Lisa Verdi e l`Antico Codice

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Lisa Verdi e l`Antico Codice
Disponibile anche:
Libro: 15,00 euro
e-book su CD in libreria
(Secondo+Terzo episodio): 13,99 euro
M.P. Black
LISA VERDI
e
Il SOLE DI ARESIL
Libro ultimo della Trilogia
“La Signora degli Elfi”
www.0111edizioni.com
www.0111edizioni.com
www.ilclubdeilettori.com
LISA VERDI E
IL SOLE DI ARESIL
2009 Zerounoundici Edizioni
Copyright © 2009
Zerounoundici Edizioni
M. P. Black
ISBN 978-88-6578-069-5
In copertina:
immagine di Francesca Resta
Avviso ai lettori:
Questo romanzo è un’opera di fantasia.
Ogni riferimento all’unico personaggio della Storia Umana realmente esistito è, naturalmente, frutto della fervida immaginazione dell’autrice. Ogni altro riferimento a fatti, luoghi e
persone è puramente casuale.
Vi aspetto sul mio blog:
http://blog.libero.it/MPBLACK
e al mio fan club:
http://mpblack.forumfree.net
A mia figlia Anna
con profondo amore
e a Claudia Lucchin
porto sicuro nell’oceano di
ansie, dubbi e incertezze!
Sinossi di “Lisa Verdi e il
ciondolo elfico”
Libro primo della Trilogia
“La Signora degli Elfi”
Lisa Verdi è una ragazza di sedici anni che trascorre spensieratamente le
sue giornate tra scuola e amici.
Rimasta orfana all’età di sei anni, da
allora vive con la zia che adora e che
considera come una seconda mamma.
Si innamora del suo amico di sempre,
Paolo, e accetta malvolentieri la relazione che la sua migliore amica Matilde inizia con Gianni, un compagno
di classe antipatico e scontroso.
La sua esistenza viene stravolta quando apprende che la madre in realtà è
ancora viva e altro non è che la Signora degli Elfi.
Le viene inoltre rivelata anche
l’esistenza di un fratello, Luca, di cui
non serba alcun ricordo.
La zia le comunica che sia lei che Paolo sono i Prescelti designati da
un’antica Profezia per annientare il
potere del Nero Signore degli Elfi e
riportare finalmente la pace nelle terre
della madre.
Lisa è così costretta a varcare le porte
del Regno Elfico, per consentire
l’attivazione del ciondolo reale che la
renderà immortale. Viene accompagnata in questo viaggio dal buffo
Guardiano Bartolomeo, da Paolo e
dagli amici Matilde e Gianni.
Nel regno degli Elfi ogni cosa è capovolta. Il cielo è verde e l’erba è blu e
il popolo appare colmo di contraddizioni e di misteri.
Lisa, commossa, riabbraccia la madre,
che le attiva prontamente il ciondolo,
e si prepara ad affrontare il Nero Signore degli Elfi con l’aiuto del suo
amato Paolo.
Nel frattempo Luca, Generale
dell’Esercito Reale, sta rientrando con
i suoi soldati da un rapido scontro con
le armate del Nero Signore. Mentre
riposa all’ombra di una quercia, viene
attaccato dal perfido Generale Guglielmo che, con un vile ricatto, lo costringe a liberarsi del ciondolo reale.
Luca viene così ucciso da Guglielmo,
Elfo bionico creato dagli adepti del
Nero Signore e pressoché imbattibile.
La Signora degli Elfi, appresa la morte del figlio, dichiara guerra al suo
nemico.
Nel frattempo, a palazzo, una spia sta
tramando alle spalle di Lisa che, ignara di tutto ciò, è disperata per la morte
del fratello e odia se stessa per il sentimento sempre più intenso che prova
nei confronti del Guardiano Bartolomeo.
Durante una giornata di pioggia battente, martoriata dai sensi di colpa,
promette a Paolo di amarlo in eterno
e, in futuro, di diventare sua moglie.
Mentre le armate della Signora degli
Elfi stanno marciando verso il Palazzo
del Nero Signore, Matilde scompare e
Paolo colpisce Bartolomeo alla testa,
accusandolo di essere la spia e di aver
organizzato il rapimento di Matilde, di
fronte ad un’allibita Lisa e a uno
sconcertato Gianni.
Paolo invita Lisa ad entrare nello
Specchio Magico che li condurrà sino
al Palazzo del Nero Signore, per porre
finalmente in atto la Profezia. Lisa e
Gianni non intendono obbedire a Paolo, ma quest’ultimo li rassicura dicendo loro che il Nero Signore è impegnato nella battaglia contro l’esercito
reale e che, quindi, hanno via libera
per portare a compimento la Profezia.
Ancora non del tutto convinti della
colpevolezza di Bartolomeo, Gianni e
Lisa acconsentono a seguire Paolo
nello Specchio Magico ma, una volta
messo piede nel Palazzo del Picco
Oscuro, si trovano al cospetto del Nero Signore. Gianni viene ferito ad una
spalla dal crudele Generale Guglielmo
e Paolo preso in ostaggio, sotto lo
sguardo terrorizzato di Lisa.
Il Nero Signore obbliga quest’ultima a
disfarsi del ciondolo e lei, pur di salvare la vita al suo amato, obbedisce e
lo appoggia a terra.
Paolo si avvicina al ciondolo e lo afferra, sotto lo sguardo stupito di Lisa
che lo invita a non toccarlo, dato che
solo gli appartenenti alla stirpe reale
possono portarlo al collo.
Lui le ricorda il giorno in cui si sono
scambiati la promessa d’amore eterno
e le rivela che nel Regno Elfico tale
promessa equivale ad un matrimonio.
Paolo è diventato di diritto membro
della famiglia reale e può quindi indossare il ciondolo senza temere per
la propria incolumità.
Solo quando lo vede abbracciare il
Nero Signore, Lisa comprende
l’amara verità. Paolo è la spia, figlio
del Nero Signore e di Lucilla, amica
fidata della madre.
Mentre Lisa è attonita e sconvolta di
fronte a quella terrificante rivelazione,
Paolo uccide il padre, per poi riversare tutto il suo odio su di lei.
Nel frattempo la battaglia infuria fuori
dalle mura del palazzo. Paolo invita
allora il Generale Guglielmo ad allontanarsi, portando con sé la madre Lucilla.
Rimasto solo con Lisa e Gianni, il figlio del Nero Signore (il cui vero nome è Elia) è pronto a liberarsi di en-
trambi, quando il provvidenziale intervento di Bartolomeo consente a Lisa di infrangere la promessa d’amore.
Paolo, sconvolto, si vede costretto a
disfarsi del ciondolo che nel frattempo
si è attivato contro di lui. Cade a terra
senza forze e Lisa si riappropria del
ciondolo, utilizzando i suoi poteri per
guarire Gianni.
Lisa comprende che il suo vero amore
è Bartolomeo e che lui è il Prescelto
col quale dovrà infrangere la Spada
del Destino sul trono del Nero Signore, per compiere infine la Profezia.
Gianni aiuta un ancora dolorante Bartolomeo a sollevare la spada e, con
Lisa, sia a portare a termine il loro
compito sia a liberare Matilde, imprigionata nelle segrete del Palazzo.
Lisa rientra così tra gli Umani. Ritornerà nelle terre del Regno Elfico solo
al compimento della maggiore età.
Di fronte ad un Bartolomeo abbattuto
e sconsolato, mentre dorme subisce la
rimozione dei ricordi da parte degli
Elfi.
Quando si sveglia, il mattino dopo,
abbraccia la zia e si reca a scuola. In
classe conosce un nuovo compagno,
Bartolomeo, e viene invitata dalla
Professoressa Rizzardi ad aiutarlo nei
compiti.
Lei accetta di buon grado, mentre la
Professoressa, girata verso la lavagna,
nasconde con un ciuffo di capelli una
lunga orecchia a punta.
Sinossi di “Lisa Verdi e
l’antico codice”
Libro secondo della Trilogia
“La Signora degli Elfi”
Lisa Verdi è rientrata tra gli Umani e
le è stato rimosso ogni ricordo legato
alla sua permanenza tra gli Elfi. Ha
dimenticato anche il suo amore per il
dolce Generale Bartolomeo.
Un giorno, mentre si trova in libreria
con i suoi amici Gianni e Matilde,
viene riportata bruscamente dal suo
Guardiano nel Regno Elfico. Dopo
pochi istanti di permanenza nella sua
terra d’origine, i ricordi le esplodono
nella mente, insieme ad una fastidiosa
sensazione.
Scoprirà infatti che sua madre Marta,
Signora degli Elfi, ha sacrificato se
stessa per riportare in vita il figlio Luca, l’unico Elfo in grado di prendere l’
“Antico codice”, custodito nella Biblioteca Segreta, per nasconderlo alle
avide mani degli Stregoni, che vogliono riportare in vita la “Madre”,
l’origine di ogni male.
Lisa è sconvolta e fatica ad accettare il
ritorno del fratello, in quanto ha comunque perso la persona che più amava al mondo, insieme alla zia Anna. Ma la morte della madre sarà solo
l’inizio di una serie di emozioni e di
avvenimenti che segneranno profondamente l’animo di Lisa.
Avrà un duro e pericoloso scontro con
Lìspoto, principe degli Elfi Vampiro
che, incaricato dal nemico di ucciderla, si innamorerà di lei sin dal primo
istante, risparmiandole pertanto la vita.
Scoprirà poi l’esistenza di altre due
Profezie: la seconda avrà come protagonista Matilde, mentre la terza vedrà
come personaggio principale e assoluto Gianni.
Ma la Bibliotecaria, interrogata da Lisa che vuole avere maggiori dettagli,
non le rivelerà nulla, dicendole che
solo l’ignoranza delle Profezie consentirà loro di avverarsi.
Nel frattempo, Gianni scopre di provare una forte attrazione per Andromeda, mentre Matilde è totalmente
rapita dal fascino di Luca, che corrisponde questo nuovo sentimento.
Lisa si scontra inoltre con un nuovo
potere, quello dello “Spostamento onirico”, per mezzo del quale, mentre
dorme, riesce ad avvicinarsi alla persona che la sta pensando. Scopre
quindi che Elia è rinchiuso nelle prigioni del Palazzo Reale e che Lìspoto
sta tramando per liberarlo.
Ma Lisa non sa che una Spia dai lunghi capelli argentati e dai capelli grigi
si aggira per i corridoi del Palazzo
Reale, riportando poi ogni informazione utile al perfido Generale Guglielmo.
Per impedire il ritorno della Madre,
Luca si impossessa dell’ “Antico codice” e lo porta sino al “Bosco delle
nebbie eterne”, presso l’abitazione
della Strega Meredith, che gli deve
consegnare un piccolo sarcofago, ove
riporlo.
Qui Lisa si imbatte negli “Spettri”,
anime erranti che, se fissate negli occhi, si insinuano nella mente dei viaggiatori, conducendoli alla pazzia e,
quindi, alla morte. Ma l’intervento inaspettato di Meredith salva Lisa dalla fine imminente.
La Strega consegna quindi il piccolo
sarcofago a Luca e tutta la compagnia
si sposta al “Lago di Smeraldo”. Qui
fa la conoscenza del Vecchio Eremita,
il Custode dell’ “Energia Verde” che
giace nelle profonde e letali acque del
lago e che, in unione con l’energia
Gialla del “Sole di Aresil”, custodito
da Andromeda, lavora per mantenere
inalterato l’equilibrio dell’intero Universo.
E qui ha luogo la seconda Profezia.
Con l’aiuto di Matilde, Luca riesce ad
aprire il Sarcofago e sta per riporre
l’Antico Codice, quando la compagnia viene attaccata dai soldati del
Generale Guglielmo e dagli Elfi
Vampiro.
Lisa e gli amici vengono immobilizzati, mentre gli Stregoni, con il potere
della loro mente, riescono a leggere
l’Antica Formula che riporterà in vita
la Madre. Dopo un feroce scontro,
Gianni e Lisa vengono rapiti e condotti sino al Palazzo del “Regno delle Paludi”, dove assisteranno inermi al ritorno della Madre.
Lisa scoprirà un’amara e terribile verità. Silvia, la Madre, altri non è che
Lucilla, mamma di Elia e moglie del
Nero Signore degli Elfi. Mentre Lucilla cambia il proprio aspetto in quello
di una splendida femmina dai lunghi
capelli castani, Lìspoto fa di tutto per
salvare la vita di Lisa.
Ma la Madre, dopo essersi liberata del
Generale Guglielmo che non considera più di alcuna utilità, scaglia contro
di lei e Gianni delle lame di ghiaccio,
che si infrangono però contro una barriera formata da un ragazzo, che dirà
di essere un Ribelle del Pianeta Aresil, giunto per aiutare la Signora degli
Elfi.
Lisa e Gianni si ritrovano nella camera della prima, feriti ma salvi. Una
volta ripresasi, Lisa viene obbligata da
Andromeda a rientrare nella Terra per
incontrare una persona che l’aiuterà a
combattere e a fermare la terribile
Madre.
Mentre la Spia trama alle spalle della
nuova Signora degli Elfi, Lisa promette a Marta che farà di tutto per fermare Silvia, il cui ritorno segna
l’annientamento rapido e inesorabile
dell’equilibrio delle energie gialla e
verde e, quindi, l’inizio della fine
dell’intero Universo.
Intervento di Giuseppe Antoni
autore della saga“I Leoni del
Medebai”, 0111 edizioni.
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Da un’idea venutami leggendo la trilogia de
“La Signora degli Elfi”di M. P. Black
Un Amore al di là del Tempo
Un omaggio all’autrice
(Un sogno di Lisa: e se tutto fosse
nato così?)
La Signora degli Elfi stava camminando su uno spesso strato di erba e
muschio che ricopriva la roccia del
fondovalle, mentre ai lati si alzavano
imponenti gli abeti. Non tornava spesso nella Terra degli Uomini, il suo
compito era gravoso e non le lasciava
molto tempo libero per quello che
considerava uno svago e al tempo
stesso una necessità: amava questo
mondo, il pianeta sul quale era nata,
figlia degli Uomini e degli Antichi,
Regina degli Elfi, destinata a guidarli
nell’universo parallelo che questi avevano avuto in dono dai Progenitori.
Forse l’atmosfera che regnava in quella valle che lei si ricordava ancora
percorsa da un immenso ghiacciaio
solo poco tempo prima (almeno per la
sua scala temporale fatta di eternità),
l’aveva resa meno sensibile al pericolo che stava correndo, anche se immortale e immune dalla vecchiaia poteva essere uccisa e i nemici non le
mancavano. In quello stesso momento
due paia di occhi spiavano i suoi movimenti dai fianchi opposti della valle
e, se quegli occhi azzurri che la seguivano dalla sua destra erano solo incuriositi e stavano ammirando la sua
bellezza superiore a qualsiasi immaginazione Umana, gli altri, grandi,
gialli, attraversati da una stretta pupilla orizzontale, emanavano un odio
senza fine; il Nemico l’aveva seguita
attraverso il Passaggio fra i due mondi
e adesso attendeva solo il momento
giusto, quando lei si fosse distratta al
punto da non fare più in tempo a usare
i suoi poteri elfici per respingere
l’assalto che intendeva portarle.
L’attacco giunse improvviso e inaspettato. La Signora si era chinata per
osservare da vicino un ciuffo di mughetti che spuntavano con le loro piccole lanterne diafane alla base di un
masso erratico che costringeva il torrente a girarvi attorno. Un nero essere
che sembrava un enorme avvoltoio
piombò su di lei slanciandosi dall’alto
di un abete mentre un fischio stridulo
lacerava l’aria. Prima ancora che la
donna potesse fare in tempo a volgersi
verso il pericolo, il mostro le fu addosso. Invano la sua mano corse al
ciondolo che portava al collo e che
avrebbe dovuto proteggerla da qualsiasi pericolo…
“È inutile che tu cerchi protezione nel
tuo amuleto, Signora degli Elfi. Nulla
può contro di me e io avrò il tuo sangue e la tua vita!”
La Signora non riusciva nemmeno a
urlare, paralizzata più dalla rabbia che
dall’orrore. Se il suo Nemico era riuscito a raggiungerla fin lì, nella Terra
degli Uomini, i Guardiani che aveva
lasciato al Passaggio per potersene
stare da sola dovevano essere tutti
morti. Si ritrovò a fissare a pochi centimetri di distanza quegli occhi gialli
iniettati di sangue, mentre lui le piegava la testa di lato per offrire la gola
indifesa ai lunghi canini che si intravedevano fra le labbra aperte in un
sogghigno feroce.
SWACK… SWACK!
Due frecce dagli impennaggi grigi
screziati, fatti con le remiganti della
coturnice alpina, si piantarono in rapida successione nella schiena del mostro. Subito dopo un nuovo combattente si lanciò nella mischia; un guerriero vestito con gambali di pelle, a
torso nudo, barba e capelli castano
chiari e lunghi almeno quanto quelli
della Signora pur se incolti e arruffati,
le braccia muscolose segnate da alcuni semplici tatuaggi, attraversò di corsa il torrente e si scagliò armato solo
di una piccola ascia di rame rossiccio
contro il mostro, menando fendenti
con tutta la sua forza di montanaro.
SCRIIIIIEEEEEEEKK!
Il grido di dolore, di rabbia e di sorpresa dell’essere demoniaco si trasformò nello stesso fischio udito poco
prima, mentre questo si girava ad affrontare un avversario che mai si era
pensato di trovare. Il cacciatore continuò a picchiare, per niente spaventato
dalla visione diabolica di quegli occhi
e dei colpi che quello menava alla
cieca nel tentativo di difendersi; la
lama dell’ascia penetrò profonda più
volte nel torace, poi colpì la testa con
un rumore di ossa che si spezzavano.
Solo allora l’essere sembrò cedere alla
foga dell’attacco, si ripiegò su sé stesso avvolgendosi nelle grandi ali nere,
divenne sempre più piccolo e infine
svanì in una nuvoletta verdastra maleodorante.
Il montanaro si chinò sulla Signora
che giaceva svenuta sull’erba, il capo
vicino al ciuffo di mughetti che poco
prima aveva attratto la sua attenzione.
Finalmente poteva vederla da vicino,
gli sembrò la donna più bella che avesse mai visto: i capelli biondi del
colore dei fiori della ginestra, lunghi
fino a metà della schiena, erano adesso sparsi sull’erba come una nube
d’oro che incorniciava l’ovale perfetto
del volto, il petto si alzava e abbassava ritmicamente e non aveva segni visibili di ferite. Incuriosito provò a
sfiorare con le dita la strana sostanza
delle sue vesti, non conosceva niente
di simile, non era la pelle di alcun animale che conoscesse né corteccia di
betulla come quella che a volte veniva
impiegata per realizzare quella specie
di rozzi mantelli usati per ripararsi
dalla pioggia. Sentendola gemere leggermente, in due passi arrivò al torrente per tornare portando un po’
d’acqua fresca nell’incavo delle mani;
la lasciò gocciolare sulla faccia della
donna per rianimarla.
Al contatto dell’acqua fredda come il
ghiaccio da cui proveniva, la Signora
aprì gli occhi e i loro sguardi
s’incrociarono per la prima volta: occhi verdi come l’erba si specchiarono
in altri occhi, azzurri come il cielo; il
muto dialogo che intercorse fra loro fu
più esplicito di qualsiasi discorso, capirono all’istante d’essere due corpi e
una sola anima.
“Chi sei tu che mi hai salvato la vita?”
“Io sono Thor della Montagna Verde,
il Cacciatore! E tu chi sei, una dea o
una fata? E cos’era quel demone che
ti aveva attaccato?”
“Devi essere molto valoroso e non
conosci la paura, Thor della Montagna
Verde, e buono. Per non aver esitato
un secondo ad accorrere in mio aiuto
e aver affrontato un demone come il
Principe degli Elfi Vampiro. Non potevi farcela a ucciderlo, ma sei riuscito a ferirlo e l’hai costretto a fuggire.
Pochi, anche fra la mia gente, avrebbero avuto altrettanto coraggio.”
“Ho fatto solo quello che mi ha dettato il cuore. Non potevo permettere a
quel demone di uccidere una Fata del
Ghiaccio Azzurro. Perché tu sei una
fata, vero? Non puoi essere altro, bella
come sei.”
“In un certo senso… Ma tu sei ferito!”
La Signora degli Elfi sfiorò con le dita
i due profondi tagli che attraversavano
in diagonale il torace dell’uomo, dove
gli artigli del mostro lo avevano colpito, e questi si richiusero subito senza
lasciare alcuna traccia, nemmeno una
piccola cicatrice, mentre il ciondolo
che portava al collo lampeggiava di
una luce argentata. Quindi, obbedendo
a quell’impulso che aveva già sentito
prepotente in lei, gli si strinse addosso
in un abbraccio subito ricambiato, le
loro labbra s’incontrarono in un bacio
dolcissimo.
“Non avrei mai pensato d’incontrarti
così. Thor, il Cacciatore della Montagna Verde, hai detto che ti chiami,
vuoi tu essere il mio compagno per
una vita lunga quanto l’eternità?”
Sapeva che il montanaro non aveva
altri legami che potessero trattenerlo, i
suoi sensi elfici ne erano sicuri, ma la
domanda andava fatta. Se desiderava
che quello sconosciuto diventasse il
suo sposo, doveva lei per prima rispettare le antiche regole.
“Mia Signora, saprò esserne degno.
Dal primo istante che ti ho vista, ho
subito capito che non avrei mai potuto
amare altri che te. Sono tuo per sem-
pre.” rispose Thor, d’istinto, come se
in tutta la sua giovane vita non avesse
aspettato altro, certo che quel momento unico sarebbe un giorno arrivato.
Le parole erano state pronunciate, per
l’Antica Legge degli Elfi erano già
marito e moglie; una cerimonia si sarebbe tenuta una volta rientrati al Palazzo Reale, per il piacere di quel popolo che l’amava e ubbidiva, ma per
Marta, Signora degli Elfi, e Thor della
Montagna Verde, nulla avrebbe potuto essere più importante di
quell’istante in cui, per la prima volta,
si erano guardati negli occhi e avevano capito che il loro destino sarebbe
stato uno solo, per l’eternità.
***
Molti millenni erano passati da quel
giorno; spesso tornavano nella valle
che aveva visto il loro primo incontro,
l’avevano vista mutare d’aspetto al
cambiare del clima e insieme alla valle, mutare, crescere e progredire la
stirpe degli Uomini, mentre la stirpe
degli Elfi continuava a vivere secondo
gli insegnamenti ricevuti dagli Antichi
Padri. La loro unione era stata allietata quasi subito dalla nascita di un figlio, Luca, bello e coraggioso come i
suoi genitori.
La vita nel Mondo degli Elfi era continuata secondo le antiche leggi anche
se un nuovo nemico si era presentato
sotto le sembianze del Nero Signore,
un elfo che si era ribellato al giusto
governo della Signora e che più volte
aveva mosso guerra contro di lei nel
tentativo di spodestarla. Ma l’esercito
guidato da Thor il Cacciatore e dal
Generale Luca, suo figlio, lo aveva
più volte sconfitto costringendolo
all’esilio sul Picco Oscuro e a una tregua che ormai reggeva da molti anni.
In quel momento di pace armata una
novità venne ad allietare la vita di
Marta e Thor.
“Mio sposo, Amore mio unico. Aspetto una bambina!”
Thor rimase per un attimo interdetto,
il vino che stava bevendo gli colò sulla lunga barba – non aveva mai accettato di tagliarsela e, anche se adesso la
teneva ben curata come i capelli, era
l’unico essere vivente nel mondo degli elfi a portarla, fatto che lo rendeva
inconfondibile più ancora del fatto di
non avere le orecchie a punta, quando
compariva in pubblico al fianco della
Signora o cavalcava alla testa
dell’esercito in compagnia del figlio,
elfo in ogni dettaglio – suscitando un
sorriso in Marta.
“Dopo tanti anni? Ne sei sicura? E sei
sicura che sarà una femmina?”
“Sì Caro. I miei sensi elfici me lo
hanno detto fin dal primo momento. E
il dottor Bosco me lo ha confermato
stamani.”
“È meraviglioso!” Poi un’ombra calò
sul volto di Thor. “Rammenti cosa mi
promettesti quando, poco dopo la nostra unione, mi spiegasti che i nostri
figli maschi sarebbero stati più elfi
che uomini, mentre le femmine sarebbero somigliate maggiormente alle
donne interamente umane? Non mi
opposi che nostro figlio Luca crescesse e fosse allevato come un Principe
Elfo. Adesso però torno a chiederti se
sei ancora disposta a crescere nostra
figlia fra gli Uomini; anche se il mon-
do è molto cambiato rispetto ai miei
tempi, ci terrei.”
“Ho già previsto tutto; mia sorella
Anna e il Generale Luca saranno in
grado di reggere il Regno per i diciotto anni che noi passeremo sulla Terra
con la nostra piccola e quando avrà
raggiunto la maggiore età, sarà lei
stessa a scegliere se continuare a vivere fra gli uomini o tornare con noi qui
con gli elfi. I Guardiani del Generale
Bartolomeo provvederanno a proteggerci da qualsiasi pericolo, anche se
con te al mio fianco non temo nemici
di sorta.”
“Allora è deciso, Lisa nascerà nella
stessa terra che ci ha visto incontrarci.
Adesso, non lontano dalla nostra valle
e dal Varco che consente il passaggio
fra i due mondi, c’è una piccola casetta nel bosco, dove potremo stabilirci
senza dare nell’occhio. Hai già pensato a quali occupazioni potremo dedicarci?
Non
dobbiamo
dare
l’impressione di essere degli sfaccendati, per il bene di nostra figlia.”
“Io aprirò un negozio d’erboristeria,
sfrutterò le mie conoscenze per prepa-
rare tisane e pozioni che sembreranno
quasi magiche.”
“Ma io non potrò certo continuare a
fare il militare! Troppe cose sono
cambiate nel mio mondo, archi, frecce
e asce sono passate ormai di moda!”
“Oh, fossi in te non mi preoccuperei!”
Marta sorrise divertita; anche se si erano sempre tenuti aggiornati sui tanti
mutamenti avvenuti sulla Terra, suo
marito non sarebbe mai potuto essere
un credibile impiegato d’ufficio o un
operaio specializzato.
“Da qualche tempo va di moda il ritorno alla natura, tu conosci boschi e
foreste meglio di qualsiasi uomo di
questo secolo, sarai un’ambita guida
per chi vorrà riassaporare la vita del
tempo che fu, accendendosi il fuoco
con due bastoncini o procurandosi il
pranzo cercando di catturare una trota
con le mani. Ed il tuo nome ha proprio quel ché di esotico che li affascinerà.”
“HAHAHAHAHA! Voglio proprio
vederli, questi mollaccioni che si spostano solo dentro alle loro scatolette di
latta, alle prese con la vera vita sel-
vaggia! Mi dispiace quasi che non esistano più gli uri dalle lunghe corna e i
grandi orsi dei miei tempi, quelli sì
che erano impegnativi se volevi procurarti la cena, altro che fare la fila
alla cassa di un supermercato!”
Pochi giorni dopo, Thor e Marta Verdi, una giovane coppia di sposi in attesa della nascita di una figlia, si trasferivano nella loro nuova casa, in un
bosco piccolo e magico, lontano da
tutto e da tutti…
Fine dell’inizio!
Giuseppe Antoni
PROLOGO
“Il mio cuore è diviso in due parti,
uguali ma distinte,
e entrambe sprigionano
la più potente delle energie,
quella dell’amore indescrivibile,
sovrano,
che tutto può e tutto assorbe.
Ma questo sentimento sta distruggendo
la mia anima,
la sbriciola in mille pezzi
che si disperdono nel vento
come petali di rosa…
Potrò mai ritrovare la
tanto agognata pace e
riunire il cuore nell’amore
unico, perfetto ed eterno?”
Lisa Verdi
Regno del Re Sole, anno 1659
1.
La Galleria degli Specchi
Luigi XIV avanzò rapidamente verso
l’ingresso della Galleria degli Specchi
e sorrise quando vide che i suoi ordini
erano stati pienamente rispettati. Non
vi era infatti alcuna traccia dei nobili
che erano soliti seguirlo come cani al
guinzaglio attraverso le molte stanze
della Reggia di Versailles, dialogando
degli usuali e noiosi argomenti che
tanto lo tediavano da quando era stato
incoronato Re di Francia.
Si arrestò, inspirando una lunga boccata d’aria, si girò per constatare di
essere completamente solo, e infine
varcò la soglia della Galleria con passo deciso e baldanzoso.
Raggiunse circa la metà del lungo e
ampio corridoio e passò in rassegna la
parete di fronte a sé, ricoperta da
specchi luccicanti e splendenti della
luce del primo mattino.
Quindi si fermò ad osservare con interesse la propria immagine, sistemò un
boccolo della parrucca che era sfuggito
alla
prigionia
forzata
dell’acconciatura, e attese.
Il cuore gli martellava in petto con un
ticchettio assordante e le mani gli sudavano come il primo giorno in cui
aveva posato gli occhi su una ragazza.
Era mai possibile che il Re di Francia,
che tante donne aveva conosciuto,
tremasse e si emozionasse come un
ragazzino inesperto, nell’attesa del
suo unico e più grande amore?
Era trascorso un anno dall’ ultimo incontro con la magnifica dama che gli
aveva rubato il cuore e troppe notti
insonni avevano logorato il suo animo, nell’attesa del momento in cui
l’avrebbe ancora stretta tra le sue
braccia.
Lui, il Re Sole, il Re dell’Amore, avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche rinunciare al suo Regno, pur di vivere
con quella creatura meravigliosa che
popolava i suoi sogni e che sapeva
scuoterlo con la forza di una tempesta.
Restò ancora fermo per qualche istante dinanzi allo specchio, quindi sbuffò
e prese a camminare nervosamente
per la stanza, lanciando, di tanto in
tanto, occhiate furtive verso il suo riflesso.
Come mai era in ritardo? Perché la
bellissima dama non lo aveva ancora
beato della sua presenza? Lo stava
forse prendendo in giro per qualche
oscuro motivo e non si sarebbe presentata al tanto prezioso e atteso appuntamento? Il Re Sole era deciso ad
abbandonare la Galleria, profondamente deluso e infuriato, quando una
sottile folata di vento gli sfiorò la
fronte e gli accarezzò una guancia.
Ebbe la netta sensazione che il tempo
si fosse fermato, anzi, ne era del tutto
sicuro.
Quando la dama appariva al suo cospetto, persone, animali, piante o creature del cielo arrestavano il loro movimento, e tutto veniva avvolto da una
calma assoluta e immateriale.
Corse verso lo specchio centrale e vi
si piazzò di fronte, con il cuore che gli
pulsava nelle tempie in modo quasi
doloroso e un desiderio sempre più
incalzante di stringere tra le sue braccia la splendida dama.
Dopo qualche istante, lo specchio si
dissolse per lasciare lo spazio a un
turbine di vento grigio e nero, che si
muoveva a una velocità tale da costringere il Re ad arretrare di qualche
passo.
Poi, mentre il vento diminuiva il suo
impeto, una lunga e folta chioma di
capelli argentati apparve alla sua vista.
La dama sorrise al Re di Francia e si
inchinò al suo cospetto, mentre il vortice si dissolveva alle sue spalle, lasciando nuovamente spazio allo specchio lucente.
“Luigi, mio Signore” sussurrò lei, col
capo rivolto a terra. “Mio sovrano e
mio unico amore.”
Il Re Sole le corse incontro, le sollevò
delicatamente lo splendido ovale del
viso e la fissò a lungo nei sottili occhi
azzurri, prima di parlare.
“Andromeda, tu non devi inchinarti di
fronte a me, io sono il tuo umile servo
e lo sarò per l’intera durata della mia
vita, a te devoto in tutto e per tutto. Ti
ho donato il mio cuore e la mia anima
e come tuo schiavo ti imploro di considerarmi solo un uomo. Qui, al tuo
cospetto, il Re di Francia non esiste.”
La dama gli sorrise malinconica e gli
accarezzò una guancia.
“Sei così dolce, Luigi, mio tenero amore” gli sussurrò, a pochi centimetri
dal suo viso. “Come vorrei che tu non
fossi il Re e io una Custode! Le nostre
esistenze non sarebbero così tormentate e non ci obbligherebbero a piangere sulle disgrazie che ci travolgono
come un fiume in piena!”
Luigi l’abbracciò e la strinse forte a
sé, accarezzandole i lunghi capelli argentati.
“Allora fuggiamo subito, senza indugi! Scappiamo da tutto e da tutti, lontano dai nostri odiati doveri! Posso
trovare facilmente una fattoria in cui
vivere soli, io e te, uniti per l’eternità
e nascosti ad occhi indiscreti.”
Andromeda affondò il viso sulle sue
spalle e lacrime lucenti scintillarono
sull’abito dorato del Re.
“Amore mio, non piangere, ti prego”
sussurrò lui, accarezzandole ancora i
capelli. “Sta a noi decidere se abbandonare il nostro destino, già disegnato
da tempo, per seguire l’ istinto e le
passioni. Io ti amo.”
Andromeda si staccò dall’abbraccio e
si passò lentamente il palmo delle
mani sugli occhi colmi di tristezza.
“Ti amo anch’io, mio dolce Luigi. Ma
questo non è sufficiente per…”
“No, fermati, non voglio ascoltarti” la
interruppe il Re di Francia, ponendole
un dito sulle labbra. “Ero convinto
che, nel nostro ultimo incontro, avessimo già preso questa decisione…
Andromeda, non sei forse qui, oggi,
per abbandonare il tuo mondo e per
unirti definitivamente al mio, via dagli
sfarzi e dagli impegni di corte?”
Luigi fissò la splendida dama con ansia mista a preoccupazione e la vide
arretrare di un passo verso lo specchio.
“Andromeda?”
Lei scosse la testa, facendo ondeggiare i capelli argentati che si sparsero a
ventaglio sulla schiena.
“Andromeda?” ripeté lui, con la bocca
secca e un vivo terrore dipinto negli
occhi sbarrati.
La dama arretrò di un altro passo e alzò le mani dinanzi a lui, mentre le lacrime avevano ripreso a solcarle il bel
viso pallido e provato.
“Luigi, ho voluto questo incontro per
dirti che non ci rivedremo mai più. Il
nostro amore si spegne qui, tra le pareti di questa Galleria…”
“No!”
“Luigi, ti prego, non è possibile continuare questa relazione, non mi è concessa!”
“No, non ti lascerò scappare, non ti
consentirò di allontanarti da me! Ti
rapirò, ora, e ti imprigionerò finché
non sarai rinsavita e ti getterai tra le
mie braccia.”
Andromeda restò immobile, piegando
però le labbra in un dolce sorriso.
“Amore mio, sai perfettamente che
non puoi rapirmi” sussurrò, avanzando lentamente verso di lui. “I miei po-
teri sono immensi e a nulla varranno i
tuoi sforzi per trattenermi. Inoltre, chi
chiamerai per aiutarti? Il tempo al di
fuori della Galleria è fermo e nessuno
sa della mia esistenza e della mia presenza qui.”
Il Re sbatté più volte le palpebre e
chinò il capo a terra, stringendo entrambi i pugni.
Andromeda gli si piazzò di fronte e lo
accarezzò dolcemente sul viso.
“Sapevamo fin dall’inizio che questo
amore non avrebbe avuto storia. I nostri destini sono troppo importanti per
la sopravvivenza del Genere Umano e
del Popolo Elfico. Abbiamo il dovere
di seguire le strade che ci sono state
disegnate da tempo, anche se queste ci
condurranno a un’inevitabile separazione.”
Luigi la fissò per qualche istante nei
sottili occhi azzurri, quindi le afferrò
il viso e la baciò.
Andromeda tentò di opporre resistenza appoggiandogli le mani sul petto,
ma dinanzi alla sua insistenza si lasciò
avvolgere dal tepore e dalla passione
di quel bacio, gettandogli le braccia al
collo.
“Non posso vivere senza di te!” gridò
il Re di Francia con voce roca, quando
si staccò dalla Custode del Sole di Aresil. “La mia esistenza non avrà più
alcun senso… nulla avrà più valore,
nulla!”
“Taci, amore mio, io sono qui anche
per aiutarti a non soffrire” mormorò
Andromeda sulle sue labbra. “Cancellerò ogni ricordo di noi dalla tua mente, così tu potrai continuare a regnare
sulla Francia come un sovrano abile e
saggio.”
“Che intendi dire?” tuonò lui, allontanandola per colpirla con uno sguardo
duro e feroce. “Non toccherai la mia
mente, non ti permetterò di annientare
ciò che ho di più caro al mondo, cioè
il ricordo del nostro unico e splendido
amore!”
Andromeda sospirò e ricacciò indietro
le lacrime.
“Sarà inevitabile, mio Signore” mormorò ancora, con la voce arrochita
dall’emozione. “E tu non potrai fermarmi in alcun modo.”
“No!” urlò il Re, agguantandola per le
braccia. “Non puoi farlo, non devi farlo! Io ti voglio, ora, sempre, per
l’eternità!”
“Mi dispiace” sussurrò lei con un filo
di voce, lasciando che le lacrime le
rigassero le guance pallide. “Allontanati da me.”
“Co…come?” chiese Luigi, fissandola
con occhi stralunati. “Non puoi dire
sul serio… no, ti prego.”
“Allontanati” continuò Andromeda
con voce ferma e bassa. “VIA DA
ME!”
Il Re di Francia sbarrò gli occhi quando l’aura dorata della dama lo avvolse
e lo spostò con delicatezza verso una
delle ampie vetrate.
Scosse la testa e alzò le braccia in avanti, in una muta richiesta di aiuto.
“Amore mio, ti prego…” sussurrò poi,
biascicando le parole. “Non lasciarmi.”
Andromeda fece un ampio respiro e
aumentò ancora di più la sua aura,
tanto che il Sovrano si vide costretto
ad abbassare le braccia lungo i fianchi.
“Io non ti lascerò mai, Luigi, mai” gli
disse, mentre le lacrime continuavano
a solcarle il viso. “Un giorno ci incontreremo ancora, te lo prometto. Io ti
cercherò sempre, in ogni istante della
mia vita.”
Il Re di Francia tentò di scuotere la
testa, ma riuscì solo a compiere un
impercettibile movimento alla sua sinistra.
“Quando… quando…” chiese, fissandola nei sottili occhi tristi.
Andromeda sospirò nuovamente e
chinò il capo a terra.
“Non posso rispondere a questa domanda, non ne ho il potere, ma accadrà presto. E ora ascolta, Luigi. Prima
di operare sui tuoi ricordi ti farò un
dono, che dovrai tenere sempre con
te.”
“Un dono? E che dono?”
Andromeda gli si avvicinò e, diminuendo un po’ l’aura, gli afferrò una
mano e gli pose sul palmo un anello
d’oro, al centro del quale spiccava una
piccola pietra verde.
“Esso proviene dal mio pianeta e contiene tutto l’amore che ci lega. Quindi,
tienilo sempre con te.”
Il Re di Francia osservò l’anello con
aria sconvolta e frastornata, quindi
pose nuovamente lo sguardo sulla
splendida dama che stava indietreggiando sempre più verso lo specchio.
“Io… io non capisco… non capisco”
balbettò
con
voce
spezzata
dall’emozione. “Ma ti obbedirò. Ti
porgo però un’unica domanda. Se fra
qualche istante non mi ricorderò più
di te, come potrà l’anello continuare a
pulsare del nostro amore?”
Andromeda gli sorrise con infinita
dolcezza e lo fissò nei grandi occhi
spaventati.
“Esso è collegato al tuo cuore, non alla mente. E dal cuore preleverà
l’energia necessaria che gli consentirà
di mantenersi in vita”.
“Capisco.”
Il Re di Francia strinse forte l’anello
nel palmo della mano, quindi osservò
Andromeda con sguardo carico di terrore e di tristezza.
“Quando entrerò nella tua mente per
cancellare il ricordo del nostro amore,
ti lascerò un messaggio. Saprai sempre, in ogni istante della tua esistenza,
che l’anello è importante e che non te
ne dovrai separare mai, per alcun motivo. Lo terrai con te finché un Padre
di Aresil non verrà qui per riprenderlo. Tu glielo consegnerai senza batter
ciglio e in quell’istante saprai che la
tua vita sarà volta al termine.”
Il Sovrano spalancò gli occhi e cercò
di compiere un passo verso di lei, senza tuttavia riuscire a muovere un solo
muscolo del suo corpo ormai affaticato.
“Andromeda, amore mio, ti prego,
non farlo.” la supplicò, in un ultimo,
disperato tentativo.
Lei si asciugò le lacrime col palmo
delle mani e socchiuse gli occhi. Pochi istanti dopo il Re giaceva a terra,
supino, la parrucca scomposta, la mano destra stretta attorno al piccolo anello. Sbatté più volte le palpebre e si
guardò attorno, mentre si alzava lentamente da terra.
Fissò la parete degli specchi dinanzi a
lui, quindi si girò verso l’ingresso. Sistemò alla meglio la parrucca sul capo, scosse la lunga giacca per allontanare qualche residuo di polvere, e infine si diresse verso l’uscita a grandi
passi.
Non capiva assolutamente quanto gli
era accaduto o perché si trovasse lì,
completamente da solo, ma provava
dentro di sé un grande senso di pace
che lo rassicurò pienamente sul suo
stato di salute mentale.
Prima di abbandonare la Galleria degli Specchi, aprì la mano destra, fissò
l’anello e lo infilò sul dito indice. Sorrise e si avviò infine baldanzoso verso
i suoi doveri di Re e di uomo.
2.
Tensione
Lisa Verdi se ne stava appollaiata sul
terzo gradino della scala che portava
al piano superiore della sua casa, a osservare gli amici Gianni e Matilde,
immersi in una feroce discussione.
Il primo, un ragazzo robusto e palestrato, gesticolava vistosamente, puntando in continuazione il dito indice
contro la ragazza piccola e minuta che
lo ascoltava con le braccia conserte.
Lisa osservò Matilde spostare dagli
occhi una ciocca di capelli rosso fuoco e sistemare sul naso gli occhiali,
che sembravano traballare sotto le urla di Gianni.
Attorno a loro saltellava nervosamente Bartolomeo, Generale dei Guardiani, un Elfo alto e magro, con lunghi
capelli castani perennemente arruffati
e un gusto orrido nell’abbinare i vestiti. Non si poteva proprio definire un
bel ragazzo, ma possedeva tratti del
viso decisi e regolari e un’aria buffa e
impacciata che aveva conquistato del
tutto Lisa, facendola innamorare pazzamente di lui.
Lisa sbuffò e abbracciò le ginocchia,
ponendovi sopra il mento. Spostò
quindi lo sguardo sulla zia che era appena entrata in salotto e stava cercando di aiutare Bartolomeo nell’arduo
compito di interrompere quell’assurda
litigata.
Anna era un Elfo affascinante, con
lunghi capelli biondi che le scendevano diritti sulle spalle e lucenti occhi
azzurri dipinti in un ovale perfetto.
Vestiva abitualmente abiti colorati e
amava agghindarsi con quantità smisurate di collane, orecchini e bracciali.
Lisa adorava la zia, era vissuta con lei
per parecchi anni e l’aveva sempre
considerata come una seconda mamma. Senza Anna non sarebbe mai riuscita ad affrontare i pericoli ai quali
era stata sottoposta negli ultimi mesi
e, soprattutto, a superare la perdita di
sua madre Marta, Signora degli Elfi.
Nel frastuono delle urla concitate di
Gianni e Matilde, Lisa socchiuse gli
occhi e ripensò alla madre, alle sue
labbra sempre piegate in un dolce sorriso e ai lunghi capelli biondi che lei
amava raccogliere in eleganti
chignon.
Serrò i pugni ripercorrendo gli attimi
in cui le era stato riferito che Marta
aveva sacrificato se stessa per ridare
la vita a suo figlio Luca, assassinato
qualche tempo prima dal perfido Generale Guglielmo. Riprovò le stesse,
feroci sensazioni che l’avevano stretta
in un’atroce morsa di dolore e che, a
pochi giorni di distanza dalla perdita
della madre, ancora le spappolavano il
cuore, frammentandolo in mille, minuscoli pezzi.
Sobbalzò quando sentì Matilde alzare
la voce. Riaprì gli occhi, si riassettò i
lunghi capelli castani e fissò l’amica
che ora fronteggiava spavaldamente
Gianni, con le mani appoggiate sui
fianchi.
“E tu sei innamorato di una vecchiaccia che vive da millenni in una biblioteca sporca e ammuffita!” urlò
l’amica, sistemando ancora gli occhiali sul naso. “Quindi non rompermi più
le scatole, intesi?”
Gianni la fulminò con uno sguardo
truce e le sventolò il dito indice sotto
il naso.
“Andromeda ha la mia stessa età, non
è una vecchiaccia, anzi, è una ragazza
bellissima, dolce, comprensiva, cioè
esattamente il contrario di quello che
sei tu, contenta?”
“Cosa?” urlò ancora Matilde, cominciando a tremare per la rabbia. “Tu…
tu non ti rendi conto di quello che stai
facendo… lei… lei è la Custode del
Sole di Aresil! E è un’aliena! Non capisci che ti sta solo prendendo in giro
e che non ti ama veramente?”
Gianni la fissò in silenzio per qualche
istante, quindi scoppiò a ridere.
“Parli proprio tu che ti sei innamorata
di uno zombie! Di un cadavere ritornato in vita per compiere una stupida
missione che non è neppure riuscito a
portare a termine! D’altronde, un tipo
effeminato come lui non potrebbe
mai…”
“Insomma, la volete smettere?” intervenne Anna, battendosi una mano sulla fronte. “Mi state facendo scoppiare
la testa con questa marea di assurdità!
Basta, per favore, datevi una calmata!”
“Eh no, Anna, ha iniziato lui” gridò
Matilde, additando Gianni. “E il signorino o si scusa immediatamente
con me, e ritira tutto quello che ha
detto, o io… io..”
“Tu, cosa?” la interruppe Gianni, passandosi nervosamente una mano sui
corti capelli scuri. “Fatti entrare una
volta per tutte in quella zucca vuota
che io e Andromeda siamo una coppia
perfetta e ci amiamo veramente, mentre Luca ti sta solo prendendo per i
fondelli, e così ritorneremo ad essere
amici come prima.”
“A… amici?” balbettò Matilde, abbandonando le braccia lungo i fianchi.
“Io… io … credevo che ci amassimo...”
“Oh, certo che vi amavate” intervenne
finalmente Bartolomeo, posando le
mani su una spalla di entrambi.
“Quindi ora fate la pace, da bravi
bambini.”
“Fatti gli affari tuoi!” lo rimbeccò
Matilde, scansando la sua mano come
se fosse appestata.
“Esatto. Chi ti ha chiesto niente?” ringhiò Gianni, strattonandolo per la maglietta ocra. “Sarai anche un Generale,
ma non rompere le scatole, ok?”
Anna sollevò gli occhi al cielo e Bartolomeo si frappose tra i due, fissandoli entrambi con aria truce.
Solo in quell’ istante, temendo soprattutto per l’incolumità di Gianni, Lisa
si alzò noiosamente dal gradino che
l’aveva ospitata per un buon quarto
d’ora e si avvicinò al gruppo, allontanando l’Elfo con un tocco delicato,
ma deciso.
“Ora basta” sussurrò a pochi centimetri dal viso di Gianni. “Siete assurdi.
Non voglio sentire i miei migliori amici che litigano per cavolate e si
sbranano come bestie. In queste ore
abbiamo pensieri ben più grandi da
affrontare. I vostri discorsi sono ridicoli e del tutto inopportuni.”
Matilde fissò Lisa con la bocca spalancata, quindi l’abbracciò, singhiozzando.
“Mi… mi dispiace… hai… hai ragione… tu… hai… appena… perso…
la… mamma… e noi… siamo qui…
a… litigare… per niente… per nulla… scu… scusa.”
Lisa le accarezzò i capelli e la scostò
delicatamente da sé.
“Non è la perdita di mia madre a preoccuparmi, ora, quanto la presenza di
Silvia nel Regno Elfico. Dobbiamo
eliminarla, Matilde, te ne rendi conto?
Ucciderla senza alcuna pietà, se vogliamo salvare la nostra pelle e quella
degli
altri
poveri
abitanti
dell’Universo. Ti pare poco?”
L’amica sbatté più volte le palpebre,
quindi tirò su col naso e spostò lo
sguardo su Gianni.
“Ha ragione Lisa, dobbiamo smettere
di litigare tra di noi. Abbiamo preso
due strade diverse e ormai non possiamo più ritornare indietro. Facciamo
pace?”
Gianni la fissò per qualche istante,
quindi le allungò una mano.
“Pace.” sibilò tra i denti, mentre Anna
alzava gli occhi al soffitto.
“Com’è che dicevano gli indiani, i
pellerossa?” intervenne Bartolomeo,
sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori. “Ah sì! Seppelliamo l’ascia di
guerra, o una cosa del genere, vero?”
Lisa strabuzzò gli occhi, Gianni sbuffò, Matilde scosse la testa e Anna lo
spinse verso la cucina.
“Ma che ti salta in mente?” brontolò,
gettandogli un grembiule da lavoro.
“Su, indossalo, dobbiamo sminuzzare
la verdura.”
“Eh? Che? Io… cosa?”
“Hai capito perfettamente!” continuò
Anna, spalancando la porta del frigo.
“Dobbiamo preparare lo stufato,
quindi datti da fare, intesi?”
Bartolomeo sbottò e indossò il grembiule di malavoglia, sotto lo sguardo
divertito di Matilde, che stava cercando di trattenere uno scoppio violento
di risate.
L’attenzione di Gianni era invece catturata da Lisa, che si era lasciata cadere noiosamente sul divano e aveva af-
ferrato il telecomando della TV, facendo zapping da un canale all’altro.
“E beh, e tu che hai?” le chiese, sedendo accanto a lei. “La Lisa che io
conosco si sarebbe piegata in due dalle risate di fronte alla scena di prima.
Diciamo che sei… ehm… patetica,
ecco, questa è la parola giusta.”
Lei si strinse nelle spalle e continuò a
fissare lo schermo della TV, dove le
immagini si susseguivano veloci le
une sulle altre.
“Ah! Fai pure la cafona, ora? Complimenti, proprio un bel comportamento, degno di una regina, direi. Ma
non ti vergogni? Sei la Signora degli
Elfi e te ne stai qui seduta a perdere
tempo come una scolaretta annoiata!”
Lei respirò profondamente, ma non
distolse lo sguardo dal video.
“Ehi, Lisa, dico a te, c’è nessuno? E
datti una mossa, svegliati, mi fai veramente pena!”
“Gianni, smettila” lo interruppe Matilde, che si era seduta sulla poltrona
dal lato di Lisa. “Lasciala stare, con
tutto quello che ha passato… “
“Oh! Poverina! La bambina ha perso
la sua mamma e è stata presa a calci
nel sedere! Anzi, nel sederone, già ti
vedo bella grossa davanti alla TV a
mangiare popcorn e a bere birra…
uh… chissà che spettacolo!”
“Gianni, basta” lo interruppe ancora
Matilde, notando che Lisa aveva gli
occhi colmi di lacrime. “Stai esagerando.”
“Che succede di là?” chiese Anna,
mentre porgeva una carota a Bartolomeo. “Si può avere un po’ di pace oggi? Domani sarà una giornata impegnativa, ci sono i preparativi per… “
Si bloccò, portandosi entrambe le mani sulla bocca.
“Accidenti, non dovevo dirlo…” sussurrò, a pochi centimetri dall’orecchio
del Generale.
“Doveva essere una sorpresa” la rimbeccò lui, guardandola di traverso.
“Spera che Lisa non abbia capito.”
Ma quando Bartolomeo sollevò gli
occhi, lei era dinanzi a loro e li fissava
con uno sguardo che la diceva tutta su
quanto poteva avere o non avere sentito. Con le braccia conserte, tamburel-
lava noiosamente le dita sulla pelle, in
attesa di una rapida spiegazione.
“Allora?” li incalzò, dato che nessuno
dei due osava aprire bocca, ostinandosi a tagliare le verdure a testa bassa.
“Che state tramando?”
Anna sospirò, si passò le mani sul
grembiule e le si avvicinò, con le
guance arrossate dall’imbarazzo.
“Domani è il tuo compleanno, ricordi?”
Lisa sbarrò gli occhi.
“Domani io e Bartolomeo partiamo
per Parigi, ricordi? Secondo quanto
stabilito dal Consiglio e dai Padri di
Aresil.”
“C’è stato un cambio di programma.
La partenza è stata rinviata di un giorno.”
Lisa strabuzzò ancora di più gli occhi
e si passò una mano tra i capelli, mentre spostava lo sguardo dalla zia a
Bartolomeo, che se ne stava ancora a
testa bassa, preso dal taglio delle verdure.
“Stai scherzando, vero?” urlò, tanto
che Gianni e Matilde scattarono in
piedi con un rapido balzo. “La Madre
di tutti i mali sta per muovere guerra
contro il Regno Elfico e voi ve ne state qui a pensare al mio compleanno?
Ma… ma siete impazziti? Vi si sono
inceppati gli ingranaggi del cervello?
Avete bevuto? Non…”
“Ora basta! Non puoi rivolgerti a tua
zia in questo modo, ok? Datti una
calmata!”
Lisa spalancò la bocca e restò a fissare Bartolomeo che le si era avvicinato
col suo grembiule da lavoro fucsia e
la guardava, scuotendo la testa.
Ripresasi dallo stupore, gli si piazzò
di fronte e gli punzecchiò il petto col
dito indice.
“Sei tu che non devi permetterti di
parlarmi con questo tono” gli rispose,
al limite dell’isteria. “Io sono la Signora degli Elfi e voi tutti mi dovete
rispetto! Sono stufa di essere trattata
come una ragazzina, stufa di non capirci più niente di questi dannati mondi, stufa di dover rischiare la vita ogni
giorno, di soffrire, di perdere chi amo… stufa… di tutto… non ce la faccio più…”
“Lisa…”
Bartolomeo la fissò negli occhi ormai
colmi di lacrime e le sollevò il mento.
“Io sono qui… noi siamo qui, non sei
sola.”
Lei si passò una mano sul viso, quindi
arretrò di un passo, fissando Bartolomeo con uno sguardo carico di incredulità e di disprezzo.
“No, non è vero, io sono sola, perché
nessuno di voi sembra rendersi veramente conto della gravità della situazione. Domani è il mio compleanno?
E che vorreste fare? Dare una bella
festicciola mentre stiamo per andare
tutti all’altro mondo? No, ditemi che è
uno scherzo, vi prego.”
“Non è uno scherzo.” le rispose Anna,
con tono alquanto seccato, mentre si
dirigeva nuovamente in cucina con
passo rapido.
Afferrò il coltello e prese ad affettare
con rabbia una carota, i cui pezzi volarono in più punti del tavolo.
“Se vuoi proprio saperlo, è stata una
mia idea. Domani compi diciassette
anni e voglio festeggiarti alla grande.
Te lo meriti, dopo tutto quello che hai
dovuto subire e per quanto hai soffer-
to. E non cambierò idea, intesi? Neppure se si dovesse presentare la Madre
in persona!”
Lisa arretrò ancora di qualche passo e
urtò Gianni, che sbuffò riservandole
uno dei suoi sguardi più sprezzanti.
“Hai la puzza sotto il naso, mia cara”
le sussurrò lei all’orecchio. “Ma questo mi pare di avertelo già detto, o
sbaglio?”
Lisa strinse i denti e si scostò
dall’amico, alzando il ciondolo reale
di fronte a sé.
“Ma… ma che fai?” balbettò Matilde,
fissando alternativamente l’amica e il
ciondolo con aria stralunata. “Sei forse impazzita? Usare il tuo potere contro Gianni? Tua zia ha ragione, è giusto che ti fermi un attimo, che pensi a
te stessa, che ti rilassi un po’...”
Lisa non riusciva a credere alle proprie orecchie.
Fissò Gianni che la guardava con le
braccia abbandonate lungo i fianchi e
i pugni stretti per la rabbia, spostò lo
sguardo su Matilde che le aveva parlato con le mani sul petto e gli occhi lucidi di lacrime, quindi si fermò a os-
servare Anna e Bartolomeo che nel
frattempo le si erano avvicinati, muovendosi con cautela.
“Lisa, sii ragionevole, abbandona il
ciondolo” le disse l’Elfo con un filo di
voce, alzando lentamente le braccia
dinanzi a sé. “La cosa sta prendendo
una brutta piega. Tu non vuoi far del
male a Gianni, vero?”
Lei spostò lo sguardo da Bartolomeo
all’amico che continuava a fissarla
con disprezzo. Percepì l’ondata di energia che prendeva vita dal suo cuore, per irradiarsi al torace e penetrare
con forza nel ciondolo che si illuminò
all’istante.
Si sentiva forte, potente, indistruttibile
e pensò che se la Madre fosse stata lì
con lei, davanti a lei, l’avrebbe certamente annientata. I capelli presero a
mulinarle attorno al viso e i suoi occhi
si strinsero a fessura, immersi in quelli duri di Gianni. Avrebbe potuto
spazzarli via tutti, in un attimo, se solo lo avesse desiderato intensamente.
E in quel momento comprese la dimensione reale del potere che racchiudeva nel suo animo, nella sua
mente. Era una potenziale macchina
per uccidere e questa rivelazione la
riempì d’orgoglio, che le colorò le
guance di un bel rosso sangue, la fece
sentire viva e pulsare di forza come
mai aveva provato dal suo ingresso
nel Regno Elfico.
Sì, avrebbe potuto annientarli tutti,
tutti quanti, in un istante, se solo…
“Lisa? Ma che stai facendo? Ci stai
prendendo in giro, vero?”
Lei si girò verso Matilde che le aveva
appoggiato con coraggio le mani sul
braccio destro e la guardava con occhi
tristi e lucenti.
“Smettila, abbandona il ciondolo, ritorna da me” la supplicò, stringendo
le dita sulla sua pelle. “Lisa?”
Lei socchiuse gli occhi, trasse un profondo respiro e lasciò scivolare le
braccia lungo i fianchi, coprendosi poi
il viso con le mani. Si inginocchiò a
terra e si lasciò cullare dal tepore
dell’abbraccio di Matilde.
“Passerà tutto, in fretta, non preoccuparti” la rassicurò l’amica. “Vedrai
che questo incubo finirà presto e tor-
neremo a divertirci come due matte…
Lisa?”
“Sì, sì…” balbettò lei, scossa da fremiti che le scuotevano il corpo e lo
spirito. “Mi dispiace, io… non so che
mi sia preso! Gianni, scusami!”
Alzò il viso, ancora inginocchiata, per
fissare l’amico negli occhi, con la speranza di trovarvi una traccia di perdono, ma li vide solo carichi di disprezzo e di rabbia.
“Mi fai pena!” urlò infatti lui, dirigendosi a passi veloci verso l’uscita.
“E’ uno schifo! E tu saresti la Signora
degli Elfi? Ma dai, vatti a nascondere,
che è meglio!”
“Aspetta, dove pensi di andare?” lo
bloccò Bartolomeo, piazzandosi velocemente di fronte a lui. “Se resti qui è
più sicuro.”
Gianni lo fulminò con uno sguardo
truce e gli si avvicinò per parlargli nel
lungo orecchio a punta.
“E’ la tua ragazza, o meglio, quasi tua
moglie, ma non devi permetterle di
dire o di fare tutto quello che le passa
per la testa. Ti stai facendo mettere
sotto come un baccalà, non te ne rendi
conto?”
Bartolomeo spalancò la bocca per ribattere, ma venne anticipato da Lisa
che, nel frattempo, si era rialzata in
piedi e stava riassettando i lunghi capelli.
“Lascialo andare, ha ragione lui. Sono
un disastro.”
Gianni la guardò ancora con disprezzo
da cima a piedi e uscì di casa, sbattendo rumorosamente la porta dietro
di sé.
“I Guardiani?” chiese Anna a Bartolomeo, scostando la tenda della finestra del corridoio per osservare il ragazzo che stava uscendo dal vialetto.
“Possiamo dormire sonni tranquilli?”
“E’ tutto a posto, ora sono invisibili e
non lo lasceranno da solo neppure per
un istante.” le rispose il Generale,
passando un braccio sulle spalle di Lisa.
“Beh… io invece preferirei dormire
qui, stanotte, se non sono di disturbo”
sussurrò Matilde, guardandosi attorno
con aria spaventata. “Posso… posso
chiamare i miei per avvisarli?”
“Ma certo, cara” la rassicurò Anna,
prendendola sottobraccio. “Ti preparo
la camera degli ospiti e… Lisa, tesoro,
fatti una doccia e mettiti a letto. Fingerò che quanto ho appena visto non
sia mai accaduto, ok?”
“Mi vergogno di me stessa” mormorò
lei a denti stretti, salendo a fatica le
scale. “Non so che mi sia preso.”
Anna la guardò sparire sul pianerottolo del primo piano, seguita a ruota da
Bartolomeo, sospirò e accompagnò
Matilde verso il telefono.
Lisa spalancò la porta della sua camera e si gettò sul letto, con gli occhi
chiusi e una mano appoggiata alla
fronte. La testa le pulsava dolorosamente e fitte continue le stringevano
la bocca dello stomaco, creandole anche qualche difficoltà con la respirazione.
Bartolomeo entrò lentamente nella
stanza, chiuse la porta dietro di sé e
sedette sulla sedia posta abitualmente
accanto al letto.
La osservò per qualche istante, quindi
si schiarì la voce per attirare la sua attenzione.
“Che ti sta succedendo? Lo sai che
avresti potuto fare veramente del male
a Gianni?”
Lisa non rispose, ma annuì, soffocando un gemito.
“Oggi sei riuscita a capire come funziona il tuo ciondolo, e la cosa mi fa
piacere. Ma non a discapito del povero Gianni! Allora? Che mi dici? Sappi
che non ti permetterò più di comportarti come stasera, a costo di fermarti
io stesso!”
Lisa spalancò gli occhi e scattò a sedere sul letto.
“Io ti amo, più della mia stessa vita,
ma non asseconderò la tua pazzia,
mai, in nessun istante” proseguì Bartolomeo, con voce dura. “Rivoglio la
mia Lisa e la rivoglio subito, ora!”
Lei spalancò ancora di più gli occhi
ma non riuscì a rispondergli. Aveva le
labbra che le tremavano per
l’emozione e la testa che era in procinto di spaccarsi in due.
Si limitò ad annuire e si girò su un
fianco, stringendo tra le mani il ciondolo reale. Era stupita e inorridita del
proprio comportamento. E spaventata,
a morte. Nei brevi istanti in cui aveva
minacciato Gianni, si era sentita invadere da una forza devastante, una furia cieca che l’avrebbe trasformata in
una spietata assassina. Tremò e si
rannicchiò su se stessa, socchiudendo
gli occhi. Perché non era riuscita a far
scaturire dal ciondolo questa forza
devastante, quando si era trovata al
cospetto del Nero Signore degli Elfi?
Perché non era riuscita a fermare
l’attacco del Generale Guglielmo e
del Principe Lìspoto al Lago di Smeraldo e impedire agli Stregoni di leggere le Sacre Formule contenute
nell’Antico Codice? Perché solo quella sera, di fronte a un semplice Umano, aveva compreso come far esplodere la rabbia che covava dentro di sé,
quella che avrebbe senz’altro impedito il ritorno della Madre?
Strinse gli occhi fino a farli lacrimare,
si raggomitolò ancora più su se stessa,
e mentre Bartolomeo la fissava senza
intervenire, sprofondò silenziosamente in un sonno agitato, popolato da incubi continui e terrificanti.
3.
Una piccola rosa blu
Lisa era sdraiata pigramente sotto una
quercia sottile, con le braccia incrociate dietro la testa, ad ammirare le
nuvole che solcavano il cielo verde
smeraldo del Regno degli Elfi.
Si sentiva in pace con se stessa, rilassata e felice come non lo era mai stata
negli ultimi mesi. Si era stabilita definitivamente al Palazzo Reale e trascorreva gran parte delle giornate in
compagnia di sua madre, la Signora
degli Elfi. Non le mancava nulla,
dall’affetto di Marta a quello sempre
più forte e intenso del dolce e buffo
Bartolomeo.
Non sarebbe più rientrata sulla Terra,
ormai aveva preso la sua decisione.
Vivere nel Regno Elfico l’appagava
pienamente, ora che aveva ritrovato
l’amore della mamma e di suo fratello
Luca. Pensando a lui, Lisa strizzò gli
occhi e distolse l’attenzione dalle nuvole, per mettersi seduta sulla soffice
erba blu del Bosco delle Querce.
Eppure… eppure… vi era qualcosa
che le sfuggiva, un dettaglio,
un’inezia che le punzecchiava fastidiosamente il cervello, dandole un
forte senso di nausea. Fissò una delle
querce dinanzi a sé e spalancò gli occhi, rabbrividendo. Quel tronco, quelle fronde non le erano assolutamente
estranei, anzi, sembravano pulsare di
vita propria e parlavano. Sì, ne poteva
udire ogni sillaba, ogni respiro, ogni
singolo battito di vita. La invitavano
ad avvicinarsi e Lisa si sentì inevitabilmente attratta dall’energia di quella
quercia maestosa che saettava verso il
cielo, spingendo con forza i suoi rami
contro quelli più deboli e minuti degli
alberi vicini.
Scattò in piedi e corse ad accarezzare
il vecchio tronco segnato dalle rughe
profonde dei millenni, che l’avevano
visto protagonista assoluto di quel bosco unico e immenso.
Ne seguì lentamente il profilo col dito
indice e si arrestò solo quando fissò le
ampie radici, che bucavano il terreno
sottostante, creando una fitta ragnatela.
Rabbrividì ancora e si inginocchiò a
toccare alcuni steli d’erba. Erano
freddi e duri, come se la morte li avesse avvolti in un sonno eterno… la
morte… perché quella parola ora le
ronzava rumorosamente nel cervello,
balzando da un angolo all’altro della
testa, senza darle un attimo di tregua?
Fissò ancora il terreno sotto di sé e
scattò in piedi, andando a urtare il
tronco della quercia. Luca, suo fratello, era stato sepolto lì, tra le radici
possenti di quell’albero millenario, a
riposare in pace. No… non era possibile… lei lo aveva visto, gli aveva
parlato e stretto a sé. Luca non era
morto, no, si sbagliava di certo, e sotto i suoi piedi non vi erano null’altro
che erba e terra. Lisa abbozzò un sorriso e rivolse la sua attenzione alla
cima della torre centrale del Palazzo
Reale, che saettava magnifica e opalescente al confine del bosco. Lì viveva
sua madre Marta, la Signora degli Elfi, e ora lei sarebbe corsa ad abbracciarla e a dirle ancora una volta che le
voleva un bene immenso e che non
l’avrebbe dimenticata mai.
Prese a camminare velocemente verso
il Palazzo, quindi si fermò di colpo,
col cuore che le batteva all’impazzata.
L’ultimo pensiero le stava lacerando il
cuore con fitte acute e dolorose.
“Non l’avrebbe dimenticata mai”.
Perché aveva scelto proprio quelle parole? Quale oscuro presagio le stringeva il petto in una morsa possente e
le spaccava la testa in due senza alcuna pietà?
“Marta, la Signora degli Elfi, tua madre, è morta” gracchiò pigramente
una vocina dentro di lei. “Non ricordi
che lei si è sacrificata per far ritornare in vita tuo fratello?”
Lisa si afferrò la testa tra le mani e si
lasciò cadere a terra.
“No, no! Lei è viva, non è morta, è
qui con me!” urlò, con tutto il fiato
che aveva in gola.
Le sue parole sibilarono tra le querce
e si persero rapidamente nel vento.
“Oh sì che è morta” continuò la vocina, impietosa. “La tua mamma non
c’è più e tu stai impazzendo.”
Lisa scosse la testa e nascose il viso
tra le mani.
“Non è vero, sei una bugiarda, mia
madre è lì, a Palazzo, ora ti porterò da
lei… e non sto impazzendo, sto bene,
benissimo e sono felice perché finalmente ho ritrovato parte della mia famiglia!”
“Lisa, furbetta, guarda che a me non
la fai” insistette la vocina, con tono
lezioso. “Non rivedrai mai più la tua
mammina, è stata seppellita ad Aresil
e lì vi rimarrà con l’ altra Signora
degli Elfi che è vissuta prima di lei.”
“Basta, smettila!” gridò Lisa, cominciando a correre verso il Palazzo. “Ora ti faccio vedere che ho ragione io,
così te ne starai zitta e non mi romperai più le scatole!”
“Tesoro, fermati.”
Lisa riconobbe all’istante quella voce.
Si bloccò e si girò, sbarrando gli occhi
che le si riempirono di lacrime.
Sua madre era di fronte a lei, a meno
di un metro di distanza, splendida nel-
la sua lunga tunica bianca, sorridente
e bellissima.
Lisa si tuffò tra le sue braccia e Marta
la cullò teneramente per qualche istante, accarezzandole i capelli.
“Tesoro, non voglio vederti soffrire
così” le sussurrò lei, staccandola da sé
per fissarla nei grandi occhi verdi.
“Voglio invece che ritorni ad essere la
ragazza spensierata e felice di qualche
tempo fa. Ti stai solo facendo del male e, purtroppo, stai coinvolgendo nel
tuo malessere anche chi ti sta attorno…”
“Mamma, che dici?” la interruppe Lisa, scuotendo la testa. “Io non sto soffrendo, sono felice e non vorrei cambiare una virgola della mia vita.”
Marta le sorrise e le accarezzò una
guancia.
“Tesoro, sai che questo non è vero. Il
tuo cuore è inondato di tristezza e di
dolore…”
“Mamma, davvero, ti stai sbagliando!” la interruppe ancora Lisa con tono però incerto, mentre brividi fastidiosi avevano preso a scorrerle lungo
la spina dorsale.
“Questo è un sogno” proseguì Marta,
alzando gli occhi al cielo verde. “Io
sono morta, mentre tuo fratello Luca è
vivo e ora sta reggendo, in tua assenza, il trono della Signora degli Elfi.”
Lisa sentì il cuore perdere un colpo,
quindi la vista le si annebbiò e dovette
appoggiarsi alla madre per non cadere
a terra.
“Tesoro, ora sei tu la nuova Signora
degli Elfi e grosse responsabilità pesano su di te nei confronti del tuo popolo. Voglio che tu la smetta
all’istante di vivere nel mio ricordo e
che affronti il destino a testa ben alta,
confidando nell’amore di Anna, di
Bartolomeo e dei tuoi amici.”
“Mamma, io…”
“Ssstt… basta piangere, basta soffrire.
Vivi la tua vita con serenità e con determinazione, solo così riuscirai a portare a compimento la tua missione. E
ascolta Anna, sempre. Lei ti vuole festeggiare perché è ben conscia del fatto che questo sarà il tuo ultimo compleanno sulla Terra. Falla felice, accontentala e vedrai che incontrare i
tuoi amici ti darà la giusta carica per
affrontare la Madre e fermarla, una
volte per tutte.”
Lisa la guardò con aria stralunata e
indietreggiò di un passo, scuotendo la
testa.
“No, non ti voglio ascoltare! Tu non
sei morta e non esiste nessuna Madre
da combattere, perché viviamo in pace
in un regno meraviglioso!”
“Amore mio, sii felice e, soprattutto,
non temere le tue responsabilità. Tira
fuori la forza che c’è in te e combatti
senza ansie né timori. Io ti sarò vicina,
sempre e in ogni istante.”
Lisa aprì la bocca per ribattere, ma
non ne uscì alcun suono. Vide la madre staccare dal suolo una piccola rosa
blu nascosta tra le felci e posargliela
sulla mano destra.
“Ora vai, piccola mia, unisciti al vento
e cavalca le ali del destino. E non soffrire più.”
Lisa sbarrò gli occhi e si mise a sedere
sul letto, col cuore in subbuglio. Aveva il viso bagnato di lacrime calde e i
capelli arruffati come se avessero dovuto combattere una guerra all’ultimo
sangue con il phon.
Ansimando, spostò lo sguardo su Bartolomeo che, alla penombra dell’abatjour, dormiva sulla sedia russando sonoramente.
Attese qualche istante che il cuore rallentasse i propri, furiosi battiti, quindi
si sdraiò nuovamente a letto, fissando
il soffitto.
“Unisciti al vento e cavalca le ali del
destino.”
La voce della madre le risuonò con
dolcezza nel cervello e la riempì di
un’ energia così potente da attivare il
ciondolo reale.
Lisa lo strinse forte tra le mani e solo
in quell’istante si accorse della piccola rosa blu che giaceva sul bordo del
letto, i morbidi petali setosi che accarezzavano dolcemente il lenzuolo.
L’ afferrò e la portò al petto, sorridendo.
“Sì, mamma, non soffrirò più, te lo
prometto. Da domani tutto cambierà e
io saprò dimostrare di possedere le
qualità necessarie per regnare sul popolo elfico.”
“Certo, tesoro, e… buonanotte.” le
rispose Marta nella sua mente, rim-
bombando come un’eco lontana e
dolcissima.
“Notte anche a te, mamma.”
Lisa sorrise, si girò su un fianco cullando la piccola rosa e dormì, finalmente in pace con se stessa e col
mondo.
4.
Diciassette anni
Lisa si guardò criticamente allo specchio prima di decidere di raccogliere i
capelli in due lunghe trecce.
Dopo la doccia, aveva indossato un
paio di shorts di colore verde militare
con una canotta bianca, che faceva
risaltare la sua pelle ambrata.
Si passò quindi un filo di trucco verde
sulle palpebre, un velo di lucidalabbra
e osservò criticamente il proprio viso
riflesso nello specchio. Era felice.
Perché non avrebbe dovuto esserlo?
Aveva scoperto di poter comunicare
con sua madre e era consapevole che
un frammento della sua anima viveva
in lei, dandole quella forza e quel coraggio necessari per affrontare la terribile Silvia. Inoltre, era finalmente
riuscita a comprendere il funziona-
mento del ciondolo reale e questo
nuovo potere la faceva sentire indubbiamente più sicura delle proprie potenzialità.
Dopo essersi svegliata di buonora, aveva scoccato un bacio delicato sulla
fronte di Bartolomeo, che dormiva
rumorosamente accanto a lei, emettendo sbuffi e grugniti continui e,
mentre si lavava sotto una buona doccia ristoratrice, aveva pensato innanzitutto di telefonare a Gianni per chiedergli scusa, quindi di aiutare la zia in
ogni incombenza legata alla preparazione della sua festa di compleanno.
Aveva tempo tutto il giorno per fare
gli acquisti necessari, in quanto gli invitati sarebbero arrivati solo dopo cena.
Ripensando al trattamento che aveva
riservato al povero Gianni, si sentì un
verme e provò una fitta acuta alla
bocca dello stomaco. Sarebbe mai riuscito a perdonarla? Lisa, scendendo in
fretta le scale, si disse che se non avesse voluto ascoltarla al telefono, avrebbe avuto tutte le sue buone ragioni.
Mentre entrava silenziosamente in cucina, ancora vuota, e apriva le imposte, cercò di seppellire nei meandri
della sua mente il pensiero che più la
tormentava in quella splendida mattinata, cioè che avrebbe potuto uccidere
Gianni senza alcuna fatica o tentennamento, investendolo con la forza
della sua rabbia e del suo odio.
Rabbrividì da testa a piedi, inspirò
profondamente l’aria frizzante portata
con dolcezza da un’alba lucente,
quindi afferrò la moka del caffè. Avrebbe preparato una buona colazione
per tutti e, se necessario, si sarebbe
inginocchiata di fronte ad ognuno per
implorare il loro perdono. Tra qualche
ora avrebbe poi chiamato Gianni e sicuramente tutto si sarebbe risolto amichevolmente con una pacca sulle
spalle.
Mentre posava la moka sul gas, percepì un rumore provenire dalle camere. I suoi acuti sensi elfici le permettevano infatti di udire ogni singolo
suono a distanze anche lunghe, non
sicuramente percepibile da orecchio
umano. Incrociò le braccia sul petto e
sorrise quando da una densa nuvola
gialla ne uscì un tossicchiante Bartolomeo, ancora vistosamente assonnato. Gli si precipitò contro e lo baciò
con foga, passandogli una mano tra i
capelli arruffati.
Quando infine si staccò da lui, Bartolomeo la fissò con le guance arrossate
e il respiro corto.
“A che… a che devo questo saluto così… ehm… passionale?”
Lisa gli sorrise e gli accarezzò il viso.
“E’ il mio modo di chiederti scusa,
per dirti che ti amo, per prometterti
che non mi comporterò mai più come
ieri sera e, infine, per rassicurarti sul
fatto che stasera darò la festa per il
mio compleanno.”
Bartolomeo la fissò di sbieco per
qualche istante prima di ribattere.
“E a che si deve questo cambiamento
di rotta? Ieri eri di tutt’altro umore, se
non ricordo male.”
Lei lo abbracciò ancora e appoggiò il
viso sul suo petto, ascoltando il ritmo
incalzante del cuore.
“Posso solo dirti che la notte mi ha
portato consiglio” gli rispose, facendo
le fusa. “E non chiedermi altro, per
cortesia, devi avere fiducia in me.”
Bartolomeo la staccò dolcemente e le
prese il viso tra le mani, fissandola nei
grandi occhi verdi che pulsarono
d’amore.
“Io avrò sempre fiducia in te” le sussurrò, posandole un bacio sulla punta
del naso. “Però, come ti ho già detto
ieri, non appoggerò mai il comportamento che hai avuto con Gianni, al
quale dovrai chiedere scusa, naturalmente.”
“Ti amo, Barty, e non mi stancherò
mai di dirtelo. Sei la mia salvezza e la
mia forza.”
Lui le accarezzò una guancia e posò la
fronte sulla sua, socchiudendo gli occhi.
“Ti amo anch’io, Signora degli Elfi,
per sempre e… buon compleanno!”
“Generale, giù le zampe da mia nipote! Buon compleanno, tesoro.”
Bartolomeo sobbalzò e si girò di scatto verso Anna che era entrata a precipizio in cucina e si era avventata sulla
moka del caffè che, con ogni probabi-
lità, stava già brontolando da un bel
po’.
“Anna, non stavamo facendo nulla di
male” cercò di giustificarsi l’Elfo,
passandosi una mano tra i capelli arruffati. “In fondo, siamo praticamente
marito e moglie.”
Lei posò stizzita la moka su un centro
tavola di ceramica e lo fissò, con le
braccia appoggiate sui fianchi.
“Sarete davvero marito e moglie
quando vi sposerete dinanzi al Consiglio. Fino a quel momento, occhio a
come tratterai mia nipote, o dovrai
vedertela direttamente con me!”
“Ma Anna, io…”
“Zitto Generale! E ora vai a darti una
sistemata, guarda come sei conciato!”
Lisa lo fissò cercando di trattenere
una risata e lo vide prima sbuffare,
quindi dare le spalle e uscire dalla cucina con andatura dinoccolata.
“E stai attento al vaso di fiori che ho
messo…”
Anna non riuscì a terminare la frase.
Alzò solo gli occhi al cielo quando
sentì il vaso frantumarsi sul pavimento in mille pezzi e Bartolomeo che,
imprecando, ne stava raccogliendo rapidamente i cocci.
Lisa fissò la zia fingendo un’aria seria
e corse ad abbracciarla.
“Perché lo tratti così?” le chiese, infilando poi due pezzi di pane nella tostiera. “Se non ti conoscessi bene, oserei dire che ti diverti.”
“Hai ragione” rispose Anna, prendendo dal frigo un vasetto di marmellata
alla pesca. “Scusa, cara, ma è più forte
di me!”
Lisa scoppiò a ridere e invitò la zia ad
accomodarsi.
“Oggi faccio io” le disse Lisa, scoccandole un bacio sulla guancia. “Logicamente, è il mio modo per chiederti infinitamente scusa per il mio comportamento assurdo di ieri.”
Anna le sorrise e trasse un profondo
respiro, passandosi le mani sugli occhi
lucidi.
“Zia… non…”
“Oh! Non ti preoccupare tesoro, è
l’emozione! Sono felice che tu sia rinsavita! Questa volta ero davvero molto preoccupata per te e non ho praticamente chiuso occhio.”
Lisa corse ad abbracciarla nuovamente, coccolandola per qualche istante.
“Non accadrà nulla, te lo prometto” le
sussurrò nell’orecchio. “E stasera festeggeremo alla grande il mio compleanno.”
Anna le sorrise, le batté una mano sulla spalla e la guardò versarle una buona tazza di caffè nero fumante.
Lisa sedette accanto a lei e le passò le
fette di pane tostato e la marmellata.
“Hai visto Marta, vero?” le chiese
all’improvviso Anna, mentre mescolava lentamente lo zucchero. “Ho notato la rosa in camera tua. Era il suo
fiore preferito.”
Lisa inghiottì a fatica la saliva e si abbandonò sullo schienale della sedia,
appoggiando le mani sul tavolo.
“A te non riuscirò mai a nascondere
nulla, vero zia?”
Anna bevve un sorso di caffè e accennò un sorriso.
“Spero proprio di no, tesoro e, comunque, non ti chiederò altro, se non
vorrai parlarmene tu.”
Lisa la fissò per qualche istante, quindi prese a mordicchiarsi nervosamente
un’unghia. Poi si alzò in piedi e si diresse verso la finestra, inspirando una
lunga boccata d’aria frizzante del mattino.
“Lei è dentro di me, zia, e io posso
parlarle” disse con voce spezzata
dall’emozione. “Ti rendi conto? In un
certo senso, è come se fosse ancora
qui. Sono così felice che potrei scalare
l’Everest in dieci minuti.”
Anna si alzò a sua volta e le si avvicinò, accarezzandole i capelli.
“E’ il tuo ciondolo, Lisa, che ti ha
permesso di unirti a lei. Ieri hai compiuto un grande passo in avanti verso
la scoperta totale dei suoi poteri. Sappi che ogni Signora degli Elfi può
comunicare con chi è entrato
nell’Altra Dimensione e tu questo potere lo hai acquisito stanotte.”
Lisa sbarrò gli occhi, afferrò il ciondolo e lo strinse forte sul petto.
“Quindi mamma riusciva a comunicare con Luca quando era morto?” le
chiese, col respiro corto e il cuore che
le martellava in petto. “Lo ha fatto?”
Anna scosse la testa e sedette nuovamente, bevendo un altro sorso di caffè.
“No, tesoro, non ha parlato con lui,
ma non perché non ne avesse il potere…”
“Non ha avuto il coraggio di contattarlo, non se l’è sentita, vero?” la interruppe Lisa, sedendo accanto a lei.
“La posso capire.”
Anna sospirò, appoggiò la tazzina e
spalmò la marmellata su una fetta di
pane, imitata da Lisa che ancora faticava a credere a quanto la zia le aveva
appena rivelato.
“Stasera daremo una bella festa per il
mio compleanno e fra un po’ chiamerò Gianni per chiedergli scusa.”
“Brava Lisa, ora sono proprio fiera di
te!”
Lei le sorrise e si alzò per sparecchiare la tavola.
“Sì, cara, stasera voglio che ti diverta
proprio” continuò Anna, poggiando la
tazzina nel lavello. “A Parigi e alla
Madre penseremo domattina.”
Lisa sbarrò ancora gli occhi e un cucchiaino le scivolò dalle mani, cadendo
rumorosamente a terra.
“Accidenti, per qualche istante mi ero
dimenticata di quel mostro” sussurrò
con voce tremante. “Ma presto io e lei
faremo i conti e ne vedremo delle belle, davvero.”
Si chinò per raccogliere il cucchiaino
e lo lanciò nel lavello, sotto lo sguardo preoccupato di Anna.
“Ora stai tranquilla. Luca è a Palazzo
e sta preparando l’esercito delle
Guardie Reali, mentre il Generale Filiberto ha sguinzagliato una marea di
spie sull’intero territorio. Stamane mi
ha avvisata che nulla si è ancora mosso dal fronte del nemico.
Lisa annuì e aprì l’acqua del rubinetto, lasciandola scorrere sulle tazzine.
“E di Marcus, che mi dici? E’ ancora
bloccato all’accampamento?”
“Sì, tesoro, non gli è proprio possibile
abbandonare il Passaggio” le rispose
Anna, versando il detersivo per piatti
nel lavello. “La situazione è veramente difficile. Ogni giorno adepti del Nero Signore e ora della Madre tentano
di varcare la Porta. Anche se vengono
puntualmente fermati dai Guardiani,
creano comunque disordini e preoccupazione. Sulla Terra vi è sicuramente ancora qualche accolito del Nero
Signore e le spie inviate da Marcus
stanno facendo tutto quanto è in loro
potere per arrestarli e riportarli nel
Regno Elfico.”
“Capisco” disse Lisa, stringendo il
ciondolo tra le mani. “Mi dispiace che
tu non possa incontrarti con Marcus,
davvero.”
Anna le sorrise e l’abbracciò.
“Oh! Come ti ho già detto, siamo stati
distanti per anni e anni, quindi qualche giorno in più di lontananza non ci
ucciderà, giusto?”
Lisa annuì, baciò la zia sulla guancia e
si diresse verso il salotto.
“Comunque mi dispiace. Tu e Marcus
siete davvero una bella coppia.”
Anna le sorrise e, gesticolando, la invitò ad andarsene.
Lisa salì di corsa le scale e si apprestò
a bussare alla porta della camera in
cui dormiva Matilde. Si riservò di attendere ancora un’ora prima di telefo-
nare a Gianni per chiedergli scusa.
Non sapeva proprio da che parte avrebbe cominciato.
***
“Facciamo il punto della situazione”
esordì Bartolomeo, camminando nervosamente su e giù per il salotto. “Ci
sono Guardiani, naturalmente invisibili, dentro casa, in giardino e in strada,
nei punti strategici. Inoltre, io non mi
staccherò un attimo da te e ti seguirò
come un’ombra. Quindi, cara Lisa,
puoi stare del tutto tranquilla e goderti
la tua festa di compleanno.”
Si fermò, diede una rapida occhiata ad
Anna che alzò gli occhi al cielo, brontolando in lingua elfica, quindi fissò
Lisa, in attesa della sua approvazione.
“Vuoi darti una calmata?” lo pregò
lei, pizzicandogli una guancia. “Hai
organizzato tutto alla perfezione e allora cerca di rilassarti e… respira ogni
tanto, fa bene ai polmoni, sai?”
Bartolomeo le sorrise a denti stretti,
fece spallucce e si accomodò sul di-
vano, lanciando una rapida occhiata
agli angoli della casa in cui erano sicuramente appostati i Guardiani.
Matilde lo imitò e sedette accanto a
lui, fissandolo con aria divertita.
“Forse dovresti iscriverti al corso di
Yoga che ho frequentato lo scorso anno” gli sussurrò, senza riuscire a staccare gli occhi dalla sua camicia color
giallo canarino. “Ti aiuterebbe
senz’altro a rilassarti. Guarda, devi
fare come me… inspira… espira…
inspira… espira…”
Lisa trattenne una risata di fronte a
Bartolomeo che faceva da specchio a
Matilde e seguì la zia in cucina, ammirando le leccornie che Anna aveva
preparato quel pomeriggio in vista
della festa.
“Non ti sembra di aver esagerato?” le
chiese, abbracciandola. “Sei la zia
migliore del mondo, ti voglio bene!”
Anna la strinse a sé e le scoccò un sonoro bacio sulla guancia.
“Per te questo e altro, tesoro. E comunque non ho esagerato, anzi, avrei
dovuto infornare anche la torta alle
noci. Sai benissimo che i tuoi amici
sono famelici e che non rimarrà nulla
di tutto questo ben di Dio, neppure
una briciola!”
Si interruppe, fissando la nipote da
testa a piedi, con aria compiaciuta,
quindi le sistemò un ciuffo di capelli
dietro l’orecchio.
“Stasera sei sfavillante. Bella, felice e
meravigliosa.”
Lisa arrossì e corse in entrata a guardarsi allo specchio. Aveva indossato
per l’occasione un tubino bianco senza maniche, che lasciava libera gran
parte delle lunghe gambe abbronzate,
aveva steso un bel po’ di trucco sul
viso e raccolto i capelli in un nodo alto sulla nuca. Un paio di sandali chiari
col tacco avevano infine terminato
l’opera, rendendo la sua già notevole
altezza ancora più vertiginosa.
Lisa si sentì osservata e volse la sua
attenzione verso Bartolomeo che la
stava letteralmente divorando con gli
occhi.
Gli sorrise, arrossendo vistosamente,
quindi spostò lo sguardo su Matilde,
ancora immersa nel tentativo di insegnare al Generale qualche fondamento
dello Yoga. Anche lei non aveva
scherzato, quella sera, in quanto a bella presenza. Aveva infatti indossato
una minigonna di jeans con una canotta verde smeraldo che contrastava
deliziosamente con i capelli rossi, lasciati sciolti sulle spalle a formare una
varietà imprecisata di boccoli ben
composti e ordinati.
Lisa pensò che la sua migliore amica,
da quando si era lasciata con Gianni,
era indubbiamente felice e lo dimostrava sia con la maggior cura del
proprio aspetto, sia con la luce che le
accendeva lo sguardo in ogni istante
della giornata.
Un fruscio improvviso alla sua destra
la distolse da quelle piacevoli riflessioni. Girò il capo di lato e mise
all’opera i suoi sensi elfici.
“Mia Signora, il ragazzo della terza
Profezia è appena entrato in giardino”
l’ avvisò un Guardiano, ancora invisibile, sussurrando nel suo orecchio. “E
entro pochi minuti arriveranno gli altri
invitati.”
Lisa lo ringraziò con un cenno del capo, anche se non capiva bene da che
parte guardare, e aprì la porta, accogliendo l’amico con un largo sorriso e
un lieve rossore ad imporporarle le
guance.
Lui la squadrò per qualche istante,
soffermandosi sulle lunghe gambe
nude, quindi le porse un pacchetto,
abbellito da un nastro rosa.
“Buon compleanno.” ringhiò, scostandola per entrare in casa.
Lei lo lasciò passare senza osare fermarlo e lo ringraziò mentalmente per
la sua presenza alla festa. Gianni era
un ragazzo in gamba, anche se spesso
duro, scontroso e antipatico.
Quando lei, in tarda mattinata, lo aveva chiamato al telefono per chiedergli
scusa, all’inizio l’aveva riempita di
insolenze di ogni genere e tipo, quindi, dopo qualche istante di silenzio, tra
un ringhio e l’altro, aveva accettato il
suo invito.
“Però mi devi promettere che d’ora in
poi ti comporterai come una vera Signora degli Elfi” aveva abbaiato al telefono, tanto che Lisa si era vista costretta ad allontanare la cornetta
dall’orecchio. “E non come una stupi-
da ragazzina che se la fa sotto alle
prime difficoltà, intesi?”
Lisa aveva dovuto ripetere più volte la
promessa, prima di chiudere la comunicazione con l’amico.
Sbatté le palpebre per ritornare alla
realtà e lo vide spostare Bartolomeo
dal divano senza troppi complimenti,
per sedersi accanto ad una Matilde infastidita e seccata.
Pochi minuti dopo, la casa era invasa
da compagni di scuola e amici. Anna
si stava dando un gran daffare per accontentare tutti, aiutata da un Bartolomeo sbuffante, che era stato praticamente obbligato, pena la morte sicura, a servire tramezzini e a riempire
di bibite i bicchieri vuoti.
Lisa era fuori di sé dalla gioia. Aveva
ricevuto regali di ogni sorta, da svariate copie di CD, a libri che contemplavano vari generi letterari, a un
mazzo di fiori multicolor, raccolti indubbiamente da Bartolomeo nel giardino di casa, dai quali lei aveva separato le erbacce, ridendo a crepapelle.
Ma i regali che aveva apprezzato di
più le erano stati donati dalla zia e da
Gianni. Dalla prima aveva ricevuto
una splendida cornice in argento, che
abbracciava teneramente l’immagine
sorridente di lei bambina e della sua
famiglia, in posa davanti alla Casa del
Bosco.
Gianni, invece, le aveva regalato un
piccolo carillon, in cui una principessa elfica ballava al ritmo di una dolce
nenia.
“Così, quando ti girano, l’ascolti e ti
dai una calmata.” le aveva detto lui,
guardandola con disprezzo da testa a
piedi.
Ma Lisa, nel fondo del suo cuore, sapeva perfettamente che Gianni, a modo suo, le voleva bene. Lo aveva dimostrato parecchie volte, sia in presenza del Nero Signore degli Elfi, sia
quando l’aveva difesa col proprio
corpo dal terribile attacco della Madre
nel Palazzo del Regno delle Paludi.
“Sei proprio uno splendore, Lisa,
davvero!”
Lei si girò di scatto alla sua destra,
sbattendo più volte le palpebre dinanzi alla sua compagna Antonella che,
stretta all’amica Rachele, la stava
squadrando con un misto di ammirazione e di odio.
“Oh, grazie mille” le rispose Lisa, osservando che Antonella, già grossa di
per sé, indossava un abito fasciato che
la rendeva simile a un Grizzly. “Anche tu sei incantevole.”
L’amica arrossì vistosamente, abbassò
lo sguardo a terra, e spintonò Rachele
verso la cucina dove Anna stava servendo tramezzini e fette di torta al
cioccolato.
“Ben gli sta.” si disse Lisa, ripensando
alle svariate volte in cui Antonella
l’aveva canzonata davanti ai suoi
compagni di classe.
Fissando divertita la compagna che si
era già avventata sulla torta, passò
quindi in rassegna gli invitati. La musica era alta, gli amici ballavano, ridendo e scherzando, Bartolomeo correva per le stanze sotto lo sguardo severo e minaccioso di Anna, Gianni e
Matilde conversavano in modo pacato, appoggiati al davanzale di una finestra del salotto. Quasi non riusciva
a credere che l’indomani avrebbe dovuto affrontare il viaggio a Parigi,
dando il via a una missione che avrebbe potuto condurla facilmente alla
morte... Scacciò in fretta quel lugubre
pensiero e si avviò verso Laura, la
commessa che lavorava nel negozio di
erboristeria della zia. La baciò sulla
guancia e ne ammirò i lineamenti curiosi e simpatici del viso, in cui spiccavano gli occhi azzurri, sotto una pesante frangia di capelli neri.
“E’ un piacere conoscerti! So che mia
zia si trova davvero bene con te e
che… “
“NOOOOOO!”
Lisa sentì un gran frastuono provenire
dalla cucina e una pioggia di brividi le
corse lungo il filo della schiena.
Si girò di scatto e trasse un profondo
respiro di sollievo quando vide Bartolomeo chino su una massa di cocci di
bicchieri, con le gote infuocate, sotto
lo sguardo divertito dei presenti.
Affinò i suoi sensi elfici e sentì la zia
brontolare: “Sempre il solito, non ci si
può proprio fidare di te!”
Quindi si precipitò da lui per aiutarlo
e gli diede un rapido buffetto sulla
guancia.
Era profondamente innamorata di
Bartolomeo e, in quei momenti di assoluta goffaggine, sentiva di amarlo
ancora di più.
“Ecco, e ora è pure finita la Cola!”
esplose Anna lanciando a Bartolomeo
occhiate miste a fulmini saettanti.
“Ma che mi è passato in testa di chiedere il tuo aiuto?”
Lisa vide Bartolomeo mordersi un
labbro per non ribattere, quindi gli
scoccò un bacio sulla fronte e scattò
in piedi, evitando con cura di pestare i
frammenti di vetro che erano ancora
sparpagliati sul pavimento.
“Zia, vado a prenderla io, non preoccuparti e sta tranquilla, ok? Sei magnifica e tutto sta andando a gonfie
vele.”
Anna sospirò e le riservò un ampio
sorriso che si bloccò nell’istante in cui
Bartolomeo le passò davanti con un
sorriso ebete stampato in viso e il vassoio carico di bicchieri distrutti.
Fissò Lisa mentre si avvicinava alla
porta che dava in cantina e lei gli fece
capire che non serviva la sua presenza. Era indubbiamente meglio che
Bartolomeo terminasse di ripulire la
stanza, se non voleva subire ancora le
ire della zia. Lisa si precipitò quindi in
cantina e seppe di essere sola, in
quanto non percepiva accanto a sé
neppure la presenza dei Guardiani.
Fece spallucce e afferrò tre bottiglie di
plastica di Cola.
Stava riflettendo sul fatto che probabilmente avrebbe dovuto compiere un
altro giro, quando uno scricchiolio
forte e insistente le provocò brividi a
cascata su tutto il corpo. Restò immobile, acuendo i suoi sensi elfici, e si
sentì prossima allo svenimento. Prima
percepì l’acre odore di carne marcia,
quindi il fruscio di un battito d’ali la
travolse come il mare in tempesta, lasciandola attonita e incredula di fronte
alla figura che le si stava delineando
nel cervello a tratti ben precisi.
Roteò lentamente su se stessa e lasciò
cadere a terra le bottiglie.
Il Principe Lìspoto era di fronte a lei,
avvolto nel suo mantello scuro, lo
sguardo famelico che le percorreva il
corpo in più punti, le labbra appena
segnate da un abbozzo di sorriso.
“Mia amata, che piacere rivederti” esordì, muovendo un passo verso di lei.
“Mi sei mancata, terribilmente.”
Lisa scattò all’indietro e fissò le scale,
valutando la possibilità di effettuare
una corsa veloce verso una probabile
salvezza.
“Oh! Nemmeno la tua agilità e rapidità di Elfo ti consentiranno di raggiungere le scale senza che io abbia almeno tentato di fermarti! Sei in trappola
e sei mia, solo mia!”
Lisa sentì la testa che le girava e uno
strano e insistente ronzio nelle orecchie. Non voleva perdere i sensi, non
poteva concedere così facilmente a
Lìspoto la possibilità di ucciderla o di
rapirla, doveva per lo meno cercare di
lottare, di sfuggirgli.
Si concentrò su Bartolomeo e sperò
che i suoi poteri empatici gli facessero
percepire il pericolo che stava correndo in quei terribili istanti.
Il Principe avanzò ancora e Lisa indietreggiò di un passo, alzando il ciondolo reale dinanzi a sé, anche se era ben
conscia che esso non aveva su di lui
un potere assoluto.
“Lo sai che quello non mi fermerà”
sussurrò infatti Lìspoto con voce leziosa, aprendo leggermente le labbra
per consentire a Lisa la visione, orripilante, dei due canini aguzzi. “Prima
berrò un po’ del tuo sangue, quindi ti
farò mia e ti porterò via da qui.”
Lisa ora tremava vistosamente da testa a piedi. Dovette appoggiare un
mano a uno scaffale per non cadere a
terra, e socchiuse gli occhi per riuscire ad attivare il ciondolo. Questo, infatti, sprigionò all’istante onde potenti
di energia che però oltrepassarono il
corpo del Principe, quasi fosse inconsistente come un fantasma. Quindi Lisa sbatté più volte le palpebre, afferrò
una bottiglia di Cola e la gettò verso
Lìspoto. Come aveva immaginato e
sperato, questa oltrepassò il suo corpo
e andò a cozzare rumorosamente contro una parete della cantina.
Lei sospirò e richiuse nuovamente gli
occhi.
“Vattene dalla mia testa!” gridò, premendosi le tempie con le mani. “Via,
ora! E non tornare mai più!”
Attese qualche istante e riaprì gli occhi.
Il Principe la stava osservando con aria divertita e aveva spiegato le ali.
“Oh! Questa volta non ti libererai tanto facilmente di me” le disse, con voce roca. “Ho trascorso le ultime ore
sviluppando le mie abilità telepatiche.
Ti condurrò alla pazzia e ti logorerò la
mente, finché non sarai tu a cercare
me e mi raggiungerai a braccia aperte…”
Lisa sbarrò gli occhi e corse verso di
lui, colpendo l’aria con calci e pugni.
“Vattene, maledetto, via da me!” urlò
ancora, roteando attorno a se stessa
alla ricerca dell’immagine del Principe che sbiadiva e poi riappariva in
altri punti della stanza. “Non mi fai
paura, vattene, lasciami in pace!”
Continuò a fendere l’aria, finché non
si accasciò carponi, esasperata e col
fiato lungo. Alzò la testa per vedere
Lìspoto che si passava la lingua sulle
labbra ora macchiate di sangue e aveva allargato le braccia verso di lei, gli
occhi gialli che non abbandonavano
per un istante le curve del suo corpo.
Lisa riabbassò nuovamente la testa e
cercò affannosamente di concentrarsi
per cacciare il Principe dalla mente.
“Devi fissarlo negli occhi e sostenere
il suo sguardo senza temerlo. Solo così riuscirai a liberarti di lui.”
Lisa balzò in piedi con uno scatto, girandosi verso il punto della cantina
dal quale era giunta quella voce maschile calda e rassicurante.
“Tu… come… come puoi essere qui?
Come…”
“Gli abitanti di Aresil non conoscono
confini” le rispose il ragazzo, regalandole un sorriso che la fece sciogliere
come neve al sole. “E ora fa come ti
ho detto e liberati di quel mostro, una
volta per tutte.”
“Oh! Non ascoltarlo, mia dolce Lisa”
intervenne il Principe, invitandola a
raggiungerlo con gesti plateali. “Vieni
con me e non te ne pentirai. Ti amerò
oltre la tua più ragionevole immaginazione, credimi, e ti farò raggiungere
tetti di piacere assoluti e unici.”
Lisa sbatté più volte le palpebre. Si
sentiva stordita e la testa le girava
vorticosamente.
“Obbedisci e non sarai più la sua
schiava.”
Lei fissò il Ribelle di Aresil negli occhi e si immerse in un oceano viola.
Mai in vita sua aveva visto occhi di
quel colore, dipinti in un volto dai lineamenti duri e dalla pelle scura, che
stonava deliziosamente con i capelli
biondi, raccolti in una lunga coda di
cavallo.
Ebbe appena il tempo di pensare che
non assomigliava un granché a sua sorella Andromeda, quando lui, con un
balzo, l’afferrò per le spalle e la fissò
a lungo.
Lisa si sentì mancare e si sforzò di
pensare a Bartolomeo.
“Vieni ad aiutarmi, vieni in cantina.”
si disse, tremando sotto la presa salda
del Ribelle di Aresil.
“Lui non verrà. Ho bloccato i suoi poteri. Eh sì, io posso leggerti nel pensiero, quindi attenta…”
Lisa spalancò la bocca per ribattere,
ma scosse solo più volte la testa e si
lasciò girare dal ragazzo verso il Principe, che la stava ancora osservando
con sguardo bramoso e carico di aspettative.
Lei lo fissò negli occhi, mentre gli si
avvicinava lentamente.
“Esci… dalla… mia… testa!” gli intimò, sostenendo il suo sguardo. “Vattene! E non tornare mai più!”
Lisa, nel frattempo, gli si era piazzata
dinanzi a pochi centimetri dal suo viso.
L’odore emanato dalla sua pelle era
insopportabile e la vista del suo viso
la ripugnava, ma non abbassò gli occhi.
Vide il Principe allargare e sbattere le
ali furente, mostrare i denti più volte,
mentre rivoli di sangue gli colavano
dalle labbra al collo scuro. Infine lo
sentì urlare e stridere, finché non sparì
completamente dalla sua vista.
Lisa si sentiva le gambe molli e sarebbe certamente caduta a terra se non
fosse intervenuto il Ribelle di Aresil a
sostenerla.
“Bravissima” le sussurrò lui sul viso.
“Ora non ti importunerà mai più, sei
libera.”
Lei annuì e chiuse gli occhi. Sentiva
su di sé lo sguardo insistente del ragazzo e provò un forte senso di imbarazzo, misto ad una dose massiccia di
sensi di colpa nei confronti di Bartolomeo.
Lui le sollevò delicatamente il viso e
posò i suoi occhi viola su quelli ora
ben spalancati di lei.
“Il mio nome è Sirio e sono il tuo
schiavo.” le sussurrò, prima di sparire
in un lampo accecante.
Lisa si trovò seduta a terra, col cuore
che le martellava in petto e mille sentimenti furiosi che le vorticavano nel
cervello.
“Sirio.” pensò, osservando il punto in
cui era sparito il fratello di Andromeda.
Sentì il corpo scuotersi sotto una
pioggia intensa di brividi e si rialzò
faticosamente in piedi, afferrando le
tre bottiglie di Cola.
Si era liberata della presenza di Lìspoto, ma, ora, aveva ben altro a cui pensare, e questo le fece salire le scale,
barcollando, col cuore in tumulto.
FINE ANTEPRIMA
CONTINUA...