Lisa Verdi Libro Secondo e Libro Terzo

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Lisa Verdi Libro Secondo e Libro Terzo
Disponibile anche:
Libro: 14,10 euro
e-book vol. 2+3 su CD in libreria:
13,99 euro
M.P. Black
LISA VERDI
e
L’ANTICO CODICE
Libro secondo della Trilogia
“La Signora degli Elfi”
Questo e-book contiene anche il
Libro Terzo (a pag. 481)
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LISA VERDI E L’ANTICO CODICE
2008 Zerounoundici Edizioni
Copyright © 2008
Zerounoundici Edizioni
Copyright © 2008 M. P. Black
ISBN 978-88-6578-069-5
In copertina: immagine Shutterstock
Avviso ai lettori:
Questo romanzo è un’opera di fantasia.
Qualsiasi riferimento a fatti, luoghi,
persone esistenti o esistite, è puramente
casuale.
Venite a visitare il mio blog:
http://blog.libero.it/MPBLACK
Alla mia fan numero uno,
Annagiulia, che mi ha dato la
carica sufficiente per continuare
a scrivere.
A tutti i miei cari lettori,
grazie di cuore.
Sinossi di
“Lisa Verdi e
il ciondolo elfico”
Libro Primo della Trilogia
“La Signora degli Elfi”
Lisa Verdi è una ragazza di sedici
anni che trascorre spensieratamente le
sue giornate tra scuola e amici.
Rimasta orfana all’età di sei anni,
da allora vive con la zia che adora e che
considera come una seconda mamma.
Si innamora del suo amico di sempre, Paolo, e accetta malvolentieri la relazione che la sua migliore amica Matilde inizia con Gianni, un compagno di
classe antipatico e scontroso.
La sua esistenza viene stravolta
quando apprende che la madre in realtà
è ancora viva e altro non è che la Signora degli Elfi.
Le viene inoltre rivelata anche
l’esistenza di un fratello, Luca, di cui
non serba alcun ricordo.
La zia le comunica che sia lei che
Paolo sono i Prescelti designati da
un’antica Profezia per annientare il potere del Nero Signore degli Elfi e riportare finalmente la pace nelle terre della
madre.
Lisa è così costretta a varcare le
porte del Regno Elfico, per consentire
l’attivazione del ciondolo reale che la
renderà immortale.Viene accompagnata
in questo viaggio dal buffo Guardiano
Bartolomeo, da Paolo e dagli amici Matilde e Gianni.
Nel regno degli Elfi ogni cosa è capovolta. Il cielo è verde e l’erba è blu e
il popolo appare colmo di contraddizioni e di misteri.
Lisa, commossa, riabbraccia la madre, che le attiva prontamente il ciondolo, e si prepara ad affrontare il Nero Signore degli Elfi con l’aiuto del suo amato Paolo.
Nel frattempo Luca, Generale
dell’Esercito Reale, sta rientrando con i
suoi soldati da un rapido scontro con le
armate del Nero Signore. Mentre riposa
all’ombra di una quercia, viene attaccato dal perfido Generale Guglielmo che,
con un vile ricatto, lo costringe a liberarsi del ciondolo reale. Luca viene così
ucciso da Guglielmo, Elfo bionico creato dagli adepti del Nero Signore e pressoché imbattibile.
La Signora degli Elfi, appresa la
morte del figlio, dichiara guerra al suo
nemico.
Nel frattempo, a palazzo, una spia
sta tramando alle spalle di Lisa che, ignara di tutto ciò, è disperata per la
morte del fratello e odia se stessa per il
sentimento sempre più intenso che prova nei confronti del Guardiano Bartolomeo.
Durante una giornata di pioggia battente, martoriata dai sensi di colpa,
promette a Paolo di amarlo in eterno e,
in futuro, di diventare sua moglie.
Mentre le armate della Signora degli Elfi stanno marciando verso il Palazzo del Nero Signore, Matilde scompare e Paolo colpisce Bartolomeo alla
testa, accusandolo di essere la spia e di
aver organizzato il rapimento di Matil-
de, di fronte ad un’allibita Lisa e a uno
sconcertato Gianni.
Paolo invita Lisa ad entrare nello
Specchio Magico che li condurrà sino al
Palazzo del Nero Signore, per porre finalmente in atto la Profezia. Lisa e
Gianni non intendono obbedire a Paolo,
ma quest’ultimo li rassicura dicendo loro che il Nero Signore è impegnato nella battaglia contro l’esercito reale e che,
quindi, hanno via libera per portare a
compimento la Profezia.
Ancora non del tutto convinti della
colpevolezza di Bartolomeo, Gianni e
Lisa acconsentono a seguire Paolo nello
Specchio Magico ma, una volta messo
piede nel Palazzo del Picco Oscuro, si
trovano al cospetto del Nero Signore.
Gianni viene ferito ad una spalla dal
crudele Generale Guglielmo e Paolo
preso in ostaggio, sotto lo sguardo terrorizzato di Lisa.
Il
Nero
Signore
obbliga
quest’ultima a disfarsi del ciondolo e
lei, pur di salvare la vita al suo amato,
obbedisce e lo appoggia a terra.
Paolo si avvicina al ciondolo e lo
afferra, sotto lo sguardo stupito di Lisa
che lo invita a non toccarlo, dato che
solo gli appartenenti alla stirpe reale
possono portarlo al collo.
Lui le ricorda il giorno in cui si sono scambiati la promessa d’amore eterno e le rivela che nel Regno Elfico tale
promessa equivale ad un matrimonio.
Paolo è diventato di diritto membro della famiglia reale e può indossare il
ciondolo senza temere per la propria incolumità.
Solo quando lo vede abbracciare il
Nero Signore, Lisa comprende l’amara
verità. Paolo è la spia, figlio del Nero
Signore e di Lucilla, amica fidata della
madre.
Mentre Lisa è attonita e sconvolta
di fronte a quella terrificante rivelazione, Paolo uccide il padre, per poi riversare tutto il suo odio su di lei.
Nel frattempo la battaglia infuria
fuori dalle mura del palazzo. Paolo invita allora il Generale Guglielmo ad allontanarsi, portando con sé la madre
Lucilla.
Rimasto solo con Lisa e Gianni, il
figlio del Nero Signore (il cui vero nome è Elia) è pronto a liberarsi di en-
trambi, quando il provvidenziale intervento di Bartolomeo consente a Lisa di
infrangere la promessa d’amore. Paolo,
sconvolto, si vede costretto a disfarsi
del ciondolo che nel frattempo si è attivato contro di lui. Cade a terra senza
forze e Lisa si riappropria del ciondolo,
utilizzando i suoi poteri per guarire
Gianni.
Lisa comprende che il suo vero
amore è Bartolomeo e che lui è il Prescelto col quale dovrà infrangere la
Spada del Destino sul trono del Nero
Signore, per compiere infine la Profezia.
Gianni aiuta un ancora dolorante
Bartolomeo a sollevare la spada e, con
Lisa, sia a portare a termine il loro
compito sia a liberare Matilde, imprigionata nelle segrete del Palazzo.
Lisa rientra così tra gli Umani. Ritornerà nelle terre del Regno Elfico solo
al compimento della maggiore età.
Di fronte ad un Bartolomeo abbattuto e sconsolato, mentre dorme subisce la
rimozione dei ricordi da parte degli Elfi.
Quando si sveglia, il mattino dopo,
abbraccia la zia e si reca a scuola. In
classe conosce un nuovo compagno,
Bartolomeo, e viene invitata dalla Professoressa Rizzardi ad aiutarlo nei compiti.
Lei accetta di buon grado, mentre la
Professoressa, girata verso la lavagna,
nasconde con un ciuffo di capelli una
lunga orecchia a punta.
PROLOGO
Lisa ora vive sulla terra, tra gli Umani,
e le è stato rimosso ogni ricordo legato
alla sua permanenza tra gli Elfi. Ha
dimenticato anche il suo amore per il
Generale Bartolomeo.
Ma forze oscure e malvagie stanno operando per minare il già precario equilibrio del Regno Elfico e dell’Universo
Intero.
Regno delle Paludi,
6.500 anni fa
1.
La Madre
“ Siamo pronti, mia Signora.”
Il Generale accompagnò quelle parole con un profondo inchino rivolto
verso la giovane che sedeva sul trono
del Consiglio degli Antichi Elfi Stregoni.
La guardò alzarsi e dirigersi verso
di lui con un sorriso ampiamente soddisfatto, i grandi occhi splendenti di una
luce folle e intensa.
La giovane gli poggiò entrambe le
mani sulle spalle e lo fissò con ammirazione. Il Generale ricambiò il suo
sguardo, cercando di non farsi tentare
dal fascino che sembrava avvolgerla a
spirale da cima a piedi.
La chioma castana le cadeva ondeggiando dalle spalle fino alle ginocchia e incorniciava un viso dai lineamenti perfetti, sui quali spiccava il taglio delle labbra, rosse e carnose.
Nel complesso era sicuramente
l’essere più affascinante che lui avesse
mai avuto la fortuna di incontrare nella
sua lunga vita e quello che aveva indubbiamente messo più in difficoltà la
sua innata capacità di autocontrollo.
“Sono molto fiera di come hai agito” gli
sussurrò la giovane, con voce suadente,
alzando una mano per accarezzargli i
capelli argentati. “Con te al mio fianco
mi sento più che al sicuro, so che non
mi accadrà mai nulla di male e che riuscirò a portare a termine il mio piano
senza intoppi od indecisioni. Naturalmente ti ricompenserò a dovere per i
tuoi ottimi servigi, una volta compiuta
la nostra missione.”
Il Generale chinò lentamente il capo, socchiudendo gli occhi in segno di
ringraziamento, per poi guardarla dirigersi a passi decisi al centro della sala e
spostare la sua attenzione verso i membri del Consiglio.
Ad un cenno della mano, il brusio
che aveva accompagnato i suoi movimenti cessò immediatamente e un’aria
carica di tensione arroventò le mura della stanza.
Lei fissò ancora una volta il Generale con evidente gratitudine e si schiarì
la voce.
“Miei cari Consiglieri, finalmente
ci siamo” cominciò, sfilando dinanzi ai
presenti che la fissavano in piedi in religioso silenzio. “Il mio fidato Generale,
con il prezioso aiuto degli Elfi Stregoni,
è riuscito a creare un varco nel Cerchio
Magico di Protezione, che consentirà
alla sottoscritta di oltrepassare le soglie
del Palazzo Reale.”
Un applauso fragoroso interruppe il
suo monologo e lei, dopo qualche istante lasciato trascorrere per poter assaporare il primo passo verso la gloria, zittì
nuovamente i presenti con un altro, rapido cenno della mano.
“Ebbene, il momento è arrivato!”
continuò con voce squillante, sgranando
gli occhi. “Presto io, Silvia, con l’aiuto
degli Elfi Stregoni sottrarrò l’Antico
Codice alle grinfie della Signora degli
Elfi e condurrò il mio Regno al potere
assoluto, una volta per tutte!”
Un altro applauso, più fragoroso del
precedente, la interruppe nuovamente e
la giovane scoppiò in una risata folle,
saltellando tra le ali dei Consiglieri, per
poi dirigersi verso il trono.
Quindi sedette, riassettando minuziosamente le pieghe della tunica bianca, mentre fissava il Generale con
sguardo carico di desiderio.
Lui chinò il capo a terra e attese che
l’entusiasmo nella sala cessasse o per lo
meno diminuisse.
Silvia prese invece a tamburellare i
polpastrelli sui poggioli del trono, sospirando di tanto in tanto, finché, spazientita, non balzò in piedi e si diresse a
grandi passi verso il Consigliere più vicino.
Quest’ultimo sgranò gli occhi
quando lei lo afferrò per il collo, sollevandolo da terra, per poi scagliarlo con
inaudita violenza contro una colonna
della sala.
Il Generale osservò la scena con
compostezza e lasciò scivolare lo
sguardo sul corpo dell’Elfo, caduto a
terra con il cranio fratturato, in una pozza di sangue.
“Ora, per favore… TACETE!” ordinò Silvia, con voce acuta, mentre riprendeva la via per il trono. “A volte vi
comportate come dei bambini sciocchi e
immaturi! In questi momenti vi odio
tutti quanti, dal profondo del mio cuore!”
Un terrore tangibile avvolse i presenti che ammutolirono, impietriti.
Quando sedette nuovamente, Silvia
fissò con disprezzo il corpo senza vita
del Consigliere e sistemò all’indietro i
capelli che nella foga dell’omicidio le si
erano sparpagliati sul viso, facendola
apparire ancora più folle e inquietante.
Si schiarì la voce e sorrise al Generale che stava invece osservando due
Guardie del Palazzo mentre si accingevano a rimuovere il cadavere.
“Purtroppo il varco che è stato creato nel Cerchio Magico ha un tempo limitato, entro poche ore non mi sarà più
possibile penetrare nel Palazzo Reale.
Pertanto ho deciso che agirò questa notte stessa con l’aiuto, naturalmente, del
mio fidato Generale.”
Si interruppe, trasse un profondo
respiro e socchiuse gli occhi, massaggiandosi le tempie.
“Quando gli Stregoni comprenderanno e conosceranno le Formule contenute nell’Antico Codice, nessuno,
neppure la Signora degli Elfi, sarà più
in grado di contrastare la mia ascesa.
Avvierò il mio dominio non solo sul
Genere Umano, bensì anche sugli altri
pianeti abitati dell’Universo, a partire
proprio da quello che ci ha donato la
vita.”
Un brusio sommesso accompagnò
le parole di Silvia che, nel frattempo, si
era avvicinata al Generale, prendendolo
sottobraccio.
“E quando diverrò la nuova Signora
degli Elfi” gli sussurrò all’orecchio con
voce mielosa. “Mi dedicherò a te come
ti avevo promesso, mio dolce amore, e
insieme trascorreremo le nostre lunghe
vite come marito e moglie.”
Il Generale abbozzò un sorriso e la
fissò negli occhi scuri velati dalla luce
della follia, pensando che, quella notte,
tutto si sarebbe finalmente compiuto.
Anno 2006
20 Giugno
Pianeta Terra
2.
Frammenti di ricordi
“ Allora, ti vuoi sbrigare? La libreria sta
per chiudere!”
Lisa Verdi spostò distrattamente gli
occhi dal quotidiano che stava leggendo
per fissare Matilde, ritta davanti a lei
con le braccia conserte.
“Se non arriviamo in tempo, non
saprò che regalare a mia madre” continuò l’amica, cercando di non alzare
troppo la voce per non disturbare i
clienti del bar. “E lo sai com’è permalosa! Se domani mi becca a mani vuote,
per me è la fine… Insomma, mi ascolti,
o no?”
Ma Lisa aveva già riabbassato lo
sguardo sull’articolo che occupava la
prima pagina del quotidiano locale.
“Siediti, per favore, e leggi qua” bisbigliò all’amica, strattonandola per la
gonna. “Questo omicidio non ti dice
niente?”
Matilde sbuffò, ma obbedì, agguantando di malavoglia il giornale.
“ Vediamo che dice… allora…”:
Coniugi assassinati con frecce nere…
Trovati i cadaveri dei Signori P.D. e
B.G. , trafitti da due frecce conficcate
nel cuore… I R.I.S. di Parma hanno eseguito i necessari rilevamenti… bla…
bla… bla… Il Maresciallo dei Carabinieri Benfatti ha promesso che farà tutto il possibile per trovare il o i colpevoli
di questo efferato omicidio…
“Beh… è triste, ma perché dovrebbe
ricordarmi qualcosa?”
“E’ già successo” rispose Lisa, fissando il giornale. “Qualche tempo fa
ricordo di aver letto di un uomo che è
stato ucciso nello stesso modo. Era
scritto proprio sul nostro quotidiano locale. Davvero la cosa non ti dice niente?”
Matilde si abbandonò sullo schienale della panca e scosse la testa.
“Negli ultimi mesi non ho notato
nessuna notizia del genere” le rispose,
richiudendo il giornale. “E lo sai che
leggo ogni giorno i quotidiani, per tenermi sempre informata. Ti puoi fidare
di me, un omicidio così particolare non
mi sarebbe sfuggito, ne sono sicura.”
Lisa restò in silenzio per qualche
istante a riflettere, poi fissò l’amica negli occhi e le sorrise.
“Beh, hai sicuramente ragione”
mormorò, alzandosi in piedi. “Ora andiamo in libreria, non vorrei essere io la
responsabile di quello che tua madre
potrebbe farti domani, se non le metterai in mano un regalo.”
Matilde guardò in fretta l’orologio
da polso, emise un gridolino acuto e afferrò Lisa sottobraccio.
Mentre si dirigevano a piedi verso
la libreria più rifornita della città, Lisa
era profondamente assorta nei suoi pensieri.
Eppure… Eppure… C’era qualcosa
che non la convinceva, un piccolo
frammento di ricordo che le ballonzola-
va per il cervello e che non le diede tregua neppure quando si congedò da Matilde, prima di entrare nel negozio di erboristeria della zia.
“Bene, ci vediamo domani. Mi raccomando, ti aspetto alle nove, ok?” le
urlò l’amica con un piede ormai sui
gradini dell’autobus.
Ma Lisa non le rispose. Le fece solo
un breve cenno di saluto con la mano e
guardò il mezzo allontanarsi nel traffico
del tardo pomeriggio.
Entrò nel negozio e il campanellino
posto sopra la porta squillò allegro e fece accorrere Anna che, quando scorse la
nipote, le si precipitò incontro abbracciandola, come se non la vedesse da
mesi.
Lisa le sorrise e la scostò con dolcezza.
“Tutto bene, tesoro?” le chiese la
zia, accarezzandole i capelli. “Ti sei divertita?”
“Oh! Certo” le rispose Lisa, sedendosi su un’orrida poltrona di vimini che
le ricordava tanto quella che da qualche
mese faceva brutta mostra di sé nel cor-
ridoio della loro casa. “E la tua giornata,
hai fatto buoni affari?”
“Ottima, direi.” esclamò Anna con
entusiasmo infantile, mentre sistemava
alcune boccette ripiene di rimedi, creati
da lei stessa, utili per dare sollievo ai
più svariati tipi di malessere.
“E Laura oggi è stata magnifica”
continuò, con voce cinguettante. “E’
riuscita a vendere più della sottoscritta
in poche ore. E’ proprio brava, sono
convinta di aver fatto un ottimo acquisto, quando l’ho assunta. E’ appena andata via, non vi siete incrociate per un
pelo.”
Lisa la fissò mentre si muoveva con
grazia e agilità da un angolo all’altro del
negozio. A quarant’anni era una donna
affascinante, sicuramente più carina di
alcune sue coetanee che col tempo erano sfiorite. Aveva provato più volte a
chiederle quale fosse il segreto della sua
giovinezza, ma lei aveva sempre cambiato discorso o si era limitata a sorriderle.
La guardò ancora mentre sistemava
una ciocca di capelli biondi che le era
ricaduta sugli occhi azzurri e sollevava
la lunga gonna a fiori per risalire su una
piccola scala.
“Puoi aiutarmi, per favore?”
La voce della zia la scosse dai suoi
pensieri e Lisa scattò dalla sedia come
se avesse ricevuto una potente scossa
elettrica.
“Mi passi quelle?” le chiese Anna,
indicandole alcune boccette riposte accuratamente in uno scatolone. “Sono la
mia ultima invenzione. Contengono un
rimedio molto utile per l’emicrania, sai?
Dovresti provarlo anche tu, dato che ne
soffri spesso.”
“Certo, ne prenderò una.” le rispose Lisa, ma la sua voce le parve giungere da
molto lontano e rimbombare con
un’intensa eco sulle pareti del negozio.
Quell’omicidio… le frecce conficcate
nel petto…
Da quando aveva letto l’articolo
non riusciva a darsi pace, per cui decise
di chiedere alla zia se, per caso, avesse
già sentito parlare in passato di
un’esecuzione simile a quella che aveva
eliminato la povera coppia di coniugi.
Anna si bloccò di colpo e una boccetta le scivolò a terra, frantumandosi in
mille pezzi.
“Scusa, tesoro, oggi sono un po’ pasticciona.” mormorò, scendendo in fretta dalle scale per dirigersi nel retrobottega.
Ne uscì con uno straccio e
un’espressione lievemente scossa dipinta sul volto.
Lisa la osservò darsi da fare mentre
raccoglieva i minuscoli pezzi di vetro
sparsi sul pavimento e asciugava in fretta la pozza di liquido dorato.
“Sei… ehm… sicura di stare bene?”
le chiese con cautela, accovacciandosi
accanto a lei. “Mi dispiace, non credevo
che la notizia di questo omicidio ti avrebbe sconvolta così tanto, scusa.”
Anna si alzò in piedi e abbozzò un
sorriso.
“Sta tranquilla, non è colpa tua. Lo
sai che a volte esagero e mi lascio trasportare fin troppo dagli eventi. Dai, è
ora di andare a casa e di preparare una
bella cenetta.”
Lisa la osservò con sospetto, ma
preferì chiudere lì la conversazione, per
evitare di turbarla ancora.
Stava per mettere un piede in casa,
quando sentì un gran trambusto provenire dall’esterno, alle sue spalle, e senza
nemmeno voltarsi capì immediatamente
chi aveva appena imboccato il vialetto.
“Ciao, Barty, l’hai rovesciata ancora?”
Si girò in tempo per vedere il suo
amico Bartolomeo mentre rialzava una
piccola statua raffigurante un Elfo dallo
sguardo insolente, e la ripuliva da residui di erbe e di terriccio.
“Scusa, ma è più forte di me” rispose il ragazzo, sistemando alla meglio i
lunghi capelli castani che avevano bisogno di un’energica spazzolata. “Dovresti spostarla, questa statua. Oltre ad essere d’intralcio, è pure orrenda! O no?”
Lisa non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere, mentre Bartolomeo le si
avvicinava, oltrepassando la soglia di
casa.
“Hai ragione, è proprio brutta” convenne lei, richiudendo la porta
d’ingresso. “Ma è di mia zia e lei
l’adora, per cui è praticamente impossibile riuscire a toglierla di mezzo!”
Bartolomeo annuì, abbozzando un
sorriso, e tirò su col naso, mentre tentava di alzare i jeans a vita bassa, che lasciavano intravedere un paio di boxer
bianchi a pallini blu.
Lisa gettò l’occhio su quel buffo
capo d’abbigliamento e, per non ridere
in faccia all’amico, si diresse a passi veloci verso la cucina, dove Anna era già
affaccendata attorno ai fornelli.
“Oh! Ciao, Bartolomeo!” lo salutò
lei, mentre riempiva d’acqua una grossa
pentola e la poggiava sul gas. “Sto preparando una carbonara, vuoi restare a
cena?”
Lui guardò prima Lisa, che gli fece
cenno di sì col capo, e poi Anna, elargendole un ampio sorriso.
“Sicuro, anche perché sono curioso
di assaggiare la sua cucina. Lisa dice
che è una cuoca molto abile!”
“Grazie, tesoro” cinguettò Anna,
lanciando un bacio alla nipote. “Ma ora
bando alle ciance, e datemi una mano
con la tavola, altrimenti... niente cena!”
Un’ora dopo, Bartolomeo e Lisa si
accomodarono sul divano, con la pancia
ben piena e un’evidente soddisfazione
dipinta sul volto.
“Vuoi vedere un DVD?” gli chiese
lei, accucciandosi a terra accanto al mobile che conteneva almeno un centinaio
di film dalle più svariate trame.
Lui annuì e le si avvicinò per aiutarla a scegliere.
Lisa sobbalzò quando le sfiorò un
braccio con il suo e sentì il cuore marciarle veloce in petto, con un rullio quasi assordante.
Inghiottì a fatica la saliva e lo fissò
per qualche istante, finché lui non afferrò un DVD e glielo porse. Lisa infilò il
dischetto nel lettore, sedette sul divano
accanto a Bartolomeo e accese il televisore.
Quando sullo schermo apparvero le
prime scene, con Elfi e Nani, del Signore degli Anelli, trasalì nuovamente e
trattenne il respiro.
Guardò Bartolomeo, fissò lo schermo del televisore e spostò ancora lo
sguardo su di lui. Aveva già vissuto un
momento simile a quello, in passato…
Ma quando e con chi? Ricordava perfettamente di essersi seduta sul divano accanto ad un ragazzo, per il quale provava un tipo di sentimento ben più forte
dell’amicizia, a guardare proprio quel
film. Ora, lei stava bene in compagnia
di Bartolomeo, era arrivato nella sua
classe solo all’inizio della primavera,
ma fin da subito aveva stretto con lui
un’amicizia forte e sincera. Però il ragazzo che ricordava era indubbiamente
un altro. Non riusciva a scorgerne i tratti del volto, ma era ben sicura che non si
trattasse di Bartolomeo. Stava forse impazzendo?
“Che hai? Sembri preoccupata!”
La voce dell’amico la fece sussultare e lei lo fissò nei brillanti occhi verdi,
abbozzando un tiepido sorriso.
“Stai tranquillo, è tutto a posto”
mentì, spostando lo sguardo allo schermo del televisore. “Dai, guardiamo il
film.”
Ma Frodo e di suoi compagni non
riuscirono a distrarre Lisa dai suoi pensieri. Quella si era indubbiamente rivelata una giornata molto strana, che le
stava lasciando un certo amaro in bocca.
Si sentiva confusa, dato che per ben
due volte erano riaffiorati nel suo cervello ricordi lontani che le avevano procurato una bella dose d’ansia e di preoccupazione.
Probabilmente aveva solo bisogno di
riposare sia il corpo che la mente.
L’anno scolastico si era infatti rivelato,
con l’inizio della primavera, parecchio
impegnativo. Lisa, a distanza di qualche
mese, non era ancora riuscita a comprendere il motivo della stanchezza eccessiva che le pesava sulle spalle come
un grosso macigno e che non le aveva
neppure consentito di ottenere, al termine del quadrimestre, i voti da lei sperati.
Sì, era sicuramente la stanchezza la
causa della confusione che le vorticava
nel cervello alla velocità della centrifuga di una lavatrice. Aveva bisogno di
liberare la testa dai pensieri e così decise che avrebbe seguito la trama del film,
concentrandosi esclusivamente sulle
scene che si susseguivano a ritmo incalzante.
“Accidenti! Mi sono dimenticata di
dirti che stasera dovrei uscire con Marcus!”
Lisa volse il capo verso la zia che
era entrata in salotto con un canovaccio
in mano, intenta ad asciugare il coperchio di una pentola.
“Per te è un problema?” continuò
Anna, fissando ad intermittenza lei e
Bartolomeo. “Altrimenti gli dico che
sarà per un’altra volta…”
Lisa scoppiò a ridere. Era sempre
buffo vedere la zia che si preoccupava a
dismisura per lei e le chiedeva il permesso per uscire con il suo compagno.
Si alzò e corse ad abbracciarla,
mentre Anna, con l’abilità del più bravo
dei giocolieri, tentava di non far cadere
a terra il coperchio.
“Vai tranquilla!” le rispose Lisa,
dandole un buffetto sulla guancia. “Lo
sai che vorrei che tu uscissi più spesso
con Marcus. Da quando ti vedi con lui
sei meno brontolona e più sorridente.
Inoltre, essendo lui un figone di prima
categoria, non potrei mai privarti della
sua compagnia celestiale, giusto?”
Anna la fissò per qualche istante
negli occhi e poi scoppiò a ridere, scuotendo la testa.
“Sei veramente impossibile” mormorò, cercando di riprendere il controllo di se stessa. “Allora va bene, uscirò
con Marcus. Bartolomeo, ti fermi ancora un po’?”
Lui non le rispose subito. Era troppo intento ad osservare le scene mozzafiato del Signore degli Anelli, ma reagì
prontamente quando Lisa gli diede un
ceffone sulla nuca e lo costrinse a girarsi verso la zia.
“Come? Oh! Sì, certo, il film dura
ancora parecchio. Se sua nipote non ha
nulla in contrario, non mi sposterò da
questo divano per almeno altre due orette.”
Anna gli fece un cenno di assenso,
ma poi gli si avvicinò, fissandolo con
aria severa.
“Logicamente tu non toccherai Lisa
neppure con un dito, intesi? Altrimenti
te la dovrai vedere con la sottoscritta e
ti assicuro che non resterai del tutto intero, quando avrò finito con te. Sono
stata chiara?”
Bartolomeo inghiottì a fatica la saliva e Lisa strabuzzò gli occhi, strattonando la zia per la gonna.
“Ma che dici, sei ammattita?” le
sussurrò all’orecchio, con le guance più
rosse delle mele che sostavano pigramente su un cesto sopra il tavolo della
sala da pranzo. “Barty è mio amico, non
devi mettermi in imbarazzo davanti a
lui!”
“In ogni caso io l’ho avvertito! Effettivamente ho messo in guardia tutti e
due. Non ho alcuna intenzione di fare la
zia rompiscatole e impicciona ma, se la
situazione lo richiederà, interverrò senza alcun rimorso!”
Lisa arrossì nuovamente e spinse
Anna in cucina.
“Ora vai e non preoccuparti per me,
ok?” le sussurrò ancora, a denti stretti.
“Io starò bene e Barty non mi romperà
le scatole in alcun modo, te lo prometto.”
Prima che la zia riponesse il canovaccio e il coperchio della pentola, Lisa
le scoccò un sonoro bacio sulla guancia
e si lasciò cadere sul divano accanto a
Bartolomeo che sembrava ancora un po’
preoccupato per le minacce di Anna e la
fissava muoversi in cucina, con una certa dose di timore.
Lisa era finalmente riuscita a rilassarsi davanti al televisore, quando il
suono del campanello la fece sobbalzare
e pestare involontariamente un piede
dell’amico.
“Accidenti, ma non puoi stare più
attenta?” ringhiò lui, afferrandosi il piede con entrambe le mani. “Me l’hai triturato, guarda!”
Ma Lisa non gli rispose. Aveva già
raggiunto il corridoio d’ingresso e ammirava estasiata l’uomo che troneggiava
dinanzi alla porta, ben avvinghiato ad
Anna.
Molto alto e longilineo, aveva lunghi capelli di un biondo quasi argenteo,
occhi grigi e lineamenti praticamente
perfetti. Lisa, guardandolo per bene da
testa a piedi, pensò che se Marcus avesse partecipato all’elezione di Mister Universo, ne sarebbe uscito sicuramente
vincitore a pieni voti e avrebbe mandato
in visibilio il popolo femminile
dell’intera galassia.
Rossa in viso, attese che la zia si
staccasse da lui per salutarlo e stringergli la mano.
“Tutto bene? Stai trascorrendo
un’estate piacevole?” le chiese Marcus,
dandole un buffetto sulla guancia.
Lisa sentì la pelle sciogliersi al tocco delle sue dita e tentò di nascondere il
proprio imbarazzo chinando il capo a
terra, a fissare un punto imprecisato del
pavimento.
“Grazie, tutto bene” gli rispose in
un sussurro. “Sto… sto guardando un
film in compagnia del mio amico
Barty… ehm… ti ricordi di lui, vero?”
Marcus rivolse la sua attenzione al
ragazzo che stava alzandosi pigramente
dal divano e lo salutò con un cenno della mano.
“E’ praticamente impossibile dimenticarsi di lui” mormorò all’orecchio
di Lisa che sentì una pioggia di brividi
scorrerle lungo il filo della schiena. “E’
un po’ imbranato, non trovi?”
Lisa fissò Marcus nei grandi e
splendenti occhi grigi e scoppiò a ridere.
“Non farti sentire” bisbigliò, ponendo un dito indice dinanzi alle labbra.
“E’ un po’ permaloso.”
Mentre Marcus stringeva la mano a
Bartolomeo, a Lisa non sfuggì
l’occhiata che si scambiarono i due di
sottecchi.
Sembrava uno sguardo d’intesa e lei ne
restò parecchio sconvolta, dato che si
conoscevano appena, ma cercò di mimetizzare il suo disagio dipingendo sul
viso un ampio sorriso di circostanza.
Quando però vide Bartolomeo percorrere il salotto a grandi passi per fiondarsi nuovamente sul divano, si diede
della sciocca e, dopo aver salutato la zia
e Marcus, si affrettò a raggiungere
l’amico, ben decisa a rilassarsi e a scacciare dal cervello tutti i pensieri poco
gradevoli e le svariate ansie.
“Legolas è il personaggio che mi
piace di più” disse poco dopo ad un
Bartolomeo che non muoveva neppure
un dito di fronte alle innumerevoli vicissitudini dei protagonisti. “Tutto
sommato come film non fa proprio schifo… scusa… hai sentito quello che ho
detto?”
“Eh? Cosa?” rispose lui in un sibilo,
senza staccare gli occhi dallo schermo.
“Sì, ho capito, il film ti piace, però ora…”
Pose un dito dinanzi alle labbra in
segno di silenzio e Lisa ne osservò il
profilo regolare, sotto la marea scomposta di capelli castani. C’era qualcosa in
lui che l’attirava, ma non era ancora riuscita ad individuare quel qualcosa. Non
si trattava sicuramente del ragazzo più
bello che avesse mai avuto la fortuna di
incontrare durante i suoi sedici anni
(pensò a Marcus e fu scossa da una cascata di brividi), inoltre aveva una certa
difficoltà sia a riconoscere nel pettine
un oggetto da utilizzare quotidianamente, sia a fare dell’ordine un modus vivendi. Però era buffo, simpatico, gentile
e indubbiamente un buon amico. O forse era qualcosa di più di un semplice
amico? Lisa era consapevole del fatto
che più tempo trascorreva con lui e più
si sentiva irrimediabilmente attratta sia
dai suoi modi piacevoli, sia dal suo aspetto fisico.
Gli guardò le mani. Erano grandi, ma
con dita lunghe e magre che Bartolomeo muoveva con l’agilità di un pianista. Ebbe l’impulso di afferrarle en-
trambe per stringerle tra le sue, ma si
trattenne e chinò il capo a fissarsi, con
un filo di imbarazzo, i lacci delle scarpe
da ginnastica. I capelli castani le caddero sul viso in una soffice cascata e lei li
spostò tutti su un lato del collo, giocherellando con qualche ciocca, mentre
cercava di concentrarsi nuovamente sul
film.
Ma ecco che i ricordi che le erano
entrati di prepotenza nel cervello nel
corso della giornata risalirono a galla e
ripresero a tormentarla, al punto tale che
si vide costretta a spegnere il televisore,
con gran disappunto di Bartolomeo, per
condividere con lui i suoi dubbi e le sue
preoccupazioni.
L’amico l’ascoltò in silenzio, fissandola nei grandi occhi verdi, illuminati dalla luce della lampada ad angolo,
e attese qualche istante, prima di intervenire.
“Hai mai sentito parlare dei dejavu?” le chiese, spostandole una ciocca
di capelli dalla fronte.
Lisa rifletté un attimo e poi annuì,
sorridendogli.
“E’ vero! Non ci avevo pensato!”
esclamò, alzando i pugni in segno di
vittoria. “Come posso essere stata tanto
stupida? Mi sono preoccupata per niente… Mi ero messa in testa strane idee,
ad un certo punto ho anche quasi pensato di essere del tutto suonata, o giù di
lì.”
Bartolomeo scoppiò a ridere, scuotendo la testa.
“Succede a tutti, prima o poi, di
credere di aver già vissuto una certa situazione o di aver già visto una persona,
od un luogo. E’ un fatto del tutto normale e tu non sei impazzita, puoi dormire sonni tranquilli.”
Lisa trasse un profondo respiro e
abbracciò Bartolomeo. Dopo pochi istanti, si scostò da lui con profondo imbarazzo e con le guance in fiamme per
l’emozione.
“Mi dispiace” mormorò, facendosi
aria con una mano. “Non so che mi sia
preso, scusa!”
“Non preoccuparti, è tutto a posto.
Anzi, se devo essere del tutto sincero, la
cosa non mi è dispiaciuta affatto, se
vuoi rifarlo…”
“Oh! Smettila!” esclamò Lisa, dandogli una pacca sulla fronte. “Non farò
il bis, mi sento già abbastanza idiota così!”
“Non sei idiota” la interruppe Bartolomeo con tono deciso. “Sei una ragazza eccezionale, dolce, sensibile e,
oserei aggiungere, molto bella. Ecco,
ora ho fatto anch’io una bella figura,
che dici?”
Lisa non riuscì a rispondere. Spalancò la bocca e lo fissò negli occhi. In
quel momento, nella luce fioca della
lampada ad angolo e nel silenzio più
assoluto, pensò che forse si stava innamorando di lui, anzi, ne era del tutto sicura e immaginò quale piacere avrebbe
provato nel baciarlo. Arrossì nuovamente e, con la spiacevole sensazione che
lui fosse riuscito a leggerla nel pensiero,
si alzò in piedi e comunicò a Bartolomeo che era arrivato il momento, per
entrambi, di chiudere la giornata con
una bella dormita.
“Grazie per avermi ascoltata” gli
disse con la voce che tremava, accompagnandolo alla porta d’ingresso. “Sono
stata in ansia tutto il santo giorno, ma
ora credo che mi addormenterò di botto,
senza strani pensieri che mi frullano per
la testa.”
“E’ stato un piacere.” le sussurrò
lui, a pochi centimetri dal suo viso.
Restarono a fissarsi per qualche istante, finché Bartolomeo non le pose
una mano dietro la nuca e l’attirò a sé,
posandole le labbra sulle sue.
Lisa non si ribellò, ma si lasciò cullare dalla dolcezza e dall’intensità di
quell’attimo. Quando Bartolomeo si
staccò, gli sorrise e lo guardò allontanarsi verso il cancello e perdersi infine
nell’oscurità della notte ormai inoltrata.
Mentre dormiva profondamente, un
cuore a pochi centimetri da lei batteva
furiosamente, in preda al turbinio
dell’emozione dell’amore più profondo
e intenso.
“Sogni d’oro, amore mio.” pensò
Bartolomeo, sedendo su una sedia posta
accanto al letto.
In quel momento poté giurare di averla vista sorridere nel sonno, mentre
stringeva a sé il ciondolo della Famiglia
degli Elfi Reali.
3.
Il Potere del Ciondolo
Bartolomeo si era reso invisibile e se ne
stava seduto sulla sedia, sonnecchiando
di tanto in tanto, con le braccia conserte.
Ogni qualvolta riapriva gli occhi, li
posava sul viso di Lisa che dormiva di
un sonno tranquillo e profondo. E quando la guardava, continuava a ripetersi
che Lisa era il vero amore della sua vita
e che niente, o nessuno, l’avrebbe mai
allontanato da lei.
Era bella, con i lunghi capelli castani sparsi a ventaglio sul cuscino, ad incorniciare il viso dai lineamenti dolci ed
eleganti.
Bartolomeo socchiuse gli occhi e si
lasciò cullare dal ricordo dei baci che
avevano suggellato l’inizio del loro amore nel Regno Elfico.
Si trovavano nell’ampio e grigio
salone del Palazzo del Picco Oscuro e
avevano appena portato a termine la
Profezia, annientando, una volta per tutte, il potere smisurato del Nero Signore
degli Elfi e di suo figlio Elia, che però
Lisa aveva imparato a conoscere come
Paolo. Già, Paolo, che per anni era stato
il suo migliore amico, finché non le aveva dichiarato il suo amore e lei lo aveva prontamente contraccambiato. Ma
quando si erano avventurati nel Regno
Elfico, le cose avevano preso una piega
diversa e lei aveva dovuto accettare la
più amara delle verità: il suo amato Paolo non era null’altro che un vile traditore e il figlio del Nero Signore degli Elfi,
istruito da quest’ultimo per impossessarsi del ciondolo di Lisa, che gli avrebbe assicurato l’assoluta immortalità.
Lei però, di fronte a quella straziante verità, aveva guardato in fondo al suo
cuore e compreso che il suo unico e vero amore era l’Elfo che le aveva fatto da
Guardiano
sin
dall’inizio
di
quell’avventura, proteggendola in ogni
istante della sua preziosa vita.
E con Bartolomeo aveva cinto la
Spada del Destino, suggellando così
l’inizio di un nuovo amore eterno e invincibile.
Lui sorrise amaramente… amore
eterno e invincibile… Ma dalla mente
di Lisa era stato rimosso ogni attimo
legato al suo ingresso nel Regno Elfico,
cancellando pertanto, senza alcuna pietà, anche i ricordi di quell’amore unico
e irripetibile.
Ciò che comunque lo consolava, o
almeno in parte, era il fatto che, al compimento del suo diciottesimo compleanno, Lisa avrebbe riavuto il dono dei
ricordi perduti e quindi si trattava solo
di aspettare ancora due anni, con pazienza e con speranza.
Certo, quella sera l’aveva baciata e
lei sembrava incoraggiare l’avvio di un
rapporto che non si basasse solo
sull’amicizia, ma su un qualcosa di ben
più profondo e radicato.
Bartolomeo aveva gustato ancora
una volta il dolce sapore delle sue labbra e il calore di un bacio che lo aveva
avvolto in una spirale di sensazioni uniche e sconvolgenti, e tanto gli doveva
bastare, per il momento.
Riaprì gli occhi per lasciarsi rapire
ancora una volta dal fascino di Lisa e la
sua attenzione fu attirata dalla luce argentata del ciondolo, appeso ad una catenina avvolta attorno al collo di lei, che
si era illuminato improvvisamente e che
pulsava di una luce intensa e accecante.
Strizzò gli occhi, infastidito dalla
potenza di quel fascio di energia, e balzò in piedi, evitando per un pelo di rovesciare la sedia all’indietro.
Uscì rapidamente dalla camera di
Lisa con passi agili e leggeri e si avviò
verso la stanza di Anna, nell’oscurità
della notte.
Mentre bussava alla sua porta, un
turbinio di presagi funesti gli stava frullando per la testa, dandogli una sensazione poco piacevole alla bocca dello
stomaco.
“Che succede?” gli chiese Anna,
spalancando la porta con un gran sbadiglio. “Spero che tu mi abbia svegliata
per un buon motivo, altrimenti ti faccio
scendere le scale a calci nel didietro!”
“Vieni di sotto, subito!” le intimò
Bartolomeo, afferrandola per un braccio.
Anna lo fissò per qualche istante,
per poi seguirlo senza indugio, in quanto lo sguardo che gli aveva visto dipinto
sul viso non presagiva assolutamente
nulla di buono.
“Allora, che c’è?” gli chiese, spingendolo in salotto senza troppi complimenti. “Lisa sta bene?”
“Sì, dorme tranquillamente. Non è
lei che mi preoccupa, ma il suo ciondolo…”
“Il ciondolo?” lo interruppe Anna,
alzando il tono della voce.
Istintivamente si portò le mani alle
labbra e diede una rapida occhiata alle
scale, verso la camera della nipote.
“Scusa, non dobbiamo svegliarla.”
mormorò, invitando Bartolomeo a sedersi accanto a lei sul divano.
“Cos’è successo al suo ciondolo? Si
è forse attivato?”
“Proprio così! E l’energia che ha
sprigionato era di una tale potenza da
costringermi a chiudere gli occhi per
qualche istante, non avevo mai visto
nulla di simile, mai.”
Anna sbarrò gli occhi e si afflosciò
sulla sponda del divano, con le labbra
che le tremavano vistosamente.
“Stai bene?” le chiese Bartolomeo,
cercando di controllare il tono della voce. “Sei impallidita, sembri un fantasma! A questo punto, immagino che
l’attivazione del ciondolo di Lisa non
sia un buon segno, o sbaglio?”
Anna trasse un profondo respiro.
“Non sbagli” rispose in un sussurro,
massaggiandosi le tempie che avevano
cominciato a dolerle. “Erano secoli che
un ciondolo della Famiglia Reale non
sprigionava una tale forma di energia,
anzi, direi millenni, da quando…”
“Da quando la Madre non tentò di
annientare la Signora degli Elfi” la interruppe Bartolomeo, scattando in piedi.
“Stai forse cercando di dirmi che lei potrebbe ritornare?”
Anna non rispose, socchiudendo gli
occhi e passandosi una mano sulla fronte che le bruciava con l’intensità della
fiamma più rovente.
In effetti non voleva rispondere a
Bartolomeo, perché la verità delle sue
parole era inaccettabile e avrebbe causato una scia di conseguenze penose e nefaste.
Lo fissò negli occhi e annuì, invitandolo nuovamente a sedere.
“A questo punto dobbiamo avvisare
Marcus e mia sorella” mormorò, mentre
Bartolomeo, con la bocca spalancata,
cercava di farsi una ragione di quanto
gli era appena stato rivelato. “Dobbiamo impedire in tutti i modi che la Madre possa ritornare in vita e riprendere il
controllo del Regno delle Paludi. Se ciò
dovesse accadere, segnerebbe l’inizio di
una nuova era di dolore e di atrocità non
solo per le nostre terre, ma anche per
l’Universo intero.”
A quelle parole, Bartolomeo sbatté
le palpebre più volte e tentò di riprendere il controllo di se stesso.
“E se invece ci stessimo sbagliando?” disse lui a voce bassa, ma gesticolando vistosamente. “Se l’attivazione
del ciondolo fosse solo causata dai poteri di Lisa che, di tanto in tanto, si fanno
risentire e sprigionano fasci di energia?”
“Bartolomeo, tu sostieni da sempre
di possedere il dono dell’empatia. Allora, ascolta il tuo cuore. Cosa ti sta dicendo, in questo momento? Ah! Vedi
che se scavi nel tuo animo, dentro di te,
sai senza alcun dubbio che la verità è la
più scomoda e la più terribile, proprio
quella che ti ho menzionato qualche istante fa!”
“Dannazione!” esclamò l’Elfo,
sempre a voce bassa, battendo però un
pugno sul divano. “Questa storia è inconcepibile! Abbiamo appena annientato il Nero Signore e assicurato suo figlio
a una lunga prigionia e ora siamo costretti ad affrontare l’origine di tutti i
mali, colei che potrebbe distruggere ogni forma di vita nell’Universo conosciuto.”
Si interruppe, ansimando, la fronte
madida di sudore, il mento tremante per
la rabbia.
“Dobbiamo comunque essere del
tutto sicuri della nostra teoria” sussurrò
Anna, poggiandogli una mano sulle dita
ancora serrate in pugno. “Pertanto ora
chiamerò Marcus e insieme decideremo
il da farsi.”
“Io vado a bere un po’ d’acqua”
sussurrò Bartolomeo, avviandosi a passi
rapidi verso la cucina. “Ho la gola secca… dannazione!”
Anna, rimasta sola in salotto, socchiuse gli occhi e qualche istante dopo
sentì un gran trambusto provenire dalla
cucina.
“E spostati! Mi stai triturando i piedi! Dovevi proprio materializzarti addosso a me?”
“Ma che succede?” chiese Anna,
cercando di moderare il tono della voce,
mentre si precipitava in cucina. “Marcus, cosa…”
“L’ha fatto apposta!” continuò Bartolomeo, zoppicando. “Prima Lisa e adesso tu! Oggi ce l’avete coi miei piedi,
accidenti a voi!”
“Ho solo calcolato male il tempo e
lo spazio” si scusò Marcus, fissando
Anna con sguardo incuriosito. “Smettila
di brontolare e dimmi invece che sta
succedendo e perché sono stato chiamato. Qualcosa di grave?”
Anna sedette su una sedia della cucina e invitò Marcus a fare altrettanto,
prendendo la parola.
“Altroché! Si tratta del ciondolo di
Lisa. Si è illuminato come non mai negli ultimi millenni! Ne è testimone Bartolomeo che le era accanto, quando è
successo. E tu sai che significa questo,
vero?”
Il Generale guardò alternativamente
prima Anna e poi Bartolomeo e si appoggiò allo schienale della sedia, fissando un punto imprecisato della parete
dinanzi a lui.
“No… non è possibile… non ci
credo” sussurrò, scuotendo la testa da
destra a sinistra. “Lei non può ritornare,
sarebbe la fine per tutti noi! Dobbiamo
assolutamente intervenire prima che la
cosa abbia inizio… Sono convinto che
non ci riserverebbe una buona accoglienza, dopo quanto accaduto millenni
fa.”
“Grandi parole!” intervenne Bartolomeo, mentre si massaggiava il piede
dolente. “E come pensi di fermare il suo
ritorno? Hai qualche idea, o possiamo
già considerarci tutti belli e spacciati?”
“Smettila, per favore” lo rimbrottò
Anna, a denti stretti. “Marcus è qui per
aiutarci, vedrai che troveremo una solu-
zione, quindi stattene buono e, per favore, rimettiti le scarpe! Da quando non
cambi quei calzini?”
Bartolomeo era in procinto di ribattere, ma venne anticipato da Marcus che
gli intimò di non aprire bocca con un
solo, rapido gesto della mano.
“Innanzitutto dobbiamo parlare con
la Bibliotecaria per sapere se quanto è
accaduto oggi sta proprio a significare
che la Madre potrebbe ritornare in vita
quanto prima, o se invece si tratta solo
di un caso isolato, senza alcuna importanza. Nell’eventualità che i nostri dubbi fossero fondati, una soluzione ci sarebbe. Ma badate, richiederebbe una
grossa decisione da parte di Marta.”
Anna lo fissò diritto negli occhi e
scattò in piedi, con aria sbigottita.
“La cosa è fuori discussione” mormorò, senza staccare gli occhi da quelli
grigi di Marcus. “Bartolomeo, accidenti,
la vuoi smettere di giocherellare col
bicchiere? Mi dai sui nervi! A volte sono convinta che tu sia peggio di un
bambino… Ritornando a noi… Marcus,
la soluzione che stai per proporre è i-
naccettabile e andrebbe contro tutte le
regole dettate dagli Antichi Padri.”
“Lo sai benissimo che non c’è altro
modo per fermare il ritorno della Madre” sussurrò il Generale, sostenendo
con decisione lo sguardo furente di Anna. “Dobbiamo far ritornare in vita Luca.”
“Cooooosaa?”
Bartolomeo evitò per un soffio di
far cadere a terra il bicchiere, lo sistemò
nel lavello della cucina e poggiò entrambe le mani sul tavolo, per fissare
Marcus a distanza ravvicinata.
“Dico, ma sei ammattito?” gli sussurrò, scuotendo con violenza la testa da
destra a sinistra. “Non si possono riportare in vita i morti, è proibito e non è
mai stato fatto, prima d’ora. Dobbiamo
trovare un’altra soluzione, punto e basta.”
Il Generale spostò lo sguardo da
Bartolomeo ad Anna e le afferrò le mani
con dolcezza.
Lei lo fissò con gli occhi inondati di
lacrime.
“Mio nipote è morto, ora vive in
pace nell’Altra Dimensione e non va
disturbato, per nessun motivo” commentò Anna, con la voce rotta dai singhiozzi. “Inoltre, Marta non accetterà
mai di infrangere una delle Leggi degli
Antichi Padri.”
Marcus le accarezzò le dita con le
sue e le sorrise, mentre Bartolomeo
prendeva posto sulla sedia accanto a lui,
passandosi una mano tra i capelli scompigliati.
“Sapete perfettamente tutti e due
che la Madre ritornerà in vita solo se
qualcuno leggerà la Sacra Formula contenuta nell’Antico Codice.”
“Sì, ma…”
“E quindi comprenderete la necessità di spostare l’Antico Codice dalla Biblioteca Segreta ad un luogo più sicuro…”
“ Certo, però… “
“E inoltre siete sicuramente a conoscenza del fatto che l’unica persona in
grado di toccare il Sacro Testo, e quindi
di nasconderlo, è un componente maschio della Famiglia Reale.”
“Appunto! Quindi non dobbiamo
preoccuparci!” intervenne Bartolomeo,
con tono seccato. “Nessuno riuscirà a
spostare il libro dalla Biblioteca segreta.”
“Bartolomeo, ma tu l’hai studiata
per bene, la Legge?” lo rimproverò
Marcus, guardandolo con aria sprezzante. “Non lo sai che gli Elfi Stregoni
hanno imparato a leggere le Formule
contenute nell’Antico Codice senza dover sfogliare il testo? Lo fanno visualizzandole col pensiero, credevo ne fossi al
corrente.”
“Beh, non lo sapevo e non ne farei
un dramma” gli rispose Bartolomeo, arrossendo vistosamente. “E allora?”
“Allora vi renderete conto che non
vi è altra soluzione oltre a quella di far
rivivere Luca. Dobbiamo riportarlo tra
noi, e in fretta!”
Anna trasse un lungo respiro e Bartolomeo chinò il capo sul tavolo, ripassandosi una mano tra i capelli.
Poi si alzò all’improvviso e prese a
misurare la stanza a grandi passi, finché
non si fermò accanto ad Anna e le poggiò le mani sulle spalle.
“Un’altra soluzione ci sarebbe” sussurrò, inghiottendo a fatica la saliva. “Io, secondo la nostra Legge, sono diven-
tato il marito di Lisa, quando ci siamo
scambiati reciprocamente la promessa
d’amore. Quindi potrei occuparmi io
stesso dell’Antico Codice, facendo parte… ehm… della vostra Famiglia Reale…”
“Bartolomeo, non dire sciocchezze,
per favore!” lo interruppe Anna, scostandolo con rabbia da sé. “Solo chi ha
sangue reale nelle vene può toccare il
Sacro Testo, quindi la tua soluzione è
improponibile.”
“Ne sei sicura? In questo modo si
eviterebbe di infrangere la Legge!”
“Zitto, ora smettila!” gli ordinò
Marcus, fissandolo con occhi fiammeggianti. “Anna ti ha già risposto e la discussione termina qui, intesi?”
Bartolomeo brontolò tra sé e sé un
“tanto fate sempre quello che volete” e,
prima di parlare, si stampò in faccia un
sorriso che lo faceva sembrare un po’
idiota.
“A questo punto non sono in grado
di trovare soluzioni più idonee per cercare di salvarci il se…”
“Bartolomeo!” lo interruppe Anna,
fissandolo con aria severa.
“Scusa, di salvarci la vita, intendevo
dire questo. Dobbiamo muoverci in fretta.”
Anna si asciugò le lacrime con il
palmo delle mani e tirò su col naso.
“Mi sembra di vivere in un incubo”
mormorò, alzandosi per riempirsi un
bicchiere d’acqua. “Eravamo così felici
e tranquilli, dopo la morte del Nero Signore e dell’arresto di Elia… credevo
che Lisa avrebbe avuto l’opportunità di
vivere tranquillamente fino ai suoi diciotto anni, e invece…”
“Lisa non verrà coinvolta, non è necessario” la interruppe Marcus, avvicinandosi a lei. “E’ Luca che ci serve, tua
nipote può continuare a vivere la sua
vita senza ulteriori scossoni o pericoli.”
“Uhm… ho una sensazione poco
piacevole al riguardo.” intervenne Bartolomeo, sedendo sul tavolo.
“Sposta il tuo didietro da lì” lo rimproverò Anna, dandogli una pacca sulla
fronte. “Ancora il tuo potere empatico,
è di questo che stai parlando?”
“Esattamente” convenne l’Elfo,
grattandosi la fronte con una smorfia.
“Sono convinto che Lisa non se ne starà
a guardare…”
“Ma le sono stati rimossi i ricordi!”
lo interruppe Marcus, fissandolo con
aria divertita. “Non potrà intervenire in
alcun modo in questa faccenda.”
“Sta iniziando a ricordare qualcosa”
disse Bartolomeo, cercando un posto
dove appoggiarsi che non potesse dar
fastidio ad Anna. “E credo che molto
presto la sua mente sarà invasa da altri
frammenti di ricordi, anzi, non ho dubbi
al riguardo!”
“Allora dobbiamo agire subito.”
commentò deciso Marcus, uscendo dalla cucina.
Poi si voltò verso Anna, la baciò
rapidamente sulle labbra e guardò Bartolomeo che, rosso in viso, stava fingendo di sistemare per bene i bicchieri
nel lavello della cucina.
“Ora ascoltate attentamente. Andrò
a parlare prima con la Bibliotecaria e se
lei mi confermerà i nostri dubbi, affronterò subito la Signora degli Elfi, sottoponendole le nostre intenzioni. E speriamo di riuscire a convincerla! Solo lei
infatti può far ritornare in vita Luca
senza utilizzare l’Antico Codice, quindi
auguratemi buona fortuna.”
E detto questo, svanì in una nube
gialla che scivolò nei polmoni di Bartolomeo, facendolo tossire come se avesse
inghiottito un pacchetto intero di sigarette.
“Zitto, smettila!” tuonò Anna, spingendolo verso la cucina. “Bevi un po’
d’acqua e poi torna a controllare Lisa.
Ti avviserò io, quando Marcus farà ritorno, e speriamo che ci porti buone
nuove…”
***
Bartolomeo era seduto sul fondo del letto di Lisa e la fissava mentre dormiva di
un sonno che si era fatto via via sempre
più agitato.
“Probabilmente sta sognando.” pensò, sbadigliando vistosamente e rischiando di cadere dal letto.
Lisa si trovava a terra, a pancia in
giù, su un pavimento di marmo scuro, in
una stanza illuminata dalla luce pallida
di file di torce.
Quando si alzò in piedi, dinanzi a
lei apparve la figura possente e raccapricciante di un uomo vestito con abiti
di pelle nera, il viso e le mani solcati da
ragnatele di cicatrici, impresse sulla pelle di un pallore cadaverico.
Lisa si voltò e vide chiaramente il
suo amico Gianni, visibilmente impaurito, e un ragazzo dai capelli scuri e spettinati, che non conosceva. Sentiva il
proprio cuore pulsarle nel petto a ritmo
martellante, mentre respirava a fatica,
nel tentativo di controllare la paura che
le procurava un senso di nausea e di
vertigini.
Socchiuse gli occhi e quando li riaprì provò una fitta lancinante alle braccia. Qualcuno, dietro di lei, la teneva
immobilizzata, riusciva a sentirne il fiato caldo sul suo collo. Sbatté le palpebre
e percepì nettamente il sapore del sangue che le colava da un occhio alle labbra, serrate in una smorfia di dolore. A
quel punto, la paura si trasformò in terrore, che l’avvolse come un sudario, facendole perdere i sensi.
Quando si risvegliò, dinanzi a lei vi
era il ragazzo sconosciuto che la fissava
con sguardo sprezzante, mentre lei tentava di divincolarsi dalla stretta della
persona che la teneva immobilizzata,
procurandole fitte atroci alle braccia e al
petto.
“Devo svegliarmi, è solo un brutto
sogno, ora mi sveglierò.”
Lisa scosse la testa, inspirò a pieni
polmoni e poi percepì il calore di labbra
dolci e morbide appoggiate appassionatamente alle sue. Aprì gli occhi e vide
Bartolomeo che le accarezzava il viso e
i capelli, sorridendole. Lo fissò più volte, incredula, per poi spostare lo sguardo nella stanza in cui si trovava, una
camera arredata con gusto e illuminata
dal sole di mezzogiorno.
Tentò di parlare, ma le labbra di
Bartolomeo cercarono ancora una volta
le sue con una passione sempre più travolgente, che le fece scorrere piogge di
brividi da testa a piedi, mentre il cuore
le pulsava nelle vene alla velocità di un
jet supersonico.
Lisa lo abbracciò e gli affondò le
mani tra i capelli, arrivando a toccare le
orecchie…
“A punta!” gridò, balzando a sedere
sul letto, col respiro corto e il corpo
grondante di sudore.
Si passò una mano tra i capelli bagnati e inspirò a pieni polmoni, mentre
accendeva la luce dell’abatjour. Il cuore
le martellava ancora all’impazzata e una
miriade di sensazioni opposte le sconquassava le viscere, procurandole un
senso di malessere che la costrinse a
correre in bagno, dove vomitò tutta la
cena della sera.
Si sciacquò il viso con l’acqua fresca del rubinetto e si fissò allo specchio,
mentre tentava di riprendere il controllo
delle proprie emozioni.
Socchiuse gli occhi, dandosi della
stupida per essersi fatta spaventare da
un semplice incubo, quando percepì
nettamente un tonfo sordo provenire
dalla camera.
Rabbrividì e sentì ancora il cuore
lacerarle il petto, mentre con la testa faceva capolino dal bagno per fissare la
stanza.
“Chi… chi c’è?” chiese con voce
piccola e tremante.
Non ottenne risposta, ma decise di
attendere ancora qualche istante, prima
di tuffarsi a capofitto sotto il lenzuolo.
Si guardò attorno con gli occhi ben
sbarrati, il palmo delle mani sudate e le
labbra che tremavano. Solo quando il
cuore cominciò a rallentare la sua folle
corsa tra gli antri del terrore, Lisa si
sdraiò a letto, inspirando l’aria a pieni
polmoni.
Si diede ancora della stupida.
Com’era possibile che una ragazza della
sua età si lasciasse spaventare da un incubo e da un piccolo rumore che non
aveva sicuramente alcun significato?
Mentre il corpo riprendeva la via
del rilassamento e il cuore pulsava ad
un ritmo placido e rassicurante, Lisa ripensò alle sensazioni che aveva provato
mentre baciava Bartolomeo e rise quando ricordò le sue orecchie a punta, così
buffe e simili a quelle degli Elfi del Signore degli Anelli.
Attribuì la forma delle orecchie
dell’amico e il precedente incubo con il
terrificante uomo nero e col ragazzo
sconosciuto, ad un’eccessiva visione del
film. Si ripromise pertanto di nascondere il DVD, prima che Bartolomeo avesse la pessima idea di rivederlo ancora
una volta.
Quando sentì il dolce mantello del
sonno avvolgerla con calore, socchiuse
gli occhi e si girò su un fianco, sbadigliando e spegnendo la luce.
Bartolomeo, a pochi passi da lei, si
era già maledetto più volte per essere
rotolato dal letto, sbattendo il didietro
sul parquet. Si era appisolato per qualche istante, ma si era svegliato di soprassalto quando aveva sentito Lisa
pronunciare le parole “a punta” e dirigersi rapidamente in bagno, pallida e
tremante.
Mentre guardava la figlia della Signora degli Elfi sprofondare nuovamente in un sonno calmo e ristoratore, si
convinse del tutto che Lisa stava riacquistando la memoria e che, presto, per
lei sarebbe cominciata una nuova avventura…
REGNO DEGLI
ELFI
4.
Una decisione difficile
La Signora degli Elfi entrò nella Biblioteca Segreta e si guardò attorno.
“Andromeda, ci sei?” chiese, in un
sussurro, unendo le mani a preghiera.
“Ho bisogno di te, e subito!”
“Devo dedurre che Marcus ti abbia
già parlato” le rispose la Bibliotecaria
con tono grave. “E che la decisione sia
già stata presa. Però mi chiedo se tu sia
del tutto consapevole delle sue conseguenze.”
Marta voltò il capo a destra e vide
la Bibliotecaria che, fluttuando sospesa
a mezzo metro da terra, le si stava avvicinando lentamente, con i grandi occhi
azzurri colmi di tristezza.
“Non sarei qui al tuo cospetto, se
non ne fossi consapevole” mormorò la
Signora degli Elfi, traendo un profondo
respiro. “E non ho nessuna intenzione di
cambiare idea. Non vi è altra soluzione
per impedire il ritorno della Madre e
purtroppo dobbiamo agire in fretta.”
La Bibliotecaria le si pose di fronte
e scosse la testa, fissandola con disappunto.
“Mai, fino ad ora, è stata infranta
una sola Legge degli Antichi Padri, né
qui, né sul mio pianeta Aresil, che vi ha
donato la vita! Riportare tra noi
un’anima che appartiene all’Altra Dimensione comporta un enorme sacrificio, come ben tu sai, e questo sacrificio
si rende necessario per garantire una
continuità al già precario equilibrio
dell’universo. E’ la Legge della Compensazione.”
“Sono perfettamente a conoscenza
di questa Legge” rispose Marta, guardandola diritta negli occhi e alzando un
po’ il tono della voce. “Però io sono la
Signora degli Elfi e ti chiedo in tutta
umiltà di infrangerla per riportare in vita mio figlio…”
Si interruppe, col cuore che le batteva forte in petto, studiando la reazione
della Bibliotecaria. Questa si allontanò
da Marta, per raggiungere uno scaffale
dove era riposto un libro che nulla aveva a che spartire con i restanti volumi
logori e impolverati.
“L’album delle foto della tua famiglia” disse la Bibliotecaria, invitando
Marta a raggiungerla. “Guardalo ancora
una volta e poi dimmi se sei del tutto
convinta di voler infrangere la Legge.”
“Non lo guarderò” rispose la Signora degli Elfi con tono autoritario. “Ormai ciò che è stato è stato, la storia si
deve rinnovare e un nuovo futuro attende il Regno Elfico. Non cambierò idea,
mia vecchia amica.”
La Bibliotecaria sospirò e fissò
Marta con gli occhi velati dalle lacrime.
“Spero che tu capisca che ciò che
mi chiedi di fare è inaccettabile e non
solo per il fatto che andrò ad infrangere
per la prima volta una Sacra Legge, ma
soprattutto per la conseguenza nefasta
che scaturirà dal mio gesto.”
La Signora degli Elfi abbozzò un
timido sorriso e guardò Andromeda in
tutto il suo splendore. Era avvolta nella
luce dorata che accompagnava alcuni
abitanti di Aresil, il pianeta dal quale
provenivano le creature che avevano
generato, unendosi agli Umani, la razza
elfica e che avevano dato vita ad una
dimensione parallela alla terra, sulla
quale consentire agli Elfi di vivere in
pace e armonia.
“Ti assicuro che sono assolutamente
serena e del tutto convinta della necessità di riportare in vita Luca. Ci conosciamo ormai da millenni, Andromeda,
e quindi sai che puoi fidarti di me e delle mie scelte.”
La Bibliotecaria tacque per qualche
istante e poi, prima di parlare, si schiarì
la voce, arrochita dall’emozione.
“E come la metti con tua figlia? Hai
riflettuto sul fatto che il ritorno di suo
fratello e le conseguenze che si abbatteranno su di lei, dopo che la Legge verrà
infranta, potrebbero sconvolgerla tanto
da condurla alla pazzia? Non credi che
per lei tutto questo sarebbe impossibile
da accettare?”
“Certo che ci ho pensato!” esclamò
Marta, rossa in viso, lanciando alla Bi-
bliotecaria uno sguardo pungente. “Ma
Lisa è forte, non si lascerà sopraffare
dagli eventi e reagirà nel migliore dei
modi, come ha già fatto nello scontro
col Nero Signore ed Elia. So che non mi
deluderà e che proseguirà il suo cammino senza timori e incertezze. E sarà
pronta ad affrontare il suo destino, ben
convinta e a testa alta.”
La Bibliotecaria prese a fluttuare
attraverso la stanza, facendo ondeggiare
i lunghi capelli argentei che le ricadevano fino alle ginocchia come sottili fili
di seta.
“Non so” sussurrò, osservando Marta dall’alto. “Non sono convinta, è un
passo troppo grande e pericoloso.”
“Non hai scelta!” urlò la Signora
degli Elfi, col cuore che le pulsava nelle
tempie e le labbra che le tremavano per
l’emozione. “Vuoi aiutarmi ad impedire
il ritorno della Madre, oppure vuoi comunicare agli Antichi Padri di Aresil
che l’Universo intero è in pericolo e che
potrebbe essere annientato in breve
tempo, per la superbia di una creatura
folle e oltraggiosa? Ascolta il tuo cuore,
Andromeda, e non abbandonarmi, te ne
supplico!”
Marta guardò la Bibliotecaria fermarsi ed asciugarsi gli occhi col palmo
delle mani.
“Non ti abbandonerò” disse, in un
sussurro. “Ma voglio farti un’ultima
domanda: il Generale Marcus e tua sorella sono consapevoli della conseguenza che deriverà dall’infrazione della Sacra Legge?”
“No” rispose Marta, scuotendo lievemente la testa. “Credi che mi avrebbero proposto questa soluzione se lo avessero saputo?”
“No di certo” convenne la Bibliotecaria, sospirando ancora una volta. “Ora
tieniti pronta, solleva il ciondolo.”
Marta obbedì scossa da tremiti incontrollabili e alzò il ciondolo reale in
alto, sopra la testa. La Bibliotecaria la
guardò per qualche istante, poi ripeté
una formula nella lingua di Aresil, fino
a quando l’aura dorata che l’avvolgeva
non assunse un colore perlaceo e aumentò d’intensità, tanto che Marta si
vide costretta a chiudere gli occhi.
Dalle mani della Bibliotecaria scaturirono fasci di luce arancione che si
unirono fino a convergere al centro del
ciondolo. La Signora degli Elfi aprì gli
occhi e vide Andromeda abbassare le
mani lungo i fianchi e scendere a terra,
mentre l’energia che la circondava riprendeva la sua sfumatura dorata.
“Ecco, ora hai il potere di far rivivere Luca. Se vuoi, puoi farlo qui…”
Marta la ringraziò con un veloce
cenno del capo e sentì il proprio cuore
pulsarle nel petto ad una velocità che
aumentava attimo dopo attimo, per cui
decise che avrebbe sistemato subito la
questione, senza sprecare altro tempo
prezioso.
Socchiuse gli occhi e sollevò entrambe le mani, mentre il ciondolo si
illuminava debolmente, emettendo un
tenue fascio di luce argentata. Quando
l’energia si dissolse, sulle mani di Marta
comparve una coperta bianca, riportante
il sigillo reale, che lei adagiò su una sedia.
“Servirà per coprire Luca quando…
quando ritornerà.” si giustificò con la
Bibliotecaria, che le rivolse uno sguardo
colmo d’ansia e di tristezza.
“Vorrei chiamare il Generale Marcus” continuò ancora la Signora degli
Elfi, mentre con le mani tremanti alzava
il ciondolo in alto. “Luca avrà bisogno
di lui.”
La Bibliotecaria annuì e appoggiò i
piedi a terra, lasciando scivolare le lacrime dagli occhi, sino al pavimento
della stanza.
“Marcus…” sussurrò Marta con la
voce arrochita dall’emozione.
Pochi istanti dopo il Generale apparve in una densa nube gialla che si
dissolse rapidamente e restò immobile a
fissare Marta che teneva il ciondolo sollevato in aria e che appariva pallida e
turbata.
“Tutto bene?” le chiese, scrutandola
con attenzione. “Stai per procedere?”
Marta annuì e socchiuse gli occhi,
non prima di aver guardato ancora una
volta la Bibliotecaria che la fissava con
immensa tristezza.
Ripensò alla sua dolce Lisa, al fatto
che avevano vissuto insieme per così
poco tempo, e ai momenti trascorsi con
lei nel Regno Elfico, tanto intensi e purtroppo di breve durata.
Ripensò a Luca, al forte Generale
dell’Esercito Reale, che presto sarebbe
ritornato in vita, e quando fu del tutto
certa che Lisa avrebbe continuato il suo
cammino verso il trono del Regno Elfico ben protetta sia dal fratello che da
Bartolomeo, concentrò il suo pensiero
sul figlio, tenendo gli occhi ben chiusi.
Pochi istanti dopo il ciondolo sprigionò una luce arancione che si propagò
per l’intera Biblioteca e che costrinse
anche Marcus a serrare le palpebre, chinando il capo a terra.
Quindi nella stanza calò il buio più
totale e impenetrabile, mentre folate di
vento gelido sfioravano il corpo e i capelli dei presenti.
Marcus riaprì gli occhi solo nel
momento in cui zampilli di luce penetrarono attraverso le sue palpebre e il
freddo della morte lasciò lo spazio al
tepore della vita.
Sobbalzò. Disteso a terra, accanto a
lui, completamente nudo e rannicchiato
su se stesso, giaceva Luca, bagnato da
testa a piedi e tremante. Istantaneamen-
te Marcus afferrò la coperta e lo avvolse
per bene, scostandogli i capelli dal viso
cereo e sudato.
“Marta, ce l’hai fatta! Complimenti!” gridò, in preda alla più totale euforia.
Ma non ottenne risposta.
“Marta… ?” chiese, spostando la
sua attenzione verso la Signora degli
Elfi.
Soffocò un urlo e si gettò a capofitto sul corpo esanime di Marta, che giaceva a terra, a braccia spalancate, gli
occhi sbarrati, rivolti verso il soffitto.
Marcus fissò quegli occhi vitrei e immobili e capì che il corpo della Signora
degli Elfi era stato svuotato inesorabilmente del prezioso soffio della vita.
“No, Marta, no.” sussurrò, trattenendo a stento le lacrime.
Sentì un mugolio sommesso provenire da Luca e accorse accanto a lui, col
cuore che gli scoppiava in petto e un
dolore lancinante che gli trapassava
l’anima da una parte all’altra.
“Buono, è tutto a posto” bisbigliò al
figlio della Signora degli Elfi. “Stai
tranquillo.”
Poi alzò gli occhi verso l’alto e li
roteò da una parte all’altra della stanza,
alla ricerca di qualcosa che non riusciva
a vedere ma che sperava potesse essere
lì, in quel doloroso istante.
“Che è successo, perché è successo?” chiese con voce piccola, per non
turbare Luca. “Ci sei? Puoi rispondermi?”
“Una vita per una vita” sussurrò la
Bibliotecaria nel suo orecchio. “E’ la
Legge della Compensazione. In questo
modo l’equilibrio dell’Universo è rimasto inalterato.”
“Come? Di che diavolo stai blaterando?” gridò Marcus, che ora non era
più in grado di mantenere il controllo.
Una furia cieca si stava impossessando di lui e ringraziò mentalmente il
pianeta Aresil per non avergli dato il
dono di poter vedere la Bibliotecaria,
altrimenti le avrebbe spezzato il collo
con le sue stesse mani.
“Da quando esiste questa Legge assurda?” continuò, riabbassando il tono
della voce, perché Luca sembrava in
procinto di riprendere conoscenza . “Se
ne fossi stato al corrente, non avrei mai
suggerito a Marta di agire in questo
modo… maledizione!”
“Solo alle Signore degli Elfi è dato
conoscere la Legge della Compensazione. Neppure Anna ne è al corrente.”
“Ma tu potevi avvisarmi, dovevi
avvisarmi! Perché non lo hai fatto?”
“Perché questo non era il volere di
Marta… ho letto il suo cuore, e lei era
profondamente convinta di agire per il
bene collettivo e per salvare l’intero universo da una probabile distruzione.
Ha dimostrato un immenso coraggio.”
Marcus non riuscì a ribattere a
quell’affermazione. Osservò Luca che
ora respirava in modo regolare e aveva
smesso di tremare, e si maledì per aver
convinto Marta a riportarlo in vita. Se
solo avesse saputo, se la Signora degli
Elfi lo avesse informato! Ora non se ne
starebbe seduto a guardare il suo corpo
svuotato, senza avere la possibilità di
intervenire in alcun modo per impedirle
di lasciare il mondo dei vivi.
“Devi darti pace” continuò la Bibliotecaria
con
voce
rotta
dall’emozione. “Lei riposa serena accanto al marito e ai suo avi. Questo era
il suo destino e nulla ormai potrà più
modificare gli eventi. Ora pensa a Luca,
portalo via da qui, non deve vedere la
madre.”
Marcus fissò ancora una volta il viso di Luca che stava riprendendo lentamente colore e lo sollevò tra le braccia,
tenendolo ben avvolto tra le coperte.
“E chi lo dirà a Lisa?” sussurrò,
guardandosi attorno. “Chi avrà il coraggio di informarla? E come potrà affrontare la vita ora che per lei tutto è cambiato in modo così inesorabile?”
“Non preoccuparti per Lisa” rispose
la Bibliotecaria mentre, non vista, si avvicinava al corpo senza vita di Marta.
“Lei è forte, riuscirà a sopportare e a
superare anche questo dramma. Sua
madre ne era fortemente convinta e ha
persuaso anche me. In caso contrario
non avrei mai acconsentito a far rivivere
suo figlio.”
A quelle parole, Marcus guardò Luca tra le sue braccia e il suo corpo gli
pesò più di quanto avrebbe ragionevolmente dovuto. Si odiò per aver suggerito a Marta di infrangere la Sacra Legge
e pensò che dirlo ad Anna si sarebbe
rivelata come la più ardua delle imprese.
“Ora vai” continuò la Bibliotecaria,
con tono che non ammetteva repliche.
“Luca si sta risvegliando.”
“E chi penserà a Marta?”
“Lei non vi appartiene più. La porterò con me ad Aresil e lì sarà sepolta,
come vuole la tradizione.”
Marcus avrebbe voluto ribattere, ma
riuscì appena a guardare il corpo esanime di Marta per l’ultima volta, quando
questo sparì avvolto in un’aura dorata,
lasciando a terra solo il ciondolo reale e
un grande vuoto nel suo cuore.
In quell’istante Luca si agitò tra le
sue braccia e Marcus, dopo aver pensato
che il ciondolo di Marta sarebbe stato
recuperato più tardi da sua sorella, svanì
col figlio della Signora degli Elfi in una
scintillante nuvola gialla.
***
Lisa si svegliò di soprassalto, col cuore
in subbuglio e una spiacevole sensazione che le toglieva quasi il respiro. Stropicciò gli occhi, si guardò attorno e,
quando vide che era giorno, si alzò e
spalancò i balconi della finestra, lasciando trapelare nella camera la luce
allegra del primo mattino. Mentre entrava in bagno ancora visibilmente turbata e del tutto all’oscuro del motivo
della sua angoscia, Bartolomeo si accasciò sulla sedia, con una mano premuta
sul petto e gli occhi inondati dalle lacrime.
Sì, per Lisa tutto sarebbe cambiato,
ora che era diventata la nuova Signora
degli Elfi.
Dalla Terra
al Regno Elfico
5.
Rientro al Regno Elfico
“Zia, io vado!” gridò Lisa mentre, con
un piede ormai fuori dalla porta, ingoiava l’ultimo boccone di una fetta di pane
tostato.“Devo trovarmi con Gianni e
Matilde al centro commerciale.”
“Va bene, ma stai attenta alla strada! E ricordati che si pranza alle 12.30,
ok?”
Lisa sorrise, rientrò in casa e corse
ad abbracciare la zia, stringendola forte
a sé.
“Non tarderò, non preoccuparti” le
sussurrò all’orecchio. “E tu divertiti, al
lavoro.”
“Spiritosa” le rispose Anna, dandole
un buffetto sulla guancia.“Ora vai, e salutami i tuoi amici!”
Mentre Lisa annuiva, Bartolomeo,
pallido e teso, apparve al fianco di Anna
e la costrinse a sedere sul divano.
Lisa non udì l’urlo soffocato della
zia, perché aveva già inforcato la sua
mountain bike, pronta ad immettersi
nelle vie caotiche della sua città.
Quella mattina si sentiva spossata e
particolarmente agitata. Aveva dormito
indubbiamente male e fatto sogni strani
e inquietanti. Bartolomeo… ripensando
al bacio che aveva immaginato nella sua
testa, durante la notte, e a quello che si
erano effettivamente scambiati la sera
prima, fu pervasa da una sensazione
molto intensa che la fece sbandare e
sfiorare un ciclista, il quale la stava superando proprio in quell’istante.
“Ops… scusami!” gridò, rossa in
viso, ma continuando a pedalare accanto a lui. “Tutto bene?”
“Nessun problema.” le rispose, fissandola con intensità.
Lisa rischiò di capottarsi un’altra
volta. Il ragazzo, che doveva avere pochi anni più di lei, era notevolmente affascinante, con lunghi capelli castani
che uscivano ribelli dal casco e grandi
occhi marroni illuminati da pagliuzze
dorate.
“Be… bene” farfugliò, dando un
giro veloce ai pedali. “Ciao... ehm…
buona giornata!”
Quindi schizzò via dinanzi a lui, visibilmente imbarazzata e con un calore
intenso che l’avvolgeva da testa a piedi.
Era quasi riuscita a scordare quel
turbinio di emozioni, quando, ferma al
primo semaforo, venne affiancata da un
altro ciclista che poteva ben concorrere
con il ragazzo dai capelli castani. Questo aveva invece una folta chioma bionda, a stento trattenuta dal casco di protezione, che incorniciava un volto dai
lineamenti molto simili a quelli di Marcus, il fidanzato di Anna.
Sbatté più volte le palpebre e scrollò il capo del tutto inebetita, per poi rischiare di cadere nuovamente dalla bici,
quando notò che, anche alla sua destra e
dietro
di
lei,
erano
apparsi
all’improvviso altre celestiali creature,
tutte immancabilmente a cavalcioni di
mountain bike o di city bike dai più svariati colori.
Era praticamente circondata. Sentì
un gran caldo salirle dallo stomaco fino
alle guance che, pensò Lisa, in
quell’istante dovevano aver assunto il
colore della mela di Biancaneve. Ma
che stava succedendo? Perché non riusciva a muoversi tra le strade della città
senza rischiare in continuazione di
schiantarsi contro un bel giovanotto?
Doveva forse preoccuparsi o era semplicemente vittima di uno scherzo di
cattivo gusto?
Con questi pensieri che le frullavano in testa, giunse finalmente all’ampio
parcheggio antistante il centro commerciale e, dopo aver sistemato e assicurato
la bici negli appositi spazi riservati alle
due ruote, corse verso l’ingresso principale.
Si guardò attorno e provò una sensazione spiacevole, che le fece accapponare la pelle e le provocò un fastidioso inizio di emicrania. Notò, con un certo disappunto, che attorno a lei vi era
una frenesia insolita e che non riusciva
assolutamente a camminare senza essere circondata da ragazzi ben alti e
dall’aspetto tutt’altro che spiacevole.
Sospirò quando notò Gianni e Matilde davanti alla vetrina del negozio di
CD che vendeva di più in città.
Li raggiunse in un batter d’occhio e
si bloccò di colpo di fronte all’amica,
sbattendo le palpebre a più mandate.
“Cavolo!” gridò, girando a trecentosessanta gradi attorno a lei. “Ma che ti
sei messa? Sei in tiro, stai proprio bene
vestita così… ma… perché?”
Matilde arrossì e abbassò gli occhi a
terra. Lisa fece scorrere ancora lo
sguardo sull’abbigliamento dell’amica.
Indossava un top nero a pailettes dorate
sopra ad una minigonna di jeans a vita
bassa, che lasciava ben in vista
l’ombelico, provvisto di un piccolo
piercing argentato.
“E tu la lasci andare in giro così?”
chiese Lisa a Gianni, facendogli
l’occhiolino. “Se fossi in te sarei geloso,
oggi è veramente strepitosa, non credi?”
Gianni, un ragazzo robusto e con la
pelle perennemente abbronzata (Lisa
era convinta che facesse lampade anche
in inverno, pur di mantenere la tintarella), la fulminò con uno sguardo truce e
fece spallucce.
“Non mi dà fastidio, proprio per
niente” le rispose, con tono seccato.
“Anzi, se gli altri la guardano, vuol dire
che ho scelto proprio bene!”
Lisa pensò ancora una volta che
Gianni era davvero un tipo insopportabile, con i suoi modi da so tutto io e
l’aria di chi è interessato solo a mantenersi i muscoli in palestra, utilizzando
poco il cervello.
“Dai, smettetela!” intervenne Matilde, ancora rossa in viso, sistemando
gli occhiali sul naso. “Sai benissimo che
nel giorno del compleanno di mia madre sono particolarmente euforica, perché le voglio un sacco di be…”
Si interruppe, fissando Lisa con ansia e tappandosi in fretta la bocca con
entrambe le mani.
“Nessun problema, sta tranquilla” le
rispose Lisa, accennandole un sorriso.
“Tanto mia mamma è…”
“Ancora viva?” si trovò a pensare.
“Ma che cavolo sto dicendo? Mamma è
morta con papà in un incidente aereo
quando io avevo appena sei anni. Oggi
è proprio una giornata strana, io stessa
mi sento molto strana.”
“Lisa, che c’è?”
La voce di Matilde la scosse da quei
pensieri inquietanti e la costrinse a rimettere in fretta i piedi per terra.
“Niente, niente, è tutto a posto.
Dimmi invece di tua mamma, è rimasta
contenta del regalo?”
“Molto, direi” le rispose l’amica,
elargendole un ampio sorriso. “Il libro
della Kinsella le è piaciuto un casino!
Abbiamo scelto bene, ed ero così felice
che ho deciso di tirarmi un po’ su.”
“Un po’?” la interruppe Lisa, scuotendo la testa. “Sembri una Bratz, non te
ne sei accorta?”
Matilde si osservò criticamente.
“Beh, forse ho un po’ esagerato, ma
oggi va bene così! Ora vogliamo entrare
nel negozio, o restiamo qui fuori a
mummificarci?”
“Sì,
sbrighiamoci”
intervenne
Gianni, afferrando Matilde per un gomito. “Devo prendere l’ultimo dei Rolling
Stones, andiamo!”
“Bleah! Io preferisco Robbie Williams.” commentò Matilde, aprendo la
porta del negozio.
“E io la Lopez!” esclamò Lisa,
guardandosi attorno. Continuava ad essere circondata da un gruppo numeroso
di ragazzi in fermento e la cosa stava
cominciando ad infastidirla.
“Balla da Dio ed è così che io vorrei essere.”
“Ma che dici, sei ammattita?” disse
Matilde, avvicinandosi alla prima fila di
CD. “Sei la ragazza più carina della
scuola, di che ti lamenti?”
“Sono troppo alta e magra” brontolò
Lisa, facendo spallucce e osservando di
sbieco un gruppo di ragazzi che li stava
accerchiando. “Ma insomma, che cavolo succede oggi?”
“Eh? Che vuoi dire?” chiese Matilde che, quando si voltò, notò un gran
fermento attorno a loro e si avvicinò
d’istinto a Gianni, tutto intento a fissare
l’angolo del Rock.
“Forse è meglio spostarci.” sussurrò
Lisa all’amica, che cominciava ad essere preoccupata e era impallidita.
Gianni invece non si era ancora accorto di nulla. Aveva tentato di allontanarsi da Matilde, ma era stato bloccato
da quest’ultima che lo aveva afferrato
per un braccio, strattonandolo.
“Fermo, guardati attorno, non vedi
che siamo circondati?” gli disse con voce piccola, mentre Lisa, più alta dei suoi
due amici, stava cercando una scappatoia per uscire dal negozio.
“Ma che è tutta questa gente?” chiese Gianni che finalmente aveva notato il
folto gruppo di ragazzi che si stringeva
sempre più addosso a loro. “Che vogliono?”
“Ridammela!”
esclamò
Lisa
all’improvviso, dopo che un ragazzo
incappucciato le aveva sfilato la catenina dal collo. “Ladro schifoso, torna
qui!”
Per tutta risposta venne afferrata saldamente per le braccia da uno dei ciclisti
che aveva incontrato per la strada e che
la spinse verso uno sgabuzzino.
“Non toccarmi!” ringhiò Gianni,
cercando di liberarsi dalla stretta di due
spilungoni. “E togliete le mani dalla mia
ragazza, o vi prendo a calci nel sedere!”
Lisa cercò di attirare l’attenzione
della cassiera e degli altri commessi, ma
nessuno sembrò accorgersi del gruppo
di giovanotti che li stava trascinando,
con non poco trambusto, verso lo sgabuzzino posto in fondo al negozio.
Matilde e Gianni vennero spinti
all’interno della piccola stanza senza
troppi complimenti e la stessa sorte toccò a Lisa che si avvicinò agli amici col
cuore in gola e brividi di paura che le
scorrevano lungo il filo della schiena.
“Ma che volete?” chiese, cercando
di non far trapelare il terrore dal tono
della voce. “Fateci uscire, e subito!”
“Sì, e vi conviene farlo in fretta!”
gridò Gianni, liberandosi con un gran
strattone dalla stretta dei due spilungoni. “Chi devo cominciare a prendere a
pugni?”
“Dai, calmati” gli sussurrò Matilde,
tremando da testa a piedi. “Ora ci… ci
daranno sicuramente una sp… spiegazione, ne… so… sono sicura…”
Lisa sospirò profondamente e si
parò dinanzi ai due amici. Le girava la
testa e sentiva le gambe molli, però non
voleva dare a vedere di essere del tutto
terrorizzata.
“Ciao, amore mio, stai calma, non
preoccuparti.”
Lisa riconobbe immediatamente
quella voce e si girò di scatto, fissando
il ragazzo nei scintillanti occhi verdi.
Teneva tra le dita il ciondolo, ma lo
spostava in continuazione da una mano
all’altra, come se scottasse. Abbassò il
cappuccio dalla testa e le sorrise.
“Barty, ma… ma che ci fai tu qui?”
L’aveva chiamata amore, pensò,
mentre gli parlava. Ok, si erano baciati,
ma amore non era forse una parola
troppo grande per un rapporto che non
era ancora stato ufficialmente avviato?
“Devo portarvi via, tutti e tre, ora!
Non c’è tempo da perdere.”
“Po… portarci via?” chiese Matilde,
balbettando e stringendosi a Gianni.
“Ma che dici? Ma tu… tu chi sei?”
“Chi sono lo scoprirete a breve” rispose Bartolomeo, avvicinandosi a Lisa
che si ritrasse d’istinto, guardando i ragazzi che li circondavano. “Non dovete
avere paura, noi siamo qui per proteggervi.”
“Proteggerci?” sbraitò Gianni, rosso
in viso e con le vene del collo gonfie
per la rabbia. “Si può sapere che cavolo
succede?”
In quell’istante la porta d’ingresso
si spalancò e entrò un altro spilungone
che si precipitò da Bartolomeo con aria
visibilmente preoccupata.
“Generale, stanno arrivando” disse,
osservando la porta d’ingresso. “Dobbiamo andarcene, e in fretta.”
“Generale?” chiese Lisa, sbarrando
gli occhi e fissando Bartolomeo con aria
stralunata. “Chi sta arrivando, co…”
Ma non riuscì a terminare la frase.
Fu avvolta dal buio più totale e provò
una forte sensazione di nausea, che terminò nell’istante in sui si trovò col naso
schiacciato a terra, su quella che sembrava erba.
Si sentì afferrare saldamente da più
mani e riuscì a malapena a scorgere una
roccia posta su una piana verdeggiante,
quando ripiombò nel freddo buio e fu
assalita nuovamente dalla nausea per
secondi che le parvero sembrare
un’eternità.
Quando riaprì gli occhi, sputò dalla
bocca ciuffi d’erba e gridò, mettendosi a
sedere. Il prato era blu. Alzò gli occhi e
gridò nuovamente. Il cielo era verde.
Roteò il capo a destra e a sinistra e vide
Gianni e Matilde che, pallidi in volto e
frastornati, venivano aiutati a rialzarsi
da due dei spilungoni che li avevano
accerchiati al negozio. Già, al negozio… ma dove erano capitati? Che era
successo?
Lisa
si
accorse
in
quell’istante di aver un forte mal di testa
che le stava spaccando il cranio in due,
mentre la nausea non le era ancora passata del tutto.
“Stai bene?” le sussurrò Bartolomeo
all’orecchio, cercando di aiutarla ad alzarsi.
Lisa prima lo fulminò con lo sguardo e poi gli si avventò contro, afferrandolo per la maglietta di cotone e tentando di colpirlo con un pugno. Una mano
forte cinse la sua e la obbligò a girare il
viso di lato, per guardare in faccia chi
aveva osato fermarla.
“Ma… Marcus?” balbettò, lasciando la presa su Bartolomeo, che si sistemò alla meglio la maglietta dentro i jeans logori e sbiaditi. “Che ci fai qui?
Dove siamo? E dov’è mia zia?”
“Risponderò presto alle tue domande” le rispose Marcus, sorridendole (lei
si sentì svenire). “Però ora devi venire
con me. Anna vi sta aspettando al Palazzo Reale.”
“Reale?” chiese Lisa, fissando i due
amici che sembravano aver ripreso un
po’ di colore.
All’improvviso sentì la nausea risalirle dalla bocca dello stomaco alla gola
e vacillò, prontamente sostenuta da Bartolomeo, il quale le restituì la catenina.
Immagini sempre più nitide le scorsero nel cervello, finché i ricordi le
scoppiarono in testa, facendola quasi
urlare per il dolore.
Socchiuse gli occhi e strinse i pugni, mentre il ciondolo si illuminava di
un’intensa luce argentata.
“Ok, è proprio arrabbiata.” farfugliò
Bartolomeo, mentre si massaggiava il
didietro dolorante.
Lisa riaprì gli occhi in quell’istante
e si guardò attorno più volte. Poi, dopo
aver inspirato una gran boccata d’aria,
si rizzò in tutta la sua notevole altezza e
fissò Marcus diritto negli occhi.
“Voglio sapere che sta succedendo”
chiese, a denti stretti. “Mi avete rimosso
i ricordi e questo proprio non mi va giù.
Inoltre, se sono di nuovo qui, nel Regno
Elfico, significa che le cose non stanno
andando come dovrebbero.”
Spostò quindi lo sguardo su Bartolomeo e si trattenne dal precipitarsi da
lui per gettargli le braccia al collo. Era
troppo arrabbiata e lo fulminò con uno
sguardo saettante.
“Con te farò i conti dopo” gli disse,
agitandogli contro un pugno. “Allora?
Chi mi spiega perché sono rientrata così
in fretta?”
Nessuno osò risponderle. Ma il gelo
che provò in quel momento fu più eloquente di mille parole.
6.
Una dura verità
“No, ancora qui, non è possibile!”
gridò Matilde, aggrappandosi a Gianni.
“Voglio tornare a casa, e subito!”
Lisa si voltò verso l’amica e la vide
in lacrime, mentre si guardava attorno
con gli occhi sbarrati. Tremava, visibilmente terrorizzata. Lisa non poteva
darle torto, infatti, pochi mesi prima, era
stata rapita proprio in quel regno da Paolo, il figlio del Nero Signore, che
l’aveva tenuta segregata per qualche ora
nelle prigioni del Palazzo del Picco Oscuro.
Sebbene la sua fosse stata una breve
prigionia, Matilde ne era uscita comunque altamente scioccata e sicuramente
ben poco incline a rimettere piede nel
Regno Elfico.
“Si può sapere perché cavolo siamo
ritornati in questo posto?” sbraitò Gianni, agitando un pugno verso il Generale
Marcus, mentre con l’altro braccio reggeva Matilde che non aveva ancora
smesso di tremare.
Marcus lo guardò con aria sprezzante e gli si piazzò di fronte ad una tale
velocità che Gianni si vide costretto ad
indietreggiare, piegando il capo
all’indietro per poterlo guardare in viso.
“Credi forse di farmi paura?” gli
gridò addosso, rosso per la rabbia. “Solo perché sei alto e sei un Generale,
pensi di poter terrorizzare chi ti pare e
piace? Beh, con me non funziona, bello!”
Marcus lo fulminò con lo sguardo e
Lisa poté giurare di aver scorto un lampo di disagio negli occhi di Gianni, che
comunque non era facilmente impressionabile.
“Magari non avrai paura di me, giovane Uomo” gli rispose il Generale con
tono pacato. “Ma potresti averne di
fronte agli Elfi Neri che vi stanno cercando per porre fine alle vostre vite.”
“Co… come? Co… cosa?” sussurrò
Matilde, sollevando appena il viso dal
petto di Gianni . “Ma non vi eravate liberati di tutti loro?”
“Le spiegazioni le avrete dopo, al
Palazzo Reale.” intervenne Bartolomeo,
avvicinandosi a Lisa con cautela (temeva infatti di ricevere scappellotti in
qualche parte del corpo e l’idea non lo
attirava molto).
“No, le vogliamo ora, carino, e subito!” sbraitò ancora Gianni, alzandosi
in punta di piedi per guardare Bartolomeo oltre le spalle di Marcus. “Credo
che ci siano dovute, o sbaglio?”
“Certo che vi sono dovute” continuò Bartolomeo, fissando Gianni con
ostilità. “Però, come ho GIA’ DETTO,
le avrete una volta arrivati al Palazzo
Reale.”
“Col cavolo!” ringhiò Gianni, allontanando da sé Matilde, per avventarsi su
Bartolomeo.
Gli si gettò contro e lo spinse a terra, mentre cercava di colpirlo con i pugni.
“Gianni, fermo, che fai?” urlò Lisa,
fissando la scena con evidente stupore e
con un pizzico di apprensione.
In effetti non era tanto preoccupata
per Bartolomeo, quanto per Gianni che
in pochi secondi si ritrovò a pancia in
giù sull’erba, mentre l’Elfo, seduto a
cavalcioni sopra di lui, lo teneva bloccato con aria indubbiamente scocciata.
“Non ho tempo di bisticciare con
te” gli sussurrò all’orecchio, a denti
stretti. “Dovresti invece ringraziarci per
aver salvato la tua pelle e quella della
tua ragazza. Sei un ingrato!”
“E lasciami andare!” brontolò
Gianni, sputando ciuffi di erba blu. “Ho
capito, ma ora puoi spostare il tuo cadavere dal mio corpo? Mi stai rovinando
la maglia, accidenti a te, mi è costata
una cifra!”
Bartolomeo lo guardò scuotendo il
capo e si rialzò, sbattendosi la polvere
dai jeans slavati e fissando Lisa che, nel
frattempo, le si era avvicinata.
Lei lo puntò per bene nei grandi occhi verdi come l’acqua di un lago di
montagna, e l’amore che provava per lui
le scoppiò in petto con la potenza di una
bomba micidiale. Gli gettò le braccia al
collo e, noncurante dei presenti, lo baciò con foga, facendolo barcollare.
Le labbra di Bartolomeo erano calde e morbide e Lisa pensò che non avrebbe mai più voluto staccarsi da lui e
dalle sensazioni sconvolgenti che stava
provando in quel momento.
“Però ti ha ingannata, in questi mesi.” gracchiò una vocina stridula dentro
di lei, che la fece sobbalzare e la obbligò ad interrompere quell’idilliaco contatto.
Si staccò da Bartolomeo e lo fissò
negli occhi ancora ardenti di desiderio,
poi si allontanò un po’ da lui e, con tutta
la forza che aveva in corpo, gli sferrò un
sonoro calcio agli stinchi.
Bartolomeo trattenne il respiro e si
afferrò la gamba destra, saltellando su e
giù come una molla, sotto lo sguardo
colmo di esasperazione del Generale
Marcus.
“Lo sapevo, lo sapevo, accidenti”
mormorò, mordendosi le labbra. “Mai
fidarsi delle femmine arrabbiate!”
“Hai finito di fare lo sbruffone?”
intervenne Marcus, afferrandolo per una
spalla. “Abbiamo un compito ben preciso da compiere e tu te ne stai qui a perdere del tempo prezioso.”
“Veramente è stata lei che…”
“Abbiamo visto tutti cos’è successo,
grazie” lo interruppe Marcus, scrutandolo con attenzione. “Ma una cosa del
genere non dovrà accadere mai più, così, davanti a tutti. Devi essere cauto, ora
che le cose sono cambiate.”
Lisa raggelò. Aveva utilizzato i suoi
sensi elfici per poter meglio percepire
ciò che si erano bisbigliati Marcus e
Bartolomeo e, dopo quelle parole, la fastidiosa sensazione che aveva provato al
suo rientro in quel Regno le aveva nuovamente riempito il cuore, serrandolo in
una morsa di gelo.
Fissò per qualche istante Gianni e
Matilde, stretti uno all’altra, per capire
se anche loro avevano udito la conversazione tra i Generali, ma, dopo aver
intuito che i due erano del tutto
all’oscuro di quell’ultimo sviluppo, si
avvicinò a Bartolomeo, afferrandolo per
un gomito.
Lui trasalì a quel contatto e si girò
verso di lei, con aria preoccupata.
“Lasciami” le sussurrò, fissandola
con intensità negli occhi impauriti. “Ti
prego.”
Lisa ricambiò il suo sguardo ma
non mollò la presa.
“Non ti colpirò ancora” gli disse,
con tono seccato. “Però esigo delle
spiegazioni.”
Lisa vide Bartolomeo irrigidirsi e
socchiudere gli occhi.
“Lasciami” continuò lui, con la voce impastata. “Non puoi capire, devi allontanarti subito da me…”
Lisa sgranò gli occhi per qualche
istante e urlò con tutto il fiato che aveva
in gola. Le ginocchia le cedettero e si
ritrovò a terra, sorretta da Bartolomeo,
con le lacrime che le solcavano il viso e
le ricadevano sul ciondolo con un tintinnio quasi assordante.
Gianni e Matilde si precipitarono da
lei, ma furono nuovamente fermati da
Marcus che li trasse in disparte, cercando di tranquillizzarli.
Alcuni Elfi presenti si guardarono
con aria interrogativa, ma altri avevano
intuito ciò che era appena accaduto.
Bartolomeo cercò di abbracciare
Lisa, ma lei lo respinse, rialzandosi in
piedi, sempre barcollante e con la vista
annebbiata dalle lacrime che non cessavano di riempirle gli occhi.
“Bartolomeo, cos’è successo?” gridò Marcus, impegnato a trattenere
Gianni. “Ha capito?”
“Sì purtroppo, ma non è stata colpa
mia” si scusò lui, tentando ancora di
avvicinarsi a Lisa, che era crollata nuovamente a terra, in ginocchio, e singhiozzava con il viso nascosto tra le
mani. “Quando mi ha toccato è entrata
in contatto empatico con me.”
“Dannazione!” urlò Marcus, con gli
occhi fuori dalle orbite. “Tu e i tuoi poteri! Avanti, portiamola subito al Palazzo Reale, lì parlerà con la zia!”
“Parlare di cosa?” chiese Gianni,
che cercava inutilmente di liberarsi dalla possente stretta di Marcus. “DI COSA?”
Ma non ottenne risposta. In pochi
istanti lui e i presenti furono nuovamente inghiottiti dal buio e Lisa percepì
l’usuale sensazione di nausea che caratterizzava la scomposizione molecolare.
Riaprì gli occhi solo quando sentì
sotto i piedi il pavimento duro e freddo
del Palazzo Reale. Bartolomeo l’aveva
abbracciata, ma lei non aveva alcuna
intenzione di arrendersi a quella dimostrazione d’affetto.
“Lasciami!” gridò, alzandosi in piedi.
Aveva la testa che le girava vorticosamente e il respiro corto.
“Non voglio il tuo aiuto! Anche tu
mi hai tradita, come tutti voi! Prima mi
avete rimosso i ricordi, poi mi avete fatto perdere mia madre… non vi perdonerò mai, MAI!”
“Lisa, per favore.” sussurrò Bartolomeo, allungando una mano verso di
lei.
“VIA!” urlò ancora, rossa in viso e
col cuore che le martellava in gola.
Il
ciondolo
si
illuminò
all’improvviso e scagliò Bartolomeo a
terra, il quale, rialzandosi a fatica, la
guardò con aria carica d’ansia e di preoccupazione.
“Lisa, ma che sta succedendo, cos’è
successo?” le chiese Matilde che, scossa
da tremiti incontrollabili, era ancora at-
taccata ad un Gianni visibilmente scocciato e infuriato.
“Mia madre… mamma è morta!”
urlò lei con tutto il fiato che aveva in
gola.
Vide Matilde accasciarsi tra le braccia di uno sbigottito Gianni e Marcus
passarsi nervosamente una mano tra i
lunghi capelli argentati.
Ma in quell’istante a Lisa Marcus
sembrò brutto e insopportabile. In effetti odiava tutti, ogni singolo Elfo che non
era riuscito a proteggere la loro Signora.
Con una rabbia che stava montando
sempre più furiosamente in corpo, si
scagliò contro Bartolomeo e lo fissò diritto negli occhi tristi, afferrandolo per
la maglia.
“Allora perché mamma non c’è più?
Cos’è successo? Lo VOGLIO SAPERE,
ORA!”
“Lisa, non sarò io a dirtelo” le rispose Bartolomeo in un sussurro. “Tua
zia ti sta aspettando nel salottino.”
“NO! TU ME LO DEVI DIRE SUBITO! SONO STUFA DEI VOSTRI
GIOCHETTI! BASTA, FINITELA
TUTTI QUANTI DI PRENDERMI IN
GIRO!”
“Li… Lisa… cerca... di ca… calmarti” balbettò Matilde, singhiozzando.
“Così ti fai… solo… del… male.”
Ma Lisa non la stava ascoltando.
Una fitta insopportabile le trapanò la
testa, facendola quasi urlare dal dolore.
La vista le si annebbiò e la luce si
spense attorno a lei, calandola nel più
buio degli oblii.
7.
Luca
“Tesoro, svegliati!”
Lisa sbatté più volte le palpebre e
riaprì lentamente gli occhi.
“Ma… mamma? Sei tu?” sussurrò
con voce roca, mentre le lacrime le rigavano il viso pallido ed emaciato.
“No, cara, sono la zia.”
A quelle parole Lisa si drizzò a sedere sul divano dove era stata stesa da
Bartolomeo quando aveva perso i sensi
e guardò Anna con gli occhi colmi di
lacrime.
“Tu eri d’accordo con gli Elfi che
mi hanno rimosso la memoria e non hai
alzato un dito per impedirlo!”
Anna ricambiò il suo sguardo con
infinita tristezza e le avvicinò una mano
per accarezzarle i capelli, ma Lisa si
scostò con un rapido cenno del capo, le
labbra tremanti per la rabbia, gli occhi
gonfi ed arrossati.
La zia riabbassò la mano e sospirò,
schiarendosi la voce.
“Era necessario, tesoro mio, non
avevamo scelta. Avevi vissuto esperienze troppo forti e sconvolgenti per una
ragazza delle tua età ed eravamo seriamente preoccupati per il tuo stato mentale…”
“Per il mio cosa?” la interruppe Lisa, tirando su col naso. “Ma dico, voi
siete quelli che hanno qualche problema
di testa, non io! Vi rendete conto di
quello che avete fatto a me e ai miei amici? Zia, mi avete sottratto il ricordo
di mia madre per questi mesi e ora non
potrò… non potrò rivederla mai più…
mai più!”
Scoppiò in lacrime, afferrando la
testa con le mani.
“Non è giusto!” proseguì, lasciando
che il dolore atroce che provava in quel
momento prendesse del tutto il sopravvento sulle altre emozioni. “L’avevo
ritrovata e ora l’ho persa definitivamente. E nessuno si è preso la briga di spie-
garmi che le è successo… mi trattate
come una bambina, non ne posso più di
questo vostro atteggiamento, basta, sono stufa!”
Anna trattenne una lacrima che stava per scivolarle dal viso e le appoggiò
una mano sui capelli. Questa volta Lisa
non si ribellò. Il dolore che le stringeva
il petto era riuscito a smorzare, in parte,
la furia che si era impossessata di lei e
che l’aveva resa cieca anche di fronte
all’amore di Bartolomeo.
“Hai ragione” le sussurrò Anna, con
voce piccola. “Ormai sei un’adulta e ora
grosse responsabilità pesano sul tuo capo, quale nuova Signora degli Elfi.”
Lisa ingoiò a fatica la saliva e guardò la zia attraverso il velo delle lacrime.
“Io… io non voglio essere la nuova
Signora degli Elfi, voglio riavere mia
madre, la voglio accanto a me, qui, ora.”
“Sai che questo non è possibile”
continuò Anna, accarezzandole il viso.
Anche questa volta Lisa non si ribellò,
ma assaporò il tepore del tocco delle
mani della zia che le ricordavano quelle
della madre. “E tu non puoi ribellarti al
tuo destino, sei di diritto la nuova Signora degli Elfi e la tua vita, da questo
momento in poi, non potrà più essere
quella che hai vissuto finora. Ma decideremo più avanti il da farsi, ora abbiamo faccende molto più importanti e
urgenti da risolvere.”
“Voglio vederla” mormorò Lisa,
cercando di riprendere il controllo delle
proprie emozioni. “E voglio sapere chi
l’ha uccisa. Mi occuperò personalmente
di lui, o di lei.”
Anna si alzò in piedi e prese a misurare la stanza a grandi passi, torcendosi
le mani.
“Tua madre non è stata uccisa” le
rispose, cercando di mantenere un tono
pacato. “Si è sacrificata per un bene supremo, per salvare la vita a tutti gli esseri viventi, dell’intero Universo.”
Lisa balzò in piedi a sua volta e si
diresse rapidamente dalla zia, afferrandola per entrambe le braccia.
“Ma che dici? Che significa che si è
sacrificata? Cos’è successo in questi
mesi di tanto grave da costringere mia
madre a cercare la morte? Per favore,
parla!”
“Mamma si è sacrificata per me, per
ridarmi la vita.”
Lisa rabbrividì e percepì ancora lo
stesso gelo che l’aveva avvolta quando
era rientrata nel Regno Elfico.
Quella voce l’aveva già sentita, ma
la sua mente si rifiutava di collegarla
alla persona alla quale aveva pensato in
quell’istante. Si girò rapidamente e
strabuzzò gli occhi di fronte a suo fratello che stava avanzando verso di lei.
“Luca, tu qui, non è possibile!” farfugliò, guardandolo da cima a piedi.
“Non sei un fantasma, sei… sei vivo…
Ma perché… perché…?”
Lui l’abbracciò e Lisa, dopo un
primo istante di stupore, si accasciò tra
le sue braccia dando libero sfogo alle
lacrime e al turbinio di emozioni che le
scuotevano l’animo con la forza del più
violento degli uragani.
8.
Nel Regno delle Paludi
“Mia cara Lucilla, il momento è arrivato.”
Il Generale Guglielmo scandì per
bene le parole, fissando la piccola donna Umana con i suoi terrificanti occhi
bionici, completamente bianchi e privi
di pupille.
Lucilla, in piedi accanto allo stipite
della porta della camera che la teneva
prigioniera da qualche mese, si appoggiò al muro per non cadere a terra e
socchiuse gli occhi, permettendo a timide lacrime di solcarle il viso pallido e
smunto.
Era una donna minuta, piuttosto
bruttina, con sottili occhi scuri e capelli
diritti e neri che non aveva più pettinato
dal giorno in cui era stata rinchiusa nel
Palazzo del Regno delle Paludi.
Lucilla appariva, agli occhi dei più,
un essere del tutto insignificante, ma
serbava dentro di sé uno spiacevole e
ingombrante segreto. Era stata la sposa
del Nero Signore degli Elfi e la madre
di Paolo, cioè Elia, che aveva ucciso il
padre e tentato di appropriarsi del ciondolo di Lisa per ottenere l’assoluta immortalità.
Lucilla era stata rapita proprio dal
figlio e condotta al Picco Oscuro, perché la volontà del Nero Signore era
quella di riunire la famiglia, una volta
per tutte.
Ma le cose non erano andate proprio come lui aveva progettato e la donna era stata trascinata, sempre contro la
sua volontà, all’orrido e inquietante Regno delle Paludi, dove era stata segregata per ordine del terrificante Generale
Guglielmo.
“Donna, hai capito quello che ti ho
detto?” continuò il Generale, entrando
nella stanza e richiudendo la porta dietro di sé. “Tra poco tuo figlio sarà libero, non ne sei contenta?”
Lucilla sbarrò gli occhi e piegò il
capo in avanti, per fissare i propri piedi
che tamburellavano nervosamente sul
freddo pavimento della camera.
“E’ mio figlio, certo che sono contenta se uscirà di prigione” rispose, in
un flebile sussurro. “Però il mio cuore
mi dice che non dovrebbe essere scagionato, perché, una volta libero, potrebbe commettere le nefandezze di cui
si è già macchiato pochi mesi fa… credo che non riuscirei a sopportarlo ancora, ne morirei.”
“Ah! Povera Lucilla! Povera, sciocca donna Umana!” la canzonò Guglielmo, afferrandola per un braccio per gettarla su una sedia. “Il cuore, il cuore…
cosa vuoi saperne tu del cuore? Un essere insignificante come te, di cui quasi
tutti ignorano l’esistenza, come può
pensare di poter provare qualcosa per
qualcuno, anche se è il proprio figlio,
che probabilmente ti detesta come ha
detestato suo padre? Ma non capisci
quanto sei stupida e inetta? Non servi a
nulla e nessuno ti piangerà, se ti dovesse accadere qualcosa.”
“Ti sbagli! Mio figlio mi vuole bene, ne sono sicura” mormorò, singhiozzando. “Lui non mi farà del male, mai!”
“Quindi sei anche ingenua” continuò il Generale, afferrandola per i capelli, per guardarla diritta negli occhi
cerchiati da profonde occhiaie. “Vuoi
sapere come andrà a finire, a mio parere? Lui ti sopporterà per qualche tempo
e quando capirà quanto sei inutile e orrida ti pianterà un coltello nella schiena,
ecco quello che accadrà, fidati di me, ho
parecchia esperienza nel settore.”
“No, ti sba… sbagli, lui ora ha solo
me, non ha più nessuno, ormai…”
“Certo che non ha più nessuno!” la
interruppe il Generale, scuotendole con
forza la testa, tanto da farla gemere.
“Gli abbiamo ucciso i genitori adottivi,
abbiamo dovuto farlo, quelli potevano
spifferare tutto da un momento all’altro,
poveri, inutili esseri!”
L’Elfo strinse ancora di più la morsa attorno ai suoi capelli e Lucilla, raccolta una gran dose di coraggio, gli sputò in un occhio, anche se tremava da testa a piedi.
Quell’atto colse il Generale del tutto
alla sprovvista. Con aria schifata alzò
una mano per pulirsi la sfera bianca che
aveva la pretesa di assomigliare ad un
occhio, poi inspirò profondamente e
colpì Lucilla al viso, con una violenza
tale da gettarla a terra, a pancia in giù.
Lei sentì il sangue schizzarle dalle
labbra per gocciolare sul pavimento,
formando una macchia che andava via
via ingrandendosi sotto il suo sguardo
esterrefatto.
Cercò di mettersi in ginocchio, ma
venne schiacciata a terra da un piede del
Generale che la bloccò, impedendole
quasi di respirare. Provò una fitta terrificante alla cassa toracica e capì che
probabilmente qualche costola si era
fratturata, sotto la spinta incessante che
l’Elfo continuava ad esercitare sulla sua
schiena.
“Ne hai abbastanza, orrido essere
insignificante?” le sussurrò il Generale
all’orecchio. “Allora, ne hai abbastanza?”
Lei, gemendo e singhiozzando, annuì lentamente con la testa e lui la trasse
rapidamente in piedi, lanciandola sul
letto.
Lucilla trattenne un grido di dolore
e si distese sul materasso, col corpo
tremante, poggiando le mani sulle costole che le impedivano di respirare.
“Quando mio figlio saprà quello che
mi hai fatto, te la farà pagare.” riuscì a
sussurrare, mentre il sangue continuava
a gocciolare dalla labbra, tingendo di
rosso il cuscino.
“Non credo proprio. Rimarrà un nostro segreto, vero? In caso contrario, se
tu decidessi di rivelargli l’intenso incontro che abbiamo avuto oggi, io potrei
anche decidere di liberarmi di lui, senza
alcun rimorso. E lo sai che ne sarei capace, vero?”
Lucilla socchiuse gli occhi e sputò
il sangue di lato, cercando di respirare
lentamente, in quanto ogni movimento
del torace le procurava fitte sempre più
lancinanti e insopportabili.
“Ora ti farò curare da uno dei nostri
Elfi Stregoni” continuò il Generale, avvicinandosi alla porta della camera. “Ti
rimetterà subito in forma, così, quando
il tuo caro figlio sarà libero, non avrà
alcun dubbio sul tuo ottimo stato di salute! E, a tal proposito, verrai trasferita
nelle stanze che un tempo erano appartenute alla Madre, così quando incontrerai Elia gli dirai che ti è stato riservato il
migliore dei trattamenti. Ricordati quanto ti ho detto prima, ne va della vita di
tuo figlio.”
Lucilla, con uno sforzo immane,
riuscì ad alzare il busto quel tanto che le
bastava per riuscire a guardare il Generale mentre afferrava la maniglia della
porta.
“State sbagliando, non potete, non
potete liberare la Madre! Lei distruggerà ogni cosa e ci ucciderà tutti quanti,
senza rimorsi o pena. Sarà la fine.”
Si interruppe e tossì, inspirando una
grossa fetta d’aria per consentire ai
polmoni di funzionare ancora. Grosse
lacrime le solcarono il viso, mescolandosi al sangue che non cessava di bagnarle il collo in una scia calda e continua.
“Sappiamo perfettamente quello che
stiamo per compiere” disse il Generale,
guardandola con aria divertita. “E una
piccola Donna inetta come te non deve
permettersi di ficcare il naso in affari di
cui non potrebbe mai capire nulla,
nemmeno se ci provasse per altri cento
anni. Quindi zitta, intesi?”
Lucilla si lasciò nuovamente cadere
sul materasso, tremando incessantemente. “Aiutami, non lasciarmi così, fa male” lo implorò, balbettando. “Non resisto più, basta.”
Lui la guardò con aria schifata e uscì dalla camera, sbattendo la porta dietro di sé.
Quando fu del tutto sicura che il
Generale si era allontanato dalla sua
stanza, Lucilla si mise a sedere agilmente sul letto e si riassettò i capelli, pulendo le labbra con il bordo del lenzuolo.
Si alzò in piedi e si diresse verso lo
specchio, lisciando la gonna che si era
stropicciata durante l’aggressione. Pensò che l’Elfo possedeva una notevole
dose di malvagità e che le sarebbe
senz’altro dispiaciuto doversi liberare di
lui, quando i tempi sarebbero diventati
maturi. Tutto stava andando perfettamente secondo i suoi piani.
9.
L’Antico Codice
Lisa, immersa nell’abbraccio di Luca,
provava un turbinio di emozioni che
non le consentivano di pensare in modo
lucido.
Era costernata e al settimo cielo per
il ritorno del fratello, ma nello stesso
tempo provava una sorta di repulsione
nello stringere un corpo che fino a poche ore prima giaceva immobile in una
bara, ben protetto dalla terra del Bosco
delle Querce.
Inoltre, il ritorno di Luca aveva causato la morte della Signora degli Elfi,
per cui come poteva sentirsi del tutto
felice, dopo aver perso la persona di cui
aveva sentito di più la mancanza negli
ultimi dieci anni della sua vita?
Angosciata da questi oscuri e tristi
pensieri, allontanò da sé il fratello e
balzò rapidamente in piedi. Si rifugiò in
un angolo del salottino e alzò le mani
davanti a sé, lasciando intendere a Luca
che non gli era consentito avvicinarsi
ancora a lei, almeno per quel momento.
“Non devi avere paura di me, Lisa.
Guardami, sono qui, il mio corpo non è
più carne per i vermi.”
A quelle parole lei rabbrividì e provò ancora più repulsione nei suoi confronti.
“Ops” mormorò lui, grattandosi la
fronte con aria pensierosa. “Zia, aiutami, per favore!”
Anna trasse un profondo respiro e si
avvicinò alla nipote che indietreggiò,
andando a fermarsi contro la parete della stanza.
“Lisa, tesoro” le disse, allungando
una mano verso di lei. “Tuo fratello è
rinato, ora possiede un corpo nuovo che
non ha niente a che vedere con quello
che abbiamo seppellito. Era questo che
intendeva dirti, non devi avere paura di
lui, va bene?”
Lisa spostò lo sguardo dalla zia a
Luca e si massaggiò le tempie. La solita
emicrania le danzava nella testa da un
lato all’altro del cervello e si sentiva
prossima ad una crisi isterica.
“Va bene, va bene, ora mi… mi
calmo.” sussurrò, ingoiando una lunga
sorsata d’aria.
Socchiuse gli occhi per qualche istante, si riavviò i capelli scompigliati e
sedette sul divano accanto a Luca. Lo
fissò nei brillanti occhi azzurri. Assomigliava molto a Marta, della madre
possedeva gli stessi lineamenti dolci ma
decisi e lo stesso colore dei capelli che
gli arrivavano diritti e sottili fino alle
spalle.
Luca le sorrise ma lei mantenne le
distanze. Si chiese come, poco prima,
fosse riuscita a tuffarsi tra le sue braccia, perché ora pensava solo al fatto che
se lui era in quella stanza, in quel momento, lo doveva unicamente al sacrificio della Signora degli Elfi.
Chinò il capo a terra a fissare il pavimento di legno, e con la coda
dell’occhio vide la zia che le si avvicinava, per poi sedersi tra lei e Luca.
“Ora mi devi ascoltare, tesoro, e attentamente” le sussurrò, fissandola diritta negli occhi. “E’ arrivato il momento
che tu conosca tutta la verità.”
“Ti ascolto.” rispose Lisa, tirando
su col naso e sedendo più comodamente
sul divano.
“Bene. Allora, devi sapere che migliaia di anni fa visse una femmina Elfo
di nome Silvia che aveva stretto una
profonda amicizia con tua madre, tant’è
vero che le due trascorrevano molto
tempo in compagnia. Ricordo perfettamente, come se fosse ieri, le risate che
salivano alle labbra di Marta, quando
Silvia decideva di rasserenarla dopo una
dura giornata di regno. Quest’ idillio
durò fino al giorno in cui Silvia non
chiese a tua madre di poter regnare accanto a lei, così, le disse, suggelleremo
del tutto la nostra sacra amicizia e vivremo sempre una accanto all’altra.
Tua madre, che non era stupida, subodorò subito un inganno nascosto dietro
quelle dolci parole e naturalmente negò
all’amica quanto le era stato chiesto…”
“Così questa Silvia si è incavolata
per bene” la interruppe Lisa, alzando gli
occhi al cielo. “E’ sempre la solita storia… e scommetto che lei se n’è andata
giurando vendetta, o sbaglio?”
“Non sbagli” continuò Anna, accarezzandole i capelli. “Silvia si rifugiò
nel Regno delle Paludi, ad est della Capitale, e assoldò uno dei più feroci e
sanguinari eserciti che le nostre terre
abbiano mai avuto la sventura di incontrare, cioè quello composto dagli Elfi
Vampiro che, come puoi ben immaginare, sopravvivono nutrendosi di sangue…”
“Cavolo! Vampiri?” la interruppe
ancora Lisa, facendo una smorfia di disgusto e sentendo il proprio cuore tamburellarle all’impazzata nel petto.
“Esattamente” rispose Anna, alzandosi in piedi per avvicinarsi alla finestra. “E lo ripeto, sono sanguinari e non
conoscono la pietà. Uccidono sia per
cibarsi del sangue delle loro vittime, sia
per puro divertimento.”
“Un momento, ferma” disse Lisa,
alzandosi in piedi a sua volta. “Scusa,
ma quando i nostri amici alieni hanno
creato questo mondo, perché ci hanno
anche ficcato dei mostri? Si sono sbagliati nuovamente?”
“Non si sono sbagliati” le rispose
Luca, seguendo con lo sguardo i suoi
movimenti nella stanza. “Questi vampiri
erano stati creati dagli Antichi Padri con
l’unico scopo di permettere agli Elfi
Soldato di esercitarsi contro un nemico,
nel caso si fosse rivelato necessario ricorrere alle armi. Purtroppo però accadde che questi mostri si ribellarono al
dominio degli Elfi e si rifugiarono nelle
Grotte Profonde, dove vivono tuttora.”
“E Silvia li utilizzò per compiere un
vero massacro contro gli abitanti del
nostro Regno” disse Anna, prendendo la
parola. “Col solo intento di vendicarsi
di quanto Marta le aveva negato. Le acque si calmarono per un certo periodo,
finché un nostro informatore, che si era
infiltrato tra le Guardie del Regno delle
Paludi, non ci venne a comunicare che
Silvia aveva intenzione di rubare
l’Antico Codice.”
“L’Antico… cosa?”
“L’Antico Codice. E’ il Testo più
sacro che sia mai stato scritto dai Padri,
contenente le Formule atte a soddisfare
ogni nostro desiderio. Capisci pertanto
che si rende necessario nasconderlo e
custodirlo per bene, per evitare che possa cadere in mani sbagliate.”
“La Biblioteca.” la interruppe Lisa,
sedendo su un mobile, con la bocca spalancata. “E’ lì, vero?”
“Sì, è nascosto tra gli altri volumi”
le rispose Luca, alzandosi in piedi. “Ben
protetto da Andromeda, la Bibliotecaria.”
“Andromeda? E’ così che si chiama?”
Luca annuì e invitò Anna a continuare, con un rapido cenno del capo.
“Riassumendo i fatti, Silvia cercò di
rubare l’Antico Codice ma, fortunatamente, venne fermata al suo ingresso
nel Palazzo Reale e uccisa prima che
riuscisse ad aprire bocca. Ora, devo
precisare che l’Antico Codice non può
essere toccato da chicchessia, ma solo
da un maschio della Famiglia Reale.
Silvia però avrebbe comunque potuto
leggere le Formule contenute nel testo
tramite l’aiuto degli Elfi Stregoni che,
se si avvicinano al libro, sono in grado
di visualizzarne le parole con la forza
del pensiero. E ora arriviamo ai giorni
nostri e precisamente alla notte scorsa,
quando il tuo ciondolo si è illuminato di
una luce così vivida e intensa come non
accadeva da millenni, e precisamente da
quando Silvia sterminò più della metà
degli abitanti del Regno Elfico. Da quel
giorno viene chiamata la Madre, cioè
l’origine di ogni male…”
Anna si interruppe per inumidirsi le
labbra, fissando la nipote che nel frattempo si era raddrizzata e stringeva entrambi i pugni abbandonati lungo i fianchi. Lisa sentì una gran collera ribollirle
dallo stomaco e risalirle fino alla gola,
perché il suo cuore le aveva rivelato la
verità e cioè che la Signora degli Elfi
era morta per impedire, in qualche modo, il ritorno della Madre.
Quindi spostò rapidamente lo
sguardo su Luca, gli si avvicinò e lo fissò negli occhi, diritta e fiera.
“E quindi mamma si è sacrificata
perché tu sei l’unico in grado di proteggere l’Antico Codice e il mio ciondolo
si è illuminato perché quella schifosa
vuole ritornare in vita, o sbaglio?”
“Purtroppo non sbagli” le rispose
Luca, sostenendo il suo sguardo duro e
fiero. “Il tuo ciondolo ci ha voluti avvertire che forze oscure stanno tramando per far ritornare in vita la Madre e
l’unico modo per compiere tale nefandezza è leggere la Formula contenuta
nell’Antico Codice.”
“Ma questo non è possibile!” esclamò Lisa, scuotendo la testa e alzando il tono della voce. “Mamma non ti ha
fatto rinascere leggendo la Formula…
allora, come ha fatto, cos’è successo?”
“E’ stata la Bibliotecaria” intervenne Anna, che le girava le spalle, intenta
ad osservare il paesaggio oltre la finestra. “Col suo aiuto tua madre è riuscita
a trovare la forza necessaria per compiere questo miracolo. Solo che, agendo
così, ha infranto una delle Sacre Leggi
degli Antichi Padri e ci ha rimesso la
vita.”
Anna si interruppe, con la voce che
le tremava, mentre le lacrime le salivano agli occhi, velandole la vista del panorama superbo che si apriva sotto il
Palazzo Reale.
“E voi non lo sapevate?” urlò Lisa,
afferrando Luca per un gomito. “Non lo
sapevate?”
“No” rispose Anna, girandosi verso
di lei. “Credi che le avremmo consentito
di procedere, se lo avessimo saputo?
Credi che l’avremmo lasciata morire
così? Anche se ognuno di noi desiderava con tutto il cuore il ritorno di Luca,
ci saremmo comunque fermati di fronte
alla scelta che Marta si sarebbe vista
costretta ad affrontare… la sua vita per
quella del figlio.”
Lisa tremava ed era avvolta da una
furia cieca che aveva cominciato a far
brillare il suo ciondolo ad intermittenza,
con un’intensità sempre maggiore.
“E ora io ho ritrovato un fratello,
ma ho perso mamma” sussurrò, scoccando a Luca uno sguardo pungente.
“Sono la nuova Signora degli Elfi, ho
sedici anni, tutta la mia vita è andata in
pezzi e ora dovrei regnare su terre che
nemmeno conosco, per non parlare poi
del fatto che se mi avete catapultata qui,
così in fretta, significa che sono in pericolo e che anche i miei amici Gianni e
Matilde non possono dormire sonni
tranquilli.”
“E’ vero, siete in pericolo tutti e
tre” le rispose Luca, mentre le scostava
delicatamente la mano dal suo gomito.
“Le nostri fonti sicure ci avevano avvisato che gli adepti del Nero Signore si
erano già attivati per cercare di eliminarti. E non eravamo sicuri che il ciondolo ti avrebbe protetta del tutto, perché
senza i ricordi sulla tua vera identità
non saresti riuscita a trovare dentro di te
la forza necessaria per resistere ad un
attacco.”
“Quindi questi seguaci del Nero Signore girano ancora per il Regno!” esclamò Lisa, puntandogli un dito contro
. “E che ne è del Picco Oscuro? Chi ci
vive, ora?”
“Gli Antichi Padri Eremiti” rispose
Anna, invitandola con gesti plateali a
mantenere la calma. “Sono finalmente
riusciti a ritornare nel luogo ove hanno
vissuto per centinaia di anni, prima che
fosse invaso dalle forze del Nero Signore.”
“Ok, ma torniamo a noi… e Gianni
e Matilde?” esclamò Lisa, rossa in viso.
“Loro che c’entrano in tutta questa faccenda? Non potevate lasciarli fuori?”
“Hai forse dimenticato che Gianni
ha aiutato te e Bartolomeo ad infrangere
il trono del Nero Signore con la Spada
del Destino? E che Elia aveva rapito
Matilde con il solo intento di tenerla
con sé? Non credi che questi siano ottimi motivi per giustificare la presenza
dei tuoi amici a Palazzo?”
Lisa piegò il capo in avanti e annuì.
“Hai ragione, è vero. Però non voglio che corrano alcun rischio, non devono uscire da queste mura, intesi?”
“Certo, li proteggeremo, non dubitare.” sussurrò Luca, muovendo un passo verso di lei.
Lisa si ritrasse e si avvicinò invece
alla zia, mentre il fratello la guardava
con aria triste e stanca.
“Un momento” disse, corrugando la
fronte. “E la coppia di coniugi uccisa
con due frecce? Aspettate, ora ricordo!
Erano i genitori adottivi di Paolo!
C’entrate qualcosa in questa faccenda?”
“Sono stati sicuramente eliminati
dagli adepti del Nero Signore” le rispose Luca con sguardo severo. “Capisci
come la situazione sia grave? Innanzitutto dobbiamo proteggere la nuova Signora degli Elfi e i tuoi amici e poi impedire il ritorno della Madre.”
Lisa ricambiò il suo sguardo con
una smorfia stizzita e si girò a fissare la
zia.
“Posso vedere mamma?”
Anna l’abbracciò con impeto e le
accarezzò i capelli.
“Le Signore degli Elfi non vengono
seppellite nel nostro Regno” le sussurrò
all’orecchio. “Vengono portate al pianeta che ci ha dato la vita e lì resteranno in
eterno, ben protette nella Cripta Reale.”
Lisa si staccò con violenza
dall’abbraccio della zia e si precipitò
verso la porta, spalancandola.
“Se non posso neppure vederla, allora non voglio restare in questo maledetto posto per un secondo in più!” gridò, mettendo un piede fuori dal salotto.
Si sentì afferrare da due braccia che
ben conosceva e fissò Bartolomeo che
la guardava con dolcezza.
“Calmati, Lisa, vedrai che presto
passerà tutto, tutto quanto” le sussurrò,
fissandola negli occhi verdi che si erano
riempiti di lacrime. “Fidati di me.”
“Come posso fidarmi di te?” gli
gridò contro, spingendolo indietro contro la parete del corridoio. “Anche tu
hai complottato per rimuovermi i ricordi, non hai fatto niente per impedire che
accadesse!”
“Non è come pensi!” le rispose, incenerendola con lo sguardo. “E questo
non è né il luogo, né il momento per
parlarne, intesi?”
“Calmati!” le disse Anna che
l’aveva raggiunta insieme a Luca. “Così
facendo non riporterai in vita Marta, lo
capisci?”
“Allora potrebbe farlo lui, vero?”
gridò Lisa, indicando il fratello che la
guardò con occhi tristi e stupefatti. “Se
tu ora schiattassi a terra, forse mamma
potrebbe tornare, vero? Dai, provaci,
perché non schiatti?”
Spalancò la bocca e gli occhi quando la zia la colpì con uno schiaffo. Poggiò una mano sulla guancia arrossata e
si aprì un varco tra Bartolomeo e la parete, cercando di fuggire il più lontano
possibile da tutti loro.
Ma si sentì ancora agguantare dalle
solite braccia che ben conosceva e si
ritrovò a terra, a pancia in su, schiacciata dal peso di Bartolomeo che le aveva
afferrato i polsi, cercando di tenerla
ferma.
“Calmati, Lisa, per favore, calmati!” le gridò, cercando però di non spaventarla ulteriormente. “E’ tutto a posto,
stai tranquilla, nessuno ti farà del male,
io sono qui per proteggerti, Lisa…”
Lei cessò di dibattersi e lasciò che
le lacrime le scendessero dagli occhi al
viso, del tutto sopraffatta dalle emozioni.
“E ricordati che ti amo” le sussurrò
Bartolomeo all’orecchio. “Per sempre.”
Lisa aprì gli occhi e si tuffò tra le
sua braccia, urlando tutto il suo dolore.
FINE ANTEPRIMA
CONTINUA...