Capitolo 2. Modificazioni Molecolari del Lead

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Capitolo 2. Modificazioni Molecolari del Lead
Capitolo 2. Modificazioni Molecolari del Lead
2.1. Introduzione
Come si è già accennato, è piuttosto raro che un lead, quale che sia la
sua origine, non debba essere ottimizzato, sia che lo scopo finale sia quello
di ottenere un farmaco che di perfezionare un mezzo di indagine
farmacologica. Il più delle volte il prodotto viene affidato al chimico
farmaceutico per variazioni strutturali che possono avere le motivazioni più
diverse. Le principali ragioni per le quali si sottopone un lead a
manipolazioni molecolari (che sono costose e richiedono tempo, cosa
rilevante soprattutto a livello industriale) sono:
1- Il tentativo di ottenere prodotti con proprietà farmacologiche
migliori in termini di affinità, efficacia, specificità e di ridurre, se
necessario, la tossicità e gli effetti secondari.
2 - La necessità di variare caratteristiche chimico-fisiche quali la
solubilità e la stabilità chimica.
3 - Ove si tratti di una molecola candidata a diventare un farmaco, la
opportunità
di
ottimizzare
caratteristiche
farmacocinetiche
quali
biodisponibilità, stabilità metabolica, distribuzione corporea, durata di
azione. Questo può richiedere il ritorno del farmaco nel laboratorio del
chimico farmaceutico e la progettazione ulteriore di prodotti derivati come
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profarmaci, forme ritardo, forme solubili. Anche problemi relativi alla
formulazione e alla via di somministrazione possono imporre un ritorno al
laboratorio di sintesi.
Non va dimenticato che la necessità di rendere brevettabile un
prodotto è una delle più frequenti ragioni della manipolazione; cosi come la
necessità di rendere disponibile per sintesi un farmaco complesso di origine
naturale. L'insieme delle informazioni che si raccolgono in tutte queste
variazioni strutturali determina per ogni gruppo omogeneo di prodotti le
cosiddette relazioni struttura attività (Structure activity-relationships,
SAR) che permettono la identificazione del farmacoforo e sono alla base di
ulteriori manipolazioni molecolari.
Il farmacoforo può essere definito come la minima unità strutturale
di una molecola che, per la combinazione degli atomi e la disposizione
spaziale dei gruppi funzionali che interagiscono con il recettore, è in grado
di produrre l'effetto biologico osservato. Nel caso particolare dei recettori
in cui, almeno per ora, la gran parte delle informazioni strutturali sul sito
di interazione provengono dalle relazioni struttura attività, questo dato è di
enorme importanza nella caratterizzazione dei recettori, dei loro sottotipi e
nel disegno di farmaci specifici.
Nel corso dello sviluppo della Chimica Farmaceutica i chimici hanno
cercato di individuare delle metodologie che evitassero di procedere con
manipolazioni casuali, secondo il principio del prova e sbaglia. Questa
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continua ricerca ha permesso di elaborare una serie di procedimenti,
prevalentemente empirici, che pur essendo di affidabilità limitata si sono
dimostrati utili nello sviluppo di nuovi farmaci. Al contrario di quanto si fa
nella ricerca di nuovi lead, dove è privilegiata la diversità, le modificazioni
che tendono alla ottimizzazione di un prodotto di riferimento cercano di
mantenere il più possibile la struttura originale.
Questo comportamento discende dalla consapevolezza che l'azione di
una sostanza dipende da interazioni specifiche, cosa particolarmente vera
nel caso dei recettori, e quindi molecole simili tenderanno ad avere simile
attività. Di conseguenza la maggior parte delle metodologie che verranno
illustrate di seguito hanno lo scopo di introdurre modificazioni successive e
spesso puntiformi, nel senso che è modificato un solo sito della molecola alla
volta. E comprensibile come un tale procedimento sia lungo, costoso e, in
qualche misura, tedioso. Per questa ragione l'adattamento delle tecniche di
sintesi combinatoriale anche alla fase di ottimizzazione è oggetto di intensa
sperimentazione.
In alcuni casi tuttavia, la nuova struttura cui si arriva può essere
decisamente diversa da quella di partenza; il tutto però avviene solitamente
in modo graduale. Un esempio di ciò è lo sviluppo di antagonisti del
recettore 5-HT3 a partire dalla metoclopramide, un prodotto ad azione mista
sui recettori Dl e triptaminergici. Attraverso la sintesi di una serie molto
vasta di analoghi progressivamente diversi, si è giunti alla individuazione di
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antagonisti selettivi per il recettore 5-HT3, caratterizzati da alta affinità e
selettività ed anche da una decisa differenziazione delle strutture
molecolari. Alcuni di questi prodotti sono già in terapia come antiemetici
altri (come l'ultimo prodotto tra quelli riportati qui di seguito, che mostra
una affinità nanomolare ed una alta selettività per il recettore 5-HT3) sono
recentissimi e in via di sviluppo.
E’ molto importante osservare che le metodologie che verranno
descritte in seguito si integrano con i concetti fondamentali familiari ad
ogni chimico, quali la natura delle interazioni tra molecole ed il tipo di
legami che le determinano e le relazioni tra struttura e proprietà chimicofisiche. Esse sono normalmente usate in combinazione e la fantasia e la
intuizione del chimico hanno in questo una rilevanza fondamentale.
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2.2. Isosteria
La sostituzione isosterica è una metodologia tra le più utilizzate nella
modulazione molecolare.
Il concetto alla base del metodo è quello di introdurre nella molecola
di riferimento modificazioni tali che, pur variandone alcune caratteristiche
strutturali e chimico-fisiche, ne mantengano intatta la possibilità di
riconoscere lo stesso oggetto biologico, nel nostro caso lo stesso recettore. In
altri termini due molecole isosteriche debbono presentare, entro certi limiti,
la stessa forma e lo stesso volume. La conseguenza è che spesso, malgrado le
premesse che sono alla base dell’isosteria, le somiglianze di tipo biologico
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tra due isosteri sono più grandi di quelle di tipo elettronico e, in generale,
chimico-fisico.
Ovviamente l'interazione può avvenire con conseguenze diverse da
quelle del prodotto di riferimento: ad esempio non è infrequente il caso che
in seguito ad una trasformazione isosterica un agonista si trasformi in
antagonista e viceversa. E' questo il caso delle modificazioni isosteriche
apportate alla molecola del baclofen, un agonista del recettore GABA-B,
che hanno condotto sia ad agonisti che ad antagonisti dello stesso recettore.
Va subito detto che, per le caratteristiche empiriche del metodo,
anche semplici modificazioni possono determinare una variazione nel tipo
di bersaglio biologico individuato dalla molecola originale; per questo è
sempre necessaria una verifica del meccanismo di azione qualora si
osservino anomalie nell'attività biologica attesa.
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Un'altra cosa essenziale da tenere presente nella valutazione critica di
questo approccio è che, pur mantenendo la interazione con il target
originale, la sostituzione isosterica può determinare delle notevoli variazioni
in altre proprietà quali la distribuzione elettronica, le distanze e gli angoli
di legame (con conseguenze sulla affinità dell'isostere), la solubilità, il
metabolismo, la farmacocinetica in generale. Per questo il risultato
dell'applicazione di questo metodo può essere qualche volta imprevedibile
come nel caso della sostituzione isosterica di un -O- con il gruppo -NHnell'anestetico locale procaina. Si ottiene infatti un prodotto (procainamide)
con azione anestetica locale irrilevante ma con una importante azione
antiaritmica. Questo fatto è stato attribuito al netto calo di lipofilia che si ha
passando dall'estere all'ammide che rende difficoltoso il raggiungimento del
sito di azione (canale del sodio neuronale).
Tuttavia proprio le informazioni che si possono trarre dalle variazioni
di attività biologica e di farmacocinetica in seguito a variazioni isosteriche
possono essere essenziali per caratterizzare il modo di azione di un farmaco,
particolarmente se si tratta di recettori.
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Nell'esempio che segue la sostituzione isosterica dell'ossigeno etereo
della muscarina (il prototipo degli agonisti muscarinici) con un atomo di
zolfo e con un metilene ha permesso di valutare l'importanza sull'azione
muscarinica del legame idrogeno coinvolto nell'interazione con il recettore,
in funzione sia della distribuzione elettronica che del volume dell'atomo o
gruppo di atomi inseriti.
2.2.1. Il concetto di isosteria. Questo concetto è stato introdotto da
Langmuir nel 1919 riferendolo ad atomi e gruppi di atomi con struttura
elettronica simile e simili proprietà chimico-fisiche. In particolare egli prese
in considerazione molecole che contenevano lo stesso numero di atomi e la
stessa disposizione e numero di elettroni e che mostravano caratteristiche
chimico-fisiche quasi identiche.
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Tabella 2.1. Confronto tra le proprietà chimico-fisiche di due molecole
isosteriche secondo Langmuir.
Un caso tipico è quello di CO2 e N2O, molecole che contengono
entrambe tre atomi e 22 elettroni. Come appare dalla tabella 2.1, le loro
proprietà chimico-fisiche sono sorprendentemente simili. Un aspetto
interessante per lo sviluppo futuro del principio di isosteria fu che questi
prodotti hanno anche lo stesso comportamento biologico su microrganismi
come il Mixomiceta Physarum Policefalum.
Comunque, in questi termini, il concetto è molto poco utile al chimico
farmaceutico, soprattutto per la sua rigidità. Da questo punto di vista la
successiva elaborazione di Grimm (1925) rappresenta un notevole
miglioramento in quanto mette a disposizione del chimico dei gruppi
sostituenti, isosteri tra di loro normalmente utilizzati nella manipolazione
dei farmaci.
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Grimm ipotizzò che l'aggiunta di un atomo di idrogeno ad un atomo
della riga precedente (per formare quello che egli chiamò uno
pseudoatomo) non alterasse la isoelettronicità dell'atomo che segue. In tal
modo egli costrui una tabella, detta dello spiazzamento degli idruri (hydride
displacement) che qui è limitata agli elementi biologicamente interessanti
(Tab. 2.2), nella quale tutti i gruppi di una colonna sono considerati isosteri.
Tabella 2.2. Gruppi isosterici secondo Grimm.
Successivamente Erlenmayer (1932) propose che quello che contava
per la isosteria non era tanto il numero totale di elettroni quanto il numero
e la disposizione degli elettroni del guscio esterno, per cui la tabella poteva
essere estesa anche agli atomi delle righe successive (Tab. 2.3). Come si può
constatare il numero dei gruppi considerati isosteri diventa cospicuo e
molto più utile per il chimico sintetico.
Tabella 2.3. Gruppi isosterici secondo Grimm.
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Hinsberg dal canto suo, osservando la stretta somiglianza delle
proprietà di benzene e tiofene propose l'equivalenza dei gruppi
−CH=CH−
−S−
integrando tra di loro le diverse definizioni proposte, diventava possibile
ammettere la isosteria di tutta una serie di eterocicli, una piccola selezione
dei quali è mostrata di seguito.
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Va subito fatto rilevare che la isosteria di questi gruppi e cicli si
manifesta soprattutto nella forma e nel volume; infatti sono evidenti
diversità chimico-fisiche essenziali, quali la distribuzione elettronica e tutte
le conseguenze che questo comporta a livello biologico. Tuttavia, come si è
già detto in precedenza, lo scopo principale del chimico farmaceutico è
quello di introdurre modificazioni che non alterino la capacità della
molecola di essere riconosciuta dal suo partner biologico, in modo tale da
conservare il meccanismo di azione.
Eventuali variazioni a livello della distribuzione elettronica possono
allora essere sfruttate per modulare tale interazione, per ricavare
informazioni sul tipo di legami che la determinano (come si è già mostrato
in un esempio precedente) per modificare la farmacocinetica o ridurre la
tossicità del prodotto di riferimento. Può essere utile suddividere i gruppi
isosteri a seconda della loro valenza secondo quanto mostrato nella tabella
2.4.
Tabella 2.4. Gruppi isosteri suddivisi secondo la valenza.
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Un esempio illustrativo dell’uso del concetto di isosteria è nella
modificazione apportata alla molecola della aminopirina, un efficace
analgesico, che però produce un aumento dei casi di tumore per la sua
trasformazione nel N-nitrosoderivato a livello intestinale. La sostituzione
isosterica del gruppo dimetilamminico con il gruppo isopropilico, che non
può subire tale trasformazione ma che evidentemente non altera la
interazione con il bersaglio biologico, per dare il propifenazone ha condotto
ad un farmaco di uso più sicuro.
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2.2.2. Bioisosteria. Dalle ricerche degli anni successivi alla definizione
del concetto di isosteria classico, si è potuto constatare che il numero degli
elettroni periferici non costituiva una caratteristica essenziale e che il tipo
di ibridazione condizionava molto di più la capacità di un gruppo di
sostituirne opportunamente un altro. Si sono così identificati una serie di
gruppi che non rientrano nella definizione originale, ma che per le
caratteristiche steriche ed elettroniche possono essere definiti isosteri tra di
loro. Questi gruppi, alcuni dei quali sono indicati nella figura 2.1, sono stati
chiamati isosteri non classici.
Figura 2.1. Alcuni gruppi isosterici non classici.
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Un esempio di questo tipo di isosteria è quello tra l'ossidrile della
fenilefrina e il gruppo metansolfonammidico di un analogo che ha una
azione del tutto equivalente. In questo caso la isosteria viene attribuita al
fatto che i due idrogeni dei gruppi sostituenti in meta hanno acidità
equivalenti.
Il moltiplicarsi di queste situazioni ha infine spinto alla formulazione
di un concetto più ampio di isosteria. Cosi Friedman (1951) ha proposto il
termine di bioisosteri per quei gruppi che sostituiti al gruppo originale in
una data molecola ne mantengono il tipo di attività; in altri termini
mantengono intatta nella molecola la capacità di essere riconosciuta dallo
stesso bersaglio biologico.
Un classico esempio di bioisosteria è quello tra estradiolo, un ormone
estrogeno, e il dietilstilbestrolo, un ormonoide in grado di interagire con lo
stesso recettore degli estrogeni. Questa bioisosteria è stata attribuita alla
identica capacità dei due supporti lipofili di tenere i due ossidrili alla
distanza necessaria per interagire con il recettore.
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Questo esempio offre immediatamente la possibilità di mettere in
evidenza alcuni inconvenienti del concetto di bioisosteria. Innanzi tutto
questa, almeno fino a qualche tempo fa, veniva verificata il più delle volte a
posteriori. Ora, con l'utilizzazione di metodi teorici computerizzati, è spesso
possibile prevedere la bioisosteria di gruppi che non sono isosteri classici.
Inoltre, una volta determinata la bioisosteria di un gruppo, non è
detto che essa valga in una situazione diversa. Per esempio non è detto che
l'ingombro sterico e la lipofilia del gruppo stilbenico siano compatibili con
un altro tipo di recettore, anche se la distanza richiesta tra i due gruppi
interagenti dovesse essere la stessa.
La inversione di un gruppo estereo produce in alcuni casi come quello
di meperidina e trimeperidina, due analgesici narcotici, prodotti bioisosteri.
Tuttavia analoghe inversioni su altri tipi di substrati non danno lo stesso
risultato.
Nonostante queste limitazioni, il concetto di isosteria si è rivelato
utilissimo
ed
è
ampiamente
utilizzato.
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L'uso
di
metodi
teorici
computerizzati spesso è in grado di rivelare le ragioni steriche ed
elettroniche che rendono due gruppi bioisosteri.
Recentemente si sono cercati dei bioisosteri non idrolizzabili della
funzione esterea della arecolina, un prodotto con interessanti proprietà
muscariniche ma troppo labile per poter essere utilizzato come farmaco
anti-Alzheimer. Si è visto che ossadiazoli e derivati ossimminici quali quelli
mostrati in figura erano alcuni possibili bioisosteri con lo stesso effetto
farmacologico e maggiore resistenza metabolica.
Lo studio delle mappe di potenziale elettrostatico molecolare di
prodotti modello ha in effetti dimostrato che la distribuzione elettronica dei
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vari derivati è molto simile, come si può vedere dall'esempio riportato nella
figura 2.2 nella quale sono mostrate le mappe di potenziale dell'acetato di
metile e del suo bioisostere 3,5dimetil-1,2,4-ossadiazolo.
Figura 2.2. Mappe di potenziale elettrostatico molecolare (MEP) per
due sostanze bioisosteriche: metile acetato e 3,5-dimetil-1,2,4-ossadiazolo.
Nel corso di questi ultimi anni si sono identificati numerosi bioisosteri
di gruppi importanti nell'interazione con i recettori che, con le cautele già
menzionate, possono essere utilmente usati nella manipolazione isosterica di
molti lead. Alcuni di questi bioisosteri sono riportati nella figura 2.3.
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Figura 2.3. Esempi di bioisosteri di gruppi funzionali
2.2.3. Applicazioni del concetto di isosteria. L'uso del concetto di
isosteria è frequentissimo nella Chimica Farmaceutica e non è il caso, in
questa sede, di esaminare sistematicamente tali applicazioni. Verranno
invece presentati alcuni esempi che possono dare una idea delle diverse
finalità con le quali il concetto può essere utilizzato.
La sostituzione isosterica del carbonio con il silicio effettuata su di
una serie di antagonisti muscarinici è stata motivata dalla intenzione di
aumentare l'acidità del protone legato all'ossigeno, sulla base della ipotesi
che il gruppo ossidrilico abbia un ruolo importante nella interazione con il
recettore muscarinico. Effettivamente i prodotti ottenuti sono dei potenti
antagonisti, dotati anche di una certa selettività a livello dei recettori Ml ,
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M3. Purtroppo il prezzo pagato con questa sostituzione è stato quello di una
ridotta stabilità sterica per cui i sila isosteri non sono in genere stabili come
singoli enantiomeri e racemizzano rapidamente.
Le variazioni isosteriche sono spesso utilizzate per modificare la
selettività o la farmacocinetica di un farmaco. Nell'esempio che segue la
sostituzione di un gruppo amminico con un metile ha permesso di eliminare
la residua azione antibatterica di sulfamidici ipoglicemizzanti, mentre la
successiva sostituzione con un atomo di cloro ha reso più lungo il tempo di
emivita di un prodotto altrimenti facilmente metabolizzato.
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Al contrario, la sostituzione isosterica di due gruppi etilenici nel
decametonio con due gruppi O-C=O, facilmente e rapidamente idrolizzabili
dalle ematiche, ha avuto lo scopo di rendere più corta la durata di azione
del farmaco originale rendendone più flessibile l'uso.
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La sostituzione isosterica di atomi o gruppi di atomi può essere
estremamente utile per rendere chimicamente stabili prodotti biologici che
hanno legami facilmente scindibili. Nell'esempio che segue la uridina si
trasforma in un prodotto chimicamente più stabile per sostituzione
isosterica dell'azoto in 5 dell'anello pirimidinico. Se la sostituzione isosterica
si effettua sull'ossigeno dello zucchero si ottiene naturalmente lo stesso
risultato come nel caso dell'isostere carbociclico della adenosina.
Analogamente la sostituzione di un legame ammidico con un doppio
legame ha permesso di passare dalla indometacina al sulindac. In questo
caso inoltre, la possibilità di separare i due isomeri geometrici ha
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contribuito a chiarire le modalità di interazione di questa serie di
antinfiammatori con la cicloossigenasi.
Questo esempio, come del resto quello riguardante la clorpropamide,
permette di puntualizzare che, una volta fatta con successo la sostituzione
isosterica, si può procedere ad una ulteriore ottimizzazione come è
dimostrato dalle piccole variazioni strutturali riscontrabili nelle due
molecole.
La sostituzione isosterica di un legame peptidico è un caso particolare
molto importante dal punto di vista pratico, vista la instabilità metabolica e
gli altri problemi farmacocinetici di proteine e peptidi. Al problema si è già
fatto cenno più volte, in particolare nella sezione 1.8.2. Nella figura 2.4 sono
mostrati altri esempi di gruppi isosteri del legame ammidico comunemente
utilizzati nella pratica per la trasformazione di peptidi in peptidomimetici.
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Figura 2.4. Bioisosteri del legame ammidico.
2.3. Semplificazione molecolare
Soprattutto nel caso di lead di origine naturale, spesso di natura
molto complessa, è frequentemente usato il metodo della dissezione della
molecola in porzioni più piccole, sulla base della considerazione che essa
possa essere più complessa di quanto necessario per avere la stessa azione
biologica. In pratica vengono aperti o eliminati cicli, eliminate o modificate
catene laterali, semplificata la stereoisomeria. Con questo approccio si
cerca di fatto la porzione di molecola essenziale per l'azione biologica,
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eliminando la parte della struttura originaria che non contribuisce
all'azione: in altre parole si cerca di identificare la struttura del
farmacoforo.
2.3.1. Vantaggi e svantaggi del metodo. Le motivazioni che possono
indurre ad utilizzare questo approccio sono molteplici:
a)
L'individuazione di una struttura chimica più semplice che sia
più facilmente accessibile per via sintetica e possa essere modificata con
metodi sintetici non troppo complessi, per ottimizzarne la attività.
b)
L'eliminazione di parti strutturali non necessarie che possono
essere responsabili di effetti collaterali o di proprietà farmacologiche o
farmacocinetiche non desiderate.
c)
La semplificazione della stereoisomeria per ridurre il numero
degli isomeri prevedibili e di conseguenza semplificare la sintesi, la
farmacocinetica e la farmacologia del prodotto iniziale. Questo è
particolarmente rilevante nel caso della isomeria ottica, vista la difficoltà di
ottenere enantiomeri puri senza costose complicazioni preparative (la cosa è
ovviamente importante soprattutto a livello industriale).
Tuttavia, nell'adottare questa strategia va tenuto ben presente che
l'operazione di semplificazione molecolare può produrre risultati negativi
quali ad esempio:
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a) La perdita della specificità di azione. Infatti la semplificazione
strutturale ha spesso come conseguenza un aumento della flessibilità
molecolare che può permettere l'adattamento del farmacoforo a diversi
altri siti attivi; nel caso dei recettori si può perdere sia la specificità verso
un certo tipo che verso i vari sottotipi del recettore interessato.
b) L'alterazione profonda delle proprietà farmacocinetiche del
prodotto originale, in particolare per ciò che riguarda la sua stabilità
metabolica e la sua distribuzione corporea.
In entrambi i casi la influenza della stereoisomeria può essere critica e
modificazioni a questo livello vanno valutate con grande attenzione.
Come già detto, la apertura di cicli è uno dei mezzi più usati per la
semplificazione molecolare; spesso però la molecola è modificata in modo
che i cicli aperti possano essere simulati da catene laterali con lo scopo
evidente di mantenere il più possibile la somiglianza con il prodotto di
riferimento. Il passaggio da estradiolo a dietilstilbestrolo, già preso in
considerazione in termini di bioisosteria (vedi sezione 2.2.3) può essere
anche considerato da questo punto di vista.
2.3.2. Esempi di applicazioni del metodo. Due classici esempi di questa
strategia sono rappresentati dalle modificazioni introdotte sulla molecola
della morfina e della tubocurarina. In entrambi i casi le semplificazioni
strutturali introdotte hanno interessato cicli, catene laterali, stereoisomeria.
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Nel caso della morfina una spinta potente alla semplificazione
molecolare è venuta dalla necessità di eliminare, o per lo meno attenuare, il
fenomeno della tossicodipendenza connesso con questo potente ed
insostituibile analgesico. Anche se il cammino non è stato così lineare come
si potrebbe supporre, successive semplificazioni molecolari hanno condotto
alla individuazione di sostanze molto più semplici che mantengono intatte le
caratteristiche analgesiche della morfina anche se in definitiva lo scopo di
liberarsi della azione tossicomanogena, se si eccettua il caso del
levopropossifene, non è stato raggiunto.
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L'ipotesi che l'azione bloccante della placca motrice muscolare da
parte della tubocurarina fosse dovuta alla presenza dei due atomi di azoto
quaternari, ha condotto alla sintesi di numerosi derivati alifatici contenenti
alla loro estremità due gruppi ammonici quaternari. Tra questi il
decametonio contiene i due gruppi alla stessa distanza della tubocurarina e
infatti presenta una analoga azione di blocco mioneurale. Tuttavia si è ben
presto constatato che il meccanismo con cui questo blocco viene provocato è
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diverso, molto probabilmente a causa della flessibilità estremamente
diversa delle due molecole. Il decametonio agisce anche depolarizzando la
membrana. mentre la tubocurarina agisce attraverso una azione di blocco
del recettore nicotinico di placca, il che ha conseguenze notevoli sulla loro
tossicità e sull'uso clinico.
Un esempio molto più recente di applicazione di questo metodo è
quello che ha riguardato la semplificazione molecolare di un prodotto
naturale già citato, la asperlicina, che ha condotto ad un inibitore della
colecistochinina più potente e selettivo e di struttura molto più semplice (L364,718, devazepide).
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Infine un esempio di eliminazione di un centro chirale, che non
determinava differenze particolarmente elevate di affinità tra i due
enantiomeri, ma poteva provocare problemi a livello di preparazione
industriale dell'enantiomero più attivo, è quello riportato da C. Wermuth
nella sua ricerca tendente ad esaltare l'azione agonista muscarinica M l della
minaprina. La modulazione molecolare del lead aveva condotto ad un
prodotto potente ma contenente un centro chirale. La eliminazione del
centro chirale con la sintesi di analoghi simmetrici conduce a molecole,
come quella indicata, che mantengono una elevata azione agonista.
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La semplificazione molecolare diventa particolarmente utile nel caso
di lead di natura polipeptidica in quanto abbastanza spesso si osserva che
l’azione farmacologica è legata ad una particolare sequenza di aminoacidi
all'interno della struttura originaria.
Per esempio si è dimostrato che l'attività della bombesina, un peptide
di quattordici aminoacidi isolato dalla pelle di una rana europea e dotato di
molteplici azioni biologiche, è dovuta interamente alla sequenza terminale
di otto aminoacidi e che questo si verifica per molti peptidi della stessa
famiglia.
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5-oxoPro -Gln-Arg-Leu-Gly-Asn-Gln-Trp-Ala-Val-Gly-His-Leu-Met-NH2
Bombesina
Naturalmente questa è una premessa indispensabile per lo studio
successivo delle relazioni struttura attività e per lo sviluppo di analoghi,
peptidomimetici o antagonisti.
2.4. Complicazione molecolare
Mentre l'approccio iniziale preferito per modificare un lead di origine
naturale è quello della semplificazione molecolare, visto che i prodotti di
questo tipo hanno spesso una struttura chimica alquanto complessa,
successivamente ed in tutti gli altri casi, si passa a modificazioni che in linea
generale tendono a complicare la struttura iniziale. Tali "complicazioni"
possono essere estremamente semplici, come nel caso della omologazione o
molto complesse, come nel caso della ibridazione molecolare. Le
motivazioni di queste modifiche sono quelle discusse all'inizio del capitolo.
2.4.1. Omologazione. Questa semplice metodologia, spesso considerata
con sufficienza ed ironia, è in realtà particolarmente utile nel caso dei
prodotti che interagiscono con i recettori in quanto è ben noto che la
specificità di interazione con il sito attivo rende la molecola molto
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suscettibile a variazioni strutturali anche piccole. Nella sezione 1.6 è già
stato riportato l'esempio del passaggio da un antistaminico come la
prometazina ad un neurolettico come la clorpromazina per semplice
allungamento della catena alchilica sull’azoto da due a tre atomi di
carbonio. Un altro esempio delle conseguenze di questo approccio è quello
mostrato di seguito. Non sempre i risultati sono cosi netti, ma spesso si
possono ottenere preziose informazioni sulla topografia del sito attivo.
Nell’usare questo approccio non va trascurato il fatto che
l’introduzione di catene alchiliche altera profondamente le caratteristiche
lipofile e può determinare variazioni decisive a livello farmacocinetico ma
anche a livello di interazioni con il recettore.
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L’esempio più recente e anche più significativo di questo tipo di
approccio è costituito dal salmeterolo, farmaco broncodilatatore che, per
effetto della lunga e lipofila catena presente sull’azoto, è un agonista
adrenergico di lunga durata. Il mantenimento dell'azione agonista
(usualmente trasformata in azione antagonista da una voluminosa
sostituzione sull'azoto) e la lunga durata di azione vengono spiegati con
l'ancoraggio del prodotto ad un sito accessorio lipofilo (exosite) che è
sufficientemente lontano per permettere la normale formazione e rottura
del complesso farmaco recettore e talmente forte da mantenere il farmaco
nell'intorno del sito attivo. In altre parole la molecola è libera di associarsi e
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dissociarsi dal recettore per dare corso all'azione agonista ma non è libera
di diffondere lontano dal recettore.
Inoltre l'allungamento progressivo di catene alifatiche può alterare la
geometria della molecola, determinando corrispondenti variazioni nei
meccanismi di azione, come è dimostrato dall'esametonio (bloccante del
recettore nicotinico gangliare) rispetto al decametonio (bloccante dello
stesso recettore a livello di placca).
La variazione sistematica della lunghezza delle catene alifatiche che
separano gruppi essenziali per la interazione con il recettore è un metodo
molto utilizzato per studiare la topografia di recettori e di sottotipi
recettoriali, come verrà più ampiamente discusso nella sezione 3.7
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Anche l'ampliamento di cicli può essere considerato un caso speciale
di omologazione ed anche in questo caso i risultati ottenuti possono essere
differenti in relazione alle variazioni, soprattutto conformazionali, che tale
modifica comporta. In alcuni casi la variazione non è tale da alterare
l'interazione con il recettore coinvolto e quindi il prodotto omologo mostra
la stessa azione di quello originario: è questo il caso di meperidina ed
etoeptazina che sono entrambi analgesici narcotici.
Nel caso invece del passaggio da cloroprotissene a dotiepina la
omologazione introduce una flessibilità nella struttura che è considerata
responsabile della apparizione di una azione antidepressiva accanto a
quella neurolettica. Infatti mentre il cloroprotissene è utilizzato come
neurolettico la dotiepina è usata come antidepressivo.
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2.4.2. Omologazione arilica. Un caso particolare di omologazione può
essere considerato quello della introduzione nella molecola di gruppi
aromatici (e, per trasformazione isosterica, eteroaromatici) usualmente
lipofili, che il più delle volte servono per aumentare la affinità attraverso
interazioni lipofile ed elettrostatiche. Questi gruppi possono essere sia
condensati a cicli preesistenti che usati come sostituenti. Nel caso di ligandi
recettoriali si è visto che l'introduzione di tali gruppi trasforma spesso gli
agonisti in antagonisti.
Nell'esempio riportato di seguito il legame idrofobico dei gruppi
fenilici aggiunti con siti accessori del sito attivo determina un notevole
aumento della affinità e la comparsa di antagonismo di tipo competitivo.
Lo stesso effetto viene di regola ottenuto con la condensazione di
gruppi arilici. Nell'esempio che segue la sostituzione degli ossidrili catecolici
con un anello benzenico condensato trasforma l'azione agonista
dell'isoproterenolo nell'azione antagonista del pronetalolo.
94
Naturalmente il risultato finale dipende dalla topologia del sito attivo
e dalla capacità, sua o di siti accessori contigui, di accogliere gruppi lipofili
e voluminosi come quello fenilico.
In realtà la condensazione di anelli aromatici è anche usata per
sondare lo spazio disponibile in zone particolari del sito di legame di un
ligando o di una classe di ligandi. Questo tipo di approccio è stato
sistematicamente utilizzato da Cook e collaboratori che ad esempio hanno
disegnato e sintetizzato tutta una serie di benzoanaloghi del flunitrazepam
che sono serviti come sonde per determinare le disponibilità spaziali del sito
di legame delle benzodiazepine intorno all'anello benzenico fuso con l'anello
benzodiazepinico. Si è visto che solo la fusione con l'anello B mantiene
un'alta affinità per il recettore; ma si è anche osservato che i vari sottotipi
recettoriali presentano caratteristiche steriche differenti in quella zona
dello spazio.
95
2.4.3. Vinilogia. Nei casi in cui l'effetto elettronico è importante
nell'azione di una molecola, l'interposizione di un gruppo vinilico o di un
gruppo aromatico tra i due gruppi responsabili di tale effetto può condurre
a prodotti che mantengono l'attività, purché naturalmente ciò non
interferisca con altre caratteristiche essenziali per l'interazione, come la
forma e il volume della molecola. Una applicazione di questo principio è
rappresentata nell'esempio seguente.
L'effetto anestetico locale della procaina sembra dipendere
fortemente dalla polarizzazione del gruppo carbonilico ad opera dell'anello
benzenico 4-ammino-sostituito; infatti la interposizione di un gruppo
vinilico che è in grado di trasmettere questo effetto mantiene l'attività
anestetica locale mentre l'interposizione di un metilene la fa scomparire.
96
Lo stesso avviene per lo stimolante centrale nicetamide, il cui vinilogo
mostra lo stesso tipo di azione.
Naturalmente un anello benzenico ha la stessa capacità di trasmettere
effetti mesomeri e quindi può essere utilizzato allo stesso scopo. Il
mantenimento della attività antimicrobica della solfanilammide nel dapsone
può trovare una spiegazione in questo principio.
97
Il principio di vinilogia è stato solo saltuariamente applicato nella
modificazione di lead, con risultati in genere non molto incisivi.
Attualmente il suo uso si è fatto ancora più raro.
2.4.4. Ciclizzazione. In corrispondenza con la semplificazione
molecolare ottenuta tramite la apertura di cicli, anche la metodologia
inversa, che consiste nell'introdurre nuovi cicli o nel ciclizzare catene
laterali già presenti è largamente utilizzata. Qui non ci si riferisce alla
introduzione di anelli aromatici, sia condensati che come sostituenti, che è
già stata esaminata nel quadro della omologazione e che spesso ha
semplicemente lo scopo di aumentare le interazioni idrofobiche della
molecola originale, ma a quelle modifiche che servono a ridurre la
flessibilità molecolare del lead e quindi ad individuare possibili
conformazioni più attive e selettive. Per l'importanza fondamentale che
questo approccio ha acquistato nella Chimica Farmaceutica ad esso viene
riservata una trattazione a parte (Sezione. 3.2).
98
2.4.5.
Raddoppiamento
molecolare.
Il
metodo
consiste
nella
duplicazione di un farmacoforo sia direttamente (testa-testa, testa-coda,
coda-coda) sia per mezzo di uno spaziatore (spacer o linker). La nuova
molecola così ottenuta può subire a livello metabolico una trasformazione in
due molecole identiche a quelle di partenza (acido salicilsalicilico) ed in tal
caso non sarà altro che un profarmaco probabilmente con migliori
proprietà farmacocinetiche. Più frequentemente, la molecola raddoppiata
può risultare attiva come tale (dicumarolo, esaclorofene); questo risultato si
ottiene in genere quando lo spaziatore è una catena polimetilenica di
lunghezza opportuna.
99
Questo approccio è stato seguito per diversi tipi di farmaci quali
antinfiammatori
(acido
salicilsalicilico),
anticoagulanti
(dicumarolo),
disinfettanti (esaclorofene), ma la sua razionalizzazione appare precaria.
Infatti in genere non è affatto chiaro se il raddoppiamento molecolare abbia
un suo ruolo specifico sulla attività oppure debba essere considerato come
una delle tante modificazioni con effetto positivo sulla farmacodinamica e
farmacocinetica della molecola originale.
In questo ultimo caso, che è molto frequente, il secondo farmacoforo
ha l'effetto farmacodinamico di contribuire al legame con il bersaglio
biologico, attraverso la interazione con siti accessori a quelli utilizzati dalla
prima porzione del farmacoforo stesso. Dal punto di vista farmacocinetico,
il secondo gruppo può indurre un miglioramento delle proprietà chimicofisiche, come la lipofilia, che controllano questa fase.
Una discussione più approfondita dell'uso di questo approccio nel
disegno di farmaci selettivi per sistemi recettoriali verrà presentata nella
sezione 3.4.
2.4.6. Ibridazione molecolare. Si parla di ibridazione molecolare quando:
a) Due molecole, con meccanismo di azione diverso ma identico effetto
farmacologico, vengono unite tramite legame covalente in una unica entità
molecolare.
100
Se il legame tra le due molecole può essere facilmente degradato a
livello metabolico ognuno dei due farmaci produrrà il suo effetto tramite il
suo meccanismo di azione. Il vantaggio della ibridazione sarà quindi di tipo
farmacocinetico in quanto in tal modo si evitano i problemi di una diversa
farmacocinetica dei due farmaci originali. Naturalmente perché questo tipo
di ibridazione abbia senso è necessario che i dosaggi dei due farmaci siano
compatibili con il rapporto stechiometrico presente nel farmaco ibrido. Un
esempio di questo approccio è dato dalla ibridazione di ampicillina, un noto
antibiotico β-lattamico, e sulbactam, un inibitore delle β-lattamasi, per dare
la sultamicillina, che viene facilmente scissa nei due prodotti originali ad
opera degli enzimi plasmatici.
Se invece il legame non è degradato a livello metabolico, la molecola
sarà in tutto e per tutto una nuova entità molecolare che può essere attiva
con entrambi i meccanismi delle due molecole originali, può essere attiva
con uno solo dei meccanismi o essere del tutto inattiva. E chiaro che il
101
risultato finale è difficilmente prevedibile e dipende dalla compatibilità di
una delle due metà della molecola con il sito di azione dell'altra. Un esempio
di successo nell'applicazione di questo principio è rappresentato dalla
fenetillina che proviene dalla ibridazione di caffeina, che aumenta l'AMP
ciclico inibendo le fosfodiesterasi, e metanfetamina, un simpaticomimetico,
entrambi utilizzati come psicostimolanti.
b) Le caratteristiche fondamentali (farmacoforo) di due molecole
aventi lo stesso o diverso meccanismo di azione, ma uguale effetto
farmacologico, sono introdotte in una nuova entità molecolare che in genere
corrisponde solo parzialmente alle molecole di partenza. Anche in questo
caso la molecola può essere attiva con tutti e due i meccanismi di azione,
con uno solo, o può anche essere del tutto inattiva, per le stesse ragioni
discusse in precedenza. Il labetalolo, nel quale si sono ibridate le
102
caratteristiche di α e β bloccanti allo scopo di ottenere una azione
antipertensiva con un doppio meccanismo di azione, è un caso di questi; ma
vedremo in seguito che la situazione non è così semplice come può apparire
ad un esame superficiale del suo effetto terapeutico. Anche a questo
approccio della ibridazione molecolare è riservato un capitolo a parte in cui
verranno esaminati più in dettaglio i problemi connessi con la sua
utilizzazione (Sezione 3.4).
2.4.7. Modificazioni steriche. Tra le complicazioni molecolari che
vengono introdotte più spesso su di un lead ci sono quelle a carico della
stereoisomeria della molecola. Difatti è un concetto largamente acquisito
quello che la stereoisomeria ha un ruolo essenziale nell'interazione con
macromolecole di interesse biologico ed in particolare nella interazione con
i recettori, come verrà più ampiamente discusso nella sezione 3.3 per ciò che
riguarda l'isomeria ottica.
Variazioni nella stereoisomeria di una molecola possono essere
introdotte in vari modi: l'inserimento di doppi o tripli legami, la
ciclizzazione di strutture lineari, l'inserimento di centri stereogenici. Come
103
si vedrà più avanti (Sezione 3.2) l'inserimento di legami multipli e la
ciclizzazione sono metodi largamente usati nel disegno di analoghi rigidi per
cui va subito sottolineato che questo approccio è quasi sempre
accompagnato da variazioni a carico della stereoisomeria.
In genere l'effetto farmacodinamico di modificazioni steriche è quello
di variare la affinità della molecola originale per il suo partner biologico
che come è noto ha, nella quasi totalità dei casi, una stereochimica ben
definita. Come conseguenza si possono ottenere derivati con affinità
selettiva verso recettori o sottogruppi recettoriali e acquisire preziose
informazioni sulla stereochimica dei rispettivi siti di interazione; il tutto è
estremamente utile per lo sviluppo di nuovi farmaci.
C'è ovviamente anche una conseguenza farmacocinetica di queste
trasformazioni steriche, soprattutto a livello metabolico. Ciò può
complicare la situazione, ma può anche essere utilizzato ai fini di migliorare
le caratteristiche farmacocinetiche di un farmaco.
Naturalmente la complicazione sterica di un farmaco, se da un lato
introduce elementi di selettività recettoriale, spesso provoca notevoli
complicazioni sintetiche e di separazione di isomeri. La valutazione dei
vantaggi e degli svantaggi di questa operazione è, soprattutto a livello
industriale, un'operazione molto importante.
Qui di seguito sono riportati due esempi di modulazione sterica.
104
Nel primo la introduzione di un centro stereogenico nella molecola
achirale della acetilcolina, oltre a rendere la molecola metabolicamente più
stabile, conduce a due enantiomeri ( R(+) e S(-) metacolina) con affinità
molto diversa per il ricettore muscarinico; inoltre l'enantiomero più potente
è selettivo per questo recettore rispetto a quello nicotinico. La ciclizzazione
della stessa molecola di acetilcolina a diossolano mantiene un'alta attività
colinergica solo in uno dei quattro isomeri possibili: il (+)-cis-diossolano.
Infine la introduzione di un doppio legame nell'anello A del cortisone
per dare il prednisone, mentre non influisce sulla capacità di interazione
con il recettore, altera la struttura sterica di tale anello in modo tale da
renderlo molto più resistente alla degradazione metabolica.
105
2.4.8. Derivatizzazione. Questa semplice procedura, che il più delle
volte consiste nell'esterificazione di acidi e di alcoli o nella acilazione di
ammine ed altre simili reazioni, non ha molto interesse dal punto di vista
delle informazioni da trarre dalla manipolazione molecolare, ma ha al
contrario un enorme impatto a livello pratico in quanto può permettere lo
sviluppo di molecole altrimenti inutilizzabili a causa di problemi
farmacocinetici.
Ad essa è legato il campo vastissimo della progettazione e sintesi dei
profarmaci, che hanno un ruolo essenziale nello sviluppo di farmaci, anche
nel campo dei recettori. Ugualmente importante è la derivatizzazione
tendente a modulare la solubilità di una molecola o la sua distribuzione tra i
vari distretti dell'organismo. La trattazione di questi argomenti è al di fuori
degli scopi di questo libro.
Qui di seguito vengono riportati due dei numerosissimi esempi di
utilizzazione di questo approccio. Nel primo la esterificazione dell'ossidrile
alcolico dell'ossazepam con anidride succinica per dare l'ossazepam
106
emisuccinato permette di introdurre una funzione acida salificabile che
rende solubile in acqua il prodotto altrimenti praticamente insolubile. Nel
secondo la esterificazione con acido pivalico della adrenalina aumenta
grandemente la lipofilia della molecola e ne permette l'uso a livello oculare
per il trattamento del glaucoma.
2.5. Modulazione chimica e chimico-fisica
Questa sezione riguarda le modificazioni molecolari mirate a variare
la distribuzione elettronica e la lipofilia della molecola o ad introdurre
funzioni e gruppi che possono aumentare le forze di legame tra il prodotto
originale ed il suo bersaglio biologico allo scopo di ottimizzarne la
interazione.
Mentre il primo approccio viene in genere attuato attraverso una
strategia ragionata di sintesi e la valutazione critica dei risultati biologici
ottenuti, il secondo metodo si basa essenzialmente sulle informazioni che si
hanno sul sito attivo e sugli amminoacidi che lo costituiscono e lo
circondano. Questo approccio si è rivelato molto utile nel caso degli enzimi,
dove sempre più spesso è nota la struttura secondaria e terziaria; per ciò
107
che riguarda i recettori e i canali ionici esso deve basarsi ancora su modelli
approssimati ed è quindi molto legato alla intuizione del chimico
farmaceutico.
2.5.1. Legami elettrostatici, ionici e covalenti. Alcune volte può essere
utile inserire un raggruppamento in grado di potenziare la affinità di un
lead per il suo oggetto biologico. Questo approccio può essere suggerito
dalla struttura nota del sito di interazione che può presentare nelle sue
immediate vicinanze gruppi in grado di dare interazioni e non utilizzati
dalla molecola originale. In mancanza di informazioni dirette, si può partire
dal presupposto che la struttura chimica del bersaglio molecolare renda
probabile la presenza di tali gruppi vicino al sito di interazione. Ulteriori
dettagli sull'uso di questa metodologia verranno dati nella sezione 3.8.
In ogni caso risulta spesso utile introdurre gruppi funzionali quali
carbossili, ammine, ossidrili, solfossidi, solfoni, ammidi, gruppi insaturi
eccetera, per rendere possibili nuovi legami ionici o elettrostatici. La
introduzione di gruppi lipofili per indurre o incrementare il legame
idrofobico è già stata descritta (Sezione 2.4. 1).
Soprattutto nel caso dei recettori, questo tipo di modificazioni può
condurre a sostanziali miglioramenti nella selettività verso sottotipi se la
funzione introdotta è in grado di interagire solo o preferenzialmente con
uno di essi.
108
Questo approccio è largamente utilizzato nella modulazione
molecolare e può modificare, oltre che le caratteristiche farmacodinamiche,
anche quelle farmacocinetiche. Una classe di farmaci in cui è stato molto
utilizzato è quella dei calcio-antagonisti diidropiridinici derivati dalla
nifedipina. Qui uno dei residui impegnati nella formazione dei gruppi
esterei
è
stato
sostituito
con
gruppi
contenenti
una
funzione
amminoalcolica, ottenendo tutta una serie di sostanze con caratteristiche di
potenza e selettività spesso migliori del prototipo. Questi prodotti sono
esemplificati dalla nicardipina.
I gruppi funzionali introdotti non debbono necessariamente essere
situati su catene laterali lunghe, anche se questo è un caso frequente. Per
esempio, nel caso della nicotina, la semplice introduzione di un gruppo
alchinico, che evidentemente è in grado di modulare la interazione con uno
dei numerosi sottotipi di recettori nicotinici presenti a livello centrale,
introduce nella molecola un netto aumento della capacità di liberare
dopamina (DA). Ciò rende questa sostanza particolarmente promettente nel
trattamento del morbo di Parkinson.
109
Per alcuni tipi di studi, soprattutto a livello di recettori, può essere
utile avere a disposizione molecole in grado di stabilire legami covalenti con
la molecola bersaglio. Tali molecole possono essere utilizzate per marcare i
recettori il che rende possibile lo studio di vari aspetti della loro biochimica,
o anche per bloccare i recettori stessi rendendoli inattivi, fatto che può
essere estremamente utile per studiare il loro funzionamento e la loro
farmacologia.
Ligandi di questo tipo si ottengono normalmente attraverso
l'inserimento sulla molecola del lead di funzioni alchilanti quali alochetoni,
enoni,
gruppi
β-cloroetilamminici,
gruppi
tiocianato
e
simili.
Particolarmente utili sono quei prodotti che alchilano dopo attivazione per
irraggiamento (fotoalchilanti), ad esempio quelli contenenti un gruppo
azido.
La fenossibenzamina alchila selettivamente i recettori α adrenergici
ed è largamente utilizzata, tra l'altro, per inattivare tali recettori nel
metodo di Furchgott per la determinazione delle costanti di affinità di
agonisti. La bromoacetilcolina alchila i recettori nicotinici, mentre la βclornaltressamina è un alchilante non selettivo dei recettori oppioidi. Infine
110
l'(R)-2-azido-N6-p-idrossifenilisopropil-adenosina
(R-AHPIA)
è
un
fotoalchilante del recettore adenosinico Al . Il problema principale nel
progettare questo tipo di prodotti è quello di individuare la zona del lead in
cui inserire la funzione alchilante senza alterarne l'affinità per il recettore.
Questo argomento verrà ripreso nella sezione 3.8.
2.5.2. Distribuzione elettronica e lipofilia. La distribuzione elettronica
e la lipofilia di una molecola, e di conseguenza la sua affinità per il
substrato biologico, possono essere modulate attraverso la sostituzione con
gruppi che abbiano diverso comportamento rispetto a questi parametri
chimico-fisici. Una tale modulazione è quindi in grado di permettere, da
una parte la ottimizzazione di un lead e dall'altra lo studio delle forze che
regolano l'interazione di un farmaco con il proprio bersaglio biologico.
111
Tabella 2.5. Proprietà induttive e mesomere di alcuni gruppi sostituenti.
Nella tabella 2.5 è riportata una suddivisione qualitativa dei gruppi
sostituenti più frequentemente usati a seconda del loro effetto induttivo o
mesomero. Si ricorderà che gruppi che attraggono elettroni più fortemente
dell'idrogeno hanno un effetto induttivo definito negativo (-I) mentre quelli
che li attraggono meno fortemente hanno un effetto definito positivo (+I).
Effetti mesomeri risultano dalla delocalizzazione di elettroni π in composti
che presentano doppi legami coniugati. Gruppi che aumentano la densità
elettronica nel sistema coniugato hanno un effetto definito +R, mentre
gruppi che la diminuiscono hanno un effetto definito -R.
112
Si può notare che alcuni gruppi presentano sia effetto induttivo che
effetto mesomero e che entrambi gli effetti sono, come è logico, dipendenti
dal pH per quei gruppi che sono ionizzabili.
Ai fini di una valutazione più quantitativa degli effetti elettronici,
lipofili e sterici (dove l'effetto sterico è da intendere come ingombro sterico)
di un gruppo sostituente, è utile prendere in considerazione le costanti σ, π,
Es che sono quelle più largamente utilizzate per parametrizzare appunto
queste grandezze chimico-fisiche. Questi ed altri parametri sono utilizzati
per lo studio delle relazioni quantitative struttura-attività (QSAR), che a
loro volta sono un mezzo molto utile per valutare l'incidenza degli effetti
elettronici, lipofili e sterici sull'azione di un farmaco. In questa sede tuttavia
non ci occupiamo di questo aspetto, ma dell'uso di questi parametri
nell'indirizzare le modificazioni strutturali da fare su di un lead.
Si ricorderà anche in questo caso che i parametri sono definiti dalle
equazioni:
π = logP x - logP H
σ = logKx - logKH
Es = logKix - logKi H
113
e rappresentano i contributi di un dato gruppo X rispetto all'idrogeno sulla
lipofila, distribuzione elettronica ed effetto sterico. Anche se ognuno di
questi parametri ha subito una evoluzione che ha portato alla sua
differenziazione in vari sottotipi (per es. σm, σp, σ+, σ-, σ*, F, R etc.), per
fornire un criterio alla modulazione chimico fisica di un lead sono
sufficienti π, σ, Es, che sono noti e tabulati per quasi tutti i gruppi di uso più
comune, alcuni dei quali sono riportati nella tabella 2.6.
Per ciò che riguarda la distribuzione elettronica, dal confronto con la
tabella 2.5 si può notare che σ parametrizza sia l'effetto induttivo che
l'effetto mesomero. Così per il gruppo NO2 il σ positivo (caratteristico di un
gruppo elettronattrattore) è il risultato di un effetto induttivo -I e di un
effetto mesomero -R.
Tabella 2.6. Costanti Idrofobiche (π) elettroniche (σ) e steriche (Es) di
alcuni atomi e gruppi di atomi nell'anello aromatico.
114
Per avere una idea complessiva del comportamento di un gruppo in
relazione agli effetti elettronici e lipofili, Craig ha proposto di visualizzare
graficamente i valori delle costanti σ e π. Il grafico proposto da Craig è
bidimensionale (Fig. 2.5) e non include pertanto il parametro sterico.
115
Naturalmente, se si vuole, il grafico può essere trasformato in
tridimensionale per includere anche questo parametro. Normalmente si
utilizzano questi dati per selezionare gruppi che conferiscano alla nuova
molecola le caratteristiche desiderate.
Quando si vogliano esplorare tutte le possibilità di modulazione senza
seguire una ipotesi particolare si possono seguire strategie del tipo di quella
proposta da Topliss. Questo schema (Topliss tree), di cui la figura 2.6
riporta una formulazione semplificata, prevede la presenza di un anello
116
benzenico sul quale vengono fatte delle sostituzioni successive con gruppi
aventi effetti elettronici e lipofili opportuni.
Figura 2.6. Schema di Topliss semplificato.
La prima sostituzione si fa in posizione para con un atomo di cloro
che determina un modesto incremento delle caratteristiche sia elettroniche
che lipofile (+π, +σ). Dopo la prima sostituzione si determina l'attività
biologica, la quale può essere maggiore (+), minore (-) o uguale (=) a quella
del prodotto di partenza. Sulla base del risultato si procede ad una nuova
117
sostituzione che sarà ovviamente con gruppi dalle caratteristiche analoghe,
se il prodotto è più attivo, o opposte se il prodotto risulta meno attivo. In tal
modo è possibile giungere alla ottimizzazione della attività, sintetizzando un
numero ridotto di prodotti.
La proposta iniziale di Topliss che riguardava solo prodotti
contenenti un fenile è stata successivamente adattata anche a prodotti
contenenti solo catene alifatiche.
L'utilizzazione della modulazione chimico-fisica per ottimizzare un
lead o per ottenere informazioni sulle sue caratteristiche di interazione è
una delle pratiche più frequenti della ricerca farmaceutica. Quale esempio
di applicazione di questo approccio, è riportato il risultato ottenuto con le
benzodiazepine ad azione ansiolitica; qui l'inserimento in posizione
opportuna di atomi di cloro ha condotto ad un drammatico aumento della
affinità per il recettore benzodiazepinico mitocondriale.
118
Infine non va trascurato di accennare all'uso che si può fare di questa
metodologia per modulare la farmacocinetica di un lead, in particolare per
bloccarne il metabolismo. A questo scopo è utilizzato soprattutto il cloro
che, sostituito all'idrogeno su un atomo di carbonio oggetto di ossidazione
metabolica, è in grado di impedirla senza alterare troppo le caratteristiche
chimico-fisiche e quindi farmacologiche della molecola di partenza. Un
esempio di questo approccio è già stato mostrato nella sezione 2.2.3 a
proposito della trasformazione della tolbutamide in clorpropamide; un altro
può essere quello che riguarda lo sviluppo della loratadina, un antistaminico
non sedativo, a partire dalla azatadina un antistaminico potente ma che dà
sedazione. La sostituzione della funzione amminica con un gruppo
carbammico conduce ad un prodotto privo di proprietà sedative ma con
una durata di azione troppo breve a causa di un esteso metabolismo
ossidativo in posizione 8. La sostituzione dell'idrogeno corrispondente con
un cloro protegge dalla degradazione metabolica e conduce ad un prodotto
con le stesse proprietà ma più potente e di lunga durata di azione.
119
2.6. Modificazione molecolare di peptidi
Un caso particolare di prodotti che spesso debbono essere modificati,
anche profondamente, è quello delle sostanze di natura peptidica. I peptidi
hanno seri problemi di biodisponibilità, rapido metabolismo e mancanza di
attività per via orale, cosicché questo tipo di prodotti si presta male ad
essere utilizzato in terapia. Tuttavia ci sono un numero rilevante di
molecole
di
natura
peptidica
che
hanno
importanza
fisiologica
(neurotrasmettitori, neuromodulatori, ormoni, etc.) o che presentano
interessanti azioni farmacologiche; inoltre le metodologie della ingegneria
genetica rendono questo tipo di sostanze facilmente accessibili. Si pone
quindi il problema di sviluppare analoghi con migliori proprietà
farmacologiche, ma soprattutto con caratteristiche farmacocinetiche
accettabili: questi prodotti possono mantenere in tutto o in parte la loro
natura peptidica o essere delle molecole non peptidiche, che mantengano le
caratteristiche di potenza, affinità e specificità del lead; in questo caso si
parla di peptidomimetici . Le operazioni di modulazione di un lead
peptidico normalmente coinvolgono una o più delle seguenti modifiche:
a)
Sezionamento del peptide in frammenti per individuare la struttura
minima che mantiene l'azione biologica originale. Un esempio di questo
approccio è riportato nella sezione 2.3.
120
b)
Sostituzione, sistematica e non, degli amminoacidi nelle varie
posizioni con altri amminoacidi naturali aventi caratteristiche chimicofisiche differenti (basicità, acidità, lipofilia, ingombro sterico).
c)
Sostituzione di uno o più amminoacidi con i rispettivi enantiomeri
(della serie D). Questa sostituzione può introdurre una maggiore resistenza
alla degradazione enzimatica.
d)
Sostituzione di uno o più amminoacidi con amminoacidi non
naturali. Una tale sostituzione permette di introdurre catene laterali adatte
a modulare le proprietà chimico-fisiche del lead.
e)
Sostituzione isosterica di uno o più legami ammidici con gruppi
isosteri quali quelli già riportati nelle sezioni 1.8.1 e 2.2.3. Anche questa
sostituzione è in genere utilizzata per aumentare la stabilità chimica e
metabolica del lead.
f)
Derivatizzazione di funzioni eventualmente presenti per modulare le
caratteristiche chimico-fisiche, per esempio la lipofilia.
g)
Inserimento di gruppi mimetici dello stato di transizione dell'idrolisi
del legame peptidico. Questa modifica è mirata particolarmente alla
stabilizzazione del peptide verso la degradazione enzimatica e va fatta sul
legame oggetto dell'idrolisi.
h)
Irrigidimento locale o globale del peptide. Questa modifica è mirata
alla individuazione della conformazione attiva del peptide e verrà presa in
considerazione nella sezione 3.2.6.
121
i)
Introduzione di gruppi mimetici della struttura secondaria. Anche
questa modifica è mirata alla determinazione della conformazione attiva e
sarà presa in esame nello stesso capitolo.
L'intento quindi è quello di migliorare la stabilità chimica e
metabolica, la affinità, la potenza, la biodisponibilità del prodotto originale
giungendo
fino
a
sviluppare
sostanze
di
natura
non
peptidica
(peptidomimetici) le quali presentano migliori prospettive per l'uso
terapeutico.
2.7. Conclusioni
A conclusione di questo capitolo si può dire che il chimico
farmaceutico ha a disposizione tutta una serie di strumenti che gli
permettono di modulare sia la farmacodinamica che la farmacocinetica del
lead. In realtà sempre più frequentemente appaiono nella letteratura
brevettuale e scientifica lavori nei quali un lead, attivo a dosi micromolari o
anche più alte, è trasformato, attraverso l'applicazione sistematica di una o
più delle metodologie descritte in questo capitolo, in un prodotto attivo nel
range nanomolare Lo stesso accade per il miglioramento della
farmacocinetica e della tossicità.
L'esperienza ha inoltre suggerito alcune strategie che permettono di
raggiungere questo risultato nel modo più efficace e rapido possibile e che
allo stesso modo consentono di raccogliere preziose informazioni sul modo
122
di funzionamento dei sistemi biologici e dei farmaci che interagiscono con
essi. Il prossimo capitolo tratterà di queste strategie.
123