Daniele Rama - dipartimento di economia e politica agraria

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Daniele Rama - dipartimento di economia e politica agraria
I prodotti biologici nella moderna distribuzione alimentare1
Daniele Rama, Stefano Boccaletti
Unità di Ricerca: Dipartimento di Economia Agro-alimentare
Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza
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processo caratterizzati da una spiccata asimmetria informativa in attributi di
tipo ricerca, rilevabili all’atto dell’acquisto.
Sono così emerse forme contrattuali diverse tra la GDO e i propri fornitori
finalizzate alla definizione di prodotti con una forte caratterizzazione
qualitativa segnalata da indicatori quali i marchi commerciali o altre garanzie
(certificazioni) in grado di indicare una effettiva differenziazione verticale del
1
Premessa e obiettivo del lavoro
prodotto. Le produzioni agro-alimentari biologiche sono un esempio evidente
Il baricentro delle decisioni strategiche lungo le filiere agro-alimentari si è
di prodotti la cui qualità deve essere da un lato garantita da accordi dettagliati
spostato sempre più verso la GDO, che grazie all’implementazione di
con i fornitori, dall’altro segnalata ai consumatori per ottimizzarne la scelta
tecnologie e approcci sempre più sofisticati (Efficient Consumer Response,
ed evitare quindi fenomeni di fallimento dei mercati.
ECR, Category Management, CM) ha tramutato le richieste dei mercati in
L’obiettivo che il presente lavoro si propone è di illustrare i fattori chiave che
creazione del valore. Questo rappresenta oggi il fattore principale alla base
hanno guidato e stanno guidando le strategie di successo nella
del coordinamento tra GDO e fasi a monte, nella fattispecie industria agro-
commercializzazione dei prodotti biologici adottate dalle principali catene
alimentare e produzione agricola.
della GDO, analizzando le strategie di coordinamento tra GDO e le fasi a
L’emergere poi di preferenze di consumo sempre più orientate verso prodotti
monte lungo la catena dell’offerta, nonché le sue strategie di marketing
con un elevato contenuto di caratteristiche qualitative di tipo “ricerca”,
rivolte ai consumatori biologici.
pertanto non direttamente rilevabili dal consumatore, ha ulteriormente
spronato la ricerca di forme di coordinamento in grado di fornire garanzie
2
Un modello concettuale per l’analisi del coordinamento verticale
agli utilizzatori finali, trasformando così questi attributi di prodotto e di
L’economia dei costi di transazione fornisce lo schema teorico mediante il
quale analizzare le diverse strategie di coordinamento verticale lungo la
catena dell’offerta, schema che può essere utilizzato ed adattato allo studio
1
Relazione di sintesi del gruppo di lavoro “Distribuzione e prodotti biologici”, nell’ambito
del Programma di Ricerca Scientifica di Rilevante Interesse Nazionale “Sviluppo rurale,
distribuzione moderna, sicurezza alimentare: Le prospettive dell’agricoltura biologica in
Italia” (PRIN-BIO), composto dalle seguenti Unità Operative: Università Cattolica del Sacro
Cuore (coordinatore prof. Daniele Rama), Università del Molise (cordinatore prof. Angelo
Belliggiano), Università di Palermo (coordinatore prof. Giorgio Schifani), Università di
Sassari (coordinatore prof. Roberto Furesi).
dei rapporti tra GDO, fasi a monte (produzione agricola, industria alimentare)
e mercati finali di vendita dei prodotti biologici. Il presupposto è che una
qualsiasi transazione, per effetto dell’asimmetria informativa, origina dei
costi sia per l’acquirente che per il venditore. Alcuni costi possono nascere ex
da alcuni fattori istituzionali di scenario, determinano le caratteristiche della
ante, ad esempio quelli legati all’identificazione dei fornitori più appropriati,
transazione.
alla determinazione della qualità, ecc. (costi per l’informazione e la
selezione), oppure i costi per la determinazione ed interpretazione delle
Figura 1 - Modello concettuale del coordinamento verticale
Costi di
transazione
clausole contrattuali, i costi di intermediazione, di consulenza legale, ecc.
(costi di negoziazione). Altri nascono ex post, e si riferiscono al monitoraggio
e all’esecuzione della transazione per valutare se le clausole contrattuali
Scenario
vengono rispettate.
È evidente che la scelta di internalizzare o meno una determinata transazione
dipenderà dal confronto tra i costi generati da una normale transazione sul
•Tecnologico
•Legislativo
•Socio-economico
Caratteristiche
del
prodotto
Caratteristiche
della
transazione
Coordinamento
verticale
Fonte: Nostre elaborazioni su Hobbs e Young (2000)
libero mercato e invece quelli determinati da una gestione interna,
nell’ambito di un’alleanza strategica che preveda una forma di coordinamento
− Caratteristiche del prodotto
verticale più o meno stretta, dai semplici contratti alla vera e propria
Si riferiscono ad esempio alla complessità della determinazione qualitativa
integrazione verticale.
del prodotto, che crea incertezza per l’acquirente. Maggiore è il numero degli
L’entità del coordinamento verticale può essere quindi spiegato con l’ausilio
attributi qualitativi rilevanti di tipo “fiducia” ed “esperienza”, maggiore è
di un modello concettuale basato sulle determinanti dei costi di transazione
l’incertezza sulla qualità del prodotto. La deperibilità di un prodotto fresco,
adattato da Hobbs e Young (2000) (figura 1). L’ipotesi tradizionale di
che può ad esempio dipendere dalle modalità di produzione e conservazione
Williamson (1979) prevede che alcune caratteristiche della transazione,
alle quali i prodotti sono stato sottoposti, determinando incertezza sia per il
frequenza, specificità delle risorse, complessità ed incertezza, influenzino il
venditore, che ha la necessità di dover collocare velocemente il prodotto
coordinamento verticale, ovvero la scelta della forma di governance più
tenendo conto solo in parte delle condizioni di mercato, sia per l’acquirente,
appropriata. L’approccio considerato arricchisce questa ipotesi suggerendo
che invece deve sostenere dei costi di selezione/informazione, aumenta la
alcune determinanti delle caratteristiche della transazione. Secondo un nesso
complessità della transazione. La deperibilità crea poi costi di negoziazione
causale predeterminato le caratteristiche del prodotto, a loro volta influenzate
per la definizione contrattuale delle responsabilità sulla qualità del prodotto.
Nel caso specifico dei prodotti biologici, la necessità di certificare la
Per contro, soprattutto per alcune caratteristiche qualitative misurabili, la
caratteristica “biologico” del prodotto determina costi di transazione a carico
presenza di standard e schemi di classificazione può consentire di ridurre
dei contraenti. Da parte del venditore, oltre ai costi della certificazione, vi
l’incertezza sia per gli acquirenti che per i venditori, nonché la complessità
sono gli investimenti in fattori e tecnologie funzionali ai processi produttivi
della transazione, riducendo così il ricorso al coordinamento.
biologici. Da parte dell’acquirente vi sono poi i costi di selezione del prodotto
La tecnologia ha un impatto diretto sulle caratteristiche del prodotto, in
e della ricerca del fornitore. E’ chiaro quindi che emerge una relazione
termini ad esempio di differenziabilità, con la possibilità di aggiungere nuove
causale tra caratteristiche del prodotto, caratteristiche della transazione e costi
caratteristiche qualitative o di modificare quelle esistenti. E’ chiaro che le
di transazione.
limitazioni che la tecnologia impone nell’uso ad esempio dei fattori di
produzione, determina costi di aggiustamento particolarmente rilevanti nei
− Scenario
cambiamenti dei fornitori e la necessità quindi di un più stretto
Lo scenario legislativo, tecnologico e socio-economico influenza le
coordinamento
verticale
per
evitare
il
rischio
di
comportamenti
caratteristiche dei prodotti e quindi i costi di transazione che si originano
opportunistici. La tecnologia può anche influenzare i costi di transazione
nella relazione tra i contraenti. Nell’ambito della regolamentazione, ad
legati alle varie forme di coordinamento, come nel caso delle tecnologie
esempio le norme relative a tracciabilità, responsabilità, certificazione,
dell’informazione che, hanno consentito forme di monitoraggio e controllo
cambiando le priorità della transazione, influenza le scelte delle parti. Norme
prima impensabili grazie alla riduzione dei costi di transazione.
più severe in termini di responsabilità aggravano gli effetti e quindi i costi
I fattori socio-economici, influenzando la domanda di alimenti, impongono
dell’incertezza, spingendo quindi verso forme di coordinamento più strette,
mutamenti nelle caratteristiche qualitative dei prodotti. Questi mutamenti
spesso caratterizzate da investimenti specifici e quindi funzionali alla
sono perseguibili solo se c’è un controllo diretto di tutte le fasi rilevanti lungo
transazione. È evidente che in una situazione di forte regolamentazione, come
la catena dell’offerta. Inoltre, poiché gli ingenti investimenti intangibili in
quella corrente, anche le imprese che lungo la catena dell’offerta sono più
reputazione da parte delle imprese, finalizzati al rafforzamento dei marchi o
lontane rispetto alle fasi che determinano la qualità dei prodotti, adotteranno
della marca, non può prescindere dal mantenimento di un livello qualitativo
forme di governance e controllo tali da ridurre al minimo i rischi legali e di
costante dei propri prodotti, le imprese stesse tenderanno ad adottare quelle
mercato di un eventuale insuccesso.
forme di coordinamento in grado di minimizzare i costi di monitoraggio della
qualità stessa. Se prima degli anni 80 erano questo strategie di immagine
erano essenzialmente appannaggio delle imprese della trasformazione agro-
Incertezza. La presenza di attributi qualitativi di tipo fiducia ed esperienza
alimentare, lo sviluppo della GDO e soprattutto delle marche commerciali ha
determina la difficoltà nel monitorare le azioni del venditore (task
determinato uno spostamento del baricentro del potere a favore delle grandi
programmability). Vi è poi un’incertezza legata all’affidabilità dell’offerta
catene distributive, con l’adozione di strategie di marca supportate da forme
per quanto riguarda i tempi, le quantità, i prezzi, con l’emergere di problemi
di coordinamento verticale adeguate.
di pianificazione di lungo periodo.
Più le caratteristiche del prodotto sono specifiche, maggiore sarà l’incertezza
− Caratteristiche della transazione
legata al cambiamento dell’interlocutore, e questo vale sia per l’acquirente
La scelta di una particolare forma di coordinamento, che consenta di
che per il venditore. Naturalmente un problema di incertezza sulla qualità si
minimizzare i costi di transazione, dipende da quattro caratteristiche
presenta anche nel rapporto tra produttore/distributore e consumatore:
principali della transazione: complessità, incertezza, specificità delle risorse,
maggiore è la variabilità della qualità del prodotto finale, maggiore sarà la
frequenza.
difficoltà nel segnalare la qualità stessa. Diventa così fondamentale
Complessità. Con riferimento alla qualità, all’aumentare del numero di
identificare e limitare le principali fonti di variabilità della qualità adottando
attributi rilevanti e alla loro difficoltà di percezione cresce la complessità
le modalità di coordinamento più opportune.
della transazione. Se la complessità aumenta, allora aumenta il numero dei
Specificità delle risorse. La specificità può riguardare sia le risorse fisiche
possibili risultati della transazione, facendo così aumentare la necessità di
necessarie per la produzione e commercializzazione del prodotto (umane,
forme contrattuali alternative al mercato. Segnalare poi una qualità
capitali investiti, specificità territoriali, ecc.), sia risorse intangibili, come la
“complessa” al consumatore diventa assai difficile: la presenza di alcuni
reputazione contenuta in marchi o marche.
indicatori di qualità (certificazioni, tracciabilità) diventa fondamentale per
La profittabilità di questi investimenti specifici dipenderà dal rispetto delle
garantire che il prodotto contiene il livello atteso degli attributi qualitativi
aspettative degli utilizzatori circa la qualità dei prodotti, quindi da un lato dal
rilevanti. Questi indicatori presuppongono un coordinamento stretto lungo la
corretto comportamento di coloro che contribuiscono alla qualità finale,
catena dell’offerta.
dall’altro dalla bontà delle strategie di marketing adottate per segnalare la
In genere, quando i costi di transazione per assicurare la qualità finale
qualità stessa. Per garantire il recupero dei costi sostenuti in asset specifici,
diventano sufficientemente alti, l’integrazione verticale può sostituire altre
l’impresa deve poter contare su un premio di prezzo, ma l’imposizione di
forme di coordinamento più flessibili come le alleanze strategiche.
questo mark up dipenderà dalla capacità di estrarre dal consumatore la sua
massima “disponibilità a pagare”, che dipende dalla capacità del consumatore
Nell’indagine, la priorità è rappresentata dalla descrizione delle strategie che
di percepire gli attributi qualitativi rilevanti e dalla capacità dei
la GDO intraprende per rendere efficiente la distribuzione dei prodotti
produttori/distributori di garantire la qualità necessaria e di segnalarla agli
biologici. Il punto di partenza è quindi la definizione delle strategie chiave
utilizzatori finali.
per la distribuzione di questi prodotti, che la letteratura (cfr. Fearne and
Frequenza. Si riferisce alla regolarità con la quale le transazioni vengono
Hugues, 1999) sembra indicare in:
condotte. In situazioni di bassa incertezza, transazioni frequenti vengono di
−
approvvigionamento,
norma condotte nei mercati a pronti perché esse inducono un processo di
−
comunicazione e analisi delle informazioni,
apprendimento delle parti e perché gli effetti legate alla fiducia e alla
−
monitoraggio e verifica,
reputazione mitigano la possibilità di comportamenti opportunistici.
−
partnership e programmazione,
Nel caso però di prodotti alimentari con un elevato contenuto di incertezza,
−
ricerca,. innovazione e divulgazione.
come i biologici, la maggiore frequenza delle transazioni non sembra essere
Sulla base del modello concettuale illustrato precedentemente, è poi possibile
un requisito sufficiente per il buon funzionamento delle transazioni di
identificare, all’interno di ciascuna strategia, i fattori di successo che vengono
mercato.
presi in considerazione dalle imprese distributive per ottimizzare il
coordinamento verticale (minimizzare i costi di transazione).
3
Indagine sulle strategie della distribuzione per i prodotti biologici.
3.1 La metodologia di rilevazione
Il modello concettuale precedente consente di analizzare le strategie di
coordinamento tra GDO e le fasi a monte e a valle lungo la catena
dell’offerta. Queste fasi comprendono da un lato tutte le attività che portano
alla definizione di un prodotto finale con particolari caratteristiche qualitative
e al suo approvvigionamento da parte dell’impresa di distribuzione, dall’altro
le “transazioni” che la GDO effettua con gli utilizzatori finali del prodotto,
che comprendono tutte le attività di vendita e comunicazione.
Nel caso delle catene della moderna distribuzione alimentare (GD e DO) tali
decisioni strategiche vengono perlopiù prese a livello centrale; peraltro talune
di esse possono essere demandate in toto o in parte alla gestione dei singoli
punti vendita (in particolare per ciò che concerne possibili referenziamenti
locali). Di conseguenza per l’indagine sulle strategie della distribuzione per i
prodotti biologici si sono impiegati due questionari a risposte aperte per
interviste non strutturate, uno per le centrali distributive e l’altro per i punti
vendita; oltre a delineare scenari o obiettivi delle aziende commerciali e
realtà del punto vendita, le sezioni dei questionari coprono le strategie chiave
di distribuzione sopra delineate.
Parte delle informazioni raccolte riguardano i prodotti biologici nel loro
clientela, ma senza farne un elemento chiave della loro strategia
complesso, parte invece sono specificamente riferiti a tre “categorie” (termine
competitiva;
che in questo contesto non va confuso con il concetto operativo di “categoria”
utilizzato dalle imprese distributive), ossia i prodotti ortofrutticoli freschi, le
C- imprese distributive che “evitano” il biologico, decidendo di non
trattarlo.
carni e l’olio.
Il terzo gruppo è in realtà minoritario, essendo costituito unicamente da
Nel complesso sono state oggetto di intervista due centrali a carattere
alcune imprese operanti in ambiti locali, in particolare nel Centro-Sud.
nazionale, una piattaforma logistica organica ad una centrale d’acquisto a
Emerge infatti dall’analisi condotta sulle strutture distributive una sostanziale
carattere nazionale, due centrali d’acquisto locali di catene a carattere
dicotomia del mercato italiano degli alimenti biologici, con incidenze sulla
nazionale, una catena a carattere locale, due indipendenti a carattere locale e
domanda complessiva che ad esempio per la categoria dell’ortofrutta fresca –
venti punti vendita (ipermercati, supermercati o superstore) appartenenti a
la più rappresentativa – possono andare dal 6-7% nel Nord all’1-3% nel
catene a carattere nazionale. Le unità locali intervistate sono localizzate nelle
Centro-Sud.
regioni Lombardia, Emilia Romagna, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna. Un
Tra le motivazioni di questa esclusione si annoverano l’incompatibilità dei
sentito ringraziamento va a quanti, imprese e individui, hanno offerto il loro
prodotti biologici con la filosofia della convenienza, assunta quale leva
prezioso supporto all’indagine fornendo le informazioni richieste.
strategica fondamentale, o l’assunzione che non esistono prospettive
importanti di crescita della domanda di alimenti biologici.
3.2 Scenari e obiettivi delle imprese
A parte questo terzo raggruppamento, e concentrandosi sui primi due, una
Dall’indagine in campo emerge che le imprese della GDO possono essere
constatazione che può apparire a prima vista sorprendente è che le imprese ad
classificate in tre gruppi strategici con riferimento al loro grado di
essi appartenenti, che pure si differenziano per una serie di aspetti nella loro
coinvolgimento nella commercializzazione dei prodotti biologici:
relazione con i prodotti biologici, non presentano grosse diversità circa un
A- imprese distributive che “credono” nel biologico, ne fanno uno
dato fondamentale come l’incidenza di questi ultimi sulle referenze trattate e
strumento di differenziazione e un elemento chiave nella loro mission;
in complesso sul fatturato. Per entrambi gli indicatori, infatti, si osservano
B- imprese distributive che “tollerano” il biologico, inserendolo in
nella generalità dei casi valori compresi tra l’1,5% ed il 3%. Appare cioè che
gamma perché serve a soddisfare le esigenze di un segmento di
la determinazione quantitativa dell’impegno delle diverse catene nella
commercializzazione dei prodotti biologici è stretta da limiti piuttosto
angusti, tra un minimo necessario per presentare le referenze “indispensabili”,
biologica che assorbe, a seconda dei reparti, la totalità o la maggioranza delle
ed un massimo determinato da difficoltà soprattutto nelle problematiche degli
referenze biologiche poste in vendita. Nel caso delle catene che “tollerano” il
approvvigionamenti e nella gestione dei prodotti sul punti vendita, che
biologico, invece, si osserva lo sviluppo di un proprio marchio per i prodotti
saranno di seguito analizzate.
di filiera – che nel caso dell’ortofrutta sono prodotti da agricoltura integrata –
Un carattere comune a tutte le imprese e le unità locali è che il biologico non
sui quali le aziende investono la propria immagine comunicandoli come
costituisce una categoria commerciale: non si individuano infatti responsabili
prodotti sicuri e controllati, e per i quali mettono in atto un rilevante sforzo
ed ambiti di decisione comuni tra le varie merceologie, ma esse sono inserite
organizzativo, di coordinamento e di controllo. Le motivazioni addotte per la
nelle competenze rispettive di category manager e capireparto non coordinati
preferenza accordata ai prodotti di filiera rispetto ai prodotti biologici
tra di loro. Non esiste quindi una filosofia comune e una serie di decisioni
risiedono principalmente in:
come il layout, le politiche di marca, le politiche di prezzo e le politiche di
-
una maggiore efficienza del sistema di controllo e garanzia, basato
assortimento non hanno tratti comuni o li hanno in misura assai limitata.
su una gestione in prima persona della filiera: propri disciplinari,
Circa il layout si osserva che nella maggioranza dei casi esso non distingue i
relazioni contrattuali stabili, spesso un sistema di tracciabilità interna
prodotti biologici dai prodotti convenzionali, ma li inserisce nei medesimi
che consente di risalire alla singola parcella;
lineari; in qualche caso si riscontra che i biologici sono posti accanto ai
-
una maggiore competitività in termini di prezzi/costi, dato che i
prodotti-servizio quali prodotti di quarta e quinta gamma, in base alla
prezzi di vendita dei prodotti di filiera sono allineati su quelli del
constatazione che entrambi si rivolgono a consumatori mediamente più
convenzionale.
avveduti. La sola eccezione si ha per l’ortofrutta fresca biologica, che in
Proprio la politica di marca costituisce, nel caso della più importante catena
genere occupa un’isola a sé stante; al riguardo si segnala però il progetto della
impegnata nel biologico, il principale denominatore comune dei prodotti
più importante catena distributiva nazionale, che intende portare l’ortofrutta
biologici per la catena distributiva nazionale maggiormente impegnata in
biologica nello stesso lineare del convenzionale, in modo di accrescere la
questa direzione: in questo caso una precisa linea strategica aziendale, che
trasparenza della propria offerta agli occhi dei consumatori e consentire a
viene condivisa dai category manager dei diversi reparti, si traduce in
questi ultimi di “leggere” la segmentazione operata.
un’unica brand image – accomunando il nome di marca, il logo e la scelta
Le politiche di marca costituiscono un chiaro terreno di demarcazione tra le
cromatica.
imprese dei gruppi A e B: nel caso delle prime, esiste una private label
Relativamente alle politiche di prezzo la situazione è assai variegata. Nei caso
-
la possibilità di valorizzare l’intero animale, in quanto oltre alla
dei prodotti ortofrutticoli si osservano scarti medi di prezzo, nei confronti del
domanda dei consumatori per i tagli commercializzabili come
prodotto convenzionale, mediamente compresi tra il 20% ed il 50% ma con
biologico – prevalentemente petto e cosce – esiste una domanda da
punte, legate a prodotti stagionali, che possono arrivare al 100%. Per l’olio il
parte dell’industria degli alimenti omogeneizzati per l’infanzia che
premium price del biologico si quantifica in un +15-40%, mentre nel caso
assorbe le parti rimanenti.
delle carni – esclusivamente avicole – pesa decisamente il problema dei
Considerazioni analoghe, ma opposte, stanno alla base dell’insuccesso
volumi, dato che lo scarto si colloca sul 10-20% per le carni di pollo
registrato per le carni bovine, dato che in questo caso i tagli da quarto
(prevalentemente petti) mentre arriva al 70% per le carni di tacchino.
anteriore, destinati a segmenti di clientela “poveri”, dovevano essere venduti
I margini di ricarico costituiscono un ulteriore elemento di distinzione delle
come tagli convenzionali, richiedendo quindi un ricarico eccessivamente
catene distributive che hanno deciso di investire nel biologico come elemento
elevato sui tagli da quarto posteriore.
di differenziazione, dato che essi vengono ridotti, a seconda dei reparti, da
Un limite essenziale delle politiche di approvvigionamento è comunque dato
due a quattro punti percentuali rispetto ai prodotti convenzionali.
dal prezzo che penalizza la convenienza dei prodotti biologici, specie in
Il problema degli scarsi volumi, assieme a quello della valorizzazione
contesti locali in cui non mancano le alternative. Si spiegano in questo modo
dell’intero animale, sono alla base delle politiche di assortimento nel caso
alcune vistose assenze, come quelle dell’ortofrutta fresca biologica dagli
delle carni biologiche: questi prodotti sono assenti per molte catene, mentre
scaffali della GDO siciliana o dell’olio biologico nel caso della Puglia.
per quelle che le trattano si riducono, appunto, ai soli avicoli, in primis al
La mancanza di una gestione comune dei prodotti biologici – al di là delle
pollo. In questo caso si può giocare su due elementi a favore:
eccezioni viste per le politiche di marca e in parte di margine – ed anche i
-
la possibilità di produrre pollame biologico a partire dagli stessi
ridotti volumi di vendita si traducono in un ricorso assai limitato ad altre
incroci con cui si ottengono i broiler convenzionali, in deroga al
politiche di valorizzazione sul punto vendita: particolari carenze si osservano
regolamento comunitario che prescrive l’utilizzo di razze a lento
nelle politiche di comunicazione e promozione, di merchandizing e di
accrescimento, che comporterebbero costi assai maggiori e che
display.
presentano un rapporto tra peso del petto e dell’intero busto molto
meno favorevole;
3.3 Strategie di approvvigionamento, comunicazione e analisi delle
prodotti biologici ha tre fornitori di olio biologico ed un solo fornitore di
pollame biologico.
informazioni
Massa critica e varietà dell’offerta sono alla base della selezione dei fornitori
Di rado vi sono iniziative promozionali concordate con i fornitori e ciò
dei
traducono
costituisce un forte limite, in quanto può accadere che a seguito di una
necessariamente in un impatto limitato del canale GDO sulle filiere
promozione e quindi di una punta di domanda vi sia una rottura di stock per
biologiche locali. Infatti la necessità di avere partner che assicurino volumi
l’impossibilità dei fornitori ad adeguare l’offerta.
elevati e in grado di offrire un ampio ventaglio di referenze (di norma non
A ciò si aggiunga che il consumatore di alimenti biologici si dimostra assai
meno di una ventina) fa sì che le forniture derivino in percentuale compresa
più refrattario alle iniziative pubblicitarie e promozionali; a titolo di esempio,
tra l’80% ed il 100% da confezionatori, ossia da quegli operatori commerciali
mentre una campagna di promozione del pollo convenzionale si risolve in
che sono in diretto rapporto con la produzione e svolgono la funzione di
aumenti momentanei della richiesta in genere collocati tra il 30% ed il 50%,
assemblaggio e assortimento.
analoghe iniziative effettuate sul pollo biologico hanno dato esiti molto
A ciò si aggiunge il fatto che il referenziamento è nella quasi totalità dei casi
scarsi.
nazionale, in quanto la scelta dei fornitori viene effettuata a livello centrale,
In pratica quindi la
dai category o dai buyer, sfuggendo quindi dall’ambito di decisione del
cartellonistica sul punto vendita; un paio di importanti catene hanno peraltro
singolo punto vendita.
aperto una pagina dedicata al biologico sul loro sito internet.
prodotti
ortofrutticoli
biologici.
Questi
elementi
si
comunicazione si risolve nel display e nella
In pratica solo per singoli prodotti aventi un grosso peso quantitativo, come
l’uva da tavola e le arance, si assiste a casi di accorciamento della filiera,
dove i fornitori del biologico sono gli stessi che forniscono anche il
3.4 Strategie di monitoraggio e verifica, partnership e programmazione,
ricerca, innovazione e divulgazione
convenzionale.
Non esistono procedure di monitoraggio e verifica specifiche per il biologico,
Per prodotti come le carni e l’olio biologico non esistono analoghi problemi
sia nel caso in cui il prodotto sia di marca commerciale che nel caso di
di ampiezza dell’offerta, mentre sussiste il problema della massa critica e, nel
prodotto sfuso o di marca del produttore, si applicano le medesime procedure
primo caso, di costanza degli approvvigionamenti. Per questo, ad esempio, la
di controllo attuate per i prodotti convenzionali.
catena nazionale maggiormente impegnata nella commercializzazione dei
In sostanza, quindi, anche laddove esiste una certificazione da parte di un
organismo di controllo dei prodotti biologici, a questo controllo si
aggiungono i controlli aziendali, effettuati da personale interno al punto
-
costituiscono un segmento di clientela di dimensioni non eclatanti –
vendita e, in qualche caso, presso l’azienda di produzione, affinché il
in realtà per alcuni reparti e in taluni contesti geografici si deve
prodotto sia referenziato e eventualmente differenziato con la private label. In
parlare più di nicchia che di segmento – ma neppure trascurabili, che
tal senso, non vi sono rapporti formali o relazioni privilegiate con strutture
ha dimostrato di saper “tenere” in una fase, come gli ultimi anni, di
associative di produttori biologici
netto
Tuttavia, una catena a carattere nazionale sta operando per introdurre, nei
congiunturalmente può mostrare evoluzioni positive (si pensi alle
principali comparti produttivi, sistemi di rintracciabilità specifici per i
carni biologiche nella fase di psicosi per la diossina nei polli).
orientamento
del
consumatore
al
prezzo,
e
che
prodotti biologici.
Tuttavia a fronte di questi elementi potenzialmente favorevoli esistono alcuni
L’area della ricerca e sviluppo costituisce un altro dei punti di distinzione
importanti punti di debolezza:
delle catene distributive che hanno sposato la filosofia del biologico rispetto a
-
la scarsa convenienza: indipendentemente dalla filosofia delle
quelle che accettano di conviverci. In tal senso si annoverano realizzazioni
aziende distributive nei confronti del biologico, il differenziale di
quali speciali presentazioni di carne biologica per bambini – in particolare
costo tra prodotto convenzionale e biologico viene giudicato
studiati per la ristorazione scolastica – come crocchette panate di pollo e
eccessivo e penalizzante; per ovviare parzialmente a questo handicap
hamburger di tacchino, o lo sviluppo di imballi totalmente degradabili –
alcune catene ricorrono a una compressione dei margini per ridurre il
derivati dal mais – per i prodotti ortofrutticoli nel punto vendita.
differenziale di prezzo di vendita finale;
-
3.5 Conclusioni: punti di forza e di debolezza pei prodotti biologici nella
moderna distribuzione
la frammentazione dell’offerta: la difficoltà a trovare produttori in
grado di assicurare un’adeguata massa critica, una continuità nelle
forniture, un sufficiente assortimento e una costanza della qualità,
In estrema sintesi, i prodotti biologici presentano taluni punti di forza ed
unita ad una certa rigidità delle politiche centralizzate di
opportunità da sfruttare, almeno potenzialmente, nell’ambito della GDO:
referenziamento
-
(resa peraltro necessaria dalla complessità delle
possono contribuire positivamente alla differenziazione delle
procedure di controllo), fanno sì che l’impatto della domanda di
insegne, per quelle catene che cerchino di contraddistinguersi per una
prodotti biologici da parte nei contesti produttivi locali da parte delle
particolare attenzione alla salute del consumatore e alla salvaguardia
catene della GDO sia scarsissimo o nullo. Anche nei pochi casi di
dell’ambiente;
rapporti
diretti
con
la
produzione,
per
singoli
prodotti
quantitativamente importanti, si tratta di norma degli stessi fornitori di
prodotti convenzionali, per cui più che di effetto positivo sul settore
dell’agricoltura biologica locale si può parlare in questi casi di
opportunità di diversificazione per strutture aziendali complesse.
A ciò si aggiunge una minaccia competitiva importante da parte dei cosiddetti
“prodotti di filiera” ossia di quei prodotti da agricoltura non biologica (di
norma si tratta di produzione integrata) che sono oggetto di uno specifico
sforzo organizzativo e di marca da parte di molte catene. Pur possedendo un
potenziale di differenziazione inferiore (in quanto non si fregiano
dell’attributo biologico, con il suo portato di naturalità) questi prodotti
risultano graditi a molte imprese commerciali in quanto consentono un
controllo più stretto della filiera ed una determinazione più individualizzata
delle condizioni di produzione, offrono una maggiore associazione con
l’insegna e quindi potenzialmente una maggior fidelizzazione della clientela,
e presentano minori problemi in termini di differenziale di prezzo e quindi di
immagine di convenienza.
4
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