IL RUOLO DELL`ARGOMENTAZIONE NELL`EMERGENZA E NELLA

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IL RUOLO DELL`ARGOMENTAZIONE NELL`EMERGENZA E NELLA
4° INTERNUCLEI SCUOLA DELL’OBBLIGO - APRILE 2001
IL RUOLO DELL’ARGOMENTAZIONE NELL’EMERGENZA
E NELLA PADRONANZA CONSAPEVOLE DEI CONCETTI
Ezio Scali
N.R.D. Genova, Scuola dell’Obbligo; Scuola Elementare di Piossasco - TO
1 – Premessa
La costruzione della padronanza consapevole dei concetti, dei loro significati e
delle loro proprietà richiede un processo lungo e complesso, in cui non è possibile
determinare nettamente un inizio e una fine. Da un lato, infatti, i bambini giungono a
scuola con un bagaglio variamente ricco ed articolato di esperienze e di concezioni sui
concetti oggetto di insegnamento-apprendimento. D’altra parte molte ricerche (fra cui
Vergnaud, 1981; Duval, 1994) rilevano che in determinati contesti anche vari aspetti di
concetti ritenuti “elementari” (es. alcuni significati della moltiplicazione o della
divisione) risultano fonte di insuccesso in percentuali rilevanti di studenti della scuola
secondaria superiore.
E’ necessario quindi avere un quadro teorico che consenta di entrare nel merito
dei problemi posti dalla complessità del processo di concettualizzazione. Verrà di
seguito assunta la definizione che Vergnaud (1990) dà di concetto come sistema che
comprende le situazioni che danno senso al concetto, gli invarianti operatori e le
rappresentazioni linguistiche. Questa definizione permette, fra l’altro, di prendere in
considerazione gli elementi su cui può intervenire l’insegnante, in che cosa consistono
le difficoltà manifestate dai bambini, e su quali piani evolve il processo di
concettualizzazione.
Sul piano culturale, sarà considerato il rilievo che Vygotskij (1992) dà al
rapporto fra concetti spontanei e concetti scientifici (in particolare nel cap. VI).
Sul rapporto fra argomentazione e concettualizzazione utilizzerò i contributi di
Nadia Douek (vedi Douek,1998; 1999; e Douek & Scali, 2000).
2 - L’argomentazione
In questo intervento cercherò di affrontare alcuni nodi teorici riguardo al ruolo
che l’argomentazione assume nel processo di concettualizzazione.
Generalmente l’argomentazione, sul piano didattico, viene intesa soprattutto
come competenza linguistica e, conseguentemente, analizzata nell’ambito della
produzione di testi di genere argomentativo (cf. Toulmin, 1958/1975). Si sono
sviluppate diverse ricerche riguardanti il ruolo dell’argomentazione nella trattazione di
problemi di interesse sociale, analizzando il processo argomentativo realizzato in
classe essenzialmente dal punto di vista della pertinenza e della concatenazione logica
degli argomenti. In genere, l’analisi dell’argomentazione non è stata connessa allo
sviluppo di concetti disciplinari (in particolare in campo matematico) ed ha riguardato
soprattutto gli allievi delle classi terminali della scuola elementare o delle classi di
scuola secondaria.
E’ necessario precisare che cosa verrà qui inteso come “argomentazione”: essa
concerne un discorso logicamente strutturato su un “oggetto” (avente carattere
disciplinare), sul quale è possibile addurre posizioni, interpretazioni, opinioni di tipo
diverso. Il discorso argomentativo si basa sull’uso di “argomenti” di varia natura
(principi, dati empirici, concezioni, conoscenze). La loro articolazione, come già
detto, deve essere di tipo logico, dove per “logico” si intende non solo un discorso
sviluppato in forma deduttiva, ma anche attraverso le forme dell’analogia, della
metafora, dell’induzione, ecc. (cf. Douek, 1999).
L’argomentazione assume caratteristiche particolari quando è riferita al
processo di apprendimento disciplinare, in particolare in campo matematico: gli
”oggetti” su cui si argomenta sono connessi alla sfera dei concetti costitutivi della
disciplina (sono di volta in volta le proprietà, le rappresentazioni, le procedure di
trattamento, i significati legati a un concetto o a una rete di concetti). La finalità
disciplinare dell’attività argomentativa risulta chiara all’insegnante. Tuttavia, agli occhi
degli allievi, inizialmente, non è sempre esplicito il riferimento al contenuto
“scientifico” dell’“oggetto” su cui si sta argomentando: spesso il punto di partenza è
costituito dalla complessità di un’esperienza sviluppata in classe, che, per i suoi
caratteri di aderenza al reale, risulta “sporca” e portatrice di una pluralità di possibili
interpretazioni. Le attività didattiche proposte dall’insegnante, mirando al processo di
concettualizzazione, tendono a orientare in senso disciplinare i contenuti esperiti:
l’argomentazione costituisce una via, a nostro avviso produttiva, per limitare il rischio
di operare cesure fra il sapere personale (i concetti comuni, le concezioni, i valori…) e
il sapere “scientifico”.
Queste considerazioni pongono il problema dell’aderenza dell’argomentazione
ai canoni del sapere in gioco. La coerenza è un requisito importante
dell’argomentazione, ma non è un dato oggettivo ed è necessario tener conto di tre
possibili livelli di interpretazione del requisito della coerenza da parte del soggetto
(Douek, comunicazione personale collegata alla sua tesi di dottorato):
•
il livello personale;
•
il livello del gruppo o della cultura comune;
•
il livello della cultura ufficiale (cioè la coerenza scientifica accreditata).
Le relazioni fra i tre livelli possono esere fonti di conflitti e proprio all’interno di
questi conflitti può essere importante analizzare il ruolo di mediazione dell’insegnante.
Affinché questo ruolo venga assunto consapevolmente, occorre che l’insegnante
disponga di una griglia per la valutazione del rapporto fra gli obiettivi di
apprendimento, la consegna data e le risposte degli allievi, articolata secondo alcuni
elementi: la natura degli argomenti in relazione alle discipline in gioco, la
concatenazione degli argomenti (il “tessuto” argomentativo), la pertinenza degli
argomenti in relazione allo scopo, la qualità espressiva, in relazione al pensiero e in
relazione ai canoni espressivi del sapere di riferimento. A questo proposito è
fondamentale analizzare l’argomentazione nel suo duplice aspetto di processo che
produce un discorso strutturato logicamente su un “oggetto” e di testualità cioè il
testo, orale o scritto, prodotto attraverso questo processo. A questa distinzione va
ricondotta quella fra atto di pensiero e atto di linguaggio che lo rappresenta e lo
comunica. La distinzione appare indispensabile per poter analizzare, ad esempio, la
presenza di argomenti impliciti, che non compaiono a livello delle tracce linguistiche,
ma possono essere presenti nel processo di formulazione dell’argomentazione.
3 - Ipotesi di ricerca
L’interesse per l’oggetto di questa comunicazione è motivato dall’ipotesi che i
processi argomentativi, sotto la guida dell’insegnante, possano agevolare l’assunzione
di consapevolezza (che Vygotskij sottolinea essere uno dei caratteri fondamentali dei
“concetti scientifici”) e, più in generale, possano contribuire allo sviluppo della
padronanza dei concetti matematici.
In altre parole, l’ipotesi che avanziamo (e che verrà sviluppata con rilievi critici)
è che gli alunni possano, attraverso processi argomentativi, realizzare importanti passi
avanti nella concettualizzazione, in particolare per quel che riguarda la padronanza
consapevole degli invarianti operatori (proprietà, "teoremi in atto") dei concetti
aritmetici e geometrici. L'analisi del “tessuto” argomentativo consente di seguire
l'evoluzione del sapere di riferimento iniziale (le conoscenze, le concezioni, le
esperienze personali: in altre parole, per utilizzare la terminologia utilizzata dal nostro
Gruppo, il “contesto interno” dell’allievo nel suo stato iniziale: cf. Boero, 1994; Boero
et al, 1995) in termini di generalizzazione, di progressiva astrazione, di
consapevolezza, di relazione sistemica con altri concetti. Da questo punto di vista va
osservata la natura delle diverse linee di argomentazione che si intrecciano e si
generano sia a livello individuale, sia nel corso delle discussioni, e la natura del
processo di concettualizzazione e di revisione dei modelli acquisiti.
L’analisi di questi processi richiede di prendere in considerazione la loro
relazione con la metodologia di lavoro didattico. In questo senso è necessario mettere
l’accento su due aspetti che riteniamo fondamentali. Il primo concerne l'attenzione a
processi che devono avvenire su tempi lunghi all’interno di contesti (i “campi di
esperienza”) che consentono agli alunni di costruire modellizzazioni provvisorie e di
utilizzare proficuamente la dialettica strumento/oggetto (Douady, 1986). Il secondo
aspetto riguarda la necessità di vedere il processo di insegnamento-apprendimento
come l’articolazione di una attività il cui aspetto dominante è la centralità dei processi
argomentativi, evitando che questi siano limitati ad una saltuaria ed episodica richiesta
agli allievi di “motivare” la loro opinione su un certo argomento. Questo aspetto
comporta due conseguenze importanti sul piano didattico e su quello cognitivo: la
prima riguarda la necessità che la sollecitazione e la valorizzazione della produzione di
un pensiero argomentato venga sviluppata fin dall’inizio della scuola elementare (ma
Pontecorvo, Guidoni, Arcà ed altri dimostrano che ciò è possibile anche nella scuola
materna); la seconda, concerne l’importanza dell'intervento intenzionale e assiduo
dell'insegnante su questo terreno per gli allievi che presentano difficoltà ad assumere
consapevolezza del proprio processo di pensiero e a distanziarsi dalla propria
esperienza immediata.
4 - Le funzioni dell’argomentazione
Già nel corso del 2° e del 3° Internuclei Scuola dell’Obbligo (vedi Scali, 1997b;
1999; vedi anche Scali, 1997a) avevo affrontato il ruolo dell’argomentazione
rispettivamente nella costruzione e nella padronanza consapevole del “triangolo
dell’ombra” e nello sviluppo del pensiero ipotetico giustificativo (ragionamento di
compensazione) nel calcolo dell’area di superfici geografiche. Nell’esame di quelle
situazioni, tuttavia, la funzione assunta dall’argomentazione non era stata oggetto di
analisi specifica.
Con lo scopo di sostenere l’ipotesi avanzata nel paragrafo precedente, nel
corso di questa comunicazione prenderò in considerazione alcune funzioni
dell’argomentazione, osservandole sia in relazione alle intenzioni didattiche specifiche
dell’insegnante, sia all’interno del processo più generale di costruzione della
padronanza concettuale da parte dell'allievo.
Alcune precisazioni sono doverose. Innanzitutto, la distinzione a cui perverrò
fra le diverse funzioni è necessariamente provvisoria, appartenente ad una analisi in
itinere, anche se suffragata ormai dall’esame di molti dossier. Inoltre fra una funzione
e l’altra (che appaiono in un certo senso complementari) i confini non sono così netti
come la chiarezza espositiva impone a livello di definizioni: spesso nell’articolazione di
una situazione didattica sono presenti più funzioni o, come vedremo, può esserci la
com-presenza di più funzioni nello stesso momento in relazione ad allievi diversi.
Infine, le funzioni esaminate vengono considerate non tanto con lo scopo di
individuare precisi caratteri distintivi dell’argomentazione, ma piuttosto al fine di
comprendere più a fondo gli aspetti dell'argomentazione che intervengono nel
processo di concettualizzazione e le difficoltà manifestate dagli allievi: rappresentano
cioè un supporto (da controllare criticamente) per l’analisi dei fenomeni didattici
relativi all’alfabetizzazione culturale.
Tenendo conto di queste precisazioni, distinguerò tre funzioni
dell’argomentazione, cercando di mettere in luce le loro caratteristiche specifiche con
l’aiuto di esemplificazioni tratte dallo studio di casi.
4.1 - Prima funzione: “mettere a fuoco” un “oggetto” matematico
Una prima funzione riguarda quei processi di natura argomentativa che
consentono di mettere a fuoco un “oggetto” matematico. Alcune situazioni didattiche
richiedono agli alunni di riconoscere la presenza di una risorsa “matematica”
funzionale alla trattazione della situazione stessa (e necessariamente connessa con
l’obiettivo che l’insegnante intende raggiungere). Questo riconoscimento non è affatto
naturale in quanto comporta un atto di pensiero volontario di selezione fra più
alternative possibili, che conduca il bambino alla formulazione di ipotesi interpretative
coerenti con il terreno disciplinare. La possibilità di questo atto di pensiero richiede
preliminarmente la messa a fuoco della cornice per cui, in quel problema, per il
bambino, è legittima l’assunzione di un quadro matematico.
Ciò, evidentemente, fa riferimento allo stato del processo di concettualizzazione
da parte dell’allievo, ma può essere riduttivo interpretare la questione unicamente
secondo questo punto di vista. Infatti, il riconoscimento di un approccio matematico
pone almeno due tipi di difficoltà: in primo luogo la situazione problematica può non
appartenere direttamente al quadro dei “problemi matematici” (ad esempio, può
riferirsi al terreno delle scienze naturali): è un’attività creativa del soggetto individuare
che i significati matematici sono necessari per la sua risoluzione; in secondo luogo, la
situazione problematica può uscire dal campo di trattazione del concetto fino a quel
momento sperimentato: l’investimento di “nuove” procedure matematiche richiede
pertanto una giustificazione.
La mediazione dell’insegnante è necessaria per il superamento dei due tipi di
difficoltà, soprattutto per quei bambini per i quali tale superamento non è ancora
autonomo ma ricade nella loro "zona di sviluppo prossimale" (Vygotskij, 1992).
Un esempio può chiarire alcuni aspetti della questione.
Classe seconda. Si pone il problema di misurare con il righello l’altezza delle piantine di grano
seminate nel vaso. In una prima fase, ogni alunno lavora in interazione individuale orale con
l’insegnante. I bambini sanno utilizzare il righello per misurare e per riportare misure: nella situazione
proposta sono di fronte al problema di capire che, mettendo il righello appoggiato alla terra, non
possono iniziare a misurare dallo zero poiché esso è preceduto dal bordo del righello. La fase di
identificazione del problema si accompagna ad alcune interdizioni date dall’insegnante (non possiamo
sradicare le piantine, perché sono poche; non si può affondare il righello nella terra, perché
rovineremmo le radici; in classe tutti i righelli hanno un bordo prima dello zero e non disponiamo di
metri da muratore o da sarta). (vedi Douek & Scali, 2000).
Il senso delle interdizioni è di orientare la ricerca di risoluzioni verso la
considerazione (come "teoremi in atto") dell’additività della misura di lunghezza o
della sua invarianza per traslazione. Tutta la prima fase dell’interazione orale, variabile
da alunno ad alunno, è centrata sull’assunzione di consapevolezza circa l’impossibilità
di misurare a partire dallo zero e sulla negazione di legittimità alle strategie
pragmatiche. Per 7 dei 20 bambini della classe l’interazione si arresta alla
constatazione del problema; gli altri alunni pervengono (con gradi diversi di
esplicitazione) a una delle due soluzioni individuate: (A) in un quadro aritmetico, la
traslazione (“scivolamento”) dei numeri indicanti i centimetri, in modo tale che lo zero
risulti in corrispondenza dell’inizio del bordo del righello (la distanza dello zero dal
bordo era approssimativamente un centimetro); (B) in un quadro geometrico, la
soluzione additiva di aggiungere alla misura letta sul righello la misura del tratto prima
dello zero. Ambedue le soluzioni rappresentano “teoremi in atto” della proprietà
additiva della misura.
Il dialogo che avviene, sollecitato dall’insegnante, è di natura argomentativa. In
particolare, nella prima fase dell’interazione, la funzione dell’argomentazione è
connessa alla trasformazione della situazione, attraverso il passaggio dal piano
dell’azione al piano della virtualità. Nel tessuto del dialogo si dipana il processo che
conduce alla ricostituzione dello status della misura attraverso una rottura con il
“saper fare” dei bambini fino a quel momento (soprattutto la rottura del rapporto
sincretico e globale fra oggetto, strumento e misura). La trasformazione della
situazione avviene attraverso marcatori del tipo: “è come se…”, “faccio finta che…”,
che sottolineano il passaggio ad un piano virtuale.
Dei 7 allievi che non individuano nessuna strategia, 4 intervengono in modo pertinente
nella successiva discussione di confronto: si può ipotizzare che l’essere pervenuti alla
coscienza del “problema” abbia favorito (nella loro "zona di sviluppo prossimale") la
possibilità di interagire produttivamente con le strategie dei compagni.
4.2 – Seconda funzione: interpretare una situazione
Una seconda funzione riguarda i processi argomentativi che consentono di
interpretare una situazione. Generalmente, si tratta di situazioni in cui i bambini hanno
già a disposizione delle procedure di trattamento, ma in cui è necessario attivare
ipotesi interpretative per esplicitare e comprendere a fondo il concetto sottostante.
Classe Prima. Nel calcolare sui termometri di carta la differenza fra la temperatura esterna (25°) e
quella interna (20°) rilevate in precedenza, i bambini pervengono a tre risultati differenti: 4°, 5°, 6°.
Il confronto evidenzia la natura – e gli ostacoli - del conteggio effettuato sulla scala graduata, legato
da un lato al significato di grado come “spazio” dell’intervallo compreso fra due lineette successive
e dall’altro al significato delle lineette come elementi che discretizzano una misura continua.
Il processo argomentativo, in questi casi, è orientato verso la costituzione di
una “situazione di riferimento”: la funzione dell’argomentazione è connessa alla
generazione di conoscenza attraverso la formulazione e il confronto di ipotesi e la
successiva validazione argomentativa. Nell’esempio riportato, la definizione di grado
come intervallo richiede di formulare ipotesi giustificative e di prendere in
considerazione il problema dell’origine della scala graduata, e la situazione diviene il
referente giustificativo per l’estensione del significato del conteggio su una scala
graduata ad altri ambiti (ad esempio, consente di interpretare perché è necessario
iniziare a misurare da zero nel caso del righello).
Classe seconda, primo quadrimestre. Viene chiesto di stabilire quale fra due piantine coltivate in
classe è cresciuto di più nel corso dell’ultima settimana. I bambini hanno a disposizione le misure
(una piantina è cresciuta da 7 a 10 cm, l’altra da 26 a 28 cm). Anche in questo caso ogni bambino
interagisce oralmente e individualmente con l’insegnante. Successivamente viene effettuata una
discussione a partire dal confronto fra due soluzioni.
In questo caso la situazione richiede di discriminare il significato di “altezza” da
quello di “crescita” e di operare il confronto fra le crescite (quindi di effettuare il
confronto fra i risultati ottenuti da due precedenti confronti). In molti casi, nelle
interazioni individuali, è il dialogo argomentativo che permette la distinzione fra i due
significati, non scontata per alcuni bambini, come dimostrano le dichiarazioni
“sofferte” che esprimono il conflitto cognitivo in atto (ad esempio:…anche se è più
bassa di altezza è cresciuta di più perché tre cm è di più di due cm…).
Nel corso della discussione emerge il problema di dover interpretare la
situazione e a lungo gli interventi degli alunni ruotano intorno ad un uso promiscuo (e
inconsapevole) dei due termini. Il referente immediato è l’esperienza personale, nella
quale gli alunni distinguono il significato di alto e di cresciuto , tuttavia è solo quando
una bambina introduce il tempo, quale elemento discriminante e ordinatore, che il
processo di interpretazione evolve:
(Elisa)…perché dire che era cresciuta di più da venerdì 3 dicembre…dice
quale è cresciuta di più da quel giorno, non da un giorno qualsiasi !
(Jessica)…Sì perché quel pezzo si è aggiunto…
(Davide)…da venerdì
4.3 – Terza funzione: evoluzione di un “oggetto matematico”
Una terza funzione riguarda processi argomentativi che vertono su un “oggetto
matematico”: la funzione è connessa all’evoluzione interna di un concetto (ad
esempio, alla differenziazione fra i significati riconducibili ad una stessa
rappresentazione verbale del concetto), in vista di un suo riutilizzo con un più alto
grado di consapevolezza.
Classe quarta. Discussione sul significato di “sole alto”, a partire dal confronto con l’affermazione di
un bambino (Stefano) secondo cui il sole è alto relativamente alla distanza rispetto al terreno, con la
conseguenza che è possibile disegnare il sole “alto” che produce ombre più lunghe di un sole
disegnato più in “basso”. La situazione coinvolge il concetto di inclinazione come invariante che
consente di interpretare il fenomeno
Particolarmente importante risulta l’analisi delle linee argomentative contenute
nei testi individuali precedenti la discussione: spesso il sapere di riferimento iniziale
diviene una forma di “constatazione” chiusa, nel duplice senso che non richiede
ulteriori spiegazioni e che non viene rivisto criticamente (ad esempio, affermazioni
come: “se il sole è alto l’ombra è corta” risultano improduttive dal punto di vista del
differenziare significati diversi attribuiti al concetto di “altezza”). La riproduzione della
constatazione funziona come un sistema chiuso, che non richiede la coscienza del
funzionamento : lo stesso oggetto concettuale, anzi, può funzionare da causa e da
effetto (ad esempio: …se il sole deve fare un’ombra corta il sole è più alto…).
Nell’analizzare il processo di concettualizzazione maturato nella discussione, si
possono ipotizzare le tracce della transizione dal concetto comune al concetto
scientifico di inclinazione. La discussione si sviluppa secondo rotture “dal basso” (un
bambino, obiettando ad un compagno, constata l’invarianza dell’inclinazione – e
quindi della lunghezza dell’ombra - se il sole viene disegnato in posizioni diverse sul
medesimo raggio: … se lo sposto sulla stessa riga viene uguale…) e secondo
interventi “dall’alto” (da parte dell’insegnante, che ripropone l’idea di angolo,
avanzata da una bambina).
I processi di denominazione e i meccanismi argomentativi consentono di
arricchire di proprietà il concetto, fino al collegamento finale con l’angolo. In questo
processo agiscono i diversi poli di un concetto: l’emergenza dell’invarianza
dell’inclinazione rispetto alla posizione relativa del sole sul raggio, il riferimento alla
situazione reale in cui i concetti di inclinazione e di direzione hanno senso, il
cambiamento del modo di guardare il disegno (dalla rappresentazione come realtà
assoluta alla rappresentazione che può essere costruita e raccordata con ciò che si sa
e di cui bisogna considerare i limiti).
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