Preg.mo Dott. Grasso, tanto per la precisione e il
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Preg.mo Dott. Grasso, tanto per la precisione e il
Preg.mo Dott. Grasso, tanto per la precisione e il diritto di replica Le invio l’intervista rilasciata da Walter Nones dopo la pubblicazione del suo supposto diario sul Corriere.it. Walter e Simon non hanno infatti “affidato al Corriere le pagine del loro diario” ma hanno raccontato ad una giornalista, a fronte di compenso, peraltro destinato a fin di bene, la loro storia poi ricostruita per iscritto. A quanto affermato da Walter, in modo poco corretto: “Continuano a chiedermi interviste, esclusive e fotografie che finora mi sono sforzato di dare perché con quello che mi viene offerto vorrei aiutare la moglie di Karl e i suoi bambini. Purtroppo, però, vedo che i racconti non bastano più e si lascia spazio ai fraintendimenti. Spesso vengono tagliate alcune mie frasi e quello che resta dà un’idea parziale di come ho vissuto questa storia. Penso che ora smetterò di raccontarla, per non rovinarla”. E poi: Nel caso del Nanga Parbat non è stata “pedinata la morte in diretta” ma è stata raccontata dai giornalisti, una volta tanto con una certa competenza, anche a detta di molti alpinisti spesso critici con la stampa, prima una terribile disgrazia con la morte di Kark Unterkircher ma poi, e per i giorni successivi, un intervento volto a tutelare la vita di Walter e Simon. La richiesta di due telefonate al giorno non era “perché i media vogliono sapere”, ma per fornire ai due informazioni meteo e consigli tecnici, per tenerli in contatto con le famiglie, e perché il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri voleva avere, almeno all’alba e in chiusura di giornata, notizie del loro appuntato Walter Nones, in permesso sul Nanga. Richiesta analoga proveniva dall’Unità di Crisi della Farnesina che, come Lei certamente sa, si occupa anche dei cittadini italiani in difficoltà nel mondo. Notoriamente, anche dei giornalisti. La verità è che la chiamata di soccorso per i due era arrivata alla nostra Ambasciata dopo che il loro cuoco pakistano dal campo base aveva visto l’incidente e con l’agenzia pakistana avevano dato l’allarme. A questa richiesta si è risposto intervenendo con attenzione, discrezione e professionalità; inviando al campo base “Gnaro” Mondinelli (14 ottomila alle spalle senza l’uso ossigeno e interventi simili in precedenza, e soprattutto già acclimatato) e Maurizio Gallo (istruttore delle Guide Alpine Italiane per parecchi anni, grande esperto di logistica in Pakistan, avendo anche operato lì durante i soccorsi dell’ultimo terremoto). Io, che di esperienza in Himalaya credo di averne quanto Lei nei giornali, avendo organizzato e diretto 18 spedizioni su cime di ottomila metri e che da oltre 20 anni dirigo campagne di ricerca scientifica sulle montagne di tutto il mondo, proprio per i rapporti di collaborazione e la profonda amicizia che mi legavano a Karl ma anche a Walter, insieme con “Gnaro” mi sono preso la briga di inviare, a spese mie e ferie loro, Gallo e “Gnaro” a dare un’occhiata e se necessario una mano, coordinandomi con loro via telefono satellitare. Ma non è certo iniziato lì e in quei giorni il “calvario mediatico” dei due “superstiti”. “Da quel momento entrano in scena i media, sotto forma di aiuti non richiesti” è frase che poco riguarda la realtà dei fatti. In ogni modo i media erano già in scena abbondantemente nel momento da Lei evocato e hanno poi impiegato qualche tempo prima di individuarci come “quelli in contatto con i due superstiti”, facendo peraltro il loro lavoro, ma non hanno fornito per davvero alcun aiuto richiesto o meno. E Lei è troppo esperto per non sapere che l’entrata in scena dei media nei modi e nella misura che si è verificata quest’estate al Nanga Parbat, ma anche al K2, è fenomeno che accade per una serie di circostanze casuali e imponderabili. Nel caso, credo, la morte di Karl e l’attenzione che le agenzie italiane, incalzate da quelle tedesche, gli hanno subito dedicato. C’era poi Messner in Germania che presentava il suo ultimo libro sul Nanga Parbat… e poi la stagione estiva. Da parte mia e dei miei collaboratori abbiamo solo tentato di fornire una collaborazione e un supporto il più professionale possibile ai giornalisti che in quei giorni lavoravano sul caso. La Notizia c’era tutta e si sono verificati tutti i presupposti perché diventasse un caso mediatico. Ma non a causa nostra. Durante le operazioni di soccorso non è mai stata fornita ad alcun giornalista, nonostante le pressioni e persistenti richieste, la possibilità di parlare con i “due” sulla montagna, né con i loro due amici e soccorritori al campo base (tutti avevano telefoni satellitari, anche precedentemente al lancio con l’elicottero). Sono stati preservati da ogni “calvario mediatico” in accordo con loro e i loro più stretti familiari. Solo una volta arrivati alla prima città pakistana, Gilgit, sono stati “aggrediti” dai giornalisti pakistani e di testate internazionali che lì erano per strappare la prima intervista e foto. Da allora in poi Walter e Simon hanno gestito direttamente il loro“calvario mediatico”. Ho grande stima per Lei come giornalista e critico del costume e televisivo. Ma mi permetta di considerare che scoprire che “per i media la morte non è più un tabù…” è un’ammissione accettabile solo alla luce della Sua affermazione che riporta ai media e quindi anche a Lei la responsabilità di “indecentemente pedinare la morte in diretta”. Peraltro da sempre i media ci impongono “calvari mediatici” attorno alla morte, da Vermicino a Cogne, all’11 settembre per citare tre casi tra centinaia. Ma sul Nanga Parbat si è raccontata certo la morte ma anche e soprattutto la speranza e la vita. Capisco però che, essendo la fonte d’ispirazione del Suo articolo critico sulla banalizzazione mediatica della morte il frutto di una ricostruzione poco reale e forzatamente polemica, possa essere stato tratto in inganno nel proporre giudizi negativi sul mio operato e quello dei miei collaboratori. Sono perciò certo che troverà il modo di dar conto di questa mia lettera di precisazione e rettifica con la necessaria evidenza. Il prossimo 4 ottobre presso la fiera di Bergamo, in occasione del salone “Alta Quota”, si terrà un incontro tra i protagonisti delle vicende alpinistiche e degli incidenti e soccorsi di quest’estate, sulle Alpi e in Himalaya. Sarebbe veramente importante averLa con noi per una riflessione anche dal punto di vista dei media. Non mancherò di farLe avere un formale invito. Distinti saluti Agostino Da Polenza