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32 Dieci … ovvero: “Più di così” di Vladimiro Ercolino Tutto in pochi istanti. Con Sara siamo di ritorno dall’EUR, dove abbiamo partecipato alla festa di compleanno della cugina Giulia. Appena entriamo in auto mi chiede di inserire il CD di Lorenzo Jovanotti. Credo che Lorenzo sia stata una delle prime parole che ha imparato a pronunciare. È il suo idolo non direttamente come persona ma al contrario in quanto forma della natura personificata. Da drammaturga qual è le capita a volte di prendere spunto da un testo di Lorenzo che reinterpreta a suo uso. Ricordo qualche mese fa, quando si avvicinò e mi fece segno di scendere alla sua altezza. Mi abbracciò forte, mi regalò un bacio e disse: «Ti voglio bene zio Miro e mi fido di te. » Devo riportare Sara a casa dai genitori e per una serie fortuita di circostanze non faccio il solito percorso ma proseguo per via Ardeatina fino a via di Torricola. Questa strada taglia uno scorcio di campagna, per me molto suggestivo, alla periferia di Roma. Siamo in prossimità dell’incrocio con la strada senza uscita che porta alla stazione ferroviaria. In quel punto, come per un lungo tratto, via di Torricola è costeggiata da pini domestici. All’improvviso, uno schianto fortissimo. Dalle ghiandole surrenali, nel giro di qualche millisecondo, si propaga una scarica di adrenalina che causa un’istantanea accelerazione cardiaca. L’effetto dell’adrenalina è comunque quello di predisporre l'organismo ad affrontare situazioni di emergenza sul piano fisico ed emotivo. Grazie a questi complicati processi chimici, analizzo rapidamente la scena ed il susseguirsi dei fotogrammi che si presentano ai miei occhi. Un oggetto a forma di uovo, ma che non entrerebbe chiuso in due mani, urta violentemente il cofano anteriore, producendo un fragore fortissimo. Rimbalza sul parabrezza, rilasciando tutt’intorno varie schegge, che ha iniziato a perdere già dal primo impatto. Realizzo che si tratta di una grossa pigna appena caduta da uno dei pini che ci sovrastano. Lui, il pino, ha l’urgenza di diffondere il suo seme. Sollecitato dalle regole riproduttive tipiche delle pinacee, al termine dei 36 mesi occorrenti per la maturazione, fa cadere il suo strobilo e lo fa giustamente senza badare a chi si trova sotto e sicuramente senza un’apparente logica. La “ragione” è sua e dei processi biologici che regolano i propri meccanismi riproduttivi. Una questione tutta botanica insomma, del meraviglioso mondo della flora. Nulla a che vedere con l’altro mondo, quello della fauna e di una delle “mostruose” macchine, che una specie detta umana, ha escogitato, realizzato e condotto sotto la sua chioma. Apparentemente è così. Eppure, c’è stata un’interazione generica tra soggetti così diversi, nel corso della quale ciascuno di essi ha modificato reiteratamente i propri comportamenti in rapporto a quelli dell'altro. Il pino ha bisogno di rilasciare la sua pigna e nel momento in cui ci sono le condizioni per farlo, trova forse utile la pur minima vibrazione prodotta dal nostro passaggio. Noi, per qualche istante protetti dall’ombra della sua chioma, con la percezione di una gradevole fragranza di resina, proseguiamo per la nostra strada. Dico: «Tranquilla piccola, era soltanto una pigna che ha voluto il nostro aiuto per spargere i suoi pinoli. Ti sei spaventata?» Sara, con il visino bianco, non si perde d’animo e sfodera il massimo del suo campione quantitativo; mostra i palmi delle mani bene aperti, separando distintamente le sue lunghe dita e dice: «Sì zio Mi’, più di così!»