Schede programma prosa 2010-11

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Schede programma prosa 2010-11
sabato 27 | domenica 28 novembre 2010
Gli Ipocriti
presenta
ROCCO PAPALEO
e
GIOVANNI ESPOSITO
in
EDUARDO: PIÙ UNICO CHE RARO!
tratto dagli atti unici di Eduardo De Filippo
con
PINO TUFILLARO
ELISABETTA D’ACUNZO
ANGELA DE MATTEO
ANTONIO MARFELLA
GIAMPIERO SCHIANO
ANTONIO SPADARO
SIMONE SPIRITO
musiche a cura di Harmonia Team
ideazione scenica e costumi Almodovar
disegno luci Perceval
regia GIANCARLO SEPE
Gli atti unici di Eduardo sono stati sempre una lettura e basta per me, o meglio non li ho mai
affrontati, leggendoli, per metterli in scena. Ed ora mi trovo a che fare con una minuzia di
personaggi che si dibattono in spazi angusti e depositari di umori a volte fugaci, surreali, focosi
e poetici. Come se tutti i protagonisti delle opere più importanti avessero in questi brevi
componimenti la loro radice emotiva, il loro pensiero inconfessabile, la loro perversione fatta di
gelosia e vendetta. Sembrano appunti e note scritte dall’autore velocemente, dopo aver
assistito ad un curioso accidente, ad un fatto familiare, a cronache ridicole di storie ridicole
riportate su colorite gazzette locali. Per un napoletano la lettura degli atti unici è come un
affaccio su di una viuzza piena zeppa di persone che s’incontrano, si parlano addosso, si
amano e si spiano, persone che cantano e si disperano, mentre la vita scorre dando
l’impressione di non aver bisogno di esseri così comuni e così vittime di quelle piccole tragedie
quotidiane fatte di niente e di tutto. Beckett scrive: “non c’è nulla di più comico dell’infelicità“.
Penso che specie negli atti unici Eduardo e Beckett parlino la stessa lingua.
Giancarlo Sepe
www.ipocriti.com
NUOVO ALLESTIMENTO
Durata non indicata : lo spettacolo deve ancora debuttare
domenica 5 | lunedì 6 dicembre 2010
Progetto U. R. T./ Compagnia Jurij Ferrini
RICCARDO III
di William Shakespeare
traduzione Vittorio Gabrieli
con
JURIJ FERRINI
MATTEO ALI’
MASSIMO BONCOMPAGNI
FABRIZIO CAREDDU
SIMONE FELICI
LORIS LEOCI
CLAUDIA SALVATORE
WILMA SCIUTTO
ANGELO TRONCA
MARCO ZANUTTO
disegno luci Dario Andreoli
ideazione, adattamento e regia JURIJ FERRINI
Ogni volta che si cerca di rappresentare “Riccardo III”, di narrare la sua spietata ascesa al
potere, occorre guardarsi da un pericolo fatale: tentare di aprire la sua mente e definirlo un
“cattivo”; non che vi siano altri aggettivi più adatti a definire il malvagio protagonista della
celebre tragedia, ma ogni aggettivo ne imprigiona la complessità e un interprete non può
appoggiarsi su un solo carattere di questa sfaccettata invenzione teatrale.
Per mettermi alla prova come attore, come non bastasse il gigantesco ruolo, interpreto
Riccardo da una sedia a rotelle, escludendo completamente l’uso degli arti inferiori. Un disabile
moderno, anzi un diversamente abile e “alla faccia dell’abilità”… il mio Riccardo è
meravigliosamente adagiato su una realtà “ornata” che gli consente dalla sua privilegiata
posizione di escluso di decidere le sorti dell’intera Inghilterra. E’ seducente, manipolatore, non
teme di autocommiserarsi per ottenere i suoi scopi, mente spudoratamente e ride di chi gli
crede, disprezza persino chi lo sostiene. Ma il suo cuore non lo vedremo mai per davvero,
resterà il mistero che è alla base di questo fascinoso mostro, suadente e istrionico mattatore,
abile politico e grande improvvisatore.
Un modello politico quanto mai attuale: basti pensare a quando finge di rifutare la corona e
dichiara quanto per lui sia un “grande sacrificio”, qualcuno ricorderà il becco di ferro di un
notissimo politico nostrano in periodo pre-elettorale che usò le stesse parole. La politica non è
mai cambiata e la parabola di Riccardo diventa insegnamento per la nostra generazione.
Ecco perché la scena ricorda una scuola elementare, un luogo dove si aprono gli occhi sul
mondo e poi “da grandi” si torna ad eleggere i potenti che ci governano.
Ma “chi sta in alto è esposto alle raffiche dei venti e se cade si frantuma in pezzi” e così alla
fine il più spietato dei potenti, immobilizzato nella sua piccolezza umana su una carrozzina,
viene ucciso, in una battaglia che nel nostro allestimento ricorda una furibonda rivolta degli
studenti in classe durante l’ora di ricreazione o una scuola occupata. In una grottesca
pantomima in cui si esegue anche uno spoglio elettorale infuria ormai la guerra civile e i due
schieramenti della rosa rossa e della rosa bianca ottengono ognuno il 50% dei voti. I giovani
hanno imparato l’orrore della violenza dal loro stesso professore, insegnante di “politica
machiavellica”. Richmond vince la guerra ma tutti perdono la loro dignità di uomini in questa
“cieca e forsennata violenza”.
Jurij Ferrini
Esclusiva regionale
Durata: 2 e 30 minuti (compreso un intervallo)
sabato 11 | domenica 12 dicembre 2010
in collaborazione con Stagione Teatro Ragazzi
Pantakin Circo Teatro / Eventi
CIRK. IL TEATRO DEL CIRCO
con Emanuele Pasqualini, Giorgio Branca,
Emmanuele Annoni, Francesco Caspani, Ilaria
Senter
ideazione e regia TED KEIJSER
musiche originali Andrea Mazzacavallo
scenografie e costumi Licia Lucchese
luci Enrico Maso, Enrico Fabris
fonica Alessandro D’Ambrosi, Angelo Giordano
assistente alla regia Marianna Fernetich
responsabile di produzione Carlotta Vinanti
direzione generale Aldo Giuponi
Matinée per le scuole lunedì 13 e martedì 14 dicembre.
Lunedì 13 dicembre, Festa di Santa Lucia, breve animazione
aperta al pubblico con presentazione del lavoro del
laboratorio tenuto dalla compagnia..
Perché lo spettacolo? Quando scegli di fare il mestiere dell’attore/regista vorresti anche
scegliere un soggetto, un luogo e trovare un pubblico. Da quando ho iniziato questo mestiere
all’inizio degli anni Ottanta ho scoperto pian piano che la mia vocazione era legata al mondo
del circo, della commedia, delle feste popolari. Quasi tutte le regie che ho curato sono in un
modo o nell’ altro influenzate dal ritmo, dal rischio, dalla leggerezza, dai tempi comici e dalla
gioia che conosciamo attraverso il circo.
E adesso, dopo trent’anni di lavoro in teatro, è arrivato per me il momento di affrontare il
mondo del circo nella sua essenza, con artisti di circo insieme ad attori di teatro.
Ancor più che dalla spettacolarità dei numeri circensi, sono attratto dalla figura dell’artista di
circo, dalla motivazione e dalla disciplina che lo spingono a mettersi completamente in gioco
per raggiungere risultati strabilianti e stupefacenti.
Mi affascina la relazione tra artisti circensi e attori e ciò che hanno in comune: la figura del
CLOWN. Perché il clown appartiene nel contempo al teatro e al circo.
Sotto il tendone del circo di una volta trovavamo in un micromondo tutto l’universo. Dal
direttore al barista, dal trapezista al domatore, dal pianista all’inserviente di pista. La felicità e
l’infelicità dell’essere umano. Il tentativo di mostrare il talento e, nel peggiore dei casi, il
tentativo di sopravvivere. Il nostro CIRK è popolato da questi personaggi.
www.pantakin.it
Esclusiva regionale
Durata: atto unico 75 minuti (serali 11 e 12/12) 60 minuti (matinèe 13 e 14/12)
Ted Keijser
lunedì 20 | martedì 21 dicembre 2010
Mithos Group
presenta
ORNELLA MUTI
PINO QUARTULLO
EMILIO BONUCCI
in
L’EBREO
di Gianni Clementi
scene Max Nocente
costumi Teresa Acone
musiche Pivio & Aldo De Scalzi
light designer Stefano Pirandello
disegno audio Hubert Westkemper
regia ENRICO MARIA LAMANNA
Premio Siae - Eti -Agis - I Edizione 2007
Negli anni Quaranta, con l’entrata in vigore delle leggi sulla discriminazione razziale, emanate
dal regime fascista, molti ebrei, presagendo un destino incerto, avevano pensato di mettere al
riparo i loro beni da presumibili espropri, intestando le loro proprietà a prestanome fidati, di
razza ariana. Marcello Consalvi, al tempo oscuro ragioniere, è uno dei fortunati beneficiari: il
suo padrone gli ha intestato tutte le proprietà. Marcello Consalvi vive con la moglie
Immacolata in uno splendido appartamento borghese, di proprietà de padrone, nel ghetto
ebreo di Roma. La vita borghese della coppia è improvvisamente sconvolta, dopo tredici anni,
da qualcuno che bussa alla loro porta.
[…] L’Ebreo nasce dal desiderio, partendo da un fatto poco frequentato storicamente e
teatralmente, di indagare, per l’ennesima volta, l’animo umano. E specificamente il grado di
aberrazione che un essere umano può raggiungere pur di non rinunciare ai suoi privilegi.
[…] La scelta espressiva del “romano” per raccontare tutto ciò, si inquadra, prima che in un
percorso personale, nell’esigenza di proporre un’ambientazione ideale (il Ghetto di Roma) e
mettere in risalto le qualità/difetti dei protagonisti. E, a dispetto dei pregiudizi verso un
uso/abuso cabarettaro televisivo del linguaggio romano, in questo specifico caso, credo sia la
lingua giusta per esaltare in senso teatrale il cinismo e la follia dei nostri protagonisti.
Gianni Clementi
www.tappetovolante.org
Durata 2 ore (compreso un intervallo)
sabato 8 | domenica 9 gennaio 2011
Indie Occidentali | Nera onda
presentano
GIANMARCO TOGNAZZI
BRUNO ARMANDO
DIE PANNE
ovvero “La notte più bella della mia vita”
di Friedrich Dürrenmatt
adattamento di Edoardo Erba
traduzione Italo Alighiero Cusano
con
GIOVANNI ARGANTE
e con
FRANZ CANTALUPO
LYDIA GIORDANO
e con la partecipazione di
LOMBARDO FORNARA
scene Andrea Taddei
costumi Silvia Polidori
disegno luci Angelo Ugazzi
regia ARMANDO PUGLIESE
Un banale incidente, l’automobile in panne, costringe Alfredo Traps- rappresentante di tessutiad una sosta indesiderata. Cercando aiuto trova ospitalità a casa di un vecchio giudice in
compagnia di due amici, un pubblico ministero e un avvocato in pensione che gli spiegano, con
l’intento di coinvolgerlo, il loro unico passatempo: ricelebrare alcuni importanti processi storici
come quello a Socrate, a Gesù e a Federico di Prussia. Tra una bottiglia di vino e l'altra, Traps
si ritrova imputato in un vero e proprio processo e, in un'atmosfera sempre più inquietante, il
gioco si fa realtà: il protagonista parla, si confessa, la sua vita mediocre sembra acquistare
improvvisamente risvolti inaspettati; si scopre che Traps ha effettivamente compiuto un delitto
divenendo l’amante della giovane moglie del suo principale che, avvertito anonimamente
dell’accaduto dallo stesso Traps, è morto a causa di un infarto. Il delitto di Traps è il frutto di
una mente assolutamente innocente e inconsapevole; la sua cattiveria è originaria e, come
tale, esente da sensi di colpa a meno che qualcuno non intervenga a fargli notare che ha
compiuto un delitto, a fare emergere i ricordi dalla nebbia di un passato neppure così tanto
remoto, come hanno fatto i suoi commensali che lo hanno ospitato processandolo, come fanno
con tutti gli ospiti che si trovano ad avere. E così raccontando le vicende della propria vita,
rivelando il mistero del suo successo economico, Traps si trova di fronte alla prova della sua
colpevolezza e si autoinfligge la condanna a morte che gli era stata sanzionata per gioco.
Per Dürrenmatt, quindi, siamo tutti colpevoli: il racconto ne è soltanto la dimostrazione
attraverso il paradosso.
La panne. Una storia ancora possibile (1956) di Friedrich Dürrenmatt è uno dei romanzi
brevi più significativi in cui lo scrittore svizzero indaga le passioni e i sentimenti umani .
Il testo, riproposto in teatro con la sapiente regia di Armando Pugliese, assume
contemporaneamente i toni cangianti del leggero, del comico, dell'angosciante, del tragico e
coinvolge lo spettatore nello stesso modo in cui cattura il protagonista. Il tema dominante è il
conflitto dell'individuo con un mondo intimo, mostruoso ed ignoto, comune a tutti noi.Friedrich
Dürrenmatt fu scrittore, drammaturgo e pittore. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, ispirato dalla lettura di Lessing,
Kafka e Brecht, iniziò a scrivere racconti brevi e pièces teatrali. Le sue prime opere sono ricche di elementi macabri e
oscuri, trattano di omicidi, torture e morte. Insieme al connazionale Max Frisch è stato protagonista del rinnovamento
del teatro di lingua tedesca, trattando in chiave grottesca i problemi della società contemporanea e smascherando le
meschinità nascoste dalla facciata perbenista e borghese della società svizzera.
www.indieoccidentali.it
Durata 2 h e 20 minuti (compreso un intervallo)
martedì 8 | mercoledì 9 febbraio 2011
Teatro Stabile dell’Umbria
Compagnia Il Mercante
con il sostegno alla produzione di Romaeuropa Festival
presentano
UN SOGNO NELLA NOTTE DELL’ESTATE
di William Shakespeare
con
ELENA BORGOGNI
VALENTINA CURATOLI
NICOLA DANESI
OSCAR DE SUMMA
MIRKO FELIZIANI
RICCARDO GORETTI
ARMANDO IOVINO
MAURO PESCIO
ALFONSO POSTIGLIONE
FRANCESCO ROTELLI
FRANCESCA SARTEANESI
DIEGO SEPE
LUCA ZACCHINI
costumi Clotilde
oggetti di scena Paola Benvenuto
maschere Atelier Erriquez & Cavarra
tecniche del corpo Alessandra Cristiani
tecniche della voce Francesca Della Monica
supervisione tecniche di ventriloquismo
Samuel Barletti
regia MASSIMILIANO CIVICA
Lo spettacolo è dedicato alla memoria
di Andrea Cambi
Il Sogno di Shakespeare pone domande sulla possibilità di mettere in scena ciò che resiste a
qualsiasi tentativo di rappresentazione: il mondo degli spiriti, fate ed elfi che corrono per i
boschi, il chiaro di luna dentro una sala teatrale. L’invisibile, insomma. L’invisibile che verrà
mostrato in questo spettacolo con tecniche e segni intrinsecamente teatrali: il ventriloquismo
attraverso cui le voci degli attori si staccano dai loro corpi per diventare minuscoli elfi e
invisibili fate che danzano nell’aria “più veloci della sfera della luna”; la camminata dei
fantasmi del Teatro Nō, con la quale Oberon e Titania, spiriti aerei e invisibili, scivolano
librandosi in volo sul palco come non avessero peso, e altre invenzioni che non mancheranno
di incuriosire il pubblico.
Per questo allestimento è stata scritta una nuova traduzione, realizzata dallo stesso Civica, che
ha richiesto quasi due anni di lavoro. Essa si presenta come un unicum nel panorama delle
interpretazioni testuali del canone shakespeariano, e costituirà un’assoluta novità per il teatro
italiano.
Intervista a Massimiliano Civica
http://www.promoftp.it/teatrostabile, nome:tsu, password: teatro
http://www.teatrostabile.umbria.it
NUOVO ALLESTIMENTO
Durata non indicata : lo spettacolo deve ancora debuttare
martedì 15 | mercoledì 16 febbraio 2011
Compagnia Mauri /Sturno
presenta
GLAUCO MAURI
ROBERTO STURNO
in
L’INGANNO (SLEUTH)
di Anthony Shaffer
traduzione e adattamento Glauco Mauri
scene Giuliano Spinelli
costumi Simona Morresi
musiche Germano Mazzocchetti
regia GLAUCO MAURI
Nel 1972 Anthony Shaffer (fratello gemello di Peter Shaffer, autore dei fortunati
Equus e Amadeus) ricevette il prestigioso “Premio Award” per la migliore commedia
dell’anno Sleuth, che cominciò così la sua fortunatissima carriera teatrale.
Sleuth thriller-psicologico, lo definì subito la critica, che nell’elaborazione di Glauco
Mauri prende il titolo di L’inganno, ebbe un tale successo che fu, per ben due
volte, adattato per il cinema. Nel 1972 con la regia di Joseph L. Mankiewicz con
Laurence Olivier e Michael Caine, e nel 2007 con la regia di Kenneth Branagh, con
Michael Caine e Jude Law e la sceneggiatura di Harold Pinter.
La prima teatrale della commedia fu a Londra, al Ambassadors Theatre con Anthony
Quayle e Keith Baxter diretti da Clifford Williams, successivamente la pièce debuttò
al Music Box Theatre di Broadway. Nella città di New York rimase in scena per ben
4 anni mentre a Londra le repliche si protrassero per 8 anni. Citiamo anche il
fortunato adattamento francese dal titolo Le Limier che vide tra i suoi interpreti
principali Jacques Weber e Philippe Torreton, e rimase in cartellone a Parigi per più
di una stagione. Tuttora lo spettacolo viene replicato nei maggiori teatri di tutto il
mondo.
Qual è il motivo di tanto successo e tanto gradimento del pubblico? Anthony Shaffer
certamente propone in questo suo testo tutte le sue abilità di sceneggiatore di
gialli. Di rilievo sono le sue collaborazioni con Alfred Hitchcock e numerosi sono gli
adattamenti per lo schermo di alcuni dei più famosi romanzi di Agatha Christie.
Ma c’è qualcosa di molto di più nel fascino di questa commedia: ironia, dramma,
gioco, comicità e sorprendenti colpi di scena danno a questo testo il dono di creare
un’ atmosfera di grande divertita tensione. Due uomini giocano a ingannarsi, a
ferirsi nei loro più intimi sentimenti in un gioco che spesso sfocia in una farsa
feroce. Ma, come accade spesso nella vita, la farsa che umilia le debolezze
dell’uomo si tramuta in un dramma dove l’uomo rimane vittima di se stesso. E non
a caso il gioco termina con lo sghignazzo di un pupazzo meccanico che inerte ha
assistito alla scena e che ci dice, lui senza anima, quanto pazzi siano gli uomini che
giocano a ingannarsi e a farsi del male.
Si ride, ci si diverte ma ci si ricorda anche che l’uomo rimane sempre il
protagonista, nel bene e nel male, del suo destino.
www.compagniamauristurno.it
Esclusiva regionale
Durata 2 ore e 15 minuti (compreso un intervallo)
martedì 22 | mercoledì 23 febbraio 2011
Girgenti Spettacoli
presenta
GIANFRANCO JANNUZZO
in
GIRGENTI AMORE MIO
di Gianfranco Jannuzzo e Angelo Callipo
regia PINO QUARTULLO
Agrigento è la mia città. Ho imparato ad amarla anche grazie all’amore che ne hanno i miei
genitori. Quando ci sono nati loro si chiamava Girgenti.
Questo spettacolo è il tentativo sincero e appassionato di dialogare con le proprie radici e, così
facendo, restituirle agli altri. Dico proprie, e non mie, a ragion veduta. “Girgenti amore mio…”
l’ho scritto con Angelo Callipo, che siciliano non è ma che scrive di Sicilia come e meglio di un
siciliano, avendo sempre chiara l’idea che a quel Girgenti ognuno potesse sostituire il nome
della propria città o del proprio paese. “Girgenti amore mio” può diventare così “Milano amore
mio…” o “Genova amore mio…” o mille altri luoghi. Perché le emozioni non hanno targhe di
appartenenza, i problemi che ci affliggono non sono cittadini di una sola città, i personaggi che
ci fanno ridere non hanno casa solo nelle città degli altri. Così, augurandomi di divertire il
pubblico con un testo completamente nuovo, spero che la mia Girgenti possa diventare la
Girgenti di tutti perchè ricordando le esperienze, gli episodi di vita vissuta che ho condiviso e
condivido con molti dei miei concittadini è nata in me la consapevolezza, ben salda, che non
c’è nulla di più personale di un’esperienza che accomuni tutti.
La più grande di tutte le esperienze, quella dell’amore per la propria terra.
Gianfranco Jannuzzo
Esclusiva regionale
Durata 2 ore e 15 minuti (compreso un intervallo)
lunedì 28 febbraio | martedì 1 marzo 2011
Teatro Stabile di Firenze
presenta
AMBRA ANGIOLINI
PIER GIORGIO BELLOCCHIO
I PUGNI IN TASCA
di Marco Bellocchio
riduzione e adattamento teatrale dall’omonimo film
con (in ordine alfabetico)
GIOVANNI CALCAGNO
AGLAIA MORA
FABRIZIO RONGIONE
GIULIA WEBER
scena Daniele Spisa
costumi Daria Calvelli
regia STEFANIA DE SANTIS
è uno spettacolo prodotto da Roberto Toni
[…] Io oggi penso a I pugni in tasca come a un dramma della sopravvivenza in una famiglia
dove l’amore è del tutto assente. Si vive in un deserto di affetti senza nessuna prospettiva per
il futuro, una situazione di immobilità assoluta che fa pensare a un carcere o a un manicomio
senza speranza di guarigione, rieducazione, riabilitazione, rinascita ecc. Manicomio o carcere
interiori perché non ci sono sbarre e le porte sono aperte. Ogni fratello cerca a suo modo di
sopravvivere, tranne il fratello apertamente folle che urlando ricorda continuamente il suo
passato, la sua rabbia, il suo odio, il suo dolore…
È una famiglia in cui c’è una madre che sembra buona, caritatevole (la “santa” de L’ora di
religione), ma che in realtà, imponendo a tutti i fratelli la pazzia terrorizzante del primogenito,
coerentemente con i principi della sua religione educandoli alla sottomissione e alla rinuncia,
alla sofferenza ecc. li ha ridotti ad essere come degli animali notturni che escono e si muovono
soltanto quando il pazzo dorme (un po’ come l’orco della favola). E perciò annoiati sfaccendati
non fanno nulla, sprecano così la loro giovinezza… Non lavorano, non studiano, inventandosi
una malattia organica che li obbliga all’inattività, all’ozio, assecondati dalla madre (il padre è
del tutto assente. Fuggito, morto in guerra?), l’unico che lavora è Augusto il quarto fratello che
amministra male un patrimonio terriero che rende poco e permette alla famiglia una vita
confortevole ma senza alcun lusso. Immobilità, inerzia, ripetitività.
Ma come in tutti i drammi ad un certo momento Alessandro farà una cosa. Le continue
fantasticherie a cui si abbandona tutto il giorno quasi per caso gli offriranno una possibilità
concreta. La possibilità di compiere un delitto. Si accende un motore e da quel momento la sua
vita prenderà velocità e come nell’apprendista stregone il guidatore perderà ogni controllo e
finirà per sfracellarsi. […]
Marco Bellocchio
NUOVO ALLESTIMENTO
Durata non indicata : lo spettacolo deve ancora debuttare
sabato 12 | domenica 13 marzo 2011
La Pirandelliana
in coproduzione con Diana O.r.i.s.
presenta
GIANFELICE IMPARATO
LUISA RANIERI
in
L'ORO DI NAPOLI
dai racconti di Giuseppe Marotta
adattamento teatrale di Gianfelice Imparato
e Armando Pugliese
con
GIANNI CANNAVACCIUOLO,
ANTONELLA CIOLI,GIUSEPPE DE ROSA,
ANTONIO FRIELLO, ANTONIO MILO
LELLO RADICE, GIOVANNI RIENZO,
IOLANDA SALVATO,
LUIGI E DAVIDE SANTORO
VALERIO SANTORO
musiche di scena Nicola Piovani
scene Andrea Taddei
costumi Silvia Polidori
luci Valerio Tiberi
regia ARMANDO PUGLIESE
Un unico caseggiato, uno di quei caseggiati napoletani dove convivono ancora tutti gli strati sociali della
città, popolato da personaggi le cui vite si rivoltano su se stesse, drammatiche o grottesche. E che noi
sbirciamo come fossimo davanti ai pastori di un presepe che affaccia sul mare, ma pieno di grotte ed
anfratti, dove il sole difficilmente entra. Da quei balconi e da quelle finestre emana un respiro comune,
ferocemente teso alla sopravvivenza, cinico e dolente, ma anche garbatamente ironico.
Mio padre mi raccontava la sera delle lunghe chiacchierate con Marotta sul lungomare, quando
riflettevano su quella che era la Napoli che avevano lasciato e su quella che avevano poi ritrovato dopo la
guerra. Tutti i suoi libri giravano per casa: i romanzi, il teatro scritto insieme a Randone, i racconti.
La voglia da sempre di fare di quei racconti un racconto teatrale, leggero ed evanescente come un sogno.
Nelle figure grandi e piccole che Marotta descrive, mi pareva di trovare i presupposti della crudeltà del
vivere di oggi: nelle ridanciane beffe di allora, le truffe e gli imbrogli di cui si è nutrita così a lungo la
città. “Una città – come dice l’autore – senza fortuna solo perché nessuno l’ha mai seminata.”
Dal film che De Sica ha tratto dalla raccolta L’oro di Napoli ci siamo discostati per adattare teatralmente
anche altri racconti di Marotta e qualche episodio del suo teatro, frammentando il materiale, perdendo e
ritrovando i suoi protagonisti, creando nuove scansioni per fornire il racconto teatrale di una sua
autonomia, libera di sviluppare ritmi ed atmosfere proprie del palcoscenico, con i suoi giochi, le sue
illusioni, le sue arbitrarietà.
L’incedere sostenuto e volutamente disarticolato delle vicende che ritarda all’inizio l’identificazione dei
personaggi, si distende e si ricompone nella percezione di un unico lungo episodio nel quale si intreccia
incurante “la cabala” che, avendo preso il posto della speranza, ci conduce al vuoto ed al silenzio.
Armando Pugliese
www.orodinapoli.info
Durata 2 ore e 10 minuti (compreso un intervallo)