i contrasti della politica indigena

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i contrasti della politica indigena
BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ GEOGRAFICA ITALIANA
ROMA - Serie XIII, vol. VII (2014), pp. 251-263
LUIS ALBERTO TUAZA CASTRO
I CONTRASTI DELLA POLITICA INDIGENA
L’EREDITÀ DEL SISTEMA DELLA HACIENDA IN ECUADOR
Introduzione. – L’interesse per le dinamiche politiche indigene in America
Latina ha assunto rilevanza a partire dagli anni Novanta del secolo scorso (Yashar, 2005). La maggior parte degli studi ha teso a sottolineare l’emergere della
partecipazione etnica nello scenario politico, in passato riservato alla popolazione bianca e meticcia (Sánchez, 2004; Dávalos, 2005; Mayorga, 2007; Van
Cott, 2007), analizzando la sfida della democrazia partecipativa, introdotta dalle
autorità indigene elette a cariche pubbliche, in contrasto con un sistema politico escludente (Bebbington e Perreault, 2001; Ospina e altri, 2006). Nel caso
dell’Ecuador è stato rilevato che si trattava dell’«unico luogo dove, virtualmente,
la totalità delle identità o etnicità indigene è riuscita a costituire un’organizzazione comune, senza rischiare di perdere le proprie peculiarità» (Quijano, 2006,
p. 1). È stato poi segnalato che il movimento indigeno «ha accolto tematiche
nuove, è divenuto consapevole della necessità che la democrazia riconosca la
differenza e della necessità di costruire la partecipazione sociale a partire dall’identità» (Dávalos, 2005, p. 20); in definitiva, «trasformare uno Stato escludente,
autoritario, violento, in uno Stato pluralista, tollerante, partecipativo, democratico nei suoi procedimenti e nelle sue istituzioni» (ibidem, p. 29). Questo processo è stato visto come la dimostrazione dell’avvento in America Latina di una «fase postcoloniale» (Gutiérrez, 2006). Tuttavia, dalla seconda metà della prima
decade del secolo XXI, sono anche state segnalate le difficoltà che l’organizzazione indigena attraversa (Sánchez-Parga, 2007; Ramírez, 2012), causate dalla
rottura dell’alleanza tra il movimento indigeno e l’allora presidente Lucio Gutiérrez (2005) (1); dall’imposizione di agende di sviluppo estranee al mondo indigeno da parte di organizzazioni di sviluppo non governative (Bretón, 2012;
Tuaza, 2011a); dallo scollamento della dirigenza della Confederación de las Na-
(1) In occasione delle elezioni presidenziali del 2004, Gutiérrez stabilì un’alleanza con il Movimiento Indígena e con il Partido Pachakutik, che gli assicurò l’andata al governo.
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cionalidades Indígenas del Ecuador (CONAIE) rispetto alle basi comunitarie
(Tuaza, 2011b); e dall’assimilazione del modus operandi della politica tradizionale da parte dei movimenti politici indigeni. Ma non si è sottolineato che la
decadenza dell’organizzazione e la dispersione dei movimenti politici indigeni
va posta in relazione con la permanenza del regime di hacienda. In questa
prospettiva prendo come punto di riferimento Michel Foucault che considera
«che dobbiamo riferirci a processi molto più remoti, se vogliamo comprendere
come siamo stati intrappolati nella nostra propria storia» (Foucault, 1988, p. 4).
Obiettivo di questo articolo è analizzare la situazione politica attuale degli indigeni dell’Ecuador, partendo da un’analisi etnografica e storica delle comuntà
indigene situate in quelle che un tempo si chiamavano le haciendas Llinllin e
Totorillas, nella provincia di Chimborazo. Si dimostra come, nonostante le trasformazioni sociali e politiche sperimentate dalla popolazione indigena e l’emergere di nuove forme di leadership, permangano le vecchie forme di esercizio
del potere che rendono impossibile l’unità delle comunità e il conseguimento di
un progetto politico indigeno unitario e di lunga durata.
La politica indigena attuale. – Il movimento indigeno, in contrasto con gli
anni Novanta del secolo scorso, quando la sua forza politica e organizzativa era
unita attorno alla CONAIE e al Movimiento de Unidad Plurinacional Pachakutik,
oggi attraversa situazioni di crisi a seguito dell’indebolimento delle organizzazioni e della dispersione nella partecipazione politica. Nel 1996 Pachakutik fu l’unico movimento politico degli indigeni. Due anni più tardi, gli indigeni evangelici
affiliati alla Federación Nacional de Indígenas Evangélicos crearono il movimento Amauta Jatari, noto in seguito come Amauta Yuyai. Alle elezioni del 2009, alcuni membri di questo gruppo politico si unirono al Movimiento Alianza País,
guidato dall’attuale presidente dell’Ecuador, Rafael Correa. L’altro gruppo si unì
alla Sociedad Patriótica, organizzazione politica dell’ex presidente Lucio Gutiérrez. Negli ultimi anni, due frange dell’Amauta Yuyay si sono unite al Movimiento Suma y Avanza. Pachakutik ha così sperimentato rottura e frazionamento: da
un lato, i militanti vicini alla CONAIE hanno stretto alleanze a sinistra – il Movimiento Popular Democrático, socialista; dall’altro lato, i membri che si sono separati dalla CONAIE e si sono uniti all’Alianza País.
Se in passato gli eletti nelle file del Pachakutik e del Movimiento Amauta
Yuyay, soprattutto in ambito municipale, avevano puntato a sottolineare la differenza con i politici tradizionali attivando pratiche di democrazia partecipativa ed
elaborando bilanci partecipativi, con i quali riuscivano a coinvolgere la maggior
parte della popolazione nelle deliberazioni e nella definizione delle quote di bilancio da investire nelle politiche pubbliche, in seguito hanno trascurato queste
due pratiche. Nel caso di Guamote, il Parlamento Indígena y Popular non è più
uno spazio di deliberazione dei rappresentanti comunitari e di sostegno all’alcalde (sindaco). Le politiche pubbliche portate avanti dai governi municipali
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presieduti da indigeni sono concepite in termini di carità cristiana e in funzione
di coloro che appoggiano il sindaco. Presso le comunità di Guamote y Colta si
possono ascoltare affermazioni del tipo: «il sindaco ci ha aiutato con la costruzione del centro di accoglienza, ci ha aiutato con il ponte e la strada». Nei discorsi delle autorità, d’altra parte, risuonano frasi come: «vi stiamo aiutando,
quindi aiutateci anche voi alle votazioni!» (2).
Il regime di hacienda. – La dispersione dei movimenti politici indigeni, in
competizione tra loro, e la politica concepita in termini di beneficenza provengono dal mondo della hacienda. Fino alla seconda metà del secolo scorso, ogni
hacienda (3) era uno spazio di governo autonomo, caratterizzato dal potere assoluto del padrone. Questi:
Administraba justicia, aplicaba sanciones, resolvía conflictos familiares,
dirimía disputas de vecinos, controlaba la moralidad privada, preservaba la
observancia religiosa, determinaba la jornada de trabajo, definía normas
de conducta, fijaba procedimientos, vendía bienes de primera necesidad,
prestaba atención casera de salud, otorgaba créditos y compensaciones y
representaba a sus subordinados ante las autoridades políticas y religiosas
[Hurtado, 2007, p. 109].
In questo senso l’hacienda fu, secondo Kaltmeier (2007, p. 73), un «sistema
di potere […] con un alto grado di autonomia rispetto alle leggi e alle istituzioni dello Stato, sottomessa alla volontà sovrana del proprietario e amministrata
da affittuari che esercitavano spesso un’autorità dispotica». Nel contesto dell’hacienda, non rientrava «l’idea di Stato moderno che controlla il territorio e la
popolazione tramite un apparato burocratico e il monopolio del potere legittimo […] per governare, invece, lo Stato equadoriano dovette scendere a patti
con i poteri locali, caudillos, gamonales o montoneras» (2007, p. 74). Purtuttavia, la hacienda era vista anche come uno spazio di sopravvivenza e il proprietario come un «personaggio dagli attributi paterni» (Bretón, 2012, p. 47), capace
di partecipare moralmente al dolore prodotto dalle condizioni misere in cui
versavano i subordinati. Nei casi di infermità, debito o richieste di sospensioni
del lavoro, gli indigeni chiedevano aiuto al padrone, che concedeva prestiti o i
cereali richiesti. Accettare tali aiuti obbligava a esser grati al padrone per tutta
la vita, anche perché in molti casi si trattava di debiti inestinguibili. Ciononostante, per la popolazione indigena sottomessa al potere del proprietario terrie-
(2) Così si esprimeva Mariano Curicama, alcalde di Guamote per il Pachakutik, in un discorso
tenuto nel 2012 (Encuentro con las comunidades indígenas de Colta). Eletto alcalde nel 1992, è stato
considerato il primo sindaco indigeno dell’Ecuador. Nel 2012 fu espulso dal partito.
(3) Per una esposizione dettagliata del mondo dell’hacienda in quanto unità produttiva, si veda
il contributo di Bretón (2012).
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ro era impossibile immaginare una società senza hacienda, poiché la vita in
hacienda, per dirla con Lyons (2006), era percepita come una componente dell’ordine naturale delle cose.
Tra i grandi latifondi della provincia di Chimborazo si trovavano le haciendas di Llinllin e di Totorillas. Llinllin era situata nella cordigliera occidentale della Parroquia Columbe del Cantón Colta, a un’altitudine compresa tra i 3.000 e i
4.200 metri s.l.m. A sud confinava con la hacienda Columbe Grande, a nord con
la tenuta Sasapug, a est con la frazione di San Guisel e la hacienda Mancheno, a
ovest col fiume Pangor. Secondo le stime proposte da Tohaza, Llinllin comprendeva «una superficie di 4.500,2 ettari, dei quali solo il 5,89% considerata terra
agricola, e il 13,18%, terra da pascolo» (Tohaza, 1984, p. 20). Le condizioni territoriali di questa hacienda erano irregolari: due piccole valli lungo il corso dei
fiumi Llinllin e Sasapug, i versanti detti Bahuel Kinri e Lima Tiana, gli altopiani
di Llullucha («valle bella»), Rayo Loma, Sasapug e Pollongo. Nella piccola valle
compresa tra la foce dei fiumi Llinllin e Sasapug erano situate la masseria, le
cantine e il caseificio. Le valli erano ricoperte di pascoli utilizzati per l’allevamento di bestiame da latte ed equino. Lungo i pendii si coltivavano patate e orzo. Sull’altopiano si allevavano tori spagnoli da combattimento. Nel 1977 fu costituita la Empresa Agropecuaria Llinllin Compañía Limitada, e si cominciò ad
apportare migliorie alla proprietà con l’introduzione di trattori, mungitrici meccaniche e la razza bovina Brown Swiss. Fu proprietà dei fratelli Juan Bernardo e
Cornelio Dávalos Donoso. Durante la prima metà del XX secolo fu parte della
hacienda Columbe Grande (4) che apparteneva al generale Bernardo Dávalos,
personalità di spicco in Ecuador e nella provincia di Chimborazo per la sua partecipazione alla vita politica e militare; svolse l’incarico di ministro delle Finanze
durante la presidenza di Gerónimo Carrión (1867) e divenne senatore; politicamente si mantenne vicino alle posizioni conservatrici del presidente Gabriel
García Moreno (Ortiz, 2008, pp. 103-105).
Juan Bernardo e Cornelio Dávalos sono ricordati dai comuneros di Llinllin e
San Bernardo come «buenos patrones». Le sofferenze e i maltrattamenti che dovevano sopportare gli indigeni sono attribuiti agli amministratori e ai mayordomos, benché i testimoni orali, in particolare donne anziane che vissero nella hacienda, affermino che Juan Bernardo abusava di esse. L’apparente benevolenza
dei vecchi padroni si manifestava nella vicinanza ai sudditi: parlavano il quechua, concedevano aiuti e sussistenza, nel 1955 vendettero i pendii adiacenti al
fiume Sasapug a 86 indigeni provenienti da San Guisel e dalle frazioni della Parroquia Yaruquies (5), nei pressi di Riobamba, e a cinque famiglie meticce di
(4) Nel 1949 si attuò la suddivisione della hacienda Columbe Grande, secondo la scrittura pubblica conservata presso l’archivio dell’ex IERAC Chimborazo, oggi Secretaria de Tierras, Expediente
Colta (1949).
(5) Registro de Propiedad de Colta (1955). Le superfici di terreno acquisite dagli indigeni vanno
da un lotto sufficiente all’edificazione di una abitazione a un ettaro.
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Alausí. Nel 1965, un anno dopo la promulgazione della prima legge di riforma
agraria, concessero appezzamenti di terreno pari a 256,075 ettari a 129 lavoratori, sui versanti della proprietà (6). I terreni concessi erano però, a detta degli ex
lavoratori, sassosi e situati tra rupi e pendii. Nella seconda metà degli anni Settanta autorizzarono la fondazione di una scuola e nel 1977 donarono, alla nascente comunità Llinllin, un ettaro della tenuta, dove fu costruito il centro civico.
La hacienda Totorillas era situata al centro del territorio cantonale di Guamote, a un’altitudine compresa tra 2.700 e 4.400 metri. All’inizio del XX secolo
confinava a sud con gli altopiani di Atapo, della famiglia Dávalos, e con le valli
di Guasan, proprietà del casato León Gallegos; a nord con le frazioni di Chismaute, Gualipite, Ayacón e con gli altopiani di Tiocajas; a est con il fiume Cebadas; e a ovest con i monti Pull, fino all’attuale Cantón Pallatanga (7). Totorillas
si componeva di cinque fattorie site nel medesimo territorio: Pasñac, Pull, San
Antonio, Yacupampa e Laime, con una superficie di circa 24.000 ettari.
Il territorio di Totorillas era variegato, formato dalla catena montuosa nella
parte orientale, dalle pianure di Laime e Totorillas, e dai pendii collinari della
zona di Pull. Le alte e umide montagne della cordigliera orientale e occidentale,
coperte da prati, servivano da pascoli per le greggi di pecore. Ogni hacienda
aveva la propria masseria ubicata nella parte bassa, dove vivevano gli amministratori e i maggiordomi meticci. La masseria di Totorillas era certamente la più
importante, non solo in quanto costituiva la residenza del padrone, luogo di amministrazione di tutta la proprietà, ma anche per la sua vicinanza alla linea ferroviaria. La hacienda possedeva, infatti, una propria stazione, chiamata Vélez, per
trasportare i prodotti verso la costa. Nei territori di Pull, Yacupampa e Laime si
coltivavano patate, fave e orzo. Le montagne di Pasñac offrivano pascoli per le
pecore. Le pianure limitrofe alla masseria erano utilizzate per l’allevamento del
bestiame da latte. A metà degli anni Sessanta, il padrone introdusse la mungitura meccanica, l’uso dei trattori, e l’allevamento delle razze Brown Swiss e Hereford, stabilì rapporti salariali con i lavoratori meticci – ma gli indigeni continuarono a lavorare gratuitamente in cambio di diritti di pascolo e di un piccolo
appezzamento chiamato huasipungo.
Totorillas e le fattorie annesse erano proprietà di Nicolás Vélez Guerrero. Nel
1941, dopo la morte di sua moglie Pastoriza Merino, ripartì le tenute tra i figli: la
parte di Pull fu assegnata al figlio Nicolás Vélez Merino; Pasñac, San Antonio e
Yacupampa alla figlia María Raquel Vélez Merino, moglie di Pablo Thur de Koos
di origine astro-ungarica; mentre Laime e Totorillas rimasero di sua proprietà.
Tre anni più tardi, vendette anche queste due ultime proprietà al genero Thur
de Koos (8).
(6) Instituto Ecuatoriano de Reforma Agraria y Colonización (1965), Actas de entrega de huasipungos en Llinllin, Expediente 550RA.
(7) Registro de Propiedad de Colta (1941), acta 774 del 21 ottobre.
(8) Registro de Propiedad de Colta (1943), acta 193.
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Dal 1943 al 1980, fu dunque Pablo Thur de Koos il proprietario di Totorillas
e delle tenute annesse. Negli anni Quaranta e Cinquanta non si scontrò con i lavoratori, ma le due seguenti decadi furono conflittuali: gli indigeni reclamavano
appezzamenti come forma di compenso per i salari non percepiti e per le vacanze non godute per anni. Nel 1965, obbligato dall’Instituto Ecuatoriano de
Reforma Agraria (IERAC), dovette cedere 165,07 ettari agli indigeni di Chausan (9) e 156,80 ettari ai lavoratori delle aree di Guantug e Gramapampa (10).
Un anno dopo la cessione delle parcelle, comunque, Thur de Koos continuava a esigere dagli ex lavoratori di concimare con le loro greggi i terreni coltivabili (11), e come passatempo dava la caccia ai maiali armato di carabina. Nel
1969, quando una volta gli abitanti di Chausan avevano captato l’acqua di una
sorgente prossima ai suoi terreni, sparò a uno di essi – il proiettile gli attraversò
la mandibola senza causarne la morte. A Yacupampa e Chismaute si ricorda come una persona strana – mangiava le patate crude durante la raccolta, bruciava
i covoni di orzo per piccoli contrasti – ma anche che si mostrò umiliato quando,
nel 1975, firmò il documento con cui autorizzava l’attribuzione dei suoi beni all’IERAC, su pressione dei membri della comunità di Chismaute.
Llinllin e Totorillas furono le due ultime haciendas a essere dismesse, alla fine
degli anni Settanta del secolo scorso, nelle aree di Columbe e Guamote. Se nelle
vicine haciendas di Columbe Grande, il Molino, Pull e Galte a partire dagli anni
Quaranta e Cinquanta si era verificata una forte mobilitazione per reclamare il pagamento dei salari, l’accesso ai pascoli, alle sorgenti e al legname, nonché la consegna degli appezzamenti, a Llinllin e Totorillas non ci furono segni di protesta,
né la creazione di una piattaforma organizzativa di lancio di azioni collettive, né
idee volte a danneggiare la proprietà dei padroni. A Llinllin, i lavoratori rimasero
fedeli al padrone perché questi regalava vestiti, cibo e denaro. A Totorillas si ebbero segnali di un «assedio interno», all’inizio degli anni Sessanta, ma allora non
erano possibili comunicazioni tra gli indigeni della hacienda e delle tenute annesse, per la distanza tra gli insediamenti e perché Thur de Koos impediva i contatti
per timore di qualche eventuale rivolta promossa dalla Federación Ecuatoriana de
Indios (FEI), che aveva già ottenuto la concessione di appezzamenti a Galte e nell’hacienda El Molino, interveniva nella contesa a Columbe Grande ed era riuscita
a entrare segretamente in contatto con i «capi» di Chausan e Yacupampa. La scoperta di legami tra i rappresentanti delle comunità locali e Ambrosio Lasso, leader
indigeno, e la sua organizzazione FEI, era motivo di persecuzione e di espulsione
dall’hacienda. D’altro canto, Thur de Koos, nel suo intento di impedire la coesione degli indigeni dei diversi gruppi, ottenne di metterli in contrasto tra loro trami-
(9) IERAC (1965), Expediente 500RA.
(10) Registro de Propiedad de Guamote (1977), acta 68.
(11) Nel 1966, i nativi di Yacupampa, Chismaute e Santa Teresita inviarono un esposto all’ufficio del Jefe de las Tierras Intervenidas dello IERAC, denunciando questo abuso di Thur de Koos (IERAC, 1966, Expediente 590RA).
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te la concessione non equa di terreni pascolivi. Nel corso dell’ispezione effettuata
nel 1975 dalla commissione interistituzionale, integrata dai funzionari del Ministerio de Agricultura y Ganadería e dall’IERAC, fu rilevato che della superficie totale
di 4.780 ettari di pascoli, 1.000 erano occupati dalle comunità di Chismaute e Gualipite (200 famiglie), la comunità di Guantug (20 famiglie) occupava 1.100 ettari,
mentre Gramapampa (60 famiglie) possedeva 600 ettari (12).
Il funzionamento generale delle due haciendas, il rendimento dei lavoratori,
il controllo della popolazione, l’elevata produzione dipendevano dal rigido status gerarchico stabilito per esercitare il potere di comando. Al vertice c’era il
proprietario (hacendado), seguito dagli amministratori e dai maggiordomi. Questi ultimi erano incaricati di eseguire gli ordini diretti del proprietario e commettevano abusi nei confronti dei lavoratori. Al livello inferiore della catena di comando c’erano i jipus (13).
I jipus erano indigeni con qualità di leaders, rispettati dalla comunità, scelti dai
padroni, ed erano incaricati di amministrare direttamente la popolazione indigena
– assegnavano compiti, sorvegliavano lo svolgimento della giornata lavorativa, risolvevano i conflitti famigliari, cercavano di mantenere l’ordine all’interno del
gruppo, assegnavano punizioni, ma allo stesso tempo assumevano la difesa dei lavoratori di fronte al padrone, sollecitavano i pagamenti ritardati, la concessione di
aiuti e l’autorizzazione ad accedere ai pascoli, secondo le richieste dei lavoratori.
Si recavano presso le comunità confinanti, mettendo in atto pressioni per costringerle alle corvées in azienda. Periodicamente, fornivano al maggiordomo informazioni sul comportamento di ciascun lavoratore. Facevano poi in modo di preservare i giovani dal contagio delle idee comuniste e rivoluzionarie che arrivavano
dalle vicine haciendas di Pull, El Molino e Columbe. Riferivano ai padroni i nomi
di chi aveva atteggiamenti ribelli o di chi aveva ricevuto la visita di un rappresentante della FEI, così da poterli espellere dall’azienda. Nell’esercitare la loro autorità
di jipus, erano tenuti a un’assoluta lealtà nei confronti del padrone. Così, ne difendevano gli interessi senza preoccuparsi della sorte dei loro compagni indigeni. A
compenso della loro fedeltà e del loro lavoro, ricevevano un trattamento speciale.
A Llinllin potevano tenere uno o due capi di loro proprietà a pascolare insieme
con il bestiame del padrone, avevano due o tre ettari di terra fertile, accesso libero all’acqua, alla legna e al raccolto. A Totorillas, ricevevano un cavallo, percepivano un salario, tenevano al pascolo vacche e pecore senza restrizioni. In entrambe le tenute, i jipus possedevano indumenti specifici che li distinguevano dagli altri lavoratori: avevano ponchos a righe rosse e bianche, cappelli di feltro e scarpe,
montavano a cavallo e sulle spalle portavano uno stringinaso in legno di palma
chonta rivestito d’argento. La funzione di jipu era a vita, si estingueva con la morte, ma in certi casi era ereditata dai figli o da altri parenti prossimi. Così veniva garantita la lealtà e il vincolo nei confronti del padrone.
(12) Registro de Propiedad de Guamote (1977), acta 68, p. 201.
(13) La parola viene dal kichwa (quechua) jipa, che significa «il seguace, quello che va dietro».
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La decadenza del potere della hacienda. – Quando, tra i decenni Quaranta e
Sessanta del secolo passato, gli indigeni presero a lottare per il possesso della
terra e la liberazione dal regime di hacienda (Becker, 2008), si affermò la volontà di rompere con le forme tradizionali di dominazione da parte del possidente, dello sceriffo e del parroco (Casagrande e Piper, 1969) e di edificare nuove forme di esercizio del potere, sotto il controllo di un consiglio municipale.
Dissolta la hacienda, furono formati dei comuni, vennero eletti i membri del
consiglio municipale, furono costituite le «organizzazioni di secondo grado»
(OSG – sorta di unioni o federazioni di comunità di base), alle quali si affiliarono più comunità. Così, la comunità Llinllin con i suoi quattro settori (Santa Fe,
Pucará, Centro Cívico e Las Juntas) entrò a far parte della OSG Unión de Asociaciones de Agricultores de Columbe (UNASAC), poi Unión de Comunidades y
Organizaciones indígenas de Columbe. Le comunità di Totorillas (Gualipite, Chismaute, Chismaute Telán, Yurac Rumi, Gramapampa, Guantug, Yacupampa e
Santa Teresita) si affiliarono al Jatun Ayllu de Guamote (14), mentre altre (Chausan Totorillas, Laime e Cochaloma) formarono la Unión de Organizaciones y
Comunidades Indígenas de Guamote (UOCIG). In seguito, Gualipite, Chismaute, Yurac Rumi, Guantug, Gramapampa e Guasan costituirono l’organizzazione
Jatun Pampa (Torres, 1999). Queste OSG entrarono poi a far parte della Confederación del Movimiento Indígena de Chimborazo, di ECUARUNARI – organizzazione degli indigeni della montagna – e della CONAIE.
L’autorità del proprietario terriero, dei maggiordomi e dei jipus venne spiazzata dalla costituzione dei consigli municipali. I componenti del governo comunitario venivano eletti per un anno – con ciò, gli indigeni intendevano porre dei
limiti alla presenza protratta di un individuo nel consiglio municipale, e permettere la partecipazione di tutti.
Nel 1996 venne costituito il Movimiento de Unidad Plurinacional PachakutikNuevo País, organizzazione politica che riuniva la maggior parte della popolazione indigena e, per la prima volta nella storia dell’Ecuador, consentiva che gli
indigeni comparissero sulla scena politica e fossero eletti a funzioni di rappresentanza pubblica. A Guamote, per la prima volta dopo 55 anni di vita comunale, Mariano Curicama, dirigente indigeno, fu eletto presidente del consiglio cantonale. Questo processo rese possibile «la creazione di scenari di un nuovo potere locale, con caratteristiche di rappresentanza diretta e un discorso peculiare,
che ha ripercussioni profonde nel movimento indigeno ecuadoriano» (Torres,
1999, p. 87); e consentì agli indigeni di rendersi protagonisti della storia, attori
della «innovazione municipale nel paese» (ibidem, p. 88). Le autorità municipali
proposero, come meccanismo di assunzione delle decisioni e di risoluzione dei
conflitti, la partecipazione e il coinvolgimento di tutti gli attori, rifiutando in questo modo le relazioni piramidali del potere e dando vita a un rapporto orizzon-
(14) Questa organizzazione oggi è nota con il nome di Federación de Organizaciones Indígenas
Campesinas Jatun Ayllu Cabildo Guamote (FOIJAG).
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tale nella pratica politica (Bebbington e Perreault, 2001). La necessità di creare
spazi alternativi di democratizzazione spinse a costituire ambiti pubblici di concertazione locale, come il Parlamento Indígena e il Comité de Desarrollo Local
(Bebbington, 2005).
Il Parlamento Indígena era composto da tutti i presidenti dei consigli municipali delle comunità, dalle OSG, dai cantoni e dalle associazioni, che si riunivano
ogni anno per esporre le necessità dei loro rappresentati, stabilire la priorità tra
le opere richieste, e definire le linee d’azione che i sindaci e i consiglieri dovevano seguire. Il Comité de Desarrollo Local fu concepito come ente tecnico per
seguire e controllare l’esecuzione delle azioni raccomandate al governo locale
dal Parlamento Indígena. Queste due istanze di concertazione e di assunzione di
deliberazioni strutturarono nel 1999 un piano di sviluppo integrale (Torres,
1999). Tuttavia, facendo affidamento sulle risorse del comune, il confronto tra il
presidente del parlamento e il sindaco, secondo Bebbington (2005), finì per dare spazio alla competizione e alla generazione di pratiche clientelari che alla
lunga non risolsero la povertà di cui l’area soffre.
Conclusioni. – Gli indigeni, una volta dissolto il regime della hacienda, diedero vita a relazioni di potere orizzontale attribuendo l’autorità alla comunità,
creando organizzazioni, eleggendo anno per anno un consiglio municipale, costituendo movimenti politici propri, istituendo nei municipi spazi di concertazione pubblica per l’esercizio del potere di governo – ma con il tempo ricomparvero le vecchie forme di potere del sistema della hacienda.
L’autorità della comunità fu spiazzata dall’associazione tra la figura del dirigente e quella del vecchio jipu. In effetti, analizzando la biografia degli attuali
dirigenti, si può stabilire che molti tra loro sono discendenti di vecchi jipus. Al
momento della destrutturazione del potere della hacienda, i jipus furono esclusi
dalla leadership comunitaria, ma talvolta si ritagliarono nuovi spazi di potere. Si
rivolsero, per esempio, alla religione – nuova strategia per influire sulle comunità. È il caso del comune di San Bernardo, dove Agustín, Juan e Aurelio, figli di
Pablo Añilema, notabile del luogo e in passato jipu della hacienda Llinllin, divennero pastori della Chiesa evangelica locale. Più tardi, anche a Chausan (Totorillas) il pastore sarà figlio del vecchio jipu. Con l’arrivo dei progetti di sviluppo, i figli e i nipoti dei jipus si trasformarono in interlocutori organici tra le agenzie di cooperazione e le comunità; saranno così i primi tecnici in grado di promuovere i programmi di sviluppo. Con il passar del tempo, e giunta l’ora della
partecipazione politica, figli e nipoti dei jipus entreranno a far parte di Pachakutik, di Amautay Yuyay, si candideranno a ruoli di rappresentanza politica, saranno eletti sindaci e consiglieri.
Nelle comunità di Llinllin e di Totorillas, il sindaco viene eletto per un anno,
ma il potere reale rimane nelle mani di dirigenti legati al vecchio potere jipu.
Sono questi a controllare la vita comunitaria, a tenere i contatti con le OSG, a
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stabilire alleanze con le autorità di governo, a prendere le decisioni al posto del
consiglio municipale e degli altri suoi componenti, a offrire sostegno ai governi
di turno, a entrare in negoziati con partiti politici, gruppi religiosi... Come conseguenza dell’influenza e del controllo che essi esercitano, in virtù di amicizie e
gratitudini che li legano a organizzazioni e individui, molte delle esperienze
orientate al rafforzamento comunitario – le casse di credito, i progetti di sviluppo, le esperienze innovative di lavoro pastorale, la formazione di operatori agrozootecnici – vengono frustrate.
Consci dell’influenza che ancora conservano i discendenti dei jipus, gli organismi di cooperazione, i candidati a cariche pubbliche, i pastori delle Chiese, i
dirigenti delle OSG, i tecnici dei governi municipali, i funzionari degli organismi
di governo, i guaritori e gli altri attori interessati a intervenire nelle comunità entrano in contatto con essi, senza stabilire legami con la dirigenza legalmente
eletta. D’altra parte, alcuni discendenti di jipus entrano nei consigli municipali,
vengono eletti dalla comunità, ma allo scadere del mandato premono sugli elettori per essere rieletti per un altro mandato. Secondo gli atti relativi alle elezioni
di consigli municipali, redatti dal Ministerio de Agricultura, Ganadería, Acuacultura y Pesca tra 1975 e 2005, a Chausan e a Cochaloma membri della stessa famiglia vennero eletti a diverse cariche del consiglio municipale. Alcuni dirigenti
sono stati in un consiglio municipale per oltre dieci o quindici anni: un anno da
presidente, un altro da revisore, da tesoriere, da segretario...
A Llinllin e nelle comunità di Totorillas, l’appartenenza a una OSG continua a
essere rilevante. L’istituzione di una OSG, tuttavia, è in relazione con la memoria
della vecchia hacienda e del padrone. «La nostra organizzazione è composta dai
figli e dai nipoti dei vecchi lavoratori della hacienda e dagli altri compagni delle comunità vicine che appartennero a padron Pablo: non ha niente a che vedere con quelli di Pull, che erano di un’altra hacienda – quelli hanno la loro organizzazione», precisano gli abitanti di Chausan. Allo stesso modo, gli abitanti di
Llinllin si considerano «gente dei Dávalos Donoso; quelli di San Guisel e quelli
di Columbe sono di altri padroni, hanno la loro organizzazione. Ogni comunità
ha la sua organizzazione» (15). Così, l’OSG – concepita e costruita sulla memoria
della hacienda e sul sentimento di appartenenza al padrone – non si estende fino alle altre organizzazioni.
Non è possibile negare l’esistenza delle OSG, la capacità organizzativa presente nelle comunità, la componente indigena nel governo municipale, la creazione di spazi di concertazione pubblica come il Parlamento Indígena e il Comité de Desarrollo Local, ma gli sforzi fatti nel senso della democratizzazione
sono scarsi, perché non si è riusciti a disarticolare del tutto l’eredità del regime
di hacienda e il controllo politico sulle comunità, che in qualche modo continua
a essere in mano ai jipus e ai loro discendenti. Nella leadership non si fa spazio
alla formazione di nuovi quadri dirigenti.
(15) Intervista a José Nogales (Riobamba, 13-12-2013).
I contrasti della politica indigena 261
Si osserva, inoltre, un conflitto generazionale tra i dirigenti provenienti dal
vecchio sistema e i nuovi, molti dei quali con una formazione professionale. I
primi ritengono che questi giovani non siano in grado di capire i membri della
comunità; d’altro canto, i secondi sostengono che la vecchia dirigenza non è capace di dare risposte effettive ai nuovi problemi che le comunità oggi affrontano. A tutto questo va aggiunto che molti dei discendenti dei vecchi jipus non vivono nelle comunità, ma a Riobamba o nel centro cantonale di Guamote, benché prendano decisioni e negozino in nome delle comunità. I movimenti politici soffrono l’influenza della hacienda.
L’ombra della hacienda impedisce che a breve termine si generi un serio
processo di trasformazione sociale e di democratizzazione nella prassi politica.
La sfida posta ai comuni e ai movimenti politici indigeni sta nello scommettere
sulla definitiva dissoluzione del regime di hacienda, che a nostro parere comincia dal rafforzamento dell’organizzazione comunitaria, dall’interconnessione dell’una con l’altra, oltre i limiti territoriali imposti dalla memoria storica della hacienda. Per altro verso, è necessario consolidare e sviluppare le nuove forme di
leadership che le comunità sperimentarono quando fu disarticolato il potere del
padrone, dei maggiordomi e dei loro jipus.
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Archivi consultati
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Archivo del Instituto Ecuatoriano de Reforma Agraria y Colonización (IERAC)
Archivo de la Secretaria de Tierras Riobamba
Registro de Propiedad de Colta
Registro de Propiedad de Guamote
THE CONTRAST OF INDIAN POLICY. THE HERITAGE OF THE SYSTEM OF
HACIENDA IN ECUADOR. – The indigenous people of the Andean countries have been
linked for more than three hundred years to the hacienda regime, distinguished by ethnic dominance. Since the second half of the twentieth century the dissolution of this system took place followed by the unified indigenous participation in the political scene.
However, in recent years there is a dispersion of indigenous political movements. The
essay analyzes the indigenous political crisis, from approaching the historical process of
indigenous communities located in that time at Totorillas and Llinllín haciendas at the
Chimborazo Province, Ecuador. It is claimed that after the dissolution of the estate
emerged new forms of indigenous leadership, however, points to the complex survival
of ancient forms of governance which prevents the unity of communities and the establishment of a long-term single political project.
Riobamba, Universidad Nacional de Chimborazo, Facultad de Ciencias de la Educación
[email protected]
(Traduzione dallo spagnolo a cura della Redazione)