Versione PDF - Comune di Montelupo Fiorentino

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Versione PDF - Comune di Montelupo Fiorentino
festa della ceramica
La Maiolica
di Doccia
1740-1780
A 270 anni della fondazione della
Manifattura di Doccia e a 250 dalla
morte del suo fondatore Carlo Ginori
- avvenuta a Livorno nel 1757 - Montelupo
dedica una mostra, la prima mai realizzata,
alla maiolica di Doccia.
La Maiolica di Doccia 1740-1780, curata da Fausto Berti e
Gino Turchi, allestita negli spazi espositivi al piano terra del
Museo della Ceramica, presenta sessanta esemplari di maiolica docciana del primo periodo (1740-80): pezzi inediti e
mai pubblicati prima d’ora, provenienti per la maggior parte
da prestigiose collezioni private e da istituzioni pubbliche
come il Museo Richard Ginori della Manifattura di Doccia, la
Fondazione San Niccolò di Prato e la Chiesa di San Romolo a
Colonnata.
La produzione della maiolica affiancò - fin dalla fondazione
della Manifattura - quella più preziosa e ricercata della porcellana. Come è noto nel 1737 il marchese Ginori diede vita
alla Manifattura delle Maioliche e Porcellane di Doccia (in Europa la quarta in ordine di tempo dopo Meissen, Du Paquier
a Vienna e Vezzi a Venezia): una scelta rischiosa in quanto si
trovava senza una corte che potesse commissionare e sostenere la produzione, come avveniva nelle altre manifatture
europee. Nello stesso anno moriva infatti Giangastone Medici e con lui finiva la dinastia che per più di 250 anni aveva
governato la Toscana: il nuovo granduca Francesco Stefano di
Lorena, impegnato nella guerra dei sette anni, non risedette
mai a Firenze e governò attraverso il Reggente Principe di
Craon. Perciò il marchese Carlo Ginori decise di affiancare
alla produzione della porcellana, un bene prezioso ed ambito
ma difficile da produrre, quella della maiolica. Quest’ultima
di più facile produzione, non richiedeva caolino, si cuoceva a
temperatura più bassa ed era richiesta sia dal ceto popolare
che da quello nobile, al posto della porcellana per uso quotidiano. A questo fine, nel 1740, il Ginori fece venire da Faenza
un ceramista francese, Nicole Leturneau di Nevers, con il quale stipulò un contratto che lo impegnava a consegnare una
certa quantità di maiolica decorata in blu in quattro decori:
alla rosa, al parrocchetto (tipologia cino-olandese), alla Berain (tipologia all’uso di Mustier con lambriques sulla tesa e
grottesche al centro) e all’olandese ( tipologia Delft o anche
cino-olandese). Inoltre, il Letourneau doveva istruire quattro
apprendisti su quanto fosse utile alla lavorazione della maiolica. Nel giugno del 1741 Letourneau moriva improvvisamente, ma i decori da lui introdotti continueranno ad essere
impiegati per almeno altri venti anni nella Manifattura.
Di tale produzione, che all’epoca doveva essere consistente,
ben poco è rimasto oggi e rari sono gli oggetti di grandi dimensioni e di bella fattura. L’esposizione odierna è riuscita a
rintracciare e mettere insieme sessanta esemplari prodotti tra
il 1740 e il 1780, che illustrano magistralmente quale dovesse
essere la produzione di maiolica docciana di quel periodo.
Maioliche caratterizzate dai tipici decori in blu, secondo il
contratto Ginori-Letourneau: da mensa (vassoi, terrine, zuppiere, versatoi), per uso personale (versatoi, bidè, vassoi da
barba), decorative (vasi, biscottiere, caminiere, mattonelle) e
di carattere religioso (acquasantiere, candelabri).
Ambra Nepi
Un’arte che non si spenge
La Festa della Ceramica guarda al futuro
FOTO PIERO GHIOZZI:
un grande totem incandescente sulle sponde del fiume
Pesa non mancherà di sucitare l’interesse dei visitatori.
Si tratta di un forno creato appositamente per la Festa
Internazionale della Ceramica dall’Unione Fornaci della
Terracotta, per dare un esempio di cottura delle opere.
La foto, scattatanel corso della festa della terracotta coglie
il momento dell’apertura del forno
Aldo Londi:
ceramista,
scultore, pittore
1930-2000
Innovare. È un termine che ricorre sempre più spesso; talvolta viene utilizzato a ragion
veduta, altre volte assume la natura di semplice slogan. Alla lettera, “innovare” vuol
dire “alterare l’ordine delle cose stabilite per farne di nuove”. Innova chi cerca soluzioni originali, forme inusuali ed anche, se pensiamo al comparto produttivo, tecniche
all’avanguardia.
La quindicesima edizione della Festa Internazionale della Ceramica tenta questa strada. Nella forma e nella sostanza.
L’impegno è quello di affiancare alla ceramica tradizionale anche la produzione contemporanea, facendo diventare la manifestazione un luogo di incontro e contaminazione.
Negli ultimi anni, l’Amministrazione di Montelupo ha lavorato per sostenere i giovani
artisti, quelli che da poco hanno una loro attività e quelli che ancora frequentano l’Università o gli Istituti D’arte.
Nel dicembre scorso si è concluso il Cantiere di Arte Contemporanea in cui alcuni ragazzi hanno potuto lavorare a stretto contatto con un artista del settore, sviluppando
progetti autonomi.
Pochi mesi più tardi è iniziata la seconda fase del progetto “Lo Stato dell’Arte” che
vede la collaborazione fra l’amministrazione di Montelupo, la scuola della Ceramica e
soprattutto l’Università di Firenze.
Il corso di Progettazione del corso di laurea in Design è stato interamente dedicato alla
ceramica ed al vetro: gli studenti hanno visitato il Museo di Montelupo, le aziende della
zona e successivamente hanno realizzato dei progetti che avevano come filo conduttore “La Luce”. Le aziende hanno selezionato i migliori per poi realizzarli. Questi oggetti
sono in mostra presso la sala espositiva “Montelupo Contemporanea” nella mostra “Lo
Stato dell’Arte, Ceramics and Glass Design Workshop”.
È solo attraverso l’incontro fra realtà e linguaggi diversi che è possibile trovare il nuovo. Ed ecco che l’area espositiva Tolmino Bellucci, uno spazio che ritorna alla comunità
dopo un intervento di restauro, è interamente dedicata ad artisti da Montelupo, ma
anche da altre zone d’Italia.
Il percorso si aprirà con i pezzi originali del maestro Eugenio Taccini, per poi proseguire
con le istallazioni di ND Dolfi, una delle aziende più prestigiose di Montelupo, nelle sale
espongono le Ceramiche Tiziano, Vittorio Riverso, estroso artista Napoletano, Alberto
Cavallini, Terry Davies e Franco Rampi e Giovanni Ginestroni.
Ma le contaminazioni non sono finite…altri luoghi della città sono stati adottati da
artisti per farne lo scenario delle proprie istallazioni; è il caso della Fornace del Museo,
dove sarà possibile ammirare “La cucina di Pulcinella” di Paolo Fabiani e della Prioria
di San Lorenzo, dove Francesco Landucci ha realizzato il suo “Albero della vita”, una
suggestiva opera in vetro.
Gli stessi percorsi espositivi sono pensati per valorizzare la contemporaneità e l’incontro con l’antica tradizione. Questo viaggio ideale inizia da Corso Garibaldi con la Scuola
della Ceramica per poi proseguire per le strade del centro storico.
Giovani artisti ed artigiani ceramisti provenienti da tutta Italia allestiscono un mercato
per le vie del paese con dimostrazione delle proprie tecniche di lavorazione.
Li vedremo impegnati a confrontarsi su un tema comune, “La natura urbana”: i pezzi
realizzati in strada, quindi, prenderanno ispirazione dal luogo stesso di lavoro e dalla
natura che fa ancora capolino per la vie del paese nelle calde serate di giugno.
I pezzi realizzati, con il supporto tecnico della Scuola della Ceramica, saranno esposti
lungo le strade del centro storico domenica 24 giugno.
“Buongiorno maestro! Aldo Londi: ceramista, scultore, pittore 19302000” è la prima antologica dedicata ad Aldo Londi. Pittore, scultore
ma soprattutto ceramista, Londi (1911-2003) fu uno sperimentatore
instancabile: nella sua lunga carriera ha creato oggetti che fanno
parte della storia della ceramica italiana.
L’esposizione presenta circa cento pezzi, fra cui settanta ceramiche, realizzati da Londi tra il 1930 e il 2000, scelti tra quelli meno
conosciuti, opere personali, prototipi o esemplari di serie, provenienti
dalla collezione Aldo Londi e dall’Archivio Industriale Bitossi.
Curata da Gino Turchi, con testi critici in catalogo di Franco Bertoni
e Marina Vignozzi, la mostra organizzata dal Museo della Ceramica
e dal Comune di Montelupo in collaborazione con la Fondazione
Museo Montelupo, sarà allestita nell’area espositiva Excelsior.
Il titolo della mostra è tratto da uno scritto di Ettore Sottsass di cui
Aldo Londi fu maestro: «Io penso che Aldo Londi sia una figura indimenticabile nella storia lunga e complicata del design italiano […]
un personaggio da guardare bene, da rispettare molto, da imitare
senza dubbi, da amare e da salutare sempre – togliendosi il cappello
- come si faceva negli antichi rituali e dicendo: buongiorno, Maestro».
Nato nel 1911 a Montelupo Fiorentino, Londi appena undicenne
inizia a lavorare alla manifattura Fratelli Fanciullacci, al tempo la
più rinomata, dove ancora bambino impara le tecniche tradizionali
del fare ceramica. Una vera e propria vocazione, tanto che chiamato
in guerra prima in Etiopia e poi prigioniero in Sud Africa, riesce ad
allestire un primitivo laboratorio di ceramica realizzando dei manufatti andati oggi perduti. Appena rientrato dalla guerra, entra alla
manifattura “Cavalier Guido Bitossi & Figli” diventandone direttore
artistico per trenta anni, dal 1946 fino al 1976, anche se continuerà a
frequentare la fabbrica fino agli ultimi giorni della sua vita.
Il suo ingresso alla Bitossi coincide con un momento di forte cambiamento, che porterà la piccola impresa artigianale a trasformarsi in
un gruppo di aziende con attività complementari.
Sotto la direzione artistica di Londi, la Manifattura Bitossi ha una
repentina e totale trasformazione: annullata la produzione delle
ceramiche tradizionali ci si orienta su oggetti di alta qualità artistica
che rappresentano un nuovo stile di vita, realizzati in serie attraverso
metodi e sistemi industriali, dove l’elemento estetico e funzionale
si accompagna al dato tecnico. Un prodotto di design, anche se il
termine è non del tutto calzante in quanto la demarcazione tra pezzo
unico e serie è quasi inesistente. Le nuova produzione sarà distribuita
in tutto il mondo da committenti prestigiosi come la Rosenthal &
Netter di New York, Goodfriends, Legin. Tra questi anche la Raymor
Company di New York, una società di architetti-arredatori diretta
da Richards Irving, con numerosi showrooms nelle più importanti
città americane. Per Irving, Londi realizzerà numerose linee, tra cui la
famosa Rimini blu, seguita da altre fortunate serie come Mondrian,
Etrusca, Scored Silver, Lobster, Sivillia o con “fritte” o “pettinato”, con
disegno a cera o decoro alla greca, per giungere alla fine degli anni
Sessanta alla serie componibile.
Fu proprio Irving nel 1955 ad indirizzare l’allora giovane architetto
Ettore Sottsass, che voleva sperimentare l’uso della ceramica, da
Londi a Montelupo. Tra i due nascerà un rapporto speciale che durerà
tutta la vita. Come scrive Irving: «Uomo generoso [Londi], aggiornato
ed entusiasta che con il suo appoggio lo ha molto aiutato [Sottsass]
e in qualche modo anche consolato in un momento complicato della
vita. Londi, invece di prendere Ettore come un seccatore rompiscatole
o un antagonista, lo ha accolto con affetto, ha amato la sua gioventù
che portava aria diversa e idee nuove
e ha amato anche la sua follia perché
Ettore tanto poco sapeva di ceramica
che proponeva le cose più balorde
e poi chiedeva se si potevano fare
e Londi immancabilmente diceva
proviamo. Così è nata la loro lunga
amicizia e la consuetudine di un’appassionata collaborazione».
Dopo il ‘76 Londi continua la sua
avventura creativa con la Bitossi
anche quando, negli anni Ottanta,
collaboreranno con la Bitossi designer
e architetti come Antonella Cimatti,
Remo Buti, Marco Zanini, Matteo Thun,
Palma e Vannicola, Marta Sansoni,
Martin Bedin, Nathalie Du Pasquier,
George Sowden, Michele De Lucchi,
Aldo Cibic e altri.
Ambra Nepi
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informa
nr.1-
GIUGNO2007