Artù - Novembre 2016
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Artù - Novembre 2016
€ 5,00 In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi Gusto | Tendenze | Mercati Ottobre 2016 77 Cover story Baronetto al Cambio E Torino rinasce L’intervista Vivalda: il gusto è nella tradizione Storie di successo Londra, The Balcon All day dining Del Cambio. Miracolo a Torino 12 Artù ottobre 2016 Cover story di Alberto P. Schieppati Matteo Baronetto, classe 1977, ha dato al Cambio la sua impronta geniale, creando una cucina destinata a “durare nel tempo”, come direbbe Gualtiero Marchesi Milano e Torino sono città molto diverse fra loro: ag- essere contemporanei, di non dovere a tutti i costi rigressiva e pragmatica la prima, austera e riflessiva la suscitare piatti antichi, ma di saperne trasmettere la seconda. Frenesia vs ritrosia, verrebbe da dire se vo- modernità, il gusto sempre attuale e ricercato, la raflessimo trovare due sostantivi adatti a definire i finata definizione, la succulenza potente, lo stile incaratteri delle due città. Matteo Baronetto, dopo confondibile. La sua è una linea di cucina fortemente anni di “servizio permanente effettivo” nella metropoli orientata a soddisfare, più che a stupire. E tutta la fipiù irrequieta d’Italia, alla corte di Carlo Cracco, ha fi- losofia del Cambio segue questo criterio basilare, imnalmente scelto la sua città, Torino, per la sua piena postato con sapienza, lungimiranza e genialità dale meritata affermazione. Matteo, l’eterno secondo, lo l’imprenditore Michele Denegri: con passione e amore, chef che ha firmato molti piatti dei menù di Cracco insieme al lavoro corale di un team di professionisti, (“uno chef dal quale ho imparato artisti e artigiani, lo storico ristotantissimo”, ci dice Matteo), è rante torinese, fondato nel 1757, ora l’Executive chef del ristorante si caratterizza oggi come un pro“Memoria, stile, “Del Cambio” di piazza Carignano, getto unico nel suo genere, ritorinnovazione: in questi nato a configurarsi come una nel cuore della città. Operativo nel capoluogo piemontese da ol- tre concetti si riassume delle mete “eccellenti” del Bel tre due anni, da quando cioè il Paese. Insignito della prima stella Cambio è ritornato a nuova luce, l’attuale significato del Michelin già pochi mesi dopo la Matteo non ha perso tempo a riapertura, nell’edizione 2015 (il Cambio, il ristorante svelare, una volta di più, il suo Cambio aveva perso la stella torinese ritornato valore, finalmente sganciato da negli anni Ottanta e non l’aveva situazioni che lo facevano percemai più ripresa), il ristorante proalla luce nel 2014” pire come “chef dietro le quinte” pone un’offerta che può essere (seppur con funzioni di altissima vissuta in modo diversificato e responsabilità e di decision maker), impedendo di segmentato almeno in tre opportunità: il ristorante metterne completamente a fuoco il vero talento. E gastronomico; il Bar Cavour, un suggestivo cocktail che talento! Sicuramente stimolato dal fatto di bar con cucina aperto fino a tarda notte; la Farmacia operare nel più bel ristorante d’Italia (mi assumo la del Cambio, una boutique/laboratorio gastronomico responsabilità di questa asserzione!), lo chef Matteo dove è possibile degustare e acquistare alcune Baronetto (nato a Giaveno, alle porte di Torino, nel creazioni dello chef Baronetto e dello chef pasticcere 1977) si è subito imposto al Cambio - attraverso Fabrizio Galla. Il ristorante gourmet, di un’eleganza uno scambio dinamico di valori profondi - grazie a un’impronta creativa attenta e misurata, lontana da voli pindarici, ben ancorata alle tradizioni. E, nello In alto: lo chef del Cambio Matteo Baronetto. stesso tempo, ha puntato deciso sulla necessità di A lato: l’esterno del Ristorante Del Cambio. 13 Artù ottobre 2016 Cover story mozzafiato, personalizzato da decori e arredi ottocenteschi, meta nei secoli di frequentatori illustri del calibro di Mozart, Nietzsche, Cavour, Goldoni, Honoré de Balzac, Casanova, oggi dialoga in modo raffinato con opere di Michelangelo Pistoletto, Martino Gamper, Izhar Patkin. Arredi e decòr memorabili, adatti a un’esperienza che si prefigura già indimenticabile alla sola lettura del grande menù, che un maître molto professionale e per nulla altezzoso vi porterà gentilmente al tavolo. Il menù di Matteo Baronetto è un’opera d’arte che si compone di cinque grandi “voci”: Antipasti, Piatti di mezzo, Primi piatti, Secondi di pesce, Secondi di carne. In più, oltre alla carta dei dessert, lo chef propone due Menù degustazione, di sei o nove portate, definito “Improvvisazione ragionata”. I piatti di Matteo sono insieme delicati e potenti: quando una cena si apre con un saluto della cucina come il Riccio di mare con sugo d’arrosto (mitico) impossibile evitare l’acquolina alla bocca. L’Uovo impanato e fritto con caviale, a sua volta, la dice lunga sull’estro dello chef. La Carne cruda melanzane pomodoro e stracciatella di latte si farà ricordare per la intensa rotondità gustativa, così come il Vitello tonnato, icona della tradizione piemontese, proposto qui all’insegna di un delicato rapporto fra gli ingredienti. Gli Agnolotti alla piemontese, da soli meritano il viaggio: per lo stile e per i sapori, insieme alla ossequiosa adesione alla tradizione, che in questo caso deve solo essere rispettata. L’estro e il talento di Matteo, insieme al rigore e alla “improvvisazione ragionata” si rivelano in piatti come la Lasagna di lattuga di mare con ragout di vitello o con l’Insalata piemontese (v. articolo di M. Bertera su Artù n.76), entrambi definiti Piatti di mezzo, propedeutici ad altre portate: i Ravioli al latte, cocco, scampi e basilico, i Tagliolini arrosto, salsa di pomodoro e alici, il Riso Cavour. Fra i Secondi di pesce, accanto alla Sogliola alla curcuma, crema di carote e fiori di zucca, non è un piatto iconico di Matteo, ma 14 Artù ottobre 2016 ci ha colpito per i cromatismi e l’eleganza), segnaliamo il Rombo allo spiedo con mais, finferli e lattuga di mare alla brace, i Filetti di triglie, pistacchio, albicocca e olive nere, l’Astice al vapore con pomodoro e uovo. Nei Secondi di carne troviamo i grandi sapori del Piemonte, protagonisti di piatti ambiziosi e semplici, che hanno la loro grandezza nella acuminata distinzione dei singoli sapori delle materie prime. La sequenza è particolarmente serrata e il desiderio aumenta alla lettura delle singole voci: Filetto di vitello arrosto, prezzemolo, funghi e liquirizia, Costolette di agnello al limone con patate e scalogno, Fricassea di coniglio, lumache con insalata piccante, Piccione alla brace con ciliegie, ravanelli e aglio. La finanziera “Del Cambio”, il Rognone di vitello e ricci di mare. La Finanziera è un altro piatto-simbolo della cucina di Ba- ronetto che, in questo caso come nell’altro piatto “Rognoni di coniglio, lattuga al moscato e coriandolo” (in copertina), sa di giocare con materie prime non facili, capaci però di restituire al gourmet gusti anche primordiali, originari e metabolizzati nella memoria. 15 Artù ottobre 2016 Nella pagina a lato: la bella Sala Risorgimento, la più antica e celebre del ristorante e sotto la Finanziera “Del Cambio”. Al centro: uno scorcio della Sala Pistoletto, intitolata all’artista che l’ha realizzata con l’opera “Evento”. Qui sopra: Carne cruda, peperoni e midollo. Sotto: il “Tavolo dello Chef” che si affaccia sulle cucine. Piatti che, inseriti nel contesto in cui vengono realizzati, proposti e consumati, acquisiscono valore aggiunto e si rendono unici e irripetibili. La brigata guidata da Matteo si avvale, fra gli altri, di Diego Giglio (14 anni con Carlo Cracco), Manuel Merlo, Nicola Dobnik e Claudia Ceppaluni (iniziò come stagista…). In sala, troviamo il direttore storico del Cambio, Daniele Sacco, con Alberto Tommasi e Antonio Currò, maître. Il servizio dei vini è affidato a Davide Bongiorno, supportato da Valentina Cinti. Già, i vini: capitolo fondamentale per il Cambio, che vanta una cantina straordinaria, antica di tre secoli e mezzo, dotata delle condizioni ottimali di temperatura e umidità. Qui riposa un tesoro di 16.000 bottiglie, con oltre 1.700 etichette di annate e produttori celebri, accanto a bottiglie forse meno blasonate ma di indiscutibile valore. In carta vi colpirà una selezione di Champagne da paura: 40 maison con le loro etichette di punta. Per non dire dei grandi francesi: Romanée Conti 1990, 1998 e 2011, Grand Echezeaux, La Tache, Richebourg, Romanée SaintVivant, solo per dirne alcuni. La pattuglia italiana, molto vasta, ha una selezione di piemontesi e toscani da capogiro: Barolo, Barbaresco, Nebbiolo, i grandi rossi di Langa, ma anche Brunello di Montalcino, Bolgheri e Supertuscan di fama mondiale =