Gli studenti fantasma

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Gli studenti fantasma
Tutto un mondo attorno
GLI STUDENTI FANTASMA
U
Alto il numero degli allievi che abbandonano gli studi durante le superiori: lo scorso anno erano
8mila tra i 14 e i 17 anni, solo nella provincia di Roma. Intercettarli si può. Anzi, si deve
nire le forze per abbattere dispersione scolastica e disoccupazione giovanile: lo ha auspicato il ministro dell’Istruzione
Mariastella Gelmini durante la cerimonia di apertura del
nuovo anno scolastico, il 21 settembre scorso, all’interno del cortile
del Quirinale. Per il momento sembra un proclama lontano dalla realtà: i dati relativi al quinquennio 2005/2009 dicono che su 616mila
studenti iscritti se ne sono persi per strada 190mila. Il nostro Paese
appare così molto lontano dagli obiettivi europei fissati per il 2013: il
tasso di dispersione è quasi al 20% e nel prossimo triennio dovrebbe
essere dimezzato. E a Roma il Partito democratico ha stampato e distribuito 200mila volantini in 120 scuole romane, ricordando che l’Europa chiede all’Italia di raggiungere due mete entro il 2020: dimezzare
il tasso di dispersione scolastica e triplicare il numero di laureati.
Rispetto alle cifre nazionali, la situazione nella capitale e nell’hinterland
sembra rispecchiare il trend negativo: negli ultimi anni, infatti, «è aumentata in maniera esponenziale la categoria dei ragazzi tra i 14 e i 17
anni che abbandonano la scuola», denuncia l’assessore provinciale alle
Politiche del lavoro e per la formazione, Massimiliano Smeriglio,
precisando: «Solo nella provincia di Roma ci sono 8mila ragazzi che
abbandonano gli studi superiori». Lo scorso anno, infatti, 8.211 studenti hanno iniziato il percorso formativo organizzato dalla Provincia:
il 65% aveva tra i 14 e i 15 anni, il 35% tra i 16 e i 18; la maggior parte
ha alle spalle un fallimento scolastico, la metà sono stranieri. Nell’anno
scolastico 2009-2010 i corsi previsti erano ben 428 (413 nel 2008), per
un totale di 447.600 ore di formazione e di 3.700 docenti, con un impegno economico di 44 milioni e 640mila euro (circa 900mila euro in
più rispetto all’anno precedente), provenienti dai finanziamenti del
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di
Laura
Badaracchi
Nella provincia di
Roma abbandonano
in 8mila all’anno
«Nel quinquennio
2005/2009 in Italia
su 616mila studenti
iscritti se ne sono
persi per strada
190mila»
Tutto un mondo attorno
«Solo nella provincia
di Roma ci sono
8mila ragazzi che
abbandonano gli
studi superiori»
Scuole professionali:
risorsa da valorizzare
Fondo sociale europeo e da trasferimenti regionali.
Al termine dei corsi professionali dell’obbligo, gli studenti ricevono un
attestato professionale e possono anche rientrare nella scuola superiore.
«E sono sempre di più quelli che lo fanno», riferisce Smeriglio.
Il sistema della “seconda opportunità” opera proprio per intercettare,
orientare e formare quei giovani che hanno abbandonato i tradizionali
percorsi di istruzione. I percorsi sono divisi tra triennali (317), biennali
(77), corsi per disabili (34) e si svolgono in oltre 50 sedi distribuite sul
territorio della provincia: Albano, Castelfusano, Cave, Cecchina, Civitavecchia, Colleferro, Fiumicino, Ladispoli, Marino, Monterotondo,
Ostia, Pomezia, Roma, Tivoli, Valmontone, Velletri. Si va dal 24% dei
lavori di acconciatura, fino al 3% dei lavori grafici, passando per il 12%
relativo al turismo e al 16% dei mestieri elettronici.
A frenare l’emorragia dell’abbandono scolastico, la proposta delle
scuole professionali. Il 20 settembre scorso il Comune capitolino ha
stabilizzato, dopo tre anni di contratto a tempo determinato, 18 operatori precari - tra personale docente e non docente - dei centri di formazione professionale, come «risposta alla dispersione scolastica e alle
istanze tanto educative quanto di natura sociale che provengono
dal territorio», fa sapere l’Assessorato alle attività produttive e lavoro.
Un investimento per potenziare questo campo,
in cui i corsi spaziano dai mestieri tradizionali
alla preparazione di figure tecniche come
operatori, manutentori, estetisti e programmatori.
«Il Comune vuole continuare ad investire
nella formazione», commenta l’assessore
Davide Bordoni, «e fare in modo che i corsi
dei nostri centri professionali continuino ad
essere il fiore all’occhiello della città». Gli fa eco
l’ex assessore all’Istruzione e alla cultura della
Regione Lazio, Antonio Cicchetti, osservando:
«Non dobbiamo permettere che la dispersione scolastica raggiunga livelli patologici.
Anche perché ci troveremmo di fronte a un analfabetismo di ritorno». A rivolgersi alle istituzioni locali perché investano in maniera più
consistente nel settore è il direttore generale dell’Ufficio scolastico re18
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gionale del Lazio, Maria Maddalena Novelli. «I mezzi e gli strumenti
ci sono, la legge finanziaria regionale prevede progetti di lotta alla dispersione, dobbiamo quindi sollecitare un impegno concreto da parte
della Regione, attraverso accordi da portare avanti col Ministero dell’istruzione».
Le associazioni non stanno a guardare: molte quelle impegnate sul
fronte della scolarizzazione dei bambini e ragazzi rom. Intanto il 7 settembre ha riaperto i battenti al quartiere Esquilino il centro di aggregazione giovanile Matemù, promosso dal Cies (Centro informazione
ed educazione allo sviluppo), che gli ha dato il nome in omaggio a
Maria Teresa Mungo, pedagogista romana formatasi nel quartiere della
Magliana e tra i soci fondatori della ong. Inaugurato nel marzo scorso,
si rivolge a studenti italiani e immigrati a rischio di dispersione scolastica.
Scuola della seconda opportunità
A Roma esiste da un decennio: la “Scuola della seconda opportunità” si propone di accompagnare alla licenza media, reinserendo
nei percorsi formativi ragazzi italiani e stranieri, tra i 16 e i 18 anni,
che hanno abbandonato la scuola tradizionale. Attraverso il percorso, basato sulla collaborazione professionale tra docenti e psicologi, educatori e orientatori, centinaia di giovani (inviati dalle
scuole medie, dalle Asl e dai servizi sociali) hanno ritrovato la motivazione per concludere l’iter scolastico abbandonato.
Collocando il percorso nel sistema che realizza la prima opportunità, come “una scuola dentro la scuola”, nei Centri territoriali permanenti per l’istruzione e la formazione in età adulta è stato
possibile costruire proposte educative flessibili e attente ai bisogni
dei giovani. Non solo: il modello sperimentato nella capitale è diventato il nucleo di altre esperienze: dai “maestri di strada di Napoli” ai progetti di Trento, Reggio Emilia, Torino, Verona. L’istituto
di ricerca Iprase Trentino le ha messe in rete, per confrontare metodologie e pratiche. Frutto di questo lavoro, due volumi editi dalla
Erickson: “Le scuole di seconda occasione - Riprendere a imparare: percorsi ed esperienze”, a cura di Elena Brighenti, e “Le
scuole di seconda occasione - Riprendere a educare: riflessioni e
proposte”, curato da Cristina Bertazzoni.
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All’Esquilino
c’è Matemù
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«La legge finanziaria
regionale prevede
progetti di lotta alla
dispersione,
dobbiamo quindi
sollecitare un
impegno concreto
da parte
della Regione»
Fuoridellaporta:
contro la
dispersione,
per l’inclusione
Su due piani, al civico
14 di via Vittorio Amedeo II, il centro ha trovato spazio in uno
stabile del primo Municipio. Ogni pomeriggio,
dalle ore 15.30 alle ore
19.30, i ragazzi possono
seguire gratuitamente
diverse attività didattiche e ludiche: dalle lezioni di danza hip hop,
musica e teatro, ai laboratori artigianali, artistici Fuoridellaporta: per informazioni sui corsi
e cinematografici; e poi visita il sito www.fuoridellaporta.it
concerti, corsi di videomaking, informatica,
grafica e molto altro, coinvolgendo scuole e associazioni del territorio.
Al Tuscolano l’associazione Fuoridellaporta cerca di intercettare varie
forme di disagio giovanile, compreso quello della dispersione
(www.fuoridellaporta.it). In via Alessandro Viviani 14 i ragazzi non
trovano soltanto una casa accogliente, che diventa un punto di riferimento anche per lezioni e ripetizioni gratuite finalizzate al recupero
scolastico: i volontari li aiutano ad “aprire” nuove porte a tanti desideri profondi e a sognare con loro un nuovo modo di stare insieme,
offrendo percorsi formativi (ad esempio, i corsi per dj o di make-up),
alternative culturali e stimoli educativi.
«In periferia l’abbandono dei banchi è molto diffuso», riferisce la presidente Simona Vasallucci. «Molti ragazzi terminano gli studi in terza
media, oppure restano parcheggiati all’interno delle scuole per un periodo e poi le lasciano, o ancora cambiano di continuo istituto a seguito
di bocciature e non finiscono mai il percorso scolastico».
Difficoltà adolescenziali che spesso risultano «legate alla condizione familiare e al rapporto con i genitori; molti sono figli di tossicodipendenti o di alcolisti e questo necessariamente lascia un segno nella loro
infanzia, che li porta ad avere espressioni di aggressività o a cercare lo
sballo. «Quello che manca», conclude Vasallucci, «è soprattutto una
progettualità riguardo al futuro». ■
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