Schede programma prosa 2010-11
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Schede programma prosa 2010-11
sabato 27 | domenica 28 novembre 2010 Gli Ipocriti presenta ROCCO PAPALEO e GIOVANNI ESPOSITO in EDUARDO: PIÙ UNICO CHE RARO! tratto dagli atti unici di Eduardo De Filippo con PINO TUFILLARO ELISABETTA D’ACUNZO ANGELA DE MATTEO ANTONIO MARFELLA GIAMPIERO SCHIANO ANTONIO SPADARO SIMONE SPIRITO musiche a cura di Harmonia Team ideazione scenica e costumi Almodovar disegno luci Perceval regia GIANCARLO SEPE Gli atti unici di Eduardo sono stati sempre una lettura e basta per me, o meglio non li ho mai affrontati, leggendoli, per metterli in scena. Ed ora mi trovo a che fare con una minuzia di personaggi che si dibattono in spazi angusti e depositari di umori a volte fugaci, surreali, focosi e poetici. Come se tutti i protagonisti delle opere più importanti avessero in questi brevi componimenti la loro radice emotiva, il loro pensiero inconfessabile, la loro perversione fatta di gelosia e vendetta. Sembrano appunti e note scritte dall’autore velocemente, dopo aver assistito ad un curioso accidente, ad un fatto familiare, a cronache ridicole di storie ridicole riportate su colorite gazzette locali. Per un napoletano la lettura degli atti unici è come un affaccio su di una viuzza piena zeppa di persone che s’incontrano, si parlano addosso, si amano e si spiano, persone che cantano e si disperano, mentre la vita scorre dando l’impressione di non aver bisogno di esseri così comuni e così vittime di quelle piccole tragedie quotidiane fatte di niente e di tutto. Beckett scrive: “non c’è nulla di più comico dell’infelicità“. Penso che specie negli atti unici Eduardo e Beckett parlino la stessa lingua. Giancarlo Sepe www.ipocriti.com NUOVO ALLESTIMENTO Durata non indicata : lo spettacolo deve ancora debuttare domenica 5 | lunedì 6 dicembre 2010 Progetto U. R. T./ Compagnia Jurij Ferrini RICCARDO III di William Shakespeare traduzione Vittorio Gabrieli con JURIJ FERRINI MATTEO ALI’ MASSIMO BONCOMPAGNI FABRIZIO CAREDDU SIMONE FELICI LORIS LEOCI CLAUDIA SALVATORE WILMA SCIUTTO ANGELO TRONCA MARCO ZANUTTO disegno luci Dario Andreoli ideazione, adattamento e regia JURIJ FERRINI Ogni volta che si cerca di rappresentare “Riccardo III”, di narrare la sua spietata ascesa al potere, occorre guardarsi da un pericolo fatale: tentare di aprire la sua mente e definirlo un “cattivo”; non che vi siano altri aggettivi più adatti a definire il malvagio protagonista della celebre tragedia, ma ogni aggettivo ne imprigiona la complessità e un interprete non può appoggiarsi su un solo carattere di questa sfaccettata invenzione teatrale. Per mettermi alla prova come attore, come non bastasse il gigantesco ruolo, interpreto Riccardo da una sedia a rotelle, escludendo completamente l’uso degli arti inferiori. Un disabile moderno, anzi un diversamente abile e “alla faccia dell’abilità”… il mio Riccardo è meravigliosamente adagiato su una realtà “ornata” che gli consente dalla sua privilegiata posizione di escluso di decidere le sorti dell’intera Inghilterra. E’ seducente, manipolatore, non teme di autocommiserarsi per ottenere i suoi scopi, mente spudoratamente e ride di chi gli crede, disprezza persino chi lo sostiene. Ma il suo cuore non lo vedremo mai per davvero, resterà il mistero che è alla base di questo fascinoso mostro, suadente e istrionico mattatore, abile politico e grande improvvisatore. Un modello politico quanto mai attuale: basti pensare a quando finge di rifutare la corona e dichiara quanto per lui sia un “grande sacrificio”, qualcuno ricorderà il becco di ferro di un notissimo politico nostrano in periodo pre-elettorale che usò le stesse parole. La politica non è mai cambiata e la parabola di Riccardo diventa insegnamento per la nostra generazione. Ecco perché la scena ricorda una scuola elementare, un luogo dove si aprono gli occhi sul mondo e poi “da grandi” si torna ad eleggere i potenti che ci governano. Ma “chi sta in alto è esposto alle raffiche dei venti e se cade si frantuma in pezzi” e così alla fine il più spietato dei potenti, immobilizzato nella sua piccolezza umana su una carrozzina, viene ucciso, in una battaglia che nel nostro allestimento ricorda una furibonda rivolta degli studenti in classe durante l’ora di ricreazione o una scuola occupata. In una grottesca pantomima in cui si esegue anche uno spoglio elettorale infuria ormai la guerra civile e i due schieramenti della rosa rossa e della rosa bianca ottengono ognuno il 50% dei voti. I giovani hanno imparato l’orrore della violenza dal loro stesso professore, insegnante di “politica machiavellica”. Richmond vince la guerra ma tutti perdono la loro dignità di uomini in questa “cieca e forsennata violenza”. Jurij Ferrini Esclusiva regionale Durata: 2 e 30 minuti (compreso un intervallo) sabato 11 | domenica 12 dicembre 2010 in collaborazione con Stagione Teatro Ragazzi Pantakin Circo Teatro / Eventi CIRK. IL TEATRO DEL CIRCO con Emanuele Pasqualini, Giorgio Branca, Emmanuele Annoni, Francesco Caspani, Ilaria Senter ideazione e regia TED KEIJSER musiche originali Andrea Mazzacavallo scenografie e costumi Licia Lucchese luci Enrico Maso, Enrico Fabris fonica Alessandro D’Ambrosi, Angelo Giordano assistente alla regia Marianna Fernetich responsabile di produzione Carlotta Vinanti direzione generale Aldo Giuponi Matinée per le scuole lunedì 13 e martedì 14 dicembre. Lunedì 13 dicembre, Festa di Santa Lucia, breve animazione aperta al pubblico con presentazione del lavoro del laboratorio tenuto dalla compagnia.. Perché lo spettacolo? Quando scegli di fare il mestiere dell’attore/regista vorresti anche scegliere un soggetto, un luogo e trovare un pubblico. Da quando ho iniziato questo mestiere all’inizio degli anni Ottanta ho scoperto pian piano che la mia vocazione era legata al mondo del circo, della commedia, delle feste popolari. Quasi tutte le regie che ho curato sono in un modo o nell’ altro influenzate dal ritmo, dal rischio, dalla leggerezza, dai tempi comici e dalla gioia che conosciamo attraverso il circo. E adesso, dopo trent’anni di lavoro in teatro, è arrivato per me il momento di affrontare il mondo del circo nella sua essenza, con artisti di circo insieme ad attori di teatro. Ancor più che dalla spettacolarità dei numeri circensi, sono attratto dalla figura dell’artista di circo, dalla motivazione e dalla disciplina che lo spingono a mettersi completamente in gioco per raggiungere risultati strabilianti e stupefacenti. Mi affascina la relazione tra artisti circensi e attori e ciò che hanno in comune: la figura del CLOWN. Perché il clown appartiene nel contempo al teatro e al circo. Sotto il tendone del circo di una volta trovavamo in un micromondo tutto l’universo. Dal direttore al barista, dal trapezista al domatore, dal pianista all’inserviente di pista. La felicità e l’infelicità dell’essere umano. Il tentativo di mostrare il talento e, nel peggiore dei casi, il tentativo di sopravvivere. Il nostro CIRK è popolato da questi personaggi. www.pantakin.it Esclusiva regionale Durata: atto unico 75 minuti (serali 11 e 12/12) 60 minuti (matinèe 13 e 14/12) Ted Keijser lunedì 20 | martedì 21 dicembre 2010 Mithos Group presenta ORNELLA MUTI PINO QUARTULLO EMILIO BONUCCI in L’EBREO di Gianni Clementi scene Max Nocente costumi Teresa Acone musiche Pivio & Aldo De Scalzi light designer Stefano Pirandello disegno audio Hubert Westkemper regia ENRICO MARIA LAMANNA Premio Siae - Eti -Agis - I Edizione 2007 Negli anni Quaranta, con l’entrata in vigore delle leggi sulla discriminazione razziale, emanate dal regime fascista, molti ebrei, presagendo un destino incerto, avevano pensato di mettere al riparo i loro beni da presumibili espropri, intestando le loro proprietà a prestanome fidati, di razza ariana. Marcello Consalvi, al tempo oscuro ragioniere, è uno dei fortunati beneficiari: il suo padrone gli ha intestato tutte le proprietà. Marcello Consalvi vive con la moglie Immacolata in uno splendido appartamento borghese, di proprietà de padrone, nel ghetto ebreo di Roma. La vita borghese della coppia è improvvisamente sconvolta, dopo tredici anni, da qualcuno che bussa alla loro porta. […] L’Ebreo nasce dal desiderio, partendo da un fatto poco frequentato storicamente e teatralmente, di indagare, per l’ennesima volta, l’animo umano. E specificamente il grado di aberrazione che un essere umano può raggiungere pur di non rinunciare ai suoi privilegi. […] La scelta espressiva del “romano” per raccontare tutto ciò, si inquadra, prima che in un percorso personale, nell’esigenza di proporre un’ambientazione ideale (il Ghetto di Roma) e mettere in risalto le qualità/difetti dei protagonisti. E, a dispetto dei pregiudizi verso un uso/abuso cabarettaro televisivo del linguaggio romano, in questo specifico caso, credo sia la lingua giusta per esaltare in senso teatrale il cinismo e la follia dei nostri protagonisti. Gianni Clementi www.tappetovolante.org Durata 2 ore (compreso un intervallo) sabato 8 | domenica 9 gennaio 2011 Indie Occidentali | Nera onda presentano GIANMARCO TOGNAZZI BRUNO ARMANDO DIE PANNE ovvero “La notte più bella della mia vita” di Friedrich Dürrenmatt adattamento di Edoardo Erba traduzione Italo Alighiero Cusano con GIOVANNI ARGANTE e con FRANZ CANTALUPO LYDIA GIORDANO e con la partecipazione di LOMBARDO FORNARA scene Andrea Taddei costumi Silvia Polidori disegno luci Angelo Ugazzi regia ARMANDO PUGLIESE Un banale incidente, l’automobile in panne, costringe Alfredo Traps- rappresentante di tessutiad una sosta indesiderata. Cercando aiuto trova ospitalità a casa di un vecchio giudice in compagnia di due amici, un pubblico ministero e un avvocato in pensione che gli spiegano, con l’intento di coinvolgerlo, il loro unico passatempo: ricelebrare alcuni importanti processi storici come quello a Socrate, a Gesù e a Federico di Prussia. Tra una bottiglia di vino e l'altra, Traps si ritrova imputato in un vero e proprio processo e, in un'atmosfera sempre più inquietante, il gioco si fa realtà: il protagonista parla, si confessa, la sua vita mediocre sembra acquistare improvvisamente risvolti inaspettati; si scopre che Traps ha effettivamente compiuto un delitto divenendo l’amante della giovane moglie del suo principale che, avvertito anonimamente dell’accaduto dallo stesso Traps, è morto a causa di un infarto. Il delitto di Traps è il frutto di una mente assolutamente innocente e inconsapevole; la sua cattiveria è originaria e, come tale, esente da sensi di colpa a meno che qualcuno non intervenga a fargli notare che ha compiuto un delitto, a fare emergere i ricordi dalla nebbia di un passato neppure così tanto remoto, come hanno fatto i suoi commensali che lo hanno ospitato processandolo, come fanno con tutti gli ospiti che si trovano ad avere. E così raccontando le vicende della propria vita, rivelando il mistero del suo successo economico, Traps si trova di fronte alla prova della sua colpevolezza e si autoinfligge la condanna a morte che gli era stata sanzionata per gioco. Per Dürrenmatt, quindi, siamo tutti colpevoli: il racconto ne è soltanto la dimostrazione attraverso il paradosso. La panne. Una storia ancora possibile (1956) di Friedrich Dürrenmatt è uno dei romanzi brevi più significativi in cui lo scrittore svizzero indaga le passioni e i sentimenti umani . Il testo, riproposto in teatro con la sapiente regia di Armando Pugliese, assume contemporaneamente i toni cangianti del leggero, del comico, dell'angosciante, del tragico e coinvolge lo spettatore nello stesso modo in cui cattura il protagonista. Il tema dominante è il conflitto dell'individuo con un mondo intimo, mostruoso ed ignoto, comune a tutti noi.Friedrich Dürrenmatt fu scrittore, drammaturgo e pittore. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, ispirato dalla lettura di Lessing, Kafka e Brecht, iniziò a scrivere racconti brevi e pièces teatrali. Le sue prime opere sono ricche di elementi macabri e oscuri, trattano di omicidi, torture e morte. Insieme al connazionale Max Frisch è stato protagonista del rinnovamento del teatro di lingua tedesca, trattando in chiave grottesca i problemi della società contemporanea e smascherando le meschinità nascoste dalla facciata perbenista e borghese della società svizzera. www.indieoccidentali.it Durata 2 h e 20 minuti (compreso un intervallo) martedì 8 | mercoledì 9 febbraio 2011 Teatro Stabile dell’Umbria Compagnia Il Mercante con il sostegno alla produzione di Romaeuropa Festival presentano UN SOGNO NELLA NOTTE DELL’ESTATE di William Shakespeare con ELENA BORGOGNI VALENTINA CURATOLI NICOLA DANESI OSCAR DE SUMMA MIRKO FELIZIANI RICCARDO GORETTI ARMANDO IOVINO MAURO PESCIO ALFONSO POSTIGLIONE FRANCESCO ROTELLI FRANCESCA SARTEANESI DIEGO SEPE LUCA ZACCHINI costumi Clotilde oggetti di scena Paola Benvenuto maschere Atelier Erriquez & Cavarra tecniche del corpo Alessandra Cristiani tecniche della voce Francesca Della Monica supervisione tecniche di ventriloquismo Samuel Barletti regia MASSIMILIANO CIVICA Lo spettacolo è dedicato alla memoria di Andrea Cambi Il Sogno di Shakespeare pone domande sulla possibilità di mettere in scena ciò che resiste a qualsiasi tentativo di rappresentazione: il mondo degli spiriti, fate ed elfi che corrono per i boschi, il chiaro di luna dentro una sala teatrale. L’invisibile, insomma. L’invisibile che verrà mostrato in questo spettacolo con tecniche e segni intrinsecamente teatrali: il ventriloquismo attraverso cui le voci degli attori si staccano dai loro corpi per diventare minuscoli elfi e invisibili fate che danzano nell’aria “più veloci della sfera della luna”; la camminata dei fantasmi del Teatro Nō, con la quale Oberon e Titania, spiriti aerei e invisibili, scivolano librandosi in volo sul palco come non avessero peso, e altre invenzioni che non mancheranno di incuriosire il pubblico. Per questo allestimento è stata scritta una nuova traduzione, realizzata dallo stesso Civica, che ha richiesto quasi due anni di lavoro. Essa si presenta come un unicum nel panorama delle interpretazioni testuali del canone shakespeariano, e costituirà un’assoluta novità per il teatro italiano. Intervista a Massimiliano Civica http://www.promoftp.it/teatrostabile, nome:tsu, password: teatro http://www.teatrostabile.umbria.it NUOVO ALLESTIMENTO Durata non indicata : lo spettacolo deve ancora debuttare martedì 15 | mercoledì 16 febbraio 2011 Compagnia Mauri /Sturno presenta GLAUCO MAURI ROBERTO STURNO in L’INGANNO (SLEUTH) di Anthony Shaffer traduzione e adattamento Glauco Mauri scene Giuliano Spinelli costumi Simona Morresi musiche Germano Mazzocchetti regia GLAUCO MAURI Nel 1972 Anthony Shaffer (fratello gemello di Peter Shaffer, autore dei fortunati Equus e Amadeus) ricevette il prestigioso “Premio Award” per la migliore commedia dell’anno Sleuth, che cominciò così la sua fortunatissima carriera teatrale. Sleuth thriller-psicologico, lo definì subito la critica, che nell’elaborazione di Glauco Mauri prende il titolo di L’inganno, ebbe un tale successo che fu, per ben due volte, adattato per il cinema. Nel 1972 con la regia di Joseph L. Mankiewicz con Laurence Olivier e Michael Caine, e nel 2007 con la regia di Kenneth Branagh, con Michael Caine e Jude Law e la sceneggiatura di Harold Pinter. La prima teatrale della commedia fu a Londra, al Ambassadors Theatre con Anthony Quayle e Keith Baxter diretti da Clifford Williams, successivamente la pièce debuttò al Music Box Theatre di Broadway. Nella città di New York rimase in scena per ben 4 anni mentre a Londra le repliche si protrassero per 8 anni. Citiamo anche il fortunato adattamento francese dal titolo Le Limier che vide tra i suoi interpreti principali Jacques Weber e Philippe Torreton, e rimase in cartellone a Parigi per più di una stagione. Tuttora lo spettacolo viene replicato nei maggiori teatri di tutto il mondo. Qual è il motivo di tanto successo e tanto gradimento del pubblico? Anthony Shaffer certamente propone in questo suo testo tutte le sue abilità di sceneggiatore di gialli. Di rilievo sono le sue collaborazioni con Alfred Hitchcock e numerosi sono gli adattamenti per lo schermo di alcuni dei più famosi romanzi di Agatha Christie. Ma c’è qualcosa di molto di più nel fascino di questa commedia: ironia, dramma, gioco, comicità e sorprendenti colpi di scena danno a questo testo il dono di creare un’ atmosfera di grande divertita tensione. Due uomini giocano a ingannarsi, a ferirsi nei loro più intimi sentimenti in un gioco che spesso sfocia in una farsa feroce. Ma, come accade spesso nella vita, la farsa che umilia le debolezze dell’uomo si tramuta in un dramma dove l’uomo rimane vittima di se stesso. E non a caso il gioco termina con lo sghignazzo di un pupazzo meccanico che inerte ha assistito alla scena e che ci dice, lui senza anima, quanto pazzi siano gli uomini che giocano a ingannarsi e a farsi del male. Si ride, ci si diverte ma ci si ricorda anche che l’uomo rimane sempre il protagonista, nel bene e nel male, del suo destino. www.compagniamauristurno.it Esclusiva regionale Durata 2 ore e 15 minuti (compreso un intervallo) martedì 22 | mercoledì 23 febbraio 2011 Girgenti Spettacoli presenta GIANFRANCO JANNUZZO in GIRGENTI AMORE MIO di Gianfranco Jannuzzo e Angelo Callipo regia PINO QUARTULLO Agrigento è la mia città. Ho imparato ad amarla anche grazie all’amore che ne hanno i miei genitori. Quando ci sono nati loro si chiamava Girgenti. Questo spettacolo è il tentativo sincero e appassionato di dialogare con le proprie radici e, così facendo, restituirle agli altri. Dico proprie, e non mie, a ragion veduta. “Girgenti amore mio…” l’ho scritto con Angelo Callipo, che siciliano non è ma che scrive di Sicilia come e meglio di un siciliano, avendo sempre chiara l’idea che a quel Girgenti ognuno potesse sostituire il nome della propria città o del proprio paese. “Girgenti amore mio” può diventare così “Milano amore mio…” o “Genova amore mio…” o mille altri luoghi. Perché le emozioni non hanno targhe di appartenenza, i problemi che ci affliggono non sono cittadini di una sola città, i personaggi che ci fanno ridere non hanno casa solo nelle città degli altri. Così, augurandomi di divertire il pubblico con un testo completamente nuovo, spero che la mia Girgenti possa diventare la Girgenti di tutti perchè ricordando le esperienze, gli episodi di vita vissuta che ho condiviso e condivido con molti dei miei concittadini è nata in me la consapevolezza, ben salda, che non c’è nulla di più personale di un’esperienza che accomuni tutti. La più grande di tutte le esperienze, quella dell’amore per la propria terra. Gianfranco Jannuzzo Esclusiva regionale Durata 2 ore e 15 minuti (compreso un intervallo) lunedì 28 febbraio | martedì 1 marzo 2011 Teatro Stabile di Firenze presenta AMBRA ANGIOLINI PIER GIORGIO BELLOCCHIO I PUGNI IN TASCA di Marco Bellocchio riduzione e adattamento teatrale dall’omonimo film con (in ordine alfabetico) GIOVANNI CALCAGNO AGLAIA MORA FABRIZIO RONGIONE GIULIA WEBER scena Daniele Spisa costumi Daria Calvelli regia STEFANIA DE SANTIS è uno spettacolo prodotto da Roberto Toni […] Io oggi penso a I pugni in tasca come a un dramma della sopravvivenza in una famiglia dove l’amore è del tutto assente. Si vive in un deserto di affetti senza nessuna prospettiva per il futuro, una situazione di immobilità assoluta che fa pensare a un carcere o a un manicomio senza speranza di guarigione, rieducazione, riabilitazione, rinascita ecc. Manicomio o carcere interiori perché non ci sono sbarre e le porte sono aperte. Ogni fratello cerca a suo modo di sopravvivere, tranne il fratello apertamente folle che urlando ricorda continuamente il suo passato, la sua rabbia, il suo odio, il suo dolore… È una famiglia in cui c’è una madre che sembra buona, caritatevole (la “santa” de L’ora di religione), ma che in realtà, imponendo a tutti i fratelli la pazzia terrorizzante del primogenito, coerentemente con i principi della sua religione educandoli alla sottomissione e alla rinuncia, alla sofferenza ecc. li ha ridotti ad essere come degli animali notturni che escono e si muovono soltanto quando il pazzo dorme (un po’ come l’orco della favola). E perciò annoiati sfaccendati non fanno nulla, sprecano così la loro giovinezza… Non lavorano, non studiano, inventandosi una malattia organica che li obbliga all’inattività, all’ozio, assecondati dalla madre (il padre è del tutto assente. Fuggito, morto in guerra?), l’unico che lavora è Augusto il quarto fratello che amministra male un patrimonio terriero che rende poco e permette alla famiglia una vita confortevole ma senza alcun lusso. Immobilità, inerzia, ripetitività. Ma come in tutti i drammi ad un certo momento Alessandro farà una cosa. Le continue fantasticherie a cui si abbandona tutto il giorno quasi per caso gli offriranno una possibilità concreta. La possibilità di compiere un delitto. Si accende un motore e da quel momento la sua vita prenderà velocità e come nell’apprendista stregone il guidatore perderà ogni controllo e finirà per sfracellarsi. […] Marco Bellocchio NUOVO ALLESTIMENTO Durata non indicata : lo spettacolo deve ancora debuttare sabato 12 | domenica 13 marzo 2011 La Pirandelliana in coproduzione con Diana O.r.i.s. presenta GIANFELICE IMPARATO LUISA RANIERI in L'ORO DI NAPOLI dai racconti di Giuseppe Marotta adattamento teatrale di Gianfelice Imparato e Armando Pugliese con GIANNI CANNAVACCIUOLO, ANTONELLA CIOLI,GIUSEPPE DE ROSA, ANTONIO FRIELLO, ANTONIO MILO LELLO RADICE, GIOVANNI RIENZO, IOLANDA SALVATO, LUIGI E DAVIDE SANTORO VALERIO SANTORO musiche di scena Nicola Piovani scene Andrea Taddei costumi Silvia Polidori luci Valerio Tiberi regia ARMANDO PUGLIESE Un unico caseggiato, uno di quei caseggiati napoletani dove convivono ancora tutti gli strati sociali della città, popolato da personaggi le cui vite si rivoltano su se stesse, drammatiche o grottesche. E che noi sbirciamo come fossimo davanti ai pastori di un presepe che affaccia sul mare, ma pieno di grotte ed anfratti, dove il sole difficilmente entra. Da quei balconi e da quelle finestre emana un respiro comune, ferocemente teso alla sopravvivenza, cinico e dolente, ma anche garbatamente ironico. Mio padre mi raccontava la sera delle lunghe chiacchierate con Marotta sul lungomare, quando riflettevano su quella che era la Napoli che avevano lasciato e su quella che avevano poi ritrovato dopo la guerra. Tutti i suoi libri giravano per casa: i romanzi, il teatro scritto insieme a Randone, i racconti. La voglia da sempre di fare di quei racconti un racconto teatrale, leggero ed evanescente come un sogno. Nelle figure grandi e piccole che Marotta descrive, mi pareva di trovare i presupposti della crudeltà del vivere di oggi: nelle ridanciane beffe di allora, le truffe e gli imbrogli di cui si è nutrita così a lungo la città. “Una città – come dice l’autore – senza fortuna solo perché nessuno l’ha mai seminata.” Dal film che De Sica ha tratto dalla raccolta L’oro di Napoli ci siamo discostati per adattare teatralmente anche altri racconti di Marotta e qualche episodio del suo teatro, frammentando il materiale, perdendo e ritrovando i suoi protagonisti, creando nuove scansioni per fornire il racconto teatrale di una sua autonomia, libera di sviluppare ritmi ed atmosfere proprie del palcoscenico, con i suoi giochi, le sue illusioni, le sue arbitrarietà. L’incedere sostenuto e volutamente disarticolato delle vicende che ritarda all’inizio l’identificazione dei personaggi, si distende e si ricompone nella percezione di un unico lungo episodio nel quale si intreccia incurante “la cabala” che, avendo preso il posto della speranza, ci conduce al vuoto ed al silenzio. Armando Pugliese www.orodinapoli.info Durata 2 ore e 10 minuti (compreso un intervallo)