5 tga 2 GIUSEPPE UNGARETTI
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5 tga 2 GIUSEPPE UNGARETTI
GIUSEPPE UNGARETTI Poesia e biografia sono per Ungaretti strettamente legate, tanto che sono proprio le esperienze di vita a determinare alcune precise scelte di stile e contenuto assolutamente innovative per la poesia italiana. La prima, e fondamentale, è l'esperienza di soldato. Sepolto in trincea tra fango, pioggia, topi e compagni moribondi, il poeta scopre una nuova dimensione della vita e della sofferenza che gli sembra imporre, per poter essere descritta, la ricerca di nuovi mezzi espressivi. Nasce così la raccolta Allegria di naufragi, nella quale il lavoro di scavo comincia dalla parola. Dall'analisi delle proprie emozioni Ungaretti trae enunciazioni essenziali e fulminee che comportano la distruzione della metrica tradizionale: i versi vengono spezzati e ridotti talvolta a singole parole; queste ultime si stagliano isolate, o accostate tra loro con lo strumento dell'analogia, senza punteggiatura, intervallate da spazi bianchi che assumono a loro volta un preciso significato. IDEOLOGIA E POETICA Ungaretti è il maestro riconosciuto dell'Ermetismo. Il termine "ermetico" significa "chiuso", "oscuro". La definizione venne adottata per la prima volta dalla critica nel '36, in riferimento soprattutto alla sua poesia. Successivamente si inclusero negli ermetici anche Montale, Luzi e in parte Quasimodo. E' l'esperienza della guerra che rivela al poeta la povertà dell'uomo, la sua fragilità e solitudine, ma anche la sua spontaneità e semplicità che viene ritrovata nel dolore. L'esistenza è un bene precario ma anche prezioso. Nella distruzione e nella morte ha riscoperto il bisogno di una vita pura, innocente, spontanea, primitiva. Ha acquisito compassione per ogni soldato coinvolto nell'assurda logica della guerra: ha maturato, per questo, un profondo senso di fraterna solidarietà. La sua visione esistenziale è dolorosa perché egli pensa che l'uomo non abbia la possibilità di concretizzare le sue aspirazioni conoscitive e morali. Ungaretti non crede nelle filosofie razionali e cerca di cogliere la realtà attraverso una poetica che s'incentri sull'analogia, cioè sul rapido congiungimento di ordini fenomenici diversi, di immagini fra loro molto lontane che la coscienza comune non metterebbe insieme. Questa esperienza lo porta a rifiutare -soprattutto nell'Allegria- ogni forma metrica tradizionale: rifiuta il lessico letterario, le convenzioni grammaticali, sintattiche e retoriche (ad es. elimina la punteggiatura, il "come" nelle analogie, ecc. Diventano importanti le pause). Crea un ritmo totalmente libero, con versi scomposti, brevissimi, scarni, fulminei, dove la singola parola acquista un valore assoluto, dove il titolo è parte integrante del testo. La poetica qui è frammentaria, allusiva, scabra, anche perché il poeta non ha una realtà ben chiara da offrire. L’Allegria L’edizione definitiva dell’Allegria esce nel 1931, prima importante raccolta in cui Ungaretti riunisce, sistema e riordina le precedenti pubblicazioni che, con altri titoli, avevano contenuto le poesie che via via l'autore aveva prodotto. La prima di queste precedenti pubblicazione risale al dicembre del 1916 e porta il titolo Il porto sepolto, un piccolo volume pubblicato a Udine da un suo amico e commilitone, il tenente Ettore Serra. Conteneva le poesie scritte al fronte, dal 22 dicembre 1915 al 2 ottobre del 1916. Questi componimenti sono nati dall’esperienza dolorosa della guerra, dal compianto per la perdita di tanti commilitoni, della cui violenta fine il poeta era stato testimone nel corso degli scontri armati a cui aveva partecipato. Un'importante porzione di questa raccolta è costituita da ricordi della vita civile, che però in qualche modo la guerra ha contribuito a far rievocare. La guerra è, dunque, il momento, l’occasione che induce alla meditazione sui grandi temi della vita e della morte, sui temi dell’amore e della trascendenza. I versi che compongono In memoria erano incentrati proprio su un fatto riguardante la sfera personale dell'autore: la poesia rievoca la sfortunata vita dell'amico Moammed Sceab, suicida senza patria nel 1913, con cui Giuseppe Ungaretti aveva condiviso l'indirizzo di Parigi, all'albergo di rue des Carmes. La poesia che da il titolo alla raccolta del 1916 Il porto sepolto reca anche un valore introspettivo, per Giuseppe Ungaretti è ciò che di segreto rimane in noi, indecifrabile. Un porto, sommerso, ad Alessandria, città natale dell'autore, doveva precedere l’epoca tolemaica, provando che la città era un porto già prima d’Alessandro. I fiumi, è una celebre composizione, nella quale Giuseppe Ungaretti rievoca, con i propri ricordi personali, i fiumi che li hanno attraversati. L’immersione nelle acque, secondo il simbolismo che è ad esse proprio, comporta una morte iniziatica, cui segue una rinascita. Ecco il commento di Eduardo Esposito a questa prima edizione dell'opera: «Il porto sepolto è poesia della poesia, è un momento di riflessione che, dall’esperienza di dolore da cui nasce, si stacca per dire del proprio mistero e della propria felicità. Il poeta vi appare come colui che sa raggiungere il porto sepolto del nostro essere e della nostra memoria, e ne torna con un tesoro di canti da comunicare e da diffondere. Nulla gliene resta, se non la consapevolezza di quel bene toccato, di quel segreto raggiunto e tuttavia inesauribile, speranza e promessa di ulteriore consolazione» (Poesia del Novecento in Italia e in Europa vol. I pag. 140) Nel 1919 esce la seconda edizione della raccolta, che aggiunge alcune poesie inedite. La sintetica lirica Allegria di naufragi, che dà il titolo all'opera, annuncia che il destino è una serie di rovesci, ma «il lupo di mare» non si arrende; dopo il naufragio ricomincia a navigare, euforico di affrontare l'occasione insperata di un nuovo inizio. Un’altra celebre poesia di questa seconda edizione è Mattina. MATTINA Santa Maria la Longa il 26 gennaio 1917. M’illumino D’immenso. Un frammento polisemantico che dà adito a una molteplicità di interpretazioni. «E’ la poesia più breve di Ungaretti: due parole, tra di loro unite da fitti richiami sonori. Nell’illuminazione del cielo al mattino, da cui nasce la lirica, il poeta riesce a intuire e cogliere l’immensità».(Marisa Carlà Epoche e Culture volume 2 tomo II pagina 634) Romano Luperini fornisce un diverso significato: «La comprensione della poesia richiede di soffermarsi sulla particolare valorizzazione del titolo, indispensabile all’interpretazione corretta del significato: lo splendore del sole sorto da poco trasmette al poeta una sensazione di luminosità che provoca immediate associazioni interiori ed in particolare il sentimento della vastità. M’illumino d’immenso significa appunto questo: l’idea della infinita grandezza mi colpisce nella forma della luce.». ( da La scrittura e l’interpretazione volume 3 tomo III pagina 144). Maurizio Dardano aggiunge ancora una diversa interpretazione: «Il poeta ha voluto esprimere la gioia di immergersi nella luminosa bellezza del creato, negli spazi infiniti di una mattina piena di sole». Il poeta guarda il cielo libero e sgombro e pieno di luce. Percepisce una sensazione di benessere e allora si riempie di luminosità e di gioia che lo fa sentire in armonia con la natura. Pellegrinaggio esprime invece la capacità di trovare la forza interiore per salvarsi dalle macerie della guerra. Al poeta basta una illusione per farsi coraggio. In essa il poeta formula una celebre definizione sé: «Ungaretti / uomo di pena / ti basta un’illusione / per farti coraggio». Le poesie di guerra esprimono il dolore per la consuetudine con la violenza, per la distruzione e la morte che procurano cicatrici indelebili nel cuore del poeta, incapace di tornare a un luogo che senta suo, «innocente» per non aver conosciuto uno stato di belligeranza che ha interessato tutto il mondo. Secondo Ungaretti la funzione fondamentale della poesia è di esprimere ciò che, nel più profondo dell’anima, è inesprimibile, ciò che si trova nell’inconscio. È compito del poeta portarlo in superficie. Ogni parola esprime un abisso impenetrabile; il poeta deve far emergere i segreti più nascosti. «L’esperienza poetica è esplorazione di un personale continente d’inferno, e l’atto poetico, nel compiersi, provoca e libera, qualsiasi prezzo possa costare, il sentire che solo in poesia si può cercare e trovare libertà. Continente d’inferno, ho detto, a causa della singolarità del sentimento di non essere come gli altri, ma in disparte, come dannato, e come sotto il peso di una speciale responsabilità: quella di scoprire un segreto e rivelarlo agli altri. La poesia è scoperta della condizione umana nella sua essenza, quella di essere un uomo d’oggi ».(Vita di un uomo. Nota introduttiva pagina 505). Questa poetica è stata illustrata da Ungaretti nella la celebre poesia Commiato che concludeva la prima edizione de Il porto sepolto. COMMIATO Locvizza il 2 ottobre 1916 Gentile Ettore Serra Poesia È il mondo l’umanità La propria vita Fioriti dalla parola La limpida meraviglia Di un delirante fermento Quando trovo In questo mio silenzio Una parola Scavata è nella mia vita Come un abisso In sintesi le novità formali e poetiche contenute in questa prima opera di Giuseppe Ungaretti sono numerose e innovative rispetto al panorama poetico italiano contemporaneo alla prima Guerra Mondiale: la verticalizzazione dell’aspetto tipografico, con i versi che coincidono in lunghezza con le parole; la mancanza di punteggiatura; la soppressione degli aggettivi e, di conseguenza, la tendenza alla nominalizzazione; la frantumazione del verso; la sintassi ridotta la minimo; la rima libera; parole ridotte all’essenziale; preponderanza del tempo presente e dell’io del poeta. Non a caso i versi delle composizioni di Ungaretti vengono definite versicoli, come in queste righe di Attilio Cannella che sintetizzano le novità formali della raccolta «La metrica tradizionale è frantumata in versicoli, la punteggiatura è abolita, subentrano al suo posto pause di silenzio, enfatizzate dall’uso dell’a capo; questa sillabazione non è però il frutto di un gusto ricercato, ma di una situazione di autentica sofferenza (la parola è scavata nella vita del poeta “come un abisso”. Un altro strumento espressivo usato da Ungaretti è l’analogia, che non si fonda sull’onomatopea cara a Pascoli e ai Futuristi, ma consiste, quasi come un corto circuito, nell’accostamento di cose molte distanti tra di loro. La parola assume così un significato magico, intensamente suggestivo, secondo la lezione che Ungaretti ha appreso da Mallarmé.» (Attilio Cannella La realtà e la parola Principato editore pagina 370). Ecco il giudizio critico di Romano Luperini: «Ne L’Allegria convivono due tendenze di poetica. La prima spinge a caricare la parola fino al limite della rottura, secondo l’intensificazione caratteristica del grido espressionistico. La seconda conduce invece a valorizzare l’alone di indefinitezza della parola, creandole attorno, isole di silenzi così da potenziarne le suggestioni e il mistero. La compresenza di queste due ragioni espressive determina la sospensione della poesia ungarettiana, a livello del primo libro, tra Espressionismo e Simbolismo». (pagina 129) L'Allegria è un’opera articolata, diversificata, che abbraccia più di un decennio, dal 1915 al 1931. A partire dalla prima raccolta del 1916, Ungaretti ha apportato modifiche alle poesie meno recenti, e le liriche che compaiono nell'edizione definitiva del 1931 risultano evidentemente perfezionate. La sistemazione definitiva curata da Ungaretti vede al primo posto una poesia ermetica. Le novità stilistiche sono tali da rendere L'allegria un'opera pionieristica e d’avanguardia. «Anche se L’Allegria delinea complessivamente un viaggio verso l’assoluto, occorre dire che, all’inizio di quel viaggio, c’è l’ “inferno” della guerra. Studioso di Dante, Ungaretti registra con puntiglio i luoghi del Carso dove compose ciascuna delle sue poesie: tali nomi rimangono nella nostra memoria come le “Bolge” di quell’inferno di disperazione e di angoscia che fu la guerra sul Carso. Gli elementi dell’inferno carsico ungarettiano sono tre: il fango, il sangue, la pietra. L’interventista Ungaretti, divenuto soldato del 19° Reggimento di fanteria, riconosce il suo abbaglio: la guerra è solo un fratricidio». (Attilio Cannella, La realtà e la parola pagina).