Daniele Rama - dipartimento di economia e politica agraria
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Daniele Rama - dipartimento di economia e politica agraria
I prodotti biologici nella moderna distribuzione alimentare1 Daniele Rama, Stefano Boccaletti Unità di Ricerca: Dipartimento di Economia Agro-alimentare Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza [email protected] [email protected] processo caratterizzati da una spiccata asimmetria informativa in attributi di tipo ricerca, rilevabili all’atto dell’acquisto. Sono così emerse forme contrattuali diverse tra la GDO e i propri fornitori finalizzate alla definizione di prodotti con una forte caratterizzazione qualitativa segnalata da indicatori quali i marchi commerciali o altre garanzie (certificazioni) in grado di indicare una effettiva differenziazione verticale del 1 Premessa e obiettivo del lavoro prodotto. Le produzioni agro-alimentari biologiche sono un esempio evidente Il baricentro delle decisioni strategiche lungo le filiere agro-alimentari si è di prodotti la cui qualità deve essere da un lato garantita da accordi dettagliati spostato sempre più verso la GDO, che grazie all’implementazione di con i fornitori, dall’altro segnalata ai consumatori per ottimizzarne la scelta tecnologie e approcci sempre più sofisticati (Efficient Consumer Response, ed evitare quindi fenomeni di fallimento dei mercati. ECR, Category Management, CM) ha tramutato le richieste dei mercati in L’obiettivo che il presente lavoro si propone è di illustrare i fattori chiave che creazione del valore. Questo rappresenta oggi il fattore principale alla base hanno guidato e stanno guidando le strategie di successo nella del coordinamento tra GDO e fasi a monte, nella fattispecie industria agro- commercializzazione dei prodotti biologici adottate dalle principali catene alimentare e produzione agricola. della GDO, analizzando le strategie di coordinamento tra GDO e le fasi a L’emergere poi di preferenze di consumo sempre più orientate verso prodotti monte lungo la catena dell’offerta, nonché le sue strategie di marketing con un elevato contenuto di caratteristiche qualitative di tipo “ricerca”, rivolte ai consumatori biologici. pertanto non direttamente rilevabili dal consumatore, ha ulteriormente spronato la ricerca di forme di coordinamento in grado di fornire garanzie 2 Un modello concettuale per l’analisi del coordinamento verticale agli utilizzatori finali, trasformando così questi attributi di prodotto e di L’economia dei costi di transazione fornisce lo schema teorico mediante il quale analizzare le diverse strategie di coordinamento verticale lungo la catena dell’offerta, schema che può essere utilizzato ed adattato allo studio 1 Relazione di sintesi del gruppo di lavoro “Distribuzione e prodotti biologici”, nell’ambito del Programma di Ricerca Scientifica di Rilevante Interesse Nazionale “Sviluppo rurale, distribuzione moderna, sicurezza alimentare: Le prospettive dell’agricoltura biologica in Italia” (PRIN-BIO), composto dalle seguenti Unità Operative: Università Cattolica del Sacro Cuore (coordinatore prof. Daniele Rama), Università del Molise (cordinatore prof. Angelo Belliggiano), Università di Palermo (coordinatore prof. Giorgio Schifani), Università di Sassari (coordinatore prof. Roberto Furesi). dei rapporti tra GDO, fasi a monte (produzione agricola, industria alimentare) e mercati finali di vendita dei prodotti biologici. Il presupposto è che una qualsiasi transazione, per effetto dell’asimmetria informativa, origina dei costi sia per l’acquirente che per il venditore. Alcuni costi possono nascere ex da alcuni fattori istituzionali di scenario, determinano le caratteristiche della ante, ad esempio quelli legati all’identificazione dei fornitori più appropriati, transazione. alla determinazione della qualità, ecc. (costi per l’informazione e la selezione), oppure i costi per la determinazione ed interpretazione delle Figura 1 - Modello concettuale del coordinamento verticale Costi di transazione clausole contrattuali, i costi di intermediazione, di consulenza legale, ecc. (costi di negoziazione). Altri nascono ex post, e si riferiscono al monitoraggio e all’esecuzione della transazione per valutare se le clausole contrattuali Scenario vengono rispettate. È evidente che la scelta di internalizzare o meno una determinata transazione dipenderà dal confronto tra i costi generati da una normale transazione sul •Tecnologico •Legislativo •Socio-economico Caratteristiche del prodotto Caratteristiche della transazione Coordinamento verticale Fonte: Nostre elaborazioni su Hobbs e Young (2000) libero mercato e invece quelli determinati da una gestione interna, nell’ambito di un’alleanza strategica che preveda una forma di coordinamento − Caratteristiche del prodotto verticale più o meno stretta, dai semplici contratti alla vera e propria Si riferiscono ad esempio alla complessità della determinazione qualitativa integrazione verticale. del prodotto, che crea incertezza per l’acquirente. Maggiore è il numero degli L’entità del coordinamento verticale può essere quindi spiegato con l’ausilio attributi qualitativi rilevanti di tipo “fiducia” ed “esperienza”, maggiore è di un modello concettuale basato sulle determinanti dei costi di transazione l’incertezza sulla qualità del prodotto. La deperibilità di un prodotto fresco, adattato da Hobbs e Young (2000) (figura 1). L’ipotesi tradizionale di che può ad esempio dipendere dalle modalità di produzione e conservazione Williamson (1979) prevede che alcune caratteristiche della transazione, alle quali i prodotti sono stato sottoposti, determinando incertezza sia per il frequenza, specificità delle risorse, complessità ed incertezza, influenzino il venditore, che ha la necessità di dover collocare velocemente il prodotto coordinamento verticale, ovvero la scelta della forma di governance più tenendo conto solo in parte delle condizioni di mercato, sia per l’acquirente, appropriata. L’approccio considerato arricchisce questa ipotesi suggerendo che invece deve sostenere dei costi di selezione/informazione, aumenta la alcune determinanti delle caratteristiche della transazione. Secondo un nesso complessità della transazione. La deperibilità crea poi costi di negoziazione causale predeterminato le caratteristiche del prodotto, a loro volta influenzate per la definizione contrattuale delle responsabilità sulla qualità del prodotto. Nel caso specifico dei prodotti biologici, la necessità di certificare la Per contro, soprattutto per alcune caratteristiche qualitative misurabili, la caratteristica “biologico” del prodotto determina costi di transazione a carico presenza di standard e schemi di classificazione può consentire di ridurre dei contraenti. Da parte del venditore, oltre ai costi della certificazione, vi l’incertezza sia per gli acquirenti che per i venditori, nonché la complessità sono gli investimenti in fattori e tecnologie funzionali ai processi produttivi della transazione, riducendo così il ricorso al coordinamento. biologici. Da parte dell’acquirente vi sono poi i costi di selezione del prodotto La tecnologia ha un impatto diretto sulle caratteristiche del prodotto, in e della ricerca del fornitore. E’ chiaro quindi che emerge una relazione termini ad esempio di differenziabilità, con la possibilità di aggiungere nuove causale tra caratteristiche del prodotto, caratteristiche della transazione e costi caratteristiche qualitative o di modificare quelle esistenti. E’ chiaro che le di transazione. limitazioni che la tecnologia impone nell’uso ad esempio dei fattori di produzione, determina costi di aggiustamento particolarmente rilevanti nei − Scenario cambiamenti dei fornitori e la necessità quindi di un più stretto Lo scenario legislativo, tecnologico e socio-economico influenza le coordinamento verticale per evitare il rischio di comportamenti caratteristiche dei prodotti e quindi i costi di transazione che si originano opportunistici. La tecnologia può anche influenzare i costi di transazione nella relazione tra i contraenti. Nell’ambito della regolamentazione, ad legati alle varie forme di coordinamento, come nel caso delle tecnologie esempio le norme relative a tracciabilità, responsabilità, certificazione, dell’informazione che, hanno consentito forme di monitoraggio e controllo cambiando le priorità della transazione, influenza le scelte delle parti. Norme prima impensabili grazie alla riduzione dei costi di transazione. più severe in termini di responsabilità aggravano gli effetti e quindi i costi I fattori socio-economici, influenzando la domanda di alimenti, impongono dell’incertezza, spingendo quindi verso forme di coordinamento più strette, mutamenti nelle caratteristiche qualitative dei prodotti. Questi mutamenti spesso caratterizzate da investimenti specifici e quindi funzionali alla sono perseguibili solo se c’è un controllo diretto di tutte le fasi rilevanti lungo transazione. È evidente che in una situazione di forte regolamentazione, come la catena dell’offerta. Inoltre, poiché gli ingenti investimenti intangibili in quella corrente, anche le imprese che lungo la catena dell’offerta sono più reputazione da parte delle imprese, finalizzati al rafforzamento dei marchi o lontane rispetto alle fasi che determinano la qualità dei prodotti, adotteranno della marca, non può prescindere dal mantenimento di un livello qualitativo forme di governance e controllo tali da ridurre al minimo i rischi legali e di costante dei propri prodotti, le imprese stesse tenderanno ad adottare quelle mercato di un eventuale insuccesso. forme di coordinamento in grado di minimizzare i costi di monitoraggio della qualità stessa. Se prima degli anni 80 erano questo strategie di immagine erano essenzialmente appannaggio delle imprese della trasformazione agro- Incertezza. La presenza di attributi qualitativi di tipo fiducia ed esperienza alimentare, lo sviluppo della GDO e soprattutto delle marche commerciali ha determina la difficoltà nel monitorare le azioni del venditore (task determinato uno spostamento del baricentro del potere a favore delle grandi programmability). Vi è poi un’incertezza legata all’affidabilità dell’offerta catene distributive, con l’adozione di strategie di marca supportate da forme per quanto riguarda i tempi, le quantità, i prezzi, con l’emergere di problemi di coordinamento verticale adeguate. di pianificazione di lungo periodo. Più le caratteristiche del prodotto sono specifiche, maggiore sarà l’incertezza − Caratteristiche della transazione legata al cambiamento dell’interlocutore, e questo vale sia per l’acquirente La scelta di una particolare forma di coordinamento, che consenta di che per il venditore. Naturalmente un problema di incertezza sulla qualità si minimizzare i costi di transazione, dipende da quattro caratteristiche presenta anche nel rapporto tra produttore/distributore e consumatore: principali della transazione: complessità, incertezza, specificità delle risorse, maggiore è la variabilità della qualità del prodotto finale, maggiore sarà la frequenza. difficoltà nel segnalare la qualità stessa. Diventa così fondamentale Complessità. Con riferimento alla qualità, all’aumentare del numero di identificare e limitare le principali fonti di variabilità della qualità adottando attributi rilevanti e alla loro difficoltà di percezione cresce la complessità le modalità di coordinamento più opportune. della transazione. Se la complessità aumenta, allora aumenta il numero dei Specificità delle risorse. La specificità può riguardare sia le risorse fisiche possibili risultati della transazione, facendo così aumentare la necessità di necessarie per la produzione e commercializzazione del prodotto (umane, forme contrattuali alternative al mercato. Segnalare poi una qualità capitali investiti, specificità territoriali, ecc.), sia risorse intangibili, come la “complessa” al consumatore diventa assai difficile: la presenza di alcuni reputazione contenuta in marchi o marche. indicatori di qualità (certificazioni, tracciabilità) diventa fondamentale per La profittabilità di questi investimenti specifici dipenderà dal rispetto delle garantire che il prodotto contiene il livello atteso degli attributi qualitativi aspettative degli utilizzatori circa la qualità dei prodotti, quindi da un lato dal rilevanti. Questi indicatori presuppongono un coordinamento stretto lungo la corretto comportamento di coloro che contribuiscono alla qualità finale, catena dell’offerta. dall’altro dalla bontà delle strategie di marketing adottate per segnalare la In genere, quando i costi di transazione per assicurare la qualità finale qualità stessa. Per garantire il recupero dei costi sostenuti in asset specifici, diventano sufficientemente alti, l’integrazione verticale può sostituire altre l’impresa deve poter contare su un premio di prezzo, ma l’imposizione di forme di coordinamento più flessibili come le alleanze strategiche. questo mark up dipenderà dalla capacità di estrarre dal consumatore la sua massima “disponibilità a pagare”, che dipende dalla capacità del consumatore Nell’indagine, la priorità è rappresentata dalla descrizione delle strategie che di percepire gli attributi qualitativi rilevanti e dalla capacità dei la GDO intraprende per rendere efficiente la distribuzione dei prodotti produttori/distributori di garantire la qualità necessaria e di segnalarla agli biologici. Il punto di partenza è quindi la definizione delle strategie chiave utilizzatori finali. per la distribuzione di questi prodotti, che la letteratura (cfr. Fearne and Frequenza. Si riferisce alla regolarità con la quale le transazioni vengono Hugues, 1999) sembra indicare in: condotte. In situazioni di bassa incertezza, transazioni frequenti vengono di − approvvigionamento, norma condotte nei mercati a pronti perché esse inducono un processo di − comunicazione e analisi delle informazioni, apprendimento delle parti e perché gli effetti legate alla fiducia e alla − monitoraggio e verifica, reputazione mitigano la possibilità di comportamenti opportunistici. − partnership e programmazione, Nel caso però di prodotti alimentari con un elevato contenuto di incertezza, − ricerca,. innovazione e divulgazione. come i biologici, la maggiore frequenza delle transazioni non sembra essere Sulla base del modello concettuale illustrato precedentemente, è poi possibile un requisito sufficiente per il buon funzionamento delle transazioni di identificare, all’interno di ciascuna strategia, i fattori di successo che vengono mercato. presi in considerazione dalle imprese distributive per ottimizzare il coordinamento verticale (minimizzare i costi di transazione). 3 Indagine sulle strategie della distribuzione per i prodotti biologici. 3.1 La metodologia di rilevazione Il modello concettuale precedente consente di analizzare le strategie di coordinamento tra GDO e le fasi a monte e a valle lungo la catena dell’offerta. Queste fasi comprendono da un lato tutte le attività che portano alla definizione di un prodotto finale con particolari caratteristiche qualitative e al suo approvvigionamento da parte dell’impresa di distribuzione, dall’altro le “transazioni” che la GDO effettua con gli utilizzatori finali del prodotto, che comprendono tutte le attività di vendita e comunicazione. Nel caso delle catene della moderna distribuzione alimentare (GD e DO) tali decisioni strategiche vengono perlopiù prese a livello centrale; peraltro talune di esse possono essere demandate in toto o in parte alla gestione dei singoli punti vendita (in particolare per ciò che concerne possibili referenziamenti locali). Di conseguenza per l’indagine sulle strategie della distribuzione per i prodotti biologici si sono impiegati due questionari a risposte aperte per interviste non strutturate, uno per le centrali distributive e l’altro per i punti vendita; oltre a delineare scenari o obiettivi delle aziende commerciali e realtà del punto vendita, le sezioni dei questionari coprono le strategie chiave di distribuzione sopra delineate. Parte delle informazioni raccolte riguardano i prodotti biologici nel loro clientela, ma senza farne un elemento chiave della loro strategia complesso, parte invece sono specificamente riferiti a tre “categorie” (termine competitiva; che in questo contesto non va confuso con il concetto operativo di “categoria” utilizzato dalle imprese distributive), ossia i prodotti ortofrutticoli freschi, le C- imprese distributive che “evitano” il biologico, decidendo di non trattarlo. carni e l’olio. Il terzo gruppo è in realtà minoritario, essendo costituito unicamente da Nel complesso sono state oggetto di intervista due centrali a carattere alcune imprese operanti in ambiti locali, in particolare nel Centro-Sud. nazionale, una piattaforma logistica organica ad una centrale d’acquisto a Emerge infatti dall’analisi condotta sulle strutture distributive una sostanziale carattere nazionale, due centrali d’acquisto locali di catene a carattere dicotomia del mercato italiano degli alimenti biologici, con incidenze sulla nazionale, una catena a carattere locale, due indipendenti a carattere locale e domanda complessiva che ad esempio per la categoria dell’ortofrutta fresca – venti punti vendita (ipermercati, supermercati o superstore) appartenenti a la più rappresentativa – possono andare dal 6-7% nel Nord all’1-3% nel catene a carattere nazionale. Le unità locali intervistate sono localizzate nelle Centro-Sud. regioni Lombardia, Emilia Romagna, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna. Un Tra le motivazioni di questa esclusione si annoverano l’incompatibilità dei sentito ringraziamento va a quanti, imprese e individui, hanno offerto il loro prodotti biologici con la filosofia della convenienza, assunta quale leva prezioso supporto all’indagine fornendo le informazioni richieste. strategica fondamentale, o l’assunzione che non esistono prospettive importanti di crescita della domanda di alimenti biologici. 3.2 Scenari e obiettivi delle imprese A parte questo terzo raggruppamento, e concentrandosi sui primi due, una Dall’indagine in campo emerge che le imprese della GDO possono essere constatazione che può apparire a prima vista sorprendente è che le imprese ad classificate in tre gruppi strategici con riferimento al loro grado di essi appartenenti, che pure si differenziano per una serie di aspetti nella loro coinvolgimento nella commercializzazione dei prodotti biologici: relazione con i prodotti biologici, non presentano grosse diversità circa un A- imprese distributive che “credono” nel biologico, ne fanno uno dato fondamentale come l’incidenza di questi ultimi sulle referenze trattate e strumento di differenziazione e un elemento chiave nella loro mission; in complesso sul fatturato. Per entrambi gli indicatori, infatti, si osservano B- imprese distributive che “tollerano” il biologico, inserendolo in nella generalità dei casi valori compresi tra l’1,5% ed il 3%. Appare cioè che gamma perché serve a soddisfare le esigenze di un segmento di la determinazione quantitativa dell’impegno delle diverse catene nella commercializzazione dei prodotti biologici è stretta da limiti piuttosto angusti, tra un minimo necessario per presentare le referenze “indispensabili”, biologica che assorbe, a seconda dei reparti, la totalità o la maggioranza delle ed un massimo determinato da difficoltà soprattutto nelle problematiche degli referenze biologiche poste in vendita. Nel caso delle catene che “tollerano” il approvvigionamenti e nella gestione dei prodotti sul punti vendita, che biologico, invece, si osserva lo sviluppo di un proprio marchio per i prodotti saranno di seguito analizzate. di filiera – che nel caso dell’ortofrutta sono prodotti da agricoltura integrata – Un carattere comune a tutte le imprese e le unità locali è che il biologico non sui quali le aziende investono la propria immagine comunicandoli come costituisce una categoria commerciale: non si individuano infatti responsabili prodotti sicuri e controllati, e per i quali mettono in atto un rilevante sforzo ed ambiti di decisione comuni tra le varie merceologie, ma esse sono inserite organizzativo, di coordinamento e di controllo. Le motivazioni addotte per la nelle competenze rispettive di category manager e capireparto non coordinati preferenza accordata ai prodotti di filiera rispetto ai prodotti biologici tra di loro. Non esiste quindi una filosofia comune e una serie di decisioni risiedono principalmente in: come il layout, le politiche di marca, le politiche di prezzo e le politiche di - una maggiore efficienza del sistema di controllo e garanzia, basato assortimento non hanno tratti comuni o li hanno in misura assai limitata. su una gestione in prima persona della filiera: propri disciplinari, Circa il layout si osserva che nella maggioranza dei casi esso non distingue i relazioni contrattuali stabili, spesso un sistema di tracciabilità interna prodotti biologici dai prodotti convenzionali, ma li inserisce nei medesimi che consente di risalire alla singola parcella; lineari; in qualche caso si riscontra che i biologici sono posti accanto ai - una maggiore competitività in termini di prezzi/costi, dato che i prodotti-servizio quali prodotti di quarta e quinta gamma, in base alla prezzi di vendita dei prodotti di filiera sono allineati su quelli del constatazione che entrambi si rivolgono a consumatori mediamente più convenzionale. avveduti. La sola eccezione si ha per l’ortofrutta fresca biologica, che in Proprio la politica di marca costituisce, nel caso della più importante catena genere occupa un’isola a sé stante; al riguardo si segnala però il progetto della impegnata nel biologico, il principale denominatore comune dei prodotti più importante catena distributiva nazionale, che intende portare l’ortofrutta biologici per la catena distributiva nazionale maggiormente impegnata in biologica nello stesso lineare del convenzionale, in modo di accrescere la questa direzione: in questo caso una precisa linea strategica aziendale, che trasparenza della propria offerta agli occhi dei consumatori e consentire a viene condivisa dai category manager dei diversi reparti, si traduce in questi ultimi di “leggere” la segmentazione operata. un’unica brand image – accomunando il nome di marca, il logo e la scelta Le politiche di marca costituiscono un chiaro terreno di demarcazione tra le cromatica. imprese dei gruppi A e B: nel caso delle prime, esiste una private label Relativamente alle politiche di prezzo la situazione è assai variegata. Nei caso - la possibilità di valorizzare l’intero animale, in quanto oltre alla dei prodotti ortofrutticoli si osservano scarti medi di prezzo, nei confronti del domanda dei consumatori per i tagli commercializzabili come prodotto convenzionale, mediamente compresi tra il 20% ed il 50% ma con biologico – prevalentemente petto e cosce – esiste una domanda da punte, legate a prodotti stagionali, che possono arrivare al 100%. Per l’olio il parte dell’industria degli alimenti omogeneizzati per l’infanzia che premium price del biologico si quantifica in un +15-40%, mentre nel caso assorbe le parti rimanenti. delle carni – esclusivamente avicole – pesa decisamente il problema dei Considerazioni analoghe, ma opposte, stanno alla base dell’insuccesso volumi, dato che lo scarto si colloca sul 10-20% per le carni di pollo registrato per le carni bovine, dato che in questo caso i tagli da quarto (prevalentemente petti) mentre arriva al 70% per le carni di tacchino. anteriore, destinati a segmenti di clientela “poveri”, dovevano essere venduti I margini di ricarico costituiscono un ulteriore elemento di distinzione delle come tagli convenzionali, richiedendo quindi un ricarico eccessivamente catene distributive che hanno deciso di investire nel biologico come elemento elevato sui tagli da quarto posteriore. di differenziazione, dato che essi vengono ridotti, a seconda dei reparti, da Un limite essenziale delle politiche di approvvigionamento è comunque dato due a quattro punti percentuali rispetto ai prodotti convenzionali. dal prezzo che penalizza la convenienza dei prodotti biologici, specie in Il problema degli scarsi volumi, assieme a quello della valorizzazione contesti locali in cui non mancano le alternative. Si spiegano in questo modo dell’intero animale, sono alla base delle politiche di assortimento nel caso alcune vistose assenze, come quelle dell’ortofrutta fresca biologica dagli delle carni biologiche: questi prodotti sono assenti per molte catene, mentre scaffali della GDO siciliana o dell’olio biologico nel caso della Puglia. per quelle che le trattano si riducono, appunto, ai soli avicoli, in primis al La mancanza di una gestione comune dei prodotti biologici – al di là delle pollo. In questo caso si può giocare su due elementi a favore: eccezioni viste per le politiche di marca e in parte di margine – ed anche i - la possibilità di produrre pollame biologico a partire dagli stessi ridotti volumi di vendita si traducono in un ricorso assai limitato ad altre incroci con cui si ottengono i broiler convenzionali, in deroga al politiche di valorizzazione sul punto vendita: particolari carenze si osservano regolamento comunitario che prescrive l’utilizzo di razze a lento nelle politiche di comunicazione e promozione, di merchandizing e di accrescimento, che comporterebbero costi assai maggiori e che display. presentano un rapporto tra peso del petto e dell’intero busto molto meno favorevole; 3.3 Strategie di approvvigionamento, comunicazione e analisi delle prodotti biologici ha tre fornitori di olio biologico ed un solo fornitore di pollame biologico. informazioni Massa critica e varietà dell’offerta sono alla base della selezione dei fornitori Di rado vi sono iniziative promozionali concordate con i fornitori e ciò dei traducono costituisce un forte limite, in quanto può accadere che a seguito di una necessariamente in un impatto limitato del canale GDO sulle filiere promozione e quindi di una punta di domanda vi sia una rottura di stock per biologiche locali. Infatti la necessità di avere partner che assicurino volumi l’impossibilità dei fornitori ad adeguare l’offerta. elevati e in grado di offrire un ampio ventaglio di referenze (di norma non A ciò si aggiunga che il consumatore di alimenti biologici si dimostra assai meno di una ventina) fa sì che le forniture derivino in percentuale compresa più refrattario alle iniziative pubblicitarie e promozionali; a titolo di esempio, tra l’80% ed il 100% da confezionatori, ossia da quegli operatori commerciali mentre una campagna di promozione del pollo convenzionale si risolve in che sono in diretto rapporto con la produzione e svolgono la funzione di aumenti momentanei della richiesta in genere collocati tra il 30% ed il 50%, assemblaggio e assortimento. analoghe iniziative effettuate sul pollo biologico hanno dato esiti molto A ciò si aggiunge il fatto che il referenziamento è nella quasi totalità dei casi scarsi. nazionale, in quanto la scelta dei fornitori viene effettuata a livello centrale, In pratica quindi la dai category o dai buyer, sfuggendo quindi dall’ambito di decisione del cartellonistica sul punto vendita; un paio di importanti catene hanno peraltro singolo punto vendita. aperto una pagina dedicata al biologico sul loro sito internet. prodotti ortofrutticoli biologici. Questi elementi si comunicazione si risolve nel display e nella In pratica solo per singoli prodotti aventi un grosso peso quantitativo, come l’uva da tavola e le arance, si assiste a casi di accorciamento della filiera, dove i fornitori del biologico sono gli stessi che forniscono anche il 3.4 Strategie di monitoraggio e verifica, partnership e programmazione, ricerca, innovazione e divulgazione convenzionale. Non esistono procedure di monitoraggio e verifica specifiche per il biologico, Per prodotti come le carni e l’olio biologico non esistono analoghi problemi sia nel caso in cui il prodotto sia di marca commerciale che nel caso di di ampiezza dell’offerta, mentre sussiste il problema della massa critica e, nel prodotto sfuso o di marca del produttore, si applicano le medesime procedure primo caso, di costanza degli approvvigionamenti. Per questo, ad esempio, la di controllo attuate per i prodotti convenzionali. catena nazionale maggiormente impegnata nella commercializzazione dei In sostanza, quindi, anche laddove esiste una certificazione da parte di un organismo di controllo dei prodotti biologici, a questo controllo si aggiungono i controlli aziendali, effettuati da personale interno al punto - costituiscono un segmento di clientela di dimensioni non eclatanti – vendita e, in qualche caso, presso l’azienda di produzione, affinché il in realtà per alcuni reparti e in taluni contesti geografici si deve prodotto sia referenziato e eventualmente differenziato con la private label. In parlare più di nicchia che di segmento – ma neppure trascurabili, che tal senso, non vi sono rapporti formali o relazioni privilegiate con strutture ha dimostrato di saper “tenere” in una fase, come gli ultimi anni, di associative di produttori biologici netto Tuttavia, una catena a carattere nazionale sta operando per introdurre, nei congiunturalmente può mostrare evoluzioni positive (si pensi alle principali comparti produttivi, sistemi di rintracciabilità specifici per i carni biologiche nella fase di psicosi per la diossina nei polli). orientamento del consumatore al prezzo, e che prodotti biologici. Tuttavia a fronte di questi elementi potenzialmente favorevoli esistono alcuni L’area della ricerca e sviluppo costituisce un altro dei punti di distinzione importanti punti di debolezza: delle catene distributive che hanno sposato la filosofia del biologico rispetto a - la scarsa convenienza: indipendentemente dalla filosofia delle quelle che accettano di conviverci. In tal senso si annoverano realizzazioni aziende distributive nei confronti del biologico, il differenziale di quali speciali presentazioni di carne biologica per bambini – in particolare costo tra prodotto convenzionale e biologico viene giudicato studiati per la ristorazione scolastica – come crocchette panate di pollo e eccessivo e penalizzante; per ovviare parzialmente a questo handicap hamburger di tacchino, o lo sviluppo di imballi totalmente degradabili – alcune catene ricorrono a una compressione dei margini per ridurre il derivati dal mais – per i prodotti ortofrutticoli nel punto vendita. differenziale di prezzo di vendita finale; - 3.5 Conclusioni: punti di forza e di debolezza pei prodotti biologici nella moderna distribuzione la frammentazione dell’offerta: la difficoltà a trovare produttori in grado di assicurare un’adeguata massa critica, una continuità nelle forniture, un sufficiente assortimento e una costanza della qualità, In estrema sintesi, i prodotti biologici presentano taluni punti di forza ed unita ad una certa rigidità delle politiche centralizzate di opportunità da sfruttare, almeno potenzialmente, nell’ambito della GDO: referenziamento - (resa peraltro necessaria dalla complessità delle possono contribuire positivamente alla differenziazione delle procedure di controllo), fanno sì che l’impatto della domanda di insegne, per quelle catene che cerchino di contraddistinguersi per una prodotti biologici da parte nei contesti produttivi locali da parte delle particolare attenzione alla salute del consumatore e alla salvaguardia catene della GDO sia scarsissimo o nullo. Anche nei pochi casi di dell’ambiente; rapporti diretti con la produzione, per singoli prodotti quantitativamente importanti, si tratta di norma degli stessi fornitori di prodotti convenzionali, per cui più che di effetto positivo sul settore dell’agricoltura biologica locale si può parlare in questi casi di opportunità di diversificazione per strutture aziendali complesse. A ciò si aggiunge una minaccia competitiva importante da parte dei cosiddetti “prodotti di filiera” ossia di quei prodotti da agricoltura non biologica (di norma si tratta di produzione integrata) che sono oggetto di uno specifico sforzo organizzativo e di marca da parte di molte catene. Pur possedendo un potenziale di differenziazione inferiore (in quanto non si fregiano dell’attributo biologico, con il suo portato di naturalità) questi prodotti risultano graditi a molte imprese commerciali in quanto consentono un controllo più stretto della filiera ed una determinazione più individualizzata delle condizioni di produzione, offrono una maggiore associazione con l’insegna e quindi potenzialmente una maggior fidelizzazione della clientela, e presentano minori problemi in termini di differenziale di prezzo e quindi di immagine di convenienza. 4 Bibliografia Amouriaux, H. (2000), Production, transformation et distribution des produits biologiques au Québec : inventaire de la situation et des tendances de développement. La Pocatière: Centre d'agriculture biologique du Québec. Fearne, A. and Hughes, D. (1999), Success factors in the fresh produce supply chain: insights from the UK, Supply Chain Management: An International Journal ; Vol. 4: pp. 120-128. 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