ILARIO DI POITIERS La Passione di Cristo in san Matteo

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ILARIO DI POITIERS La Passione di Cristo in san Matteo
ILARIO DI POITIERS
La Passione di Cristo in san Matteo
Dal Commentario a Matteo
CAPITOLO XXX
Preparativi per la Pasqua
1. «Il primo giorno degli azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli
dissero: "Dove vuoi che ti prepariamo per mangiare la Pasqua?"» ', e ciò che
segue.
Ai discepoli viene comandato di andare da un tale e di dirgli che il Signore
con i suoi discepoli voleva fare la Pasqua da lui2. Essi obbedirono ai suoi
ordini e prepararono la Pasqua 3. Ma sarebbe stato opportuno che sapessero
dove dirigersi e che fossero informati sul nome dell'uomo. Altrimenti, non
sapendo a chi erano inviati, come avrebbero eseguito gli ordini per cui erano
stati inviati? In realtà, al compimento dei fatti presenti si accompagna una
parola profetica. Egli non nomina l'uomo, dal quale avrebbe celebrato la
Pasqua (la dignità del nome cristiano infatti non era stata ancora accordata ai
credenti 4, che sono coloro che vedono veramente Dio con gli occhi dello
spirito e della fede) 5, affinchè sappiamo che gli apostoli preparano la Pasqua
del Signore dall'uomo, al quale, al tempo del Signore, doveva essere
attribuito un nome nuovo 6.
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Mt. 26, 17.
Cf. Mt. 26, 18.
Cf. Mt. 26, 19.
Cf. Tert., Apol. 2, 3-10.
Cf. Ef. 1, 18.
Cf. Cypr., Testini. 1, 22.
Il traditore svelato
2. Dopo ciò, Giuda viene indicato come il traditore 7. In sua assenza la
Pasqua si compie attraverso la recezione del calice e la frazione del pane 8,
poiché non era stato degno di partecipare ai misteri eterni. Si deduce che egli
si era allontanato subito di là, dal fatto che si mostra che ritorna con una gran
folla 9. Né poteva certamente bere con il Signore lui, che non avrebbe bevuto
con lui nel regno, dal momento che il Signore prometteva che tutti coloro,
che bevevano quaggiù di questo frutto della vite, ne avrebbero bevuto con lui
in seguito 10. «E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte» 11. Cioè,
una volta compiuta tutta la potenza dei misteri divini 12, essi sono trasportati
verso la gloria celeste in una gioia e un'allegria comuni.
L'abbandono dei discepoli
3. Egli li avverte anche della loro futura debolezza, e che in quella stessa
notte tutti si sarebbero scandalizzati per paura e mancanza di fede. La verità
di questo fatto era confermata anche da un'antica profezia, secondo la quale
percosso il pastore le pecore si sarebbero disperse 13. Ma dopo la sua
risurrezione li avrebbe preceduti in Galilea 14, affinchè la loro debolezza
fosse sostenuta dalla promessa del suo ritorno.
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Cf. Mt. 26, 15-16.21.24.
Cf. Mt. 26, 26.28.
Cf. Mt. 26, 47.
Cf. Mt. 26, 29.
Mt. 26, 30.
Cf. 1 Cor. 15, 46.51.
Cf. Mt. 26, 31.
Cf. Mt. 26, 32.
Ma Pietro, per l'ardore della sua fede, rispose che anche se gli altri si fossero
scandalizzati, egli non si sarebbe mai scandalizzato 15. Egli era trasportato da
un tale affetto e da un tale amore per Cristo, da non vedere la debolezza della
sua carne e la verità delle parole del Signore, come se le sue affermazioni
non dovessero veramente compiersi. E il Signore gli disse: «Prima che il
gallo canti, mi rinnegherai tre volte» 16. Ma sia lui che gli altri promettono
che neppure per paura della morte avrebbero rinnegato il suo nome 17. Infatti
per essere perfettamente costanti nel loro ministero, essi si erano rafforzati
mediante una volontà intrepida di fede 18.
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cf. Mt. 26, 33.
Mt. 26, 34.
17
Cf. Mt. 26, 35.
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Cf. 16, 11 (nota 34).
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CAPITOLO XXXI
Gesù nell'orto degli ulivi
1.
«Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsemani, e disse
ai discepoli: "Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare"» 1, e ciò che segue.
Egli conosceva la fede dei suoi discepoli e la costanza della loro volontà a lui
devota, ma sapeva anche che si sarebbero scandalizzati e avrebbero perso la
fiducia. Ordina loro di sedersi in un posto, mentre lui sarebbe andato più
avanti a pregare. Prende con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo
2
. E presili con sé, cominciò a essere triste e angosciato e disse che la sua
anima era triste fino alla morte.
2.
È opinione di alcuni che l'angoscia provata per sé abbia potuto toccare
la sua divinità e che la paura per la sua passione prossima lo abbia vinto 3, dal
momento che ha detto: «La mia anima è triste fino alla morte» 4, e ancora:
«Padre, se è possibile, passi da me questo calice» 5, e di nuovo: «Lo spirito è
pronto, ma la carne è debole» 6, e infine per la seconda volta: «Padre, se
questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua
volontà» 7.
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Mt. 26, 36.
Cf. Mt. 26, 37.
Cf. Tert., Adv. Prax. 29; J. Doignon, Hilaire de Poitiers, cit., pp. 374-375.
Mt. 26, 38.
Mt. 26, 39.
Mt. 26, 41.
Mt. 26, 42.
Essi vogliono che, a causa della debolezza della carne, l'angoscia si attacchi
allo Spirito, come se l'incarnazione avesse contaminato, per la condizione
della sua debolezza, la potenza di questa sostanza incorruttibile, e l'eternità
avesse assunto la natura della fragilità. Se è triste fino alla paura, debole fino
al dolore, tremante fino alla morte, essa ormai sarà soggetta alla corruzione e
su di essa cadrà uno stato di completa debolezza. Sarà quindi ciò che non era,
triste per l'angoscia, tormentata dalla paura, affranta dal dolore, e cosi
l'eternità trasformata nella paura, se può essere ciò che non era, avrebbe
potuto di conseguenza non essere un tempo ciò che è in se
stessa8. Ma Dio esiste da sempre, senza limiti temporali 9, e quale è, tale è
in eterno. L'eternità poi, stabile nella sua infinità 10, si estende nelle cose che
furono cosi come nelle cose che seguiranno, sempre intatta, incorruttibile,
perfetta, al di fuori della quale niente di ciò che può esistere è rimasto
esternamente. Non è essa che si trova in qualche posto, ma tutto è in essa 11, e
può elargire a noi ciò che è suo, senza che niente di ciò che ha donato le
venga a mancare.
3. Ma tutto questo modo di pensare, che ritiene che la paura della morte
abbia toccato il Figlio di Dio, è proprio di coloro che asseriscono che egli
non è proceduto dall'eternità e non ha ricevuto il suo essere dall'infinità della
sostanza del Padre, ma è stato fatto dal nulla da colui che tutto ha creato 12.
Cosicché sarebbe stato tratto dal nulla, avrebbe incominciato a esistere per
creazione e avrebbe preso consistenza col tempo.
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Cf. Tert., Adv. Herm. 12, 4.
Cf. Cic, De nat. deor. 1, 21.
10
Cf. Tert., Apol. 48, 11.
11
Cf. Novat., De Trìn. 2, 11; 4, 24.
12
Cf. Col. 1, 16.
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Per questo in lui c'è l'angoscia del dolore, la sofferenza dello Spirito unita a
quella del corpo, la paura della morte, di modo che colui che ha potuto temere la morte potesse anche morire e colui che ha potuto morire, anche se
esisterà in futuro, non fosse tuttavia eterno nel passato grazie a colui che lo
ha generato. Ma se costoro avessero potuto, mediante la fede e la rettitudine
della loro vita, essere capaci di capire i Vangeli 13, saprebbero che il Verbo è
in principio Dio e dal principio è presso Dio 14, che è nato da colui che era ed
è in colui che è nato 15 quello stesso presso il quale era prima che nascesse 16,
cioè che colui che genera e colui che è generato hanno la stessa eternità. In
Dio quindi niente è potuto morire e Dio non ha alcuna paura, che proviene da
sé. In Cristo infatti Dio ha riconciliato a sé il mondo 17.
4. Ma bisogna esaminare tutto questo passo, in cui leggiamo che il Signore fu
triste, per trovare le cause della sua tristezza. In precedenza, egli aveva
avvertito che tutti si sarebbero scandalizzati. Pietro, che confidava in se
stesso, aveva risposto che, anche se gli altri si fossero scandalizzati, egli non
avrebbe vacillato 18, e il Signore gli rispose che lo avrebbe rinnegato persino
tre volte 19. Ma sia lui che gli altri discepoli promettono di non rinnegarlo,
neanche se fossero stati esposti alla morte 20. E, avanzando, comandò ai suoi
discepoli di sedersi mentre pregava21.
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Cf. Tert., De praescr. haeret. 38, 4-10.
Cf. Gv. 1, 1-2.
Nella cristologia latina i primi tre versetti del prologo di Giovanni
costituiscono il fondamento scritturistico per l'unità di sostanza del Padre
e del Figlio: cf. Tert., Adv. Prax. 7, 8; 8, 4; 12, 6; 13, 3; 16, 1; 19, 6; 21, 1.
Cf. Tert., Adv. Prax. 6, 3; Novat., De Trin. 31, 186.
Cf. 2 Cor. 5, 19.
Cf. Mt. 26, 33.
Cf. Mt, 26, 34.
Cf. Mt. 26, 35.
Cf. Mt. 26, 36.
Presi con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, cominciò a essere triste 22. Egli
quindi non è triste prima di prenderli con sé, e tutta la sua paura è cominciata
dopo averli presi con sé: cosi la sua tristezza è sorta non per se stesso, ma per
coloro che aveva preso con sé. Bisogna ricordare che non ha preso con sé
altri discepoli se non quelli stessi, ai quali il Figlio dell'uomo si rivelò quale
sarebbe venuto nel suo regno, allorquando, in presenza di Mosè e di Elia sul
monte, fu avvolto da tutto lo splendore della sua gloria eterna. Ma il motivo
per cui li ha presi con sé, è lo stesso anche ora.
5. Egli dice: «La mia anima è triste fino alla morte» 23. Forse che dice: «La
mia anima è triste a causa della morte»? Non cosi, certamente.
Infatti, se era della morte che aveva paura, questa paura avrebbe dovuto
riferirsi alla morte che la causava. Ma è differente avere paura «fino a» e aver
paura «a causa di» 24. E ciò che è alla fine non produce la causa 25, poiché è
differita fino al termine di una cosa che ha avuto inizio da un'altra26.
Precedentemente dunque, egli aveva detto: «Vi scandalizzerete per causa mia
in questa notte» 27. Sapeva che i suoi discepoli avrebbero avuto paura,
sarebbero scappati, lo avrebbero rinnegato. Ma poiché la bestemmia contro
lo Spirito non è rimessa né in questo mondo né nell'eternità28, temeva che lo
avessero rinnegato come Dio, quando lo avrebbero visto bastonato, coperto
di sputi e crocifisso 29. Per questo motivo Pietro, quando lo avrebbe
rinnegato, lo avrebbe fatto in questi termini: «Non conosco quell'uomo» 30,
perché qualsiasi parola contro il Figlio dell'uomo sarà rimessa. Egli quindi è
triste fino alla morte.
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Cf. Mt. 26, 37.
Mt. 26, 38.
Cf. Sen., Ep. 65, 8.
Cf. Cassiod., De art. gramm. 3 (PL 70, 1183A).
Cf. Sen., Ep. 65, 2.
Mt. 26, 31.
Cf. Mt. 12, 31.
Cf. Tert., Adv. Marc. 3, 7, 7-18.
Mt. 26, 72.
La paura dunque non si riferisce alla morte, ma al momento della morte,
poiché, dopo di essa, la fede dei credenti sarebbe stata confermata dalla
potenza della risurrezione.
6.
Seguono queste parole: «Restate qui e vegliate con me. E avanzatosi un
poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava» 31. Egli li invita a restare con
lui e a vegliare. Sapeva infatti che, appesantiti dal diavolo, la loro fede si
sarebbe assopita, e comanda loro di avere una vigilanza uguale alla sua,
poiché una stessa passione incombe su di loro.
7.
Dopo prega dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo
calice! Però, non come voglio io, ma come vuoi tu» 32. Egli chiede che il
calice passi da lui. Forse che dice: «Questo calice passi al di là di me»?
Questa sarebbe stata la preghiera di uno che ha paura per se stesso. Ma altro
è pregare che passi al di là di sé, altro che passi da sé. Nel caso di una cosa
che passi al di là di sé, ci si esclude personalmente dal dispiacere della cosa
che passa. Chi invece chiede che una cosa passi da sé, non prega di essere
personalmente evitato, ma che ciò che passa da sé raggiunga un altro. Era
forse possibile che il Cristo non soffrisse? Ma questo mistero della nostra
salvezza era stato rivelato in lui già fin dalla fondazione del mondo 33. Forse
che lui non voleva soffrire? Ma in precedenza egli aveva consacrato il sangue
del suo corpo, che avrebbe versato per la remissione dei peccati34. Come
spiegare quindi: «Padre, se è possibile» 35 e: «Non come voglio io, ma come
vuoi tu» 36? Tutta la sua paura, in realtà, riguarda coloro che avrebbero
sofferto.
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Mt. 26, 38-39.
Mt. 26, 39.
Cf. Ef. 1, 9; 3, 9.
Cf. Mt. 26, 28; Tert., Adv. Marc. 4, 40, 6.
Mt. 26, 39.
Mt. 26, 39.
E poiché non è possibile che lui non soffra, fa una richiesta per quelli che
avrebbero sofferto dopo di lui, dicendo: «Passi da me questo calice» 37.
Come, cioè, è bevuto da me, cosi sia bevuto da loro, senza sfiducia nella
speranza, senza sentire il dolore, senza paura della morte.
8.
«Se è possibile» 38 poi, perché la carne e il sangue hanno un grande
terrore di queste cose ed è improbabile che i corpi umani non soccombano
alla loro asprezza. Dicendo poi: «Non come voglio io, ma come vuoi tu» 39,
egli vorrebbe che i suoi discepoli non soffrano, affinchè non rischino di
perdere la fede nella sofferenza e meritino la gloria della sua eredità senza
l'ostacolo della sofferenza. Egli, quindi, dicendo: «Non come voglio io», non
chiede che non soffrano, ma che la forza di bere il calice, ciò che vuole il
Padre, come dice, passi da lui a loro 40. Secondo la sua volontà infatti,
bisognava ormai che il diavolo fosse vinto non tanto da Cristo quanto dai
suoi discepoli.
9.
Dopo di che, egli torna dai discepoli e li sorprende a dormire 41, e
rimprovera Pietro di non essere capace di vegliare con lui nemmeno un'ora42.
Pietro, tra i tre, perché, a differenza degli altri, si era vantato che non si
sarebbe scandalizzato. Indica poi i motivi della sua paura precedente,
dicendo: «Pregate per non cadere in tentazione» 43. Questo era dunque ciò
che voleva (e perciò nella preghiera aveva insegnato: «Non indurci in
tentazione»44), che la debolezza della carne non avesse alcun potere su di
noi45.
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Mt. 26, 39.
Mt. 26, 39.
Mt. 26, 39.
Cf. 3, 4; Tert., De patient. 3, 2-3.
Cf. Mt. 26, 40.
Cf. Mt. 26, 40.
Mt. 26, 41.
Mt. 6, 13.
Cf. Cypr., De domin. orat. 26.
Egli mostra poi perché li ha esortati a pregare per non cadere in tentazione,
dicendo: «Lo spirito è pronto, ma la carne è debole» 46. Non si riferiva
certamente a se stesso, poiché queste parole erano rivolte agli apostoli. In che
modo lo spirito pronto si riferirebbe a lui ora, se prima la sua anima è triste
fino alla morte? In realtà egli comanda di vegliare e pregare perché non
cadano in tentazione e non soccombano alla debolezza del corpo, e prega
che, se è possibile, il calice passi da lui, perché nessuna carne ha la forza di
berlo.
10.
E allontanandosi, di nuovo pregò dicendo: «Padre, se
questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua
volontà» 47. Poiché i suoi discepoli avrebbero sofferto per la giustificazione
della fede, egli ha preso su di sé tutta la debolezza del nostro corpo, ed ha
inchiodato con sé alla croce tutto ciò che ci rendeva deboli. Porta i nostri
peccati e soffre per noi 48 perché, bruciando in noi l'ardore della fede quando
combatteremo contro il diavolo la battaglia del martirio, con il suo corpo e la
sua passione muoiano tutti i dolori delle nostre infermità. E se il calice non
può passare da lui senza che lo beva, è perché noi non possiamo soffrire se
non a partire dalla sua passione.
11.
Il fatto poi che, ritornando di nuovo, li trova che dormono 49, mostra
che, durante la sua assenza, molti sarebbero stati presi da una specie di sonno
della fede. Ma pregò di nuovo ripetendo le stesse parole 50, e ritornando, lui
che aveva comandato di vegliare, che li aveva rimproverati di essersi
addormentati, disse: «Dormite ormai e riposate» 51.
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49
50
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Mt. 26, 41.
Mt. 26, 42.
Cf. Is. 53, 4.
Cf. Mt. 26, 43.
Cf. Mt. 26, 44.
Mt. 26, 45.
Dopo una preghiera assidua, dopo molteplici andate e ritorni, toglie la paura,
dona la pace, invita al riposo, attende, ormai tranquillo a nostro riguardo, la
volontà del Padre, dicendo: «Sia fatta la tua volontà» 52. Bevendo infatti il
calice che sarebbe passato a noi egli avrebbe inghiottito la debolezza del
nostro corpo, l'inquietudine della paura e lo stesso dolore della morte. Il
motivo per cui, ritornando da loro e trovandoli che dormono, la prima volta li
rimprovera, la seconda tace, la terza ordina di riposare, è il seguente. Una
prima volta, dopo la risurrezione, egli li ha rimproverati perché si erano
dispersi increduli e paurosi53. Una seconda volta, inviando lo Spirito
Paraclito, li ha visitati mentre i loro occhi erano troppo appesantiti per
guardare la libertà del Vangelo 54. Presi, infatti, per un certo periodo di tempo, dall'amore per la Legge, sono stati invasi da una specie di sonno della
fede. La terza volta invece, è quando al suo ritorno glorioso renderà loro la
pace e il riposo.
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54
Mt. 26, 39.
Cf. Mc. 16, 14.
Cf. Atti, 1, 6-11.
CAPITOLO XXXII
Arresto di Gesù
1.
«Mentre parlava ancora, ecco arrivare Giuda, uno dei dodici, e con lui
una gran folla» 1.
Tutti questi fatti costituiscono lo svolgimento della passione. Nel bacio di
Giuda 2 c'è questa ragione: che noi impariamo ad amare tutti i nemici e
coloro di cui 1 sappiamo che eserciteranno la loro violenza contro di noi. Il
Signore infatti non ha rifiutato il suo bacio. La parola, poi, rivolta a
Giuda: «Fa' quello che devi fare» 3, è un modo di dire col quale gli
concede il potere di consegnarlo. Colui infatti che aveva il potere di
convocare dodicimila legioni di angeli 4 contro coloro che lo tradivano,
avrebbe potuto molto più facilmente ostacolare i disegni e le manovre di un
uomo solo. A Pilato infatti disse: «Tu non avresti nessun potere su di me, se
non ti fosse stato dato» 5. Da quindi potere su di sé, quando dice: «Fa' quello
che devi fare». Siccome, cioè, il delitto d'intenzione è commisurato alla
malvagità dell'azione, egli doveva compiere nei fatti ciò che già aveva fatto
con l'intenzione 6.
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Mt. 26, 47.
Cf. Mt. 26, 49.
Gv. 13, 27.
Cf. Mt. 26, 53.
Gv. 19, 11.
Il legame tra la volontà e l'azione è un topos classico: cf. Sen., Ep. 95, 57.
2. «Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù, messa mano alla spada, la
estrasse e colpi il servo del sommo sacerdote, staccandogli un orecchio.
Allora Gesù gli disse: "Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che
mettono mano alla spada, periranno di spada"» 7. Quest'uomo quindi è stato
già personalmente giudicato, perché mettendo mano alla spada perirà di
spada. Ma non tutti quelli che mettono mano alla spada muoiono solitamente
di spada. La febbre infatti o un altro accidente casuale ne fa perire molti, che
hanno messo mano alla spada o per eseguire una sentenza o per la necessità
di opporsi a dei ladri.
Cosi l'orecchio del servo del principe dei sacerdoti tagliato dall'apostolo vuol
dire che al popolo, sottomesso al sacerdozio, l'udito disobbediente viene
reciso dal discepolo di Cristo, e l'organo, che non ascoltava per poter ricevere
la verità 8, viene amputato. Tutta la folla era andata incontro al Signore
armata di spade: egli comandò di riporre la spada, perché li avrebbe fatti
perire non con una spada umana, ma con la spada della sua bocca9. Del resto,
se, secondo la sua sentenza, ogni uomo che metterà mano alla spada perirà di
spada, la spada veniva estratta giustamente per uccidere coloro che ad essa
mettevano mano per compiere un crimine.
Gesù davanti al sinedrio
3. Il resto segue l'ordine dei fatti: la ricerca dei falsi testimoni 10, il sommo
sacerdote che, ignaro di quella stessa Legge di cui si gloriava, chiede, persino
giurando, se egli è veramente il Cristo, come se la Legge e i profeti
parlassero di lui in modo occulto.
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Mt. 26, 51-52.
Cf. Rom. 10, 17.
Cf. 10, 23; Giob. 5, 15.
Cf. Mt. 26, 59.
Che anzi lui stesso, senza volerlo, ha confessato il Cristo, perchè il Signore
gli dice: «Tu l'hai detto» 11. Ma sentendo parlare della sua gloria, si stracciò
le vesti, strappò cioè quello stesso velo della Legge col quale si copriva 12.
Negli schiaffi e negli sputi 13, gli venivano inflitti oltraggi di ogni genere per
rendere perfetta l'umiliazione della sua umanità.
Il rinnegamento di Pietro
4. Bisogna ora esaminare con cura in che modo sia avvenuto il rinnegamento
di Pietro, benché se ne sia parlato già in precedenza 14. Una prima volta egli
dice che non capiva che cosa volesse dire 15, la volta seguente che non era dei
suoi 16, la terza volta che non conosceva quell'uomo 17. E, in verità, quasi non
era un sacrilegio negare l'umanità di colui che egli per primo aveva
riconosciuto come Figlio di Dio. Tuttavia, poiché a causa della debolezza
della carne si era mostrato un tantino incerto, pianse amaramente 18,
riflettendo sul fatto che, nonostante l'avvertimento, non aveva potuto evitare
la colpa della sua paura.
La morte di Giuda
5. Viene condotto quindi da Pilato, il giudice dei pagani 19. Infatti non poteva
essere giudicato colpevole secondo la Legge, poiché era senza malizia e
senza peccato.
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Mt. 26, 64.
Cf. Mt. 26, 65.
Cf. Mt. 26, 67.
Cf. 31, 5.
Cf. Mt. 26, 70.
Cf. Mt. 26, 72.
Cf. Mt. 26, 74.
Cf. Mt. 26, 75.
Cf. Mt. 27, 2.
«Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato» 20.
Giuda, pentendosi, restituì ai sacerdoti il prezzo del sangue di Cristo. In
questo modo, anche se lui stesso era responsabile della vendita del sangue di
un giusto, la stessa testimonianza di colui che vendeva accusava tuttavia di
incredulità i compratori. Ed essi gli risposero: «Che ci riguarda? Veditela
tu!»21. La confessione è impudente e cieca. Essi apprendono di avere
comprato il sangue di un giusto e credono di sfuggire all'accusa di un
giudizio. E mentre dicendo: «Veditela tu!» stabiliscono la colpa del
venditore, il peccato dei compratori viceversa è provato dalla testimonianza
del venditore. Allontanatosi, quindi, egli si impiccò 22 dopo la condanna di
Cristo. Il momento della morte di Giuda è situato in modo tale che, mentre
alla passione del Signore tutte le cose in alto e in basso erano scosse e
sconvolte e si arrestava l'ordinamento di tutti gli elementi fino a dimenticare
la propria funzione 23, egli né fosse visitato tra i morti 24 né avesse, dopo la
risurrezione, la possibilità di pentirsi
tra i vivi25.
6. Con le monete d'argento restituite, poiché erano il prezzo del sangue e non
potevano essere messe nel tesoro 26, cioè con i soldi delle offerte 27, tenuto
consiglio, viene comprato il campo del vasaio, che viene destinato alla
sepoltura degli stranieri28. C'è qui un grande mistero profetico 29, e in questa
azione empia c'è una preparazione completa di una virtù straordinaria.
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Mt. 27, 3.
Mt. 27, 4.
Cf. Mt. 27, 5.
Cf. Tert., Ad nat. 2, 5, 14, dove l'espressione corrisponde
all'idea stoica di un ordo e di una constantia degli astri: cf. Cic, De nat.
deor. 2, 43.
Cf. 1 Pt. 3, 19.
Cf. Tert., De test. an. 4, 1.
Cf. Mt. 27, 6.
Cf. Mc. 7, 11.
Cf. Mt. 27, 7.
Cf. Mt. 27, 9.
Il lavoro del vasaio consiste nel modellare dei vasi con l'argilla 30, ed è in suo
potere con la stessa argilla sia di fare un vaso nello stesso modo sia di
rimodellarne uno più bello. Col campo viene designato il mondo, secondo le
stesse parole di nostro Signore 31. Col prezzo pagato per Cristo, quindi, viene
comprato il mondo, cioè lo si acquista interamente e viene destinato alla
sepoltura degli stranieri poveri. Niente di ciò riguarda Israele e tutto il
profitto della compera del mondo è destinato agli estranei, a coloro cioè che
saranno seppelliti al prezzo del sangue di Cristo, col quale tutte le cose sono
state comprate 32. Egli infatti ha ricevuto dal Padre tutte le cose che si
trovano in cielo e sulla terra 33, e questo mondo è il campo di un vasaio,
perché tutto appartiene a Dio, che ha il potere di modellarci di nuovo a suo
piacimento come un vasaio. Morti e sepolti con Cristo in questo campo,
quindi, noi conseguiremo il riposo eterno di questo nostro viaggio 34. E per
rassicurarci di ciò, viene inserita la profezia di Geremia 35, affinchè l'autorità
di una voce divina antica fosse manifestata nel compimento di questo fatto.
Gesù davanti a Pilato
7. Siccome poi Pilato lo interrogava se egli fosse il re dei giudei, rispose: «Tu
lo dici» 36. Ma come è diversa la frase che era stata rivolta al sommo
sacerdote! A quest'ultimo che gli chiedeva se fosse il Cristo, aveva risposto:
«Tu l'hai detto» 37. Poiché tutta la Legge aveva annunciato che il Cristo
sarebbe venuto, il sommo sacerdote si sente rispondere al passato, dal
momento che lui stesso aveva sempre detto che il Cristo sarebbe venuto
secondo la Legge. A colui invece che, ignaro della Legge, lo interrogava se
fosse il re dei giudei, viene risposto: «Tu lo dici» 38, poiché la salvezza dei
pagani è in una confessione di fede attuale e colui che era prima
nell'ignoranza dice, di testa propria, una cosa che negano coloro che prima la
dicevano.
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Cf. Rom. 9, 21.
Cf. Mt. 13, 38.
Cf. Atti, 20, 28.
Cf. Mt. 28, 18.
Cf. 2 Cor. 5, 6.
Cf. Mt. 27, 9-10.
Mt. 27, 11.
Mt. 26, 64.
Mt. 27, 11.
CAPITOLO XXXIII
Gesù condannato a morte
1.
«Mentre Pilato sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: "Non
avere a che fare con quel giusto"» 1.
Questa donna è figura del popolo dei pagani, che, ormai credente, chiama
alla fede in Cristo il popolo incredulo col quale viveva insieme. E poiché ella
stessa ha molto sofferto per Cristo 2, invita colui, col quale viveva insieme,
alla stessa gloria della speranza futura. Pilato, allora, si lavò le mani e prese
come testimone il popolo giudaico di essere innocente del sangue del Signore
3
. Ogni giorno infatti, mentre i giudei prendono su di sé e sui propri figli la
responsabilità di aver versato il sangue del Signore, il popolo dei pagani,
purificato, passa alla confessione della fede 4.
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4
Mt. 27, 19.
Cf. Mt. 27, 19.
Cf. Mt. 27, 24.
L'abluzione di Pilato ha suggerito a Tertulliano (cf. De orat. 13, 2, 14) un
commento che ha potuto ispirare Ilario: i giudei si lavano le mani ogni
giorno, noi ci siamo lavati interamente in Cristo mediante il battesimo,
che tutti i giorni salva i popoli (cf. De bapt. 5, 6).
2.
A Pilato che, secondo il privilegio concesso in un giorno solenne, in
base al quale veniva rilasciato quello dei colpevoli che veniva richiesto,
proponeva di liberare Gesù, il popolo, incitato dai sacerdoti, preferì designare
Barabba 5. Il nome Barabba significa figlio del padre6. In tal modo viene
rivelato il mistero dell'incredulità futura, quando a Cristo sarà preferito il
figlio del padre, cioè l'Anticristo, uomo di peccato e figlio del diavolo7. Cosi,
incitati dai loro capi, essi scelgono colui che è destinato alla dannazione
piuttosto che l'autore della salvezza.
Gesù deriso
3. Poi mettono addosso al Signore, dopo averlo percosso, una clamide
scarlatta, un manto di porpora, una corona di spine, una canna nella mano
destra e, inginocchiandosi per adorarlo, lo scherniscono 8. Avendo preso su
di sé tutte le infermità del nostro corpo, il colore scarlatto indica che sarà
cosparso in seguito col sangue di tutti i martiri, ai quali era dovuto il regno
con lui 9, e la porpora indica che si veste dell'onore prezioso dei patriarchi e
dei profeti I0. Inoltre è coronato di spine, dei peccati dei pagani cioè che un
tempo lo pungevano, per trarre gloria da cose inutili e nocive, disposte
intorno al suo capo, che è Dio u. Le spine infatti, con le quali viene
intrecciata una corona di vittoria a Cristo 12, rappresentano l'aculeo dei
peccati.
La canna tenuta nella mano, invece, è la forza data alla debolezza e
all'inconsistenza degli stessi pagani 13. Ancora, viene percosso sul capo.
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Cf. Mt. 27, 21.
Anche questa etimologia deriva da un onomasticon: cf. la nota 14 del cap.
XXI.
Cf. 2 Tess. 2, 3.
Cf. Mt. 27, 28-29.
Cf. Tert., De an. 55, 4, che commenta Ap. 6, 9.
Cf. Tert., Apol. 18, 5.
Cf. Tert., De cor. 14, 3.
Cf. 1 Cor. 15, 54-55.
Cf. ibid., 11, 4.
Un colpo di canna non credo che procuri un grave danno alla testa, ma un
motivo di ordine tipologico è osservato qui. La debolezza dei corpi dei
pagani cioè, tenuta prima nella mano di Cristo, trova poi un riposo in Dio
Padre, che è il suo capo 14. In tutto ciò il Cristo, mentre viene schernito, è
adorato.
La crocifissione
4.
Mentre uscivano, impongono il legno della croce sulle spalle di un
uomo di Cirene 15. Un giudeo non era degno di portare la croce di Cristo,
perché toccava alla fede dei pagani prendere la croce e soffrire con lui. Il
luogo della croce poi è tale che, posto al centro della terra ed eretto come
sulla cima di questo mondo, offra nella stessa misura a tutti i pagani la
possibilità di abbracciare la conoscenza di Dio 16. Egli non volle bere il vino
mescolato col fiele, che gli veniva offerto 17: l'amarezza dei peccati 18, infatti,
non si mischia con l'incorruttibilità della gloria eterna. La sua veste poi,
divisa tirando a sorte piuttosto che stracciata 19, indicava l'incorruttibilità del
suo corpo, che sarebbe rimasta intatta.
5.
E cosi al legno della vita sono sospese la salvezza e la vita di tutti. Alla
sua destra e alla sua sinistra vengono crocifissi due ladroni20, i quali
mostrano che la totalità intera del genere umano è chiamata al mistero della
passione del Signore.
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Cf. 1 Cor. 11, 3.
Cf. Mt. 27, 32.
Cf. Is. 2, 2-3; Tert., Adv. Marc. 3, 18, 4; Cypr., Testim. 2, 18.
Cf. Mt. 27, 34.
Cf. Rom. 3, 14; Ef. 4, 31.
Cf. Mt. 27, 35; Gv. 19, 24. 20
Cf. Mt. 27, 38.
Ma poiché, a causa della differenza tra credenti e increduli, avviene una
divisione di tutti tra destra e sinistra 21, uno dei due ladroni, quello che stava
a destra, viene salvato mediante la giustificazione della fede. Viene aggiunto
ancora questo insulto, col quale Israele accusava se stesso di incredulità,
quando è detto: «Ecco colui che distruggeva il tempio di Dio e lo riedificava
in tre giorni» 22, e ciò che segue. Questa dunque è presentata come la più
grande e la più difficile delle imprese. Quale perdono quindi potrà esserci,
quando si vedrà dopo tre giorni il tempio di Dio riedificato mediante la
risurrezione del corpo? Il fatto poi che i due ladroni gli rinfacciavano , la
condizione della passione23, indica che anche per tutti i credenti ci sarà lo
scandalo della croce 24.
Agonia e morte
6. La notte che succede al giorno segna una divisione del tempo: si compie
cosi il numero dei tre giorni e delle tre notti, mentre il mistero nascosto
dell'azione di Dio viene percepito da tutta la creazione colta da stupore 25 . Il
grido lanciato verso Dio è la voce del corpo che attesta la separazione del
Verbo di Dio che si ritira da esso. Egli si chiede perché è stato abbandonato,
gridando: «Dio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» 26. Ma viene
abbandonato perché la sua umanità doveva essere resa perfetta mediante la
morte stessa. Bisogna esaminare, inoltre, il fatto che, dopo aver bevuto
dell'aceto offerto con una spugna fissata su una canna 27, egli rese lo spirito
emettendo un alto grido 28.
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Cf. Mt. 25, 32-33, commentato in 28, 1.
Mt. 27, 40.
Cf. Lc. 23, 39.
Cf. Gal. 5, 11.
Cf. Mt. 27, 45.
Mt. 27, 46.
Cf. Mt. 27, 48.
cf. Mt. 27, 50.
Il vino indica la gloria e la potenza dell'immortalità. Ma esso diventa aceto a
causa di un difetto dovuto a mancanza di cura o al recipiente 29. Poiché,
dunque, questo vino era diventato aceto in Adamo 30, egli lo ricevette dai
pagani e lo bevve. Gli viene offerto infatti da bere con una spugna in cima a
una canna: ricevette cioè dai corpi dei pagani i vizi che avevano corrotto
l'eternità e fece passare in se stesso i vizi che erano in noi, sciogliendoli
nell'unione alla sua immortalità. In Giovanni, infatti, si legge che, dopo aver
tutto bevuto, egli disse: «Tutto è compiuto» 31, perché aveva assorbito tutto
ciò che c'era di vizioso nell'umanità corrotta. E siccome non c'era niente altro
da fare, emise lo spirito lanciando un alto grido 32, poiché soffriva di non
portare i peccati di tutti gli uomini33.
7. Ed ecco il velo del tempio si squarcia 34. Infatti da quel momento il popolo
si è diviso in fazioni, e la gloria del velo è portata via insieme con la custodia
dell'angelo protettore. La terra si scuote 35: essa infatti non poteva ricevere
tale morte. «Le rocce si spezzarono» 36: il Verbo di Dio infatti e la potenza
della sua eterna virtù penetrando in tutto ciò che era resistente e forte ne
aveva forzato l'accesso. «I sepolcri si aprirono» 37: le barriere della morte
infatti erano state dischiuse.
«E molti corpi di santi morti risuscitarono» 38: illuminando infatti le tenebre
della morte e rischiarando l'oscurità degli inferi, egli sottraeva alla morte le
sue spoglie 39 nella risurrezione dei santi, che apparvero in quel momento 40.
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Cf. Plin., Nat. 14, 20, 128.
Cf. Rom. 6, 6; Ef. 4, 22; 1 Cor. 16, 22.
Gv. 19, 30.
Cf. Tert., De resurr. 18, 8.
Allusione a Giuda: cf. 32, 5; Gv. 13, 11.
Cf. Mt. 27, 51.
Cf. Mt. 27, 51.
Mt. 27, 51.
Mt. 27, 51.
Mt. 27, 52.
Cf. Col. 2, 14.
Cf. Mt. 27, 52-53.
E perché raggiungesse il colmo il crimine dell'incredulità di Israele, il
centurione e le guardie, vedendo lo sconvolgimento di tutta la natura, lo riconoscono come Figlio di Dio41.
Gesù nel sepolcro
8. Giuseppe, dopo aver chiesto a Pilato di consegnargli il corpo, lo avvolge in
un lenzuolo 42, lo depone in una tomba nuova scavata nella roccia e fa
rotolare una grande pietra all'ingresso del sepolcro 43. Benché tutto ciò sia
nell'ordine dei fatti e fosse necessario seppellire colui che sarebbe risuscitato
dai morti, tuttavia le azioni sono state annotate una per una, perché non sono
senza una qualche importanza. Giuseppe è figura degli apostoli: perciò è
chiamato discepolo del Signore, anche se non era stato nel numero dei dodici
apostoli. Egli avvolse il corpo in un candido lenzuolo. In questa stessa
tovaglia noi vediamo ogni sorta di animali discendere dal cielo davanti a
Pietro 44. Per cui non è eccessivo comprendere che la Chiesa è sepolta con
Cristo nel nome di questa tovaglia45, poiché in essa, come nella confessione
della Chiesa 46, sono riunite le diverse specie di esseri viventi puri e impuri.
Cosi il corpo del Signore è come deposto mediante l'insegnamento degli
apostoli in un luogo di riposo, vuoto e nuovo, di una roccia tagliata: il Cristo
cioè è deposto, come mediante un'opera di insegnamento, nel cuore scavato
della durezza pagana, cioè rozzo, nuovo e inaccessibile in precedenza
all'entrata del timore di Dio.
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Cf. Mt. 27, 54.
Cf. Mt. 27, 57-59.
Cf. Mt. 27, 60.
Cf. Atti, 10, 11-12; Cypr., De unìt. eccl. 7, 23.
Cf. Rom. 6, 4; Col. 2, 12.
Cf. Cypr., De unit. eccl. 23.
E poiché niente, all'infuori di lui, deve entrare nei nostri
cuori 47, una pietra viene rotolata all'ingresso, perché, siccome nessuno era
stato deposto in noi prima per favorire la conoscenza di Dio, nessuno vi fosse
deposto dopo, all'infuori di lui. La paura di un furto del corpo 48, la custodia
del sepolcro e la sua sigillatura 49, sono tutte prove di stoltezza e di
incredulità: hanno voluto sigillare infatti il sepolcro di colui che aveva loro
insegnato che lo avrebbero visto, una volta morto, uscire dalla tomba 50.
La risurrezione
9. Il terremoto all'alba della domenica 51 indica la potenza della risurrezione,
quando, spezzato il pungiglione della morte 52 e illuminate le sue tenebre,
alla risurrezione del Signore delle potenze dei cieli, gli inferi sono scossi da
spavento. L'angelo del Signore che scende dal cielo, rotola la pietra e si pone
a sedere sulla tomba 53, manifesta la misericordia di Dio Padre che invia a
suo Figlio, risuscitato dagli inferi, l'assistenza delle virtù celesti. E questo
angelo è il primo ad annunciare la risurrezione 54, perché l'annuncio della
risurrezione costituisse una maniera di servire la volontà del Padre. Ma
subito il Signore va incontro alle donne, incoraggiate dall'angelo, e le saluta
55
, perché, dovendo annunciare la risurrezione ai discepoli che attendevano,
esse ricevano ciò che avrebbero detto dalla bocca di Cristo piuttosto che da
quella dell'angelo.
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Cf. 11, 1.
Cf. Mt. 27, 64.
Cf. Mt. 27, 65-66.
Cf. Mt. 27, 63.
Cf. Mt. 28, 2.
Cf. 1 Cor. 15, 55.
Cf. Mt. 28, 2.
Cf. Mt. 28, 6.
Cf. Mt. 28, 9.
Il fatto poi che sono delle semplici donne che lo vedono per prime, lo
salutano, si prostrano alle sue ginocchia, sono invitate a portare la notizia agli
apostoli56, indica il rovesciamento in senso contrario della responsabilità
originale. Nel senso che, come la morte era scaturita dal loro sesso, cosi
questo riceveva per primo la gloria, la visione, il frutto e l'annuncio della
risurrezione57. Alle guardie, che avevano visto tutte queste cose, viene
comprato con una somma di denaro il silenzio sulla risurrezione e la
dichiarazione falsa di un furto 58. La gloria, cioè, viene rinnegata dall'onore e
dalla cupidigia del mondo, che ripone tutto il suo prestigio nel danaro.
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cf. Mt. 28, 10.
Cf. Tert., De carri. Chr. 17, 5-6.
Cf. Mt. 28, 11-13.