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FONDAZIONE INSIEME onlus
A000390
Da IO DONNA del 29/11/03, pag. 261 <<IN CERCA DEL PADRE>> di Claudio Risè.
Psicoanalista e scrittore.
Per la lettura completa dell’articolo si rimanda al settimanale citato.
Scrive un lettore:
<<Ho 24 anni. Mia madre è forte e aggressiva, mio padre l’opposto. Tra loro non c’era e
non c’è spazio per me. Soprattutto per mio padre. Lo odio: non mi ha mai rivolto un
complimento o un incoraggiamento. Il portafoglio lo sa aprire, ma solo quello ..... Anche lui è
stato un figlio senza padre: a vent’anni è rimasto solo con una madre ossessiva. Io sono
ansioso, insicuro, bisessuale. Mi piace essere accettato dagli uomini, con il sesso ho
l’illusione di avvicinarmi alla virilità. L’atto sessuale non mi soddisfa molto, forse lo faccio per
motivazioni sbagliate. Mi sento vuoto, sempre inadeguato e soprattutto incapace di fare
qualsiasi cosa, anche di affrontare l’esame di guida. Vorrei vivere serenamente, recuperare
un ruolo definitivo e soprattutto crearmi un famiglia. Con l’obiettivo di essere un ottimo
padre>>.
La risposta:
Caro amico, come moltissimi giovani lei cerca nella relazione con altri uomini il rapporto con il
padre che le è mancato fin dall’infanzia. La sua lettera racconta in modo trasparente come,
non essendo stato accolto dal padre, cerchi ora di esserlo da altri uomini. E poiché il terreno
primo dell’accoglienza è l’amore, lei cerca di essere amato nel modo più “facile”, vale a dire
attraverso il sesso.
Le due cose però non necessariamente coincidono. Fare sesso, come lei dice, <<è sempre
qualcosa>>; può forse diventare un contatto umano, un momento di avvicinamento, diverso
dall’indifferenza e dalla distanza che lei ha sentito nel rapporto con il padre.
Ma è radicalmente diverso dall’accoglimento affettivo, emotivo, di sé come persona, di cui ha
bisogno. Per questo, “dopo”, non è soddisfatto e continua a sentire che manca qualcosa.
Che cosa manca dunque?
Innanzi tutto l’accoglimento paterno, perché il fare sesso, diretto al soddisfacimento del
piacere, è diverso dalla relazione paterna, contrassegnata dal dono di sé al figlio. Quel dono
che suo padre cercava di surrogare <<apprendo il portafoglio>>.
Mentre il dono paterno è fatto di attenzione costante, di proposte di direzione, di sostegno, di
appezzamento profondo, di interesse alla realizzazione dell’altro. Cose che di solito mancano
in un incontro sessuale, più o meno episodico.
Inoltre, nel “fare sesso” lei non trova neppure la virilità che ancora cerca perché il padre, con
la sua presenza carente, non gliene ha trasmesso l’esperienza.
Non la trova perché la virilità non è un pene, o l’apprezzamento per il suo, ma una condizione
psicologica che si realizza in ultima analisi nell’uscire dal mondo dei bisogni, quello del bimbo
che si muove nella sfera materna, per entrare nel mondo maschile dell’azione, delle iniziative.
E, dal punto di vista relazionale, del dono senza contropartite.
L’essere uomini si realizza dunque con altre modalità. Per esempio, nel momento in cui
decide sul serio di prendere la patente, come un dono che deve a se stesso e per il quale può
accettare dei sacrifici, lei fa già un’esperienza di virilità significativa.
E se c’è, come sembra, un deficit di paternità, lei dovrà alzare il tiro delle sue richieste a
cercarsi, anziché degli amanti occasionali, dei maestri, dei mentori, delle persone cioè che
siano disposte ad accoglierla in una logica formativa e di dono come quella paterna.
Solo
attraverso relazioni che le consentano di chiudere i conti aperti con il padre, lei potrà
riconoscere chi è veramente, quali siano i suoi autentici desideri. E’ forse confermare quelli
che lei già sente: costruire una famiglia in cui essere un ottimo padre.
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