siciliane alla firma dell’armistizio di Cassibile (Siracusa).
Con i suoi oltre 3.000 metri quadrati, il
museo di Catania è il più grande in Italia dedicato alla Seconda guerra mondiale e tra i più
estesi in Europa. E’ , inoltre, l’unico esistente da
Roma in giù. “Il Museo storico dello sbarco in
Sicilia – spiega Nello Musumeci, presidente
della Provincia di Catania, ente che ha realizzato l’esposizione – è un’operazione culturale
che ha coinvolto storico, collezionisti, Enti e
Istituzioni. Lo scopo è offrire alle nuove generazioni un quadro quanto più completo ed
obiettivo è possibile su una pagina di storia
L
La Provincia
regionale di
Catania ha
realizzato
la grande
esposizione
permanente
per
documentare
una delle più
importanti
fasi della
storia
contemporanea
estremamente importante per la nostra isola e
per l’intera Repubblica italiana. Non è un
museo della guerra, ma tramite la presentazione di materiale documentaristico e, inevitabilmente, di materiale bellico vogliamo lanciare
un monito a chi con le armi ha inteso e intende risolvere i conflitti tra i popoli”.
Non a caso il percorso museale inizia e si
conclude con due frasi celebri di altrettanti
pontefici riferite alla pace: “La pace è un bene
supremo, dimenticarlo è una follia” (Giovanni
XXIII) e “Tutto è perduto con la guerra, nulla è
perduto con la pace” (Pio XII).
Numeroso il pool di esperti che coordinati dall’architetto Gaspare Mannoia, direttore
dei lavori e direttore artistico del Museo, hanno
lavorato per circa un anno senza risparmio di
energia ed entusiasmo.
Il Museo è aperto tutti i giorni (escluso il
lunedì) dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 20.
Biglietto d’ingresso 3 euro , 2 euro ridotto.
Gratuito per i bambini al di sotto dei 10 anni.
Ulteriori informazioni possono essere richieste
al numero verde 800551485.
Daniele Lo Porto
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MUSEO DELLO SBARCO
La memoria dietro un vetro
e chi la guerra
la fa per farla e
chi la fa per
raccontarla”
dice il miliziano spagnolo Antony Mirallès ormai vecchio e
quasi cieco al tenace giornalista Javier Cercas che
lo aveva scovato dopo sessant’anni in un geriatrico francese dalle parti di Digione.
Il protagonista del best seller “Soldati di
Salamina”, l ’uomo che aveva risparmiato la vita
dell’alto dirigente franchista Rafael Sanchez
Mazas nelle convulse giornate della disfatta dell’esercito repubblicano nel 1939, ritornava sui suoi
ricordi di combattente liquidandoli , tra i sospiri
della nostalgia, con questo sconsolato epitaffio.
In questa parte della città dove “Le
Ciminiere” sono monumento al lavoro e alla fatica di lontane generazioni di siciliani, dove restano
i segni rimarginati della guerra e della distruzione,
s’e voluto incastonare un pezzo della storia della
nostra terra perché attraverso le immagini, i simulacri, gli elementi visivi, le ricostruzioni architettoniche, l’intelligenza delle soluzioni e degli effetti
speciali, le nuove generazioni possano rileggere
con attenzione, meditare sui valori, consolidare le
istanze di pace, di fraternità e di solidarietà in una
logica non di restaurazione ma di rivisitazione
attenta di un pagina ingiustamente dimenticata
della vicenda bellica dell’Italia nella seconda guerra mondiale. Già perché lo sbarco anglo-americano in Sicilia nel 1943, l’operazione Hushy quella
che vista la situazione delle truppe dell’Asse appariva sulla carta come una impresa rapida e piena
di successi si era rivelata, per la strenua difesa
degli italiani e dei tedeschi una campagna lunga,
difficile e sanguinosa in cui sono stati messi in
evidenza sacrifici sublimi, vigliaccherie senza
appello, eroismi negati, sofferenze di popolazioni inermi. Il museo racconta tutto questo senza
orpelli e senza fanfare ma con la dignità e il valore dei suoi documenti, l’originalità dei suoi reperti
che parlano per quelli che combatterono onorando la divisa e il giuramento, per quanti voltarono
le spalle, per chi rimase inchiodato al pezzo e chi
lo smontò prima di sparare un solo colpo.
Racconta ai giovani di oggi dei loro coetanei, dei Diavoli rossi della 1a divisione aviotrasportata britannica che rimasero fulminati tra gli ulivi
e i vigneti del Simeto o dei tedeschi della
“Goering” e gli italiani della “Napoli” che difesero
“C’
Quando
il ricordo,
incalzato
dal tempo
lentamente
si dirada,
quando
i protagonisti
non ci sono
più per
poter dire:
“quel giorno
io c’ero”,
resta
il documento,
l’archivio,
il museo a
testimoniare
la storia.
con una lunga battaglia di logoramento
la Piana di Catania
come fosse l’uscio di
casa o dei fucilieri
inglesi della brigata
di fanteria leggera
Durham che si rimisero in posa per
documentare per la
storia il loro ingresso
in piazza Duomo. E
ne avevano buoni
motivi perché avevano percorso quella
decina di chilometri
che la separano da
Primosole in appena una ventina di giorni
Parla per “i siciliani e per gli italiani” uniti
dallo stesso destino nonostante il maldestro discrimine del proclama di Roatta, per i caduti conosciuti o per quelli “noti a Dio” che riposano a
Bicocca, a Motta Sant’Anastasia o al mausoleo
dei Benedettini, per le vittime dei bombardamenti indiscriminati per quelli dell’8 luglio o per quelli di Paternò e anche per il padre di un mio amico
che fu ucciso dalle parti di Siracusa perché era
rimasto vedovo e portava….la camicia nera.
E parla ancora della volontà di chi lo ha
voluto strenuamente laddove questa pagina col
suo carico di sofferenze di dolore, di gloria e di
meschinità è stata scritta . E lo ha voluto per non
dimenticare, perché le nuove generazioni possano meditare, rileggere e rivisitare la storia per rinsaldare tra reduci e sopravvissuti, tra giovani e
vecchi tra nuovi sentimenti di unita nazionale e
magari riscoprire che il ponte di ferro di
Primosole fu attaccato e fu difeso con lo stesso
impeto e la stessa determinazione di quello di
Arnhem , che gli arditi di Marciano o i fanti di
Bolla non furono meno dei leoni della Folgore ad
El Alamein e che l’onore, la dignità, la viltà e la
codardia non furono soltanto sulle spiagge della
Normandia, a Pegasus Bridge o Saint Mere Eglise
ma anche tra le sterpaglie del Fosso Buttaceto
intorno all’aeroporto di Gerbini e a Troina, sulla
Linea Gotica o su quella dell’Etna e, come in tutte
le guerre unì tutti nella buona e nella cattiva sorte,
vincitori e vinti.
Lino Serrano
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“Mamma, ma
le guerre sono
tutte uguali?”
amma, perché sul muro
c’è scritto
Credere
Obbedire
Combattere?”. Ho portato i miei figli a visitare il Museo storico dello sbarco in Sicilia, e
questa è stata una delle prime domande che mi
sono sentita porre. Ne sono seguite altre ancora, le più svariate: perché quei soldati avevano
uniformi così pesanti, non era estate? E perché
gli americani mandavano gli aerei a bombardare le città, se volevano bene agli italiani.
Al Museo io ero già stata, ma l’ho voluto
rivedere con i loro occhi: e vi dico, portateceli.
I figli, gli alunni. Per loro sarà un percorso
museale atipico, per certi versi. Per noi, accompagnarli è una sfida con la Storia e con il
nostro passato recente. Non si tratta di mettere alla prova la nostra conoscenza riguardo
gli avvenimenti dell’estate ’43. Alle date e ai
nomi hanno, ovviamente, pensato i curatori
del Museo. E da leggere, sui cartelli, c’è moltissimo. Difficilmente però i ragazzi si sofferme-
“M
Una
giornalistamamma
ha visitato
il Museo con
i suoi due figli
rispondendo
alle loro
domande,
le stesse
che si pongono
migliaia
di adolescenti
ranno su quei dettagli.
Piuttosto vi chiederanno: “Il nonno
dov’era quando cadevano le bombe? E la sua
mamma, lo vestiva da balilla?”. E’ un’occasione per far comprendere loro quanto poco
tempo sia passato, anche se sembrano mille
anni. Uscita dal rifugio antiaereo col sorrisetto
di chi ha frequentato ben altri luna park, mia
figlia Giulia, 11 anni, ha assistito allo sfogo
accorato di una signora che – le ha detto allora aveva la sua età, e davanti alle immagini
delle case distrutte ha ricordato con emozione
i “suoi” bombardamenti. I riferimenti a luoghi
ed esperienze familiari sono infatti continui.
La sala in cui sono esposti i libri scolastici e le
divise dei piccoli fascisti è tra quelle che maggiormente possono attirare l’attenzione dei
ragazzi. Inevitabile domandare a mia volta:
“Ma a te sarebbe piaciuto andare a scuola con
la divisa da Piccola Italiana?”. Per tutta risposta, una smorfia. Figurarsi, vuoi mettere con le
magliette Miss Sixty… però Giulia se l’è studiato bene il manifesto sulle diverse fogge
d’abbigliamento dell’epoca. E Marco, 13 anni,
appena Giovanni Carabalone ha iniziato a guidarci attraverso le uniformi e le dotazioni militari dei diversi Paesi si è piazzato accanto a lui
seguendolo passo passo. Non si è perso una
parola.
Grande curiosità anche per i volantini
propagandistici lanciati dagli aerei. Ho spiegato loro che adesso li mandano via e-mail…
“Ma la guerra è sempre uguale, mamma” – è
stata la risposta. E’ vero, tesoro. E’ per questo
che bisogna conoscere bene quelle passate.
Aiuta a comprendere meglio quelle attuali, e
ad apprezzare il bene supremo della pace.
Flaminia Belfiore