DON CAMILLO TRA GLI ULTIMI… DEL CICLISMO

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DON CAMILLO TRA GLI ULTIMI… DEL CICLISMO
DON CAMILLO TRA GLI ULTIMI… DEL CICLISMO
(Danilo Zanella)
Don Camillo nella predica della domenica aveva commentato la parabola di Matteo
della chiamata degli operai a lavorare nella vigna in diverse ore del giorno,
sottolineando il detto evangelico: “I primi saranno ultimi e gli ultimi primi” (cf 20,116). Il sindaco Peppone, che ogni tanto amava controllare i ragionamenti delle forze
clericali, obiettò: “Ma il modo di fare del padrone che dà la stessa paga a chi ha lavorato
un’ora e a chi ha lavorato un’intera giornata, non strapazza il principio della giusta
ricompensa? Anche i nostri sindacati rossi insorgerebbero!”. Don Camillo ricorda al
primo cittadino che trattandosi di una parabola il Maestro ricorda che gli “oziosi” si
mostrano più pronti ad accogliere la ‘chiamata’, che non i cosiddetti “giusti”: per questo
“gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi”. Certo – riprese Peppone – che a ben
pensarci, quel padrone deve essere stato nostro simpatizzante perché capisce che gli
operai dell’ultima ora hanno le stesse necessità di mangiare con la propria famiglia,
come ce l’hanno quelli della prima ora”. E il parroco: “Dando a tutti la stessa paga, il
padrone mostra di non tener conto soltanto del merito, ma anche del bisogno”. Un
capoccia dei muratori, che assisteva al dibattito, osservò: “Nel momento in cui un
giovane operaio o un impiegato hanno più bisogno di guadagnare per farsi una casa e
una famiglia, la loro paga risulta la più bassa, mentre alla fine della carriera, quando
ormai ne hanno meno bisogno, la ricompensa (specie per certi funzionari), arriva alle
stelle!”. A questo punto don Camillo, ritornando allo spirito del vangelo, sentenziò:
“Rimane vero che alla fine della carriera del ‘mestiere del vivere’, la classifica dei
‘primi’ e degli ‘ultimi’ la farà solo il grande Capo celeste; e le sorprese saranno
infinite!”. Ironia della sorte, il giorno successivo passò per il paesotto il famoso ‘ultimo’
nazionale: Luigi Malabrocca che, in tutta la sua attività di ciclista aveva fatto propria la
logica della “piramide rovesciata”... Difatti, questo corridore aveva partecipato al Giro
d’Ialia con Coppi e Bartali, ma con una singolarità unica al mondo: in ogni gara doveva
arrivare sempre ultimo! Malabrocca, detto il «cinese» dal soprannome datogli da
Coppi, fu accolto dal parroco e da un gruppo di tifosi e gli fu chiesto: “Ma come è nata
l’idea della “maglia nera?”. “Mah, - rispose – quando mi sono accorto che non potevo
arrivare quasi mai primo, decisi di arrivare sempre ultimo. Sà, la gente vuol sapere chi
arriva primo, ma anche chi arriva ultimo». E don Camillo: “Ma non c’era un limite nel
ritardo?”. “Studiai la difficile arte di portare a termine la gara senza tardare oltre il
limite consentito – rispose il vecchio corridore - Conquistando le simpatie del
pubblico, fino a sfiorare la popolarità di chi deteneva la maglia rosa”. E il don, ribattè:
“Tutti nella vita vogliono uscirne vincitori, mentre tu eri diventato il primo degli
ultimi!”. E Malabrocca, riprese: «Ormai la gente mi conosceva e cercava di aiutarmi.
Altre volte, invece, mi nascondevo dietro i cespugli, nelle osterie. Oppure facevo finta
di cadere, di aver forato, lasciando passare tutti e poi, con calma, mi rimettevo a
pedalare». Don Camillo e altri parrocchiani erano lì sempre più imbambolati ad
ascoltarlo. E Malabrocca, continuò: “Un giorno mi acquettai con la bicicletta nella
cisterna di una casa colonica. E il proprietario, quando mi scoperse, non voleva credere
che io stessi facendo il Giro d’Italia. Ma tutto si risolse in ‘risate, pane e salame’, e
ripartii”. L’immancabile sindaco Peppone, chiese subito di Fausto Coppi. Malabrocca,
lo accontetò: “Ero grande amico di Fausto. Durante le gare gli portavo la borraccia.
Fausto contava su di me; e io sul suo ‘compenso’, proprio perché dovevo mantenere la
mia povera famiglia. Mi dava la mancia per l' acqua che gli portavo e mi regalava le
gomme rotte: io le riparavo per poi rivenderle”. A questo punto, Peppone volle
finalmente sapere la verità, sulla storica foto in cui Coppi e Bartali si scambiano la
borraccia d’acqua, e domandò: “Ma, chi ha dato e chi ha ricevuto l’acqua?”. Senza
esitare, Malabrocca, sentenziò: “Fu Coppi a ricevere l' acqua da Bartali!”. Don Camillo
che sapeva dello spessore della religiosità di Bartali, della sua formazione ricevuta
nell’Azione Cattolica e della sua segreta lotta partigiana, esternò: “Solo un cristiano
della stoffa di Gino Bartali può arrivare a donare acqua in corsa al suo più grande
avversario ciclistico! Dimostrando di voler arrivare ‘primo in altruismo’ pur rischiando
di arrivare dopo!”. “Beh, veramente Bartali era un simpatico credente, tanto che quando
arrivava primo al traguardo, il mazzo dei fiori che riceva da vincitore, li portava alla
Madonna”, concluse con ammirazione Luigi Malabrocca. Don Camillo salutando il
vecchio campione ‘degli ultimi’, commentò: “Davvero nei giorni che ci vengono
regalati possiamo scambiarci la borraccia d’acqua gli uni gli altri, per dissetarci nella
corsa della vita senza calcoli. Sappiamo, che chi vuole spudoratamente primeggiare
sgomitando e pestando gli altri, nell’ordine di arrivo avrà delle grosse sorprese. E chi
pur essendo oggi considerato ultimo nella graduatoria sociale, per la sua esemplare
corsa solidale con gli altri, si ritroverà primo!”.