riflessioni personali sul tema “finanza ed hacking”

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riflessioni personali sul tema “finanza ed hacking”
RIFLESSIONI PERSONALI
SUL TEMA
“FINANZA ED HACKING”
di:
per:
Raoul Chiesa, Divisione Sicurezza Dati @ Mediaservice.net Srl, IT
CLUSIT, Italia
Copyright © 2000-2002 <Raoul Chiesa > (GNU/FDL License)
This article is under the GNU Free Documentation License, http://www.gnu.org/copyleft/fdl.html
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Release: 1.
Data: 28/06/2002
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DIVISIONE SICUREZZA DATI
INDICE
1 INTRODUZIONE
3
2 CASE STUDIES
5
2.1
2.2
2.3
5
6
BANCHE VIRTUALI E SOLDI FACILI: 1994, THE EUROPEAN UNION BANK (EUB)
IL FURTO DA UN MILIONE DI DOLLARI: RIFLESSIONI SULLE POLITICHE BANCARIE
LA NEW ECONOMY ED I MASS-MEDIA: IL PERICOLO DELLA “PERDITA DI FIDUCIA” ED IL PANICO
GLOBALE; I CASI FINECO ON-LINE E SERVIZI INTERBANCARI
2.3.1
FINECO ON-LINE
2.3.2
SERVIZI INTERBANCARI
8
8
10
3 CONCLUSIONI
11
4 L’AUTORE
13
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DIVISIONE SICUREZZA DATI
1
INTRODUZIONE
Il matrimonio, tutto sommato recente, tra la prima fase rivoluzionaria chiamata Information Technology
(I.T.) e le telecomunicazioni, ha portato alla nascita dell’I.C.T., Information & Communication Technology: il
risultato sta avendo un sempre più forte impatto su moltissimi aspetti della nostra vita e sulle abitudini
della “persona comune”. L’I.C.T. gestisce oramai le comunicazioni - oggi espresse attraverso la
telefonia fissa, mobile, le procedure bancarie interne e rivolte all’utenza finale, la gestione ed il controllo
del traffico aereo, etc… - a 360 gradi.
I nuovi rischi apportati dall’enorme diffusione della tecnologia trasmissiva dei dati nei confronti
dell’economia (“The New Economy”, come viene chiamata) sono incredibilmente pericolosi, spesso
enormi, non previsti o ipotizzati dai canoni standard di difesa: tutto ciò si traduce in una profonda
insicurezza dei sistemi informatici, sia che essi siano bancari o, peggio, governativi.
Quello che si vuole far capire ai lettori in questo contesto è l’estremo pericolo rappresentato da un
esperto di reti informatiche malintenzionato (leggasi “attacker”, cracker o malicious hacker) ed i danni che
egli potrebbe causare in un mercato specifico, azionario o obbligazionario.
Prima di proseguire credo sia molto importante definire il termine hacker: l’hacking è, da sempre, una
filosofia di vita, uno stile, una logica mentale. Il termine originario nasce nei laboratori del M.I.T., nei
primi anni ’60; hacker sono stati i fondatori ed i primi utilizzatori di Arpanet, la rete che divenne poi,
evolvendosi, la dorsale dell’attuale Internet, la “mamma” di tutte le reti. Hacker era, nel senso più
completo e nobile del termine, Linus Torvalds, inventore di un sistema operativo(Linux) che oggi, di
fatto, sta rivoluzionando il mercato; hacker sono stati i promotori del progetto GNU
(http://www.gnu.org), per il quale oggi possiamo parlare di freeware, di Open Source ed Open
Software (http://www.opensource.org), movimenti e filosofie di pensiero ed economiche i quali
hanno permesso ad una piccola azienda come la Netscape Communication Inc./USA
(http://www.netscape.com) di diventare il colosso che era sino a poco tempo fa, scegliendo in una
delicatissima fase di espansione sul mercato la strada del Free Software prima e dell’Open Source poi
per il proprio browser…
Dal lato dell’economia capiamo quindi, con questi pochi esempi, come le diverse generazioni hacker
abbiano sempre dato la svolta decisiva ad una serie di evoluzioni e rivoluzioni informatiche, con forti
impatti sui mercati economici e sulla vita sociale dei singoli individui.
Ho ritenuto una soluzione ottimale per rappresentare il problema svolgere una ricerca selezionando
alcuni case study conosciuti a livello mondiale ed individuando - dato il mio passato e le mie
conoscenze – alcuni “eventi” per lo più sconosciuti. Analizzeremo dunque i problemi collegati
all’hacking su sistemi informatici bancari, il pericolo degli “insider” (attacchi dall’interno), i rischi insiti
nel “trading on-line” e nei circuiti di carte di credito.
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Sottolineo ancora, per maggior chiarezza, quanto sia raro che un hacker, nel senso puro del termine,
sposi la criminalità: esiste però il serio pericolo - denunciato recentemente da famosi esponenti dello
Stato italiano, non ultimo il Tenente Colonnello della Guardia di Finanza Umberto Rapetto - che
hacker “deviati” accettino le richieste e gli alti profitti di una criminalità organizzata, con rischi ben
chiari ed immaginabili.
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2
CASE STUDIES
Il problema delle “banche virtuali” (fornitura di servizi bancari on-line) è scindibile in tre differenti
problematiche: da un lato il rischio di intrusioni, che comporta l’assoluta deficienza di garanzie sul
tipo di riservatezza e sicurezza nelle transazioni, dall’altro, l’enorme rischio di inaffidabilità dell’Istituto
Bancario, spesso in questi episodi criminali mero “specchietto per le allodole”, così come vedremo in
un caso di esempio; infine il gravissimo flagello del “money laundering”, vale a dire il riciclo di denaro
sporco.
2.1
Banche virtuali e soldi facili: 1994, the European Union Bank (EUB)
I° Case History. “Banche virtuali e soldi facili”: 1994, The European Union Bank (EUB).
Più o meno in quel periodo questo “istituto bancario” aprì la sua sede virtuale nelle isole Antigua,
Caraibi. Una fortissima campagna pubblicitaria che la presentava come la prima banca esistente su
Internet, la quale offriva tassi di interesse incredibilmente bassi e garanzie di massima riservatezza:
questo era l’EUB.
In realtà dietro l’istituto troviamo due cittadini dell’ex Unione Sovietica, con un “background tecnico”
di tutto rispetto:
- Alexander Konanykhine, finanziere fuggito dalla Russia nei primi anni ’90, con l’accusa di aver
frodato 8 milioni di USD da una banca di sua fondazione, ricercato negli Stati Uniti per
immigrazione clandestina;
- Mikhail Khodorkovsky, proprietario della banca Menatep così come della Yukos Oil, la seconda
compagnia petrolifera più importante in Russia, citato dalla stampa statunitense come uno dei
200 uomini più ricchi al mondo 1
Nell’agosto del 1997 le autorità di Antigua emisero un “fraud alert”, vale a dire un documento dove
ufficialmente si riconosceva il pericolo di frodi bancarie da parte della EUB. Pochi giorni prima, però, i
due proprietari avevano chiuso “baracca e burattini”, licenziando i pochi dipendenti, facendo sparire il
sito web della banca e i relativi soldi versati dagli ignari Clienti della banca…Le autorità non rivelarono
mai l’entità del danno, ma è verosimile ipotizzare siano stati frodati 10 milioni di USD ai danni di
persone ignare e, sicuramente, troppo avventate…
***
1
The Village Voice, 16/9/1997
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2.2
Il furto da un milione di dollari: riflessioni sulle politiche bancarie
II° Case History. “Il furto di 1 milione di dollari”: riflessioni sulle politiche bancarie
Accennavo però prima al grande problema dell’intrusione nei sistemi bancari: lo schema che segue
rende l’idea, più di mille parole, su cosa queste intrusioni possono comportare ad una banca di piccole
dimensioni.
Ipotesi: furto di un milione di dollari da una piccola banca
operante online
Tipo di spesa
Costo (dollari)
Rimborso del denaro rubato dai conti bancari (ad 1.000.000
esempio, 1.000 dollari per 1.000 conti)
Sospensione dell’operatività in rete per 48 ore per la 96.000.000
revisione del proprio sistema di sicurezza (2 milioni
per ora)
Controllo di emergenza sui conti bancari (250.000) 1.000.000
per verificare quali di essi sono stati colpiti
dall’attacco
Danni di immagine
6.000.000
Aumento dei premi assicurativi per la copertura delle 5.000.000
frodi
Perdita di 10.000 conti a favore
concorrenti (250 dollari per conto)
Totale
di
banche 2.500.000
111.500.000
Fonte: Forrester Research, “Expenses associated with electronic crime are high”, in The Industry
Standard, 21 settembre 1998.
Dal mio punto di vista uno dei freni all’innalzamento dei livello di I.T. Security nelle banche - sia che si
parli di servizi di E-commerce e Trading on-line, sia che si parli di sicurezza verso i classici servizi
forniti da una comune banca - consiste nella non comunicazione e non diffusione delle truffe subite da parte
degli Istituti stessi. Mancando dunque una certa tipologia di casi, è difficile creare una casistica esaustiva,
così come immaginare o capire cosa la criminalità (ed insisto, si tratta di criminali, non di hacker) stia
facendo ed in quale direzione stia andando.
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L’eccessiva ma logica riservatezza del mondo bancario si sta rivelando un’arma a doppio taglio, che oggi
va a scapito delle banche stesse: il semplice dato di fatto della “non fiducia” dimostrata dagli istituti di
credito italiani e, in taluni casini, europei, nei confronti di ex-hacker che hanno voluto mettere a frutto
la loro preziosa esperienza avviando, spesso con successo, regolari attività di consulenza e servizi nel
campo della security (caso sperimentato direttamente dal sottoscritto, che oggi si occupa
professionalmente di sicurezza informatica) rischia di fare perdere loro la concreta visione delle cose
aumentando, nel contempo, il gap tra questa realtà ed i veri pericoli di intrusione ed accessi non
autorizzati.
In altre occasioni ho avuto come interlocutori Clienti (italiani), i quali non hanno posto preconcetti di
base nei confronti del sottoscritto e del mio team, ma hanno scelto la strada più logica: ascoltiamoli e
vediamo se hanno veramente qualcosa di rivoluzionario ed innovativo da proporci. Così è stato, ed oggi
ci troviamo a dialogare ed offrire la nostra esperienza a Clienti che, solo 10 anni fa, non avrebbero
certamente scelto di affidare la sicurezza dei loro sistemi informatici a realtà come la nostra.
Evidenzio come negli Stati Uniti questa sia oramai una consuetudine, un’usanza assimilata e comune, e
come famosi gruppi hacker (ancora una volta, “hacking” inteso come filosofia, non come il “corsaro”
con la benda sull’occhio che ruba carte di credito…) quali i L0PHT (http://www.l0pht.com) oggi siano
divenuti una multinazionale (http://@stake.com) che annovera tra i propri Clienti una forte
percentuale delle realtà presenti in “Fortune Top 500” USA, dimostrando a pieno titolo la loro
riconosciuta affidabilità e professionalità: questo per il semplice e banale motivo per cui non vi è
persona migliore di un ladro per verificare la sicurezza di una cassaforte…L’ha capito anche il governo
americano, il quale ha nominato The Mudge, storico fondatore dell’hackers group, quale consulente
ufficiale per la sicurezza informatica del proprio paese.
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2.3
La new economy ed i mass-media: il pericolo della “perdita di fiducia” ed il panico
globale; i casi Fineco On-line e Servizi Interbancari
III° Case History. “La new economy ed i mass-media”: il pericolo della “perdita di fiducia” ed
il panico globale; i casi Fineco On-line e Servizi Interbancari.
Come illustrai nell’articolo “La bolla di sapone che ha sconvolto il mondo: e cosa succede se gli hacker
arrivano davvero” (pubblicato da Internos Editore, http://www.internos.it/archivio/rc12.html, e da
Apogeo Editore http://www.apogeonline.com/riflessi/art_171.htm), un primo serio pericolo è la
forte amplificazione che riscuotono argomenti quali l’hacking, le intrusioni, le truffe e la mancanza di
sicurezza in Rete.
Voglio portare come esempio due casi, due “bolle di sapone”, che hanno veramente portato
preoccupazioni e paure, spesso totalmente infondate, tralasciando così, volutamente, i casi
sensazionalistici riguardanti gli attacchi a Yahoo.com ed Amazon.com avvenuti i primi mesi del 2000.
Mi riferisco ai casi Fineco On-line (http://www.fineco.it) e Servizi Interbancari, due esempi “made
in Italy”
2.3.1
Fineco On-line
Fineco On-line parte agli inizi del 2000 con un’enorme campagna pubblicitaria: possiamo dire che il
successo del termine “new economy”, nel nostro Paese, sia merito loro. Il primo problema è la visione,
allarmistica secondo il mio punto di vista, di tanti italiani che giocano a fare i broker, da casa propria ed
a qualunque ora, interpretando però quello che è il mercato borsistico come un “gioco d’azzardo” online.
Il secondo problema è rappresentato dalla sicurezza del sistema informatico e comunicativo. In questo
contesto non tecnico ritengo fuori luogo commentare le scelte operative effettuate e quindi mi limito al
“dovere di cronaca”.
Il 3 febbraio Fineco On-line SIM, società del gruppo Bipop-Carire che raggruppa le attività di trading
on-line, ha “inavvertitamente inviato, tramite un mailing list dati, riservati di clienti” che aderiscono al
loro servizio di transazioni borsistiche on-line. In pratica questo significa che su un mailing list del
servizio di trading on-line sono circolati messaggi contenenti dati personali, comprensivi di riferimenti
bancari, riguardanti alcuni dei clienti abbonati al servizio.
Prima si è parlato di possibile sequestro del server (a che scopo poi ? In questi anni nulla è stato
imparato? Esistono i backup e rappresentano la soluzione migliore..), per passare, poi, direttamente a
sdrammatizzare l’accaduto, spiegando che “i dati inviati xxx sono solo dati generici xxx”.
Ammettiamo pure la veridicità di quest’informazione, ma se per caso quel modulo dati fosse stato di un
altro tipo, i dati sensibili sarebbero usciti fuori e magari sarebbe stato sufficiente spingere il mouse un
pochino più in su per selezionare un altro file...
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Quello che segue è il comunicato
(http://www.deandreis.it/p.asp?i=30562):
apparso
sul
sito
di
informazione
deandreis.it
03/02/00 - News - Roma - Definire imbarazzante quanto accaduto nelle scorse ore a FINECO è quantomeno riduttivo.
Uno dei principali servizi di trading online italiani si trova infatti nell'occhio del ciclone perché dati personali e riferimenti
bancari di numerosi utenti sono girati pubblicamente su una mailing list dedicata.
Va detto che la mailing list è aperta ai numerosi utenti del servizio e lo scambio di molte email "compromettenti" è stato
originato da un primo messaggio di un cliente, messaggio indirizzato alla mailing list ("per errore", secondo FINECO). Nella
pioggia di email generate dal buco nella sicurezza gli utenti, tra l'altro, hanno denunciato con forza l'inefficienza complessiva
del servizio.
Di fronte a questi eventi il Centro Servizi Legali, come richiesto da uno degli utenti FINECO, ha immediatamente
presentato alla magistratura competente denuncia civile e penale, con richiesta conseguente di danni e di sequestro del server
dell'azienda.
Alle proteste dell'utente, che ha poi deciso di intraprendere l'azione giudiziaria, finora da FINECO è pervenuta soltanto una
mail firmata dal direttore generale della società. Un messaggio nel quale si sostiene che l'azienda "NON ha direttamente
distribuito dati personali, ma, attraverso la propria lista di distribuzione, ha INVOLONTARIAMENTE e PER POCHI
MINUTI diffuso messaggi tra gli utenti". Una lettera nella quale si afferma tra l'altro che "l'episodio (...) può essere
ricondotto ad una situazione particolare e non invece ad una leggerezza". Una risposta stigmatizzata dai legali secondo cui
"si ammette il grave errore commesso tentando una puerile giustificazione tecnicamente non accettabile".
Dinanzi ad una palese violazione della riservatezza dei dati finanziari, della privacy dei dati personali, dinanzi alla
divulgazione di numeri di conto corrente e loro ubicazione, la risposta della FINECO ha indubbiamente caratteristiche di
inaspettata superficialità.
In un momento nel quale con l'hacking ai server Visa, ammessi dalla stessa azienda, con gli scandali delle transazioni online
denunciati ripetutamente da MSNBC, l'e-commerce e il business online sono "sfidati" come mai prima, la reazione della
FINECO appare ancora più "disastrosa" perché non sembra prendere in serissima considerazione l'intera problematica della
sicurezza che appare, al contrario, ampiamente sottovalutata.
Ben tre mesi prima il sistema del Nasdaq fu violato, rendendo così possibile agli intrusi variare in
tempo reale il valore delle azioni, oggetto delle transazioni borsistiche. Tutto ciò che rimane di questo
attacco è una frase che recita più o meno: “potremmo cambiare i valori azionari di alcuni titoli e fare
speculazione: invece vi lasciamo questo messaggio e torniamo ad impacchettare hambuger al Mac Donald’s...”
Risulta quindi ovvio, al di là del livello di pericolosità dell’accaduto, quanto le ripercussioni e le
amplificazioni al problema – sia da parte dei mass-media che da parte degli addetti ai settori toccati
come gli esponenti del mondo bancario e del trading nonché di quello tipicamente underground o degli
utilizzatori finali dei servizi– siano spesso eccessive, causando conseguentemente instabilità a livello di
mercato. Questo è uno dei prezzi, a parer mio, della globalizzazione, in un mercato come quello
borsistico che dipende fortemente dagli Stati Uniti e nel quale i “segnali di allarme” non sono più
controllabili o gestibili come prima. Arriva allora il rischio dell’aggiotaggio, della falsificazione delle
informazioni, con il chiaro ed unico scopo di creare destabilizzazione ed effettuare speculazioni in
“real time”.
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2.3.2
Servizi Interbancari
Il secondo caso riguarda la Servizi Interbancari: nel 1999 un gruppo di “hacker” inglesi ha interpellato
la VISA europea con l’obiettivo di ricattare la società, asserendo di essere in possesso di migliaia di
numero di carte di credito e chiedendo così un’altissima cifra per non diffondere questi codici.
I primi risultati si sono visti immediatamente e seguono anche in questo caso il percorso di Fineco Online: destabilizzazione del mercato piuttosto che eventuale calo borsistico delle società implicate,
disinformazione verso gli utenti finali ed i consumatori dei servizi, perdita di fiducia da parte degli stessi
nei confronti dell’erogatore.
La Servizi Interbancari ha subito lanciato un allarme, avvertendo di “non utilizzare le carte di credito
sulla Rete Internet” (niente di più sbagliato), per poi venire a sapere che, a quanto pare, era tutto una
“grossa bufala”, o un ottimo soffocamento della notizia. Il risultato comunque è che, stando a sondaggi
del febbraio 2000, il 70% degli italiani ha paura ad utilizzare Internet, non ha fiducia nella sicurezza dei
sistemi e giudica “inaffidabili” i servizi attualmente disponibili. E’ dunque rimasta una traccia ben
definita nella mentalità comune dei clienti o possibili clienti del servizio.
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3
CONCLUSIONI
I rischi della diffusione ed evoluzione delle tecnologie informatiche e delle comunicazioni, in particolare
nel settore finanziario, sono di diversa natura ed in ogni caso elevatissimi. Le aree interessate ed i
relativi pericoli sono identificabili come segue:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Commercio on-line
Circuiti di carte di credito
Paradisi fiscali “virtuali” (“cyber-paradisi”)
Istituti bancari privati e pubblici (banche on-line)
Organi di controllo delle operazioni bancarie
Organi di controllo delle operazioni borsistiche
Transazioni bancarie “bank to bank” (Wire transfer quali: SWIFT, Fedwire, ACH)
Transazioni bancarie “bank to end-user” (Home Banking, Web Banking)
Riciclo di denaro tramite casinò on-line o siti pornografici a pagamento, utilizzando paesi offshore
come base tecnico-logistica
Attacchi dall’esterno (hacking)
Utilizzo abusivo dall’interno (insider)
Trading on-line (dal lato “hacking” può corrispondere ad un’interruzione del servizio con
conseguente inaccessibilità allo stesso da parte dei clienti, o infiltrazioni e modifiche ai listini cambi
o alle transazioni, diffusione di informazioni riservate, etc..)
Trading on-line (dal lato “abuso della Rete”, ad esempio utilizzando l’amplificazione che la stessa
offre al fine di diffondere false notizie con ampio risalto, ed ottenere il conseguente rialzo o calo del
valore delle azioni della società target)
Fisco telematico
Commercialisti che utilizzino l’invio telematico al Ministero delle Finanze
Servizi amministrativi dello Stato on-line
oltre a
•
•
•
•
Spionaggio industriale (grandi aziende)
Spionaggio militare e/o governativo (archivi di Stato)
PMI
……….
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Internet non è un “pericolo obbligato”, è anzi una rete di comunicazioni che sta cambiando
completamente le opportunità di business e di commercio, a livello mondiale.
Da un lato abbiamo carenze e mal interpretazioni legislative, le quali non aiutano e sono spesso troppo
complicate, dall’altro ci troviamo di fronte al serio pericolo che hacker altamente capaci sposino la
causa della criminalità organizzata e dello spionaggio industriale o governativo ad alto livello: il rimedio
deciso negli Stati Uniti in questi ultimi anni è quello dell’utilizzo di queste persone per migliorare la
sicurezza dei sistemi governativi, bancari e delle società multinazionali.
In Italia questa soluzione sta iniziando ad essere presa in seria considerazione tramite le prime proposte
avanzate da alcuni responsabili statali ed esperti in sicurezza informatica; in Germania ed in Olanda da
alcuni anni i clienti di noti ex-hacker sono importanti aziende a livello nazionale; in Oriente l’intero
sistema di e-commerce tailandese è stato realizzato da una società locale, fondata da due ex hacker, un
francese ed un serbo.
Le soluzioni sono classificabili nel seguente ordine logico di svolgimento:
1. effettuare un’attenta e profonda analisi dei rischi, esistenti o ipotizzabili, di quella che è la “nuova
finanza digitale” (limitandosi dunque ad analizzare questo lato della problematica), al fine di
identificarne i punti deboli e le possibili soluzioni;
2. istituire gruppi di studio altamente qualificati per l’analisi delle problematiche e la definizioni delle
soluzioni;
3. affidarsi a chi veramente sa e conosce la Rete ed i relativi pro e contro, a chi conosce le realtà
tecnologiche della nuova generazione così come le risorse underground: in altre parole, al mondo
hacking che ha deciso di farne una seria e qualificata professione;
4. svolgere attente verifiche della solidità informatica, sul fronte sicurezza a 360°, nei settori toccati da
questi nuovi fenomeni: ciò può avvenire “interfacciando” i gruppi di studio (teorici) con consulenti
specializzati (pratici), al fine di analizzare e prevedere ogni tipologia e logica di attacco;
5. presidiare continuamente i sistemi con una nuova mentalità verso le possibilità di attacco(aggressive
defense) ;
6. comprendere le realtà della rivoluzione tecnologica attualmente in corso e regolarsi di conseguenza,
evitando di limitarsi ad una visione locale o attuale: la tecnologia corre, i piani di aggiornamento
teorici e pratici e le previsioni devono essere futuristiche oggi per poter poi divenire concrete
nell’immediato futuro economico.
Raoul Chiesa
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DIVISIONE SICUREZZA DATI
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L’AUTORE
Raoul Chiesa nasce a Torino il 3/7/73: è uno dei primi hacker d'Italia.
All'età di 13 anni comincia, con il nickname Nobody, il suo pellegrinaggio attraverso le reti informatiche
e dopo una serie di eclatanti intrusioni in grossi Enti ed Istituzioni - tra le quali Bankitalia, IBM e
AT&T - la sua fama, già vasta nella comunità hacker europea, è riconosciuta e suggellata dalle autorità
internazionali.
Nel 1997 fonda la MediaService ed oggi, a capo della @ MediaService.net, si occupa oramai da anni di
sicurezza informatica ad alto livello, insieme ad un selezionato team di tecnici ed esperti, con
collaborazioni internazionali. Istituti di Ricerca e Multinazionali si avvalgono della sua collaborazione,
senza contare il suo riconosciuto e singolare impegno in un'opera di diplomazia tecnologica, con la
quale mira a promuovere una seria coesistenza tra il più genuino spirito hacker e l'IT Security nel nostro
Paese.
Oggi @ MediaService.net guarda all’esempio americano dei L0pht, dove la voglia di cultura informatica
e perfezionamento continuo della sicurezza informatica sono i pilastri di un’azienda con una mission ed
una visione completamente nuova, vendor-independent ed aperta verso la filosofia Open Source. Con
questi principi è nata la D.S.D., la Divisione Sicurezza Dati dell’azienda.
Il suo modello è l’hacker “etico” (ethical hacker): nelle interviste televisive, così in quelle concesse ai
principali quotidiani nazionali (La Stampa, Il Sole 24 Ore, Repubblica, il Messaggero) ed ai periodici
specializzati e non (Computer Facile, Max, Panorama, l’Espresso), si dichiara fedele allo spirito e agli
obblighi morali dell’“hacking” più genuino, difendendo la sete di conoscenza e non l’attacco gratuito e
dannoso ai sistemi informatici.
In quest’ottica è intervenuto come relatore a svariati convegni: “L’hacker e il magistrato” (Pescara
1998), “L’hacker e la legge” (Ciampino), “Pirateria Informatica” (Futur Show, Bologna, 1999) e ha
organizzato inoltre, in collaborazione con l’Unione Industriale di Torino, “Imprese e Sicurezza
Informatica” (Torino 1999) e partecipato all’ultimo convegno “New Economy, Nuova Editoria” presso
il Salone del Libro di Torino (maggio 2000), confermando il suo costante impegno mirato
all’evoluzione continua ed allo sviluppo della I.C.T. (Information & Communication Technology) Security
nella sua più naturale applicazione: la protezione dei dati “sensibili” delle imprese.
Scrive articoli sul controllo e lo sviluppo di Internet, pubblicati da riviste on-line tra cui Internos.it,
Apogeonline.com, Affari Italiani, Mondadori My Tech e PC Magazine Italia, convinto dell’importanza
di diffondere cultura in e sulla Rete, tramite una continua e sempre maggiore informazione su tutto quello
che gravita intorno ad essa, con un occhio di riguardo alla vulnerabilità dei sistemi informatici ed alle
continue evoluzioni tecnologiche, anche segno di cambiamento dei tempi.
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Cura rubriche on-line e cartacee ed ha tenuto lezioni di specializzazione e partecipato a conferenze per
le Università di Trento (Transcrime, Centro Interdipartimentale di Ricerca sulla Criminalità
Transnazionale dell’Università di Trento), Milano (D.S.I. Dipartimento di Scienza dell’Informazione),
Cosenza, Torino, Biella, Pisa, Bologna.
E’ membro del Comitato Direttivo del CLUSIT (Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica,
http://www.clusit.it) dalla fondazione dell’Associazione con carica sino al dicembre 2002 e docente al
Master in Sicurezza Informatica del Dipartimento di Scienze dell’Informazione presso l’Università di
Milano.
Nel 2001 è tra i fondatori, insieme a Marco Ivaldi aka Raptor e Fabio Pietrosanti aka Naif di ITBH,
Italian Black Hats Association (http://www.blackhats.it).
Blackhats.it è una comunità di ricerca sorta spontaneamente, formata da un gruppo dieci persone:
hackers, esperti di security, alcuni che lavorano nel mondo dell'I.T., altri impegnati come ricercatori.
Professionisti della sicurezza informatica, con forti legami al mondo underground ed alla filosofia
hacker, che si dedicano a migliorare la sicurezza della rete Internet. Lo fanno per proprio conto e con
risorse proprie, dedicando il tempo personale a questa passione.
Altre figure si aggiungeranno nel tempo, in quanto Blackhats.it è una comunità aperta a tutti coloro i
quali vedono l’I.T. Security da punti di vista differenti dai canoni standard, lontano dai legami e dagli
obblighi commerciali e vicino alla filosofia Open Source.
L’autore è raggiungibile ai seguenti indirizzi E-mail:
[email protected] (Aziendale)
[email protected] (Clusit)
[email protected] (Personale)
[email protected] (ITBH)
PGP Fingerprint: 17E3 CF8C BDE9 E5A3 2ED7 97BB 31F9 60FA
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