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NOTA AL TESTO Le note che nel manoscritto originale trovansi a piè di pagina sono state trascritte nel corpo del testo, tra parentesi tonde; le note che nella trascrizione si trovano collocate a piè di pagina sono tutte del trascrittore e curatore. Sono stati adottati criteri di trascrizione modernizzanti. Al termine della biografia manoscritta è riportata un’appendice costituita dalla Giustificazione dell’Albero Genealogico della famiglia Brandi (per il quale v. manoscritto ‘Urbino 112’), nonché dalla trascrizione di alcuni documenti. Tenuto conto delle limitate forze umane a disposizione, si è pensato di affidare la suddetta appendice all’attenzione del solo studioso specialista. INIZIO TRASCRIZIONE DEL MANOSCRITTO CARTA 58 RECTO Notizie istoriche del cardinale Francesco Uguccione Brandi di Urbino, raccolte dal padre Pier – Girolamo Vernaccia delle Scuole Pie, fra gl’arcadi della Colonia Metaurica Alvino Diopejo, l’anno 1737 CARTA 58 VERSO bianca CARTA 59 RECTO Francesco Uguccione cardinale Brandi La famiglia Brandi d’Urbino, dalla quale nacque il celebre cardinale Francesco Uguccione Brandi, con molta ragione debbe annoverarsi tra le più nobili ed antiche di questa città, imperocché di essa fioriva nell’anno 1192 Ugone Brandi, vescovo della patria, di cui l’arcidiacono Marc’Antonio Battiferri racconta che intervenne alla consegrazione della chiesa di Santa Croce dell’Avellana, e in prova di ciò rapporta la Storia Camaldolese. Si giustifica eziandio la chiarezza del sangue di questa famiglia Brandi, perché abbiamo che i soggetti della medesima hanno sempre goduto l’onore del gonfalonierato nel magistrato supremo de’ quadrumviri, anche in tempo che il primo priore, ossia secondo nel magistrato suddetto, era vero nobile di nobiltà generosa sino all’anno 1627, poiché allora erano ammesse al gonfalonierato solamente le famiglie più nobili e antiche quale appunto era la Brandi. Quindi è che Uguccione di Francesco Brandi fu gonfaloniero l’anno 1469, ne’ mesi di febraro e marzo; non debbe dunque mettersi in dubbio se fosse tra le più nobili e antiche (Libro A del Camerlengo pagina 8, che conservasi nell’Archivietto Segreto, ed è il più antico de’ libri ne’ quali sia notato continuatamente il magistrato, e comincia l’anno 1467 decembre, 1468 gennaro). Sicché attesi i soggetti fioriti per l’avanti in questa famiglia può credersi che la medesima godesse CARTA 59 VERSO anche prima del predetto anno un tale onore. S’aggiunge che, giusta al costume praticato anticamente, che le ville e i predj prendevano il nome dalli propri padroni, la famiglia Brandi sudetta diede il nome antichissimo alla villa di Monte Brandi, posta nel territorio del castello di Fermignano,1 essendo che in tal luogo, steso in agiata collina, possedeva un buon podere, e dal proprio cognome e dal sito della villa formò l’arme gentilizia, che direbbesi parlante.2 Da questa illustre e chiarissima famiglia de’ Brandi nacque Francesco Uguccione l’anno 1327, conforme si raccoglie dal tempo in cui visse; e allora dominava in Urbino il conte Nolfo co’ suoi fratelli, ed erano già cessati i rumori ch’ebbero per termine l’uccisione del conte Federico, padre del sudetto Nolfo. Sante d’Uguccione Brandi fu padre del nostro Francesco ([nota a] Di lui abbiamo raccolto le seguenti memorie, che, giustificate da monumenti autentici e incontrastabili, fanno conoscere quanto siansi allontanati dalla verità diversi autori, i quali del medesimo hanno scritto e pubblicato ancor colle stampe tanti fogli = Pier Girolamo Vernaccia delle Scuole Pie =), ma qual fosse la madre non abbiamo potuto rinvenire pel lungo corso degl’anni. Fu applicato dal suo genitore nella prima fanciullezza allo studio di tutte le scienze, e, come dotato dalla natura d’un rarissimo talento, vi riuscì felicemente, per lo che ben presto acquistò un perfettissimo possesso della lingua latina e de’ precetti d’eloquenza, nella quale, conforme vedremo, fu mirabile e singolare. CARTA 60 RECTO Datosi poscia allo studio delle ulteriori facoltà, segnalossi nell’acquisto della filosofia e della sagra teologia, e finalmente, in età più matura, con fervorosissima applicazione tutto si diede allo studio dell’una e dell’altra legge. E, perché da naturale istinto era portato alle facoltà legali, specialmente nella materia de’ sagri canoni e delle costituzioni apostoliche, ne giunse a sì alta e pienissima 1 Il distretto di Fermignano detto ‘Monte Brandi’ (ma conosciuto più comunemente come monte di ‘Ca’ Ugoccione’) è situato sulla destra guardando la chiesa di Santa Maria in Casale. 2 Lo stemma della famiglia Brandi mostra agli effetti un monte ed una mano che brandisce una spada. A tale riguardo v. Nardini, Luigi, Raccolta di stemmi di Famiglie Patrizie, di Pontefici, di Principi, di Dignità Ecclesiastiche e Governative che interessano la Storia delle Città di Urbino. Stemmi di tutti i Comuni della Provincia di Pesaro Urbino, manoscritto cartaceo, 1918 (Biblioteca Universitaria di Urbino, Archivio Storico, Fondo dell’Università, sezione Volume, Univ. 165), ora anche nella c. d. Biblioteca Digitale (http://opac.uniurb.it/ODIGIT/AU/nardini_luigi_raccolte_di_stemmi_1918/album0.html). cognizione, che indi meritossi il credito d’essere riputato interprete chiarissimo de’ sagri canoni e giurista illustre e tra’ primi dell’età sua. E qui non dobbiamo tralasciare che in quel medesimo tempo fiorirono chiarissimi valent’uomini e rarissimi nelle leggi, e forse può dirsi secolo fortunato per la qualità e pel numero de’ soggetti i quali coltivarono quelle scienze legali e l’illustrarono co’ propri scritti. E non è poca lode del Brandi che tra questi facesse tale comparsa, ch’egli si meritasse la fama di raro ed eccellente. E siamo anche di sentimento che s’egli non fosse stato applicato a’ negozi ed avesse esercitato il sudetto studio, averessimo certamente qualche monumento ammirabile del di lui ingegno sublime. Era Francesco Brandi presso all’anno trigesimo3 di sua età, quando – lasciata la patria – portossi in Roma a solo fine d’applicare da senno alle facoltà legali in quell’insigne metropoli del mondo, e ben ne trovò il commodo nella quantità de’ soggetti e nella diversità de’ tribunali. Sul primo arrivo fece il Brandi comparire lo splendore delle sue segnalatissime doti e la profondità di sua dottrina, al segno che acquistossi credito singolare non solamente presso tutta la corte, ma eziandio appresso Urbano Quinto, il quale aveva CARTA 60 VERSO riportato la sede pontificia in Roma, e al di lui successore Gregorio XI, il quale dopo ve la ristabilì, e da’ medesimi pontefici più volte fu impiegato negl’affari del governo. Alla morte di Gregorio successe nel pontificato Urbano VI l’anno 1378 a dì 18 aprile, e, quantunque la di lui elezione seguita fosse giusta le regole de’ sagri canoni, mal soffrendo i cardinali francesi che restasse spogliata la Francia dell’onore della Santa Sede goduto settant’anni, unendosi con alcuni altri nella città di Fondi 4 i quali erano restati in sul principio disgustati d’Urbano per sua rigidezza, crearono pontefice il 3 I. e. trentesimo. 4 Fondi è oggi un comune laziale della provincia di Latina. cardinale Gebennense5 col nome di Clemente VII sotto il falso pretesto che l’elezione d’Urbano non fosse stata libera, come fatta da essi per evitare gl’insulti de’ Romani i quali gl’avevano minacciato la morte se non avessero eletto un italiano. Pose l’antipapa la sua sede in Avignone, ed insorse con ciò il vigesimo quinto scisma, più infausto degli altri, poiché durò cinquant’anni in circa,6 nonostanche Urbano e i di lui successori legittimi vi si opponessero con tutta la forza. All’estinzione di questo scisma fu adoperato il nostro Brandi, il quale più volte a tale effetto sostenne il carattere di nunzio apostolico ne’ regni di Francia e delle Spagne, ove la prima volta fu spedito da Urbano. Aveva questi avuta notizia che l’antipapa Clemente aveva inviato, l’anno 1380, nel principio di maggio, suo legato nella Spagna il cardinale CARTA 61 RECTO Pietro de Luna, soggetto di molto spirito e come nazionale di grande autorità, perché procurasse guadagnare e condurre al suo partito il re Giovanni di Castiglia.7 Giudicò pertanto Urbano che fosse necessario di spedire al medesimo re ministro di tali capacità che potesse stare a fronte del nominato cardinale e sapesse insinuare a quel monarca la validità di sua elezione. A questo malagevolissimo impegno fu da Urbano eletto Francesco Uguccione Brandi d’Urbino, non molto prima da lui dichiarato vescovo di Faenza; dal che possiamo facilmente argomentare qual fosse la fama che del Brandi correva nella corte di Roma, e quale stima ne avesse il pontefice. 5 Gebennense, cioè di Ginevra: Clemente VII (Annecy, 1342 – Avignone, 1394), prima di essere eletto antipapa era noto come Cardinale Roberto di Ginevra, città della quale era vescovo. 6 In questa circostanza il padre Pier – Girolamo Vernaccia delle Scuole Pie si dimostra un po’ approssimativo: il c. d. Grande Scisma, che vide lo scontro fra papi e antipapi per il controllo del soglio pontificio, durò infatti 39 anni, per la precisione dal 1378 al 1417. 7 Il personaggio che il Vernaccia chiama in causa è il cardinale aragonese Pedro Martínez de Luna y Pérez (o Peris) de Gotor (Illueca, 1328 – Peñíscola, 1423), che successivamente divenne Benedetto XIII antipapa, carica che mantenne fino alla morte nonostante che nel 1417 il Concilio di Costanza avesse decretato la sua deposizione; nel decennio in cui fu legato pontificio nella penisola iberica riuscì ad indurre i sovrani locali a riconoscere l'autorità di Clemente VII, del quale Pedro de Luna era divenuto seguace a seguito della sua partecipazione al conclave che lo aveva eletto antipapa. Giunti che furono nella Spagna il cardinale legato dell’antipapa e il vescovo, nunzio apostolico, tenne il re Giovanni un’assemblea di ecclesiastici e de’ primati del regno in Medina del Campo, diocesi di Salamanca. In questa il cardinale a dì 23 novembre con discorso assai lungo procurò di mostrare che fosse nulla l’elezione d’Urbano come fatta per pretesa violenza; e in fine di esso scongiura il re che voglia mantenere la giusta causa di Clemente. Nel dì 25 prossimo seguente il vescovo Brandi giustificò legittima e canonica l’elezione d’Urbano VI con altro suo discorso che abbiamo, conforme dice l’abbate Fleury Ist. Eccl. Tom. 20 lib. 98 n. 4 pag. 337. Il nunzio, come eloquentissimo e fornito di tutta l’arte, con ragioni forti e chiarissime dimostra evidentemente che fu libera l’elezione d’Urbano. Egli dice tra le altre cose, in tal guisa argomentando: Se i cardinali CARTA 61 VERSO fecero papa l’arcivescovo di Bari pel timore della morte, perché tardarono di publicarlo? Temevano forse di liberarsi troppo presto dal pericolo della medesima? Indi si avvanza dicendo: I quattro cardinali ch’erano usciti di Roma e li sei ch’erano fermati in Castello Sant’Angelo si unirono insieme volontariamente, poiché non li potevano sforzare; per lo che l’intronizazione, l’incoronazione e ciò che seguì è stato libero. I romani non hanno fatto alcun male né a cardinali né alli loro domestici; e finalmente conchiude il nunzio pregando il re a stare per Urbano canonicamente eletto.8 In questo mentre giunge di ritorno da Roma Roderigo, colà inviato dal re. Porta egli una bolla d’Urbano, in cui era espresso il caso della di lui elezione, e perciò era intitolata “Factun”; Roderigo era eziandio passato per Avignone. 8 Il discorso di Francesco Uguccione Brandi viene in questa sede riportato mediante la traduzione, realizzata verosimilmente dallo stesso Pier – Girolamo Vernaccia, di un’originale francese: infatti l’opera alla quale si fa riferimento supra è la famosa Histoire ecclesiastique dell’abate Claude Fleury (prima edizione 1691), della quale la Biblioteca Centrale Umanistica dell’Ateneo urbinate conserva l’edizione pubblicata a Parigi da Montalant nel 1742, in venti volumi. Un accurato controllo di tale edizione ha consentito di verificare che a p. 305 del ventesimo ed ultimo volume si trova il riassunto del discorso del Brandi (tra l’altro indicato dal Fleury come ‘François d’Urbain Evêque de Faënza’) del quale il trafiletto del Vernaccia rappresenta la traduzione. Questa fu esaminata da’ congregati, ma nulla di positivo fu determinato, poiché il cardinale de Luna, assai potente nelle Spagne, co’ suoi raggiri impedì che le persuasioni efficacissime del Brandi non sortissero il fine bramato, poiché, sebbene il re e tutti dell’assemblea erano restati ben persuasi delle forti e vivissime ragioni portate dal Brandi a favore d’Urbano, tuttavolta il re sospese per fini politici la sua dichiarazione; e per tal cagione restò ancora indeliberato il sentimento de’ sudditi, e il cardinale de Luna, con segreto e malizioso maneggio, rattenne il re dal dichiararsi per Urbano, su la promessa che l’antipapa gl’avrebbe accordato privilegi assai vantaggiosi, conforme realmente fece. Quindi a dì 19 maggio dell’anno seguente dichiarossi il re per Clemente, sotto condizioni assai onerose per la Chiesa. CARTA 62 RECTO Alla dichiarazione de re non perdé punto di coraggio il vescovo Brandi, poiché si affaticò di promovere l’affetto de’ popoli alla divozione d’Urbano, e guadagnò l’animo di Pietro, re d’Aragona, e di Giovanni, di lui figliolo, nonostante che questo principe fosse gagliardamente sollecitato dal cardinale di Luna. L’abbate Fleury vuole che restasse neutrale il sudetto re Pietro, altri danno la gloria al nunzio Brandi d’avere condotti questi monarchi alla riconoscenza d’Urbano. Aggiungiamo che quando anche non avesse guadagnato di più che di tenere quel re nella neutralità, non avrebbe certamente fatto poco se riflettiamo allo sforzo che in contrario faceva il cardinale de Luna, e alla autorità e aderenza ch’egli aveva come nativo in quei regni. Nella Francia ancora procurò il Brandi l’aderenza al vero pontefice Urbano, alla di cui obbedienza specialmente ridusse la provincia della Guascogna, la quale mostravasi più impegnata a sostenere l’antipapa; ma restarono quei popoli vinti dalla poderosa eloquenza del Brandi, colla quale rendevasi mirabile e singolare, ed a ciascuno superiore, mentre, con la sua destrezza e maniere gentilissime, talmente se gli affezionò che i francesi lo riguardarono poscia come se nativo fosse di quel regno e della di loro propria nazione. Tornò il nunzio apostolico dopo due anni in Roma, pieno di gloria avendo prodotto frutto mirabile tanto ne’ regni di Spagna che della Francia la di lui savia condotta, e, trasportandolo Urbano all’arcivescovado insigne di Benevento, dimostrò di essere restato pienamente sodisfatto; ma non poté godere CARTA 62 VERSO la quiete nel reggimento di questa chiesa, poiché, ben conoscendolo zelantissimo dell’onore di santa Chiesa, lo spedì nuovamente ne’ regni predetti, ne’ quali andava risorgendo con vigore il partito dell’antipapa, ch’era stato prima notabilmente indebolito ed abbassato dal Brandi medesimo. Quindi è che più volte andò e ritornò specialmente nella Francia, e sempre con vantaggio del romano legittimo pontefice, tanto in tempo di Urbano VI che di Bonifacio IX, di lui successore, il quale determinò l’anno 1389 cambiargli l’arcivescovado già riferito di Benevento con l’altro di Bordeos, 9 città primaria della Guascogna, situata presso il fiume Garonna. Di questa Chiesa egli fu veramente eletto arcivescovo, e non l’ebbe in commenda. Ne abbiamo una certa e sicura testimonianza da una ricevuta fatta al Brandi dal cardinale camerlengo di fiorini 250 d’oro di camera pagati pel suddetto arcivescovado in data Roma 1396, 21 decembre, appresso il canonico Latoni Brandi. Pretese, e con sommo accorgimento, il papa, nel fermare il Brandi nella Francia, d’assicurare la sua autorità, e di potere, per opera di lui, distruggere alla fine lo scisma; ed egli vi si adoperò con ogni fervore, ma la condizione iniqua de’ tempi ne impedì il sospirato felicissimo effetto. Convengono li scrittori, i quali parlano con lode somma del Brandi, ch’egli mai si stancò di faticare, e che la sua poderosa e virile eloquenza e destrezza distaccò da Clemente antipapa i re di Castiglia, di Navarra e di Francia, ed i popoli ad essi monarchi soggetti. Ma non mai affatto fu l’antipapa abbandonato, poiché ora l’uno ed ora l’altro principe, CARTA 63 RECTO così questa e quell’altra provincia apertamente per lui si dichiarava. Che anzi, venuto a morte l’antipapa Clemente, non poté il Brandi impedire che a lui non fosse surrogato il cardinale Pietro de Luna col nome di Benedetto XIII nell’anno 9 Bordeos corrisponde con tutta evidenza a Bordeaux, oggi importante comune francese, capoluogo del dipartimento della Gironda e della regione dell'Aquitania. 1394, il quale nella corte di Spagna stava inteso a fortificare il partito scismatico e a radunare denari. L’interesse ed i fini politici de’ principi rendevano quasi inutile ogni attenzione del Brandi a riparare li danni che giornalmente insorgevano alla sovranità del romano pontefice, ma perché continue furono sempre le di lui fatiche e ferventissimo ancora il suo zelo a sostenere il vero e legittimo pontefice, cresceva il di lui merito e rendevasi il di lui nome chiarissimo a tutta la cristianità. Innocenzo VII, succeduto a Bonifazio IX l’anno 1404 a dì 17 ottobre, ben comprese quanto avesse fedelmente operato il Brandi a vantaggio della Santa Sede in quei vastissimi regni, e quanto anche averebbe potuto fare accresciuto che fosse d’onore. Quindi è che l’anno seguente 1405 creò il nostro arcivescovo Brandi cardinale della Santa Romana Chiesa col titolo de’ Santi Quattro Coronati, mentre se ne stava inteso al governo della sua chiesa, e presto all’esecuzione delle pontificie commissioni per ribattere lo scisma. Fu brevissimo il pontificato d’Innocenzo, essendo passato a vita migliore l’anno 1406 a dì 6 novembre. Pensarono i cardinali di creare il di lui successore sotto la promessa giurata di rinunziare il pontificato, quando ciò facesse anche l’antipapa Bonifazio. Si venne a un tale partito CARTA 63 VERSO poiché fin dall’anno 1394 erasi pensato che a terminare lo scisma la rinunzia d’ambedue i litiganti fosse il rimedio più adattato che il compromesso ovvero il concilio generale. Fu pertanto l’anno 1406 a dì 30 novembre creato pontefice Angelo Corario veneziano, e nominato Gregorio XII, con il concerto e promessa che avrebbe dimesso il pontificato rinunziandolo Pietro de Luna, affine che ambedue le fazzioni [sic] unitamente creassero il pontefice e si rendesse in tal guisa la pace alla Chiesa. Il cardinale Francesco Brandi non trovossi presente a questa elezione, essendo nella sua chiesa, ma ch’egli convenisse nel sentimento e nell’operato de’ cardinali, non debbesi porre in dubbio, anzi giudichiamo probabile che il rimedio della rinunzia, molti anni prima pensato, fosse principalmente proposto e tentato dal Brandi; e rendesi ciò tanto più probabile quanto che a questo aderivano i principi e l’università di Parigi ([nota] a: Ab.e Fleury Ist. Eccl. Lib. 99 n. 4 pag. 458). Fu, subito dopo la creazione di Gregorio, intrapresa da’ cardinali la prattica per effettuare il divisato rimedio della rinunzia affine di estinguere totalmente lo scisma, e ne fu dato principalmente l’incarico al cardinale Burdegalense, 10 non solo perché, stando nella Francia, poteva facilitarne l’esecuzione, ma perché nella esperienza degli affari di Santa Chiesa, nella dottrina e nella autorità e credito era tra gl’altri cardinali, seguaci del legittimo pontefice, risguardato come principale e di maggiore efficacia. CARTA 64 RECTO A lui dunque appoggiarono i cardinali il peso d’accordare la maniera, il tempo e il luogo per fare l’accennata rinunzia. Passarono diversi trattati maneggiati dal cardinal Brandi coll’antipapa Benedetto e con Gregorio; finalmente, nell’anno 1408, si convenne, anche col consenso de’ cardinali d’ambedue le obbedienze, di unirsi in Savona Gregorio e Benedetto, e che ivi ambedue avrebbero fatta la rinunzia del papato. Benedetto fu pronto a portarsi in Savona, ma non per questo dichiaravasi disposto alla rinunzia, sul motivo che Gregorio non fosse venuto al luogo divisato, anzi se ne mostrasse alieno. Frattanto il cardinal Brandi, a cui era stato appoggiato il maneggio di questo gravissimo affare, quantunque in età così avvanzata negl’anni, con animo lietissimo se ne venne in Italia per l’esecuzione dell’intrapreso ripiego alla totale estinzione dello scisma; e al primo arrivo, sentendo che Benedetto era già in Savona, ma che ricusava dimettere il pontificato usurpatosi, con una scelta e numerosa comitiva di teologi e di giuristi si pose in viaggio a ritrovarlo. Ebbe il Brandi il prudente riguardo, giunto che fu in Savona, di non uscire e smontare dalla nave, e ciò fece per non dare sospetto di communicare coll’antipapa. Tanto era geloso di stare unito al legittimo pontefice che non voleva si potesse porre in dubbio la sua fedeltà. 10 Burdegalense è un’italianizzazione del latino Burdegalensis, che significa bordolese, dato che Burdegala è l’antico nome della città di Bordeaux; il cardinale al quale si intende fare riferimento è pertanto lo stesso Francesco Uguccione Brandi. Senza dunque scendere di nave, per mezzo di quei valent’uomini seco stesso condotti, usò tutte le maniere il Brandi per persuadere a Benedetto la rinunzia; ma nulla valsero le ragioni e i motivi adoperati, scusandosi sempre l’antipapa CARTA 64 VERSO e mantenendosi costante a non prometterla perché Gregorio ricusava di farla, e ne adduceva il riscontro che non veniva al congresso giusta l’accordo stabilito. Prese il nostro cardinale da ciò partito d’andare a trovare Gregorio, il quale si era ritirato in Siena; laonde frettoloso corse colà, ma neppure ottenne per ragioni o preghiere di persuadergli la rinuncia, indarno riconvenendolo11 della promessa fattane con giuramento. All’eguale pertinacia del legittimo e dell’intruso pontefice, senza frutto dal Brandi tentata, i cardinali dell’una e dell’altra obbedienza a dì 24 giugno dell’anno 1408, in cambio d’andare a Savona, s’unirono insieme in Livorno, donde intimarono di commune consenso il concilio generale di tutta la chiesa, da tenersi in Pisa, che sarebbesi aperto a dì 25 marzo, festa della Santissima Nunziata, nell’anno prossimo seguente 1409. Scrissero inoltre i cardinali varie lettere a’ principi, al re di Francia ed allo stesso Gregorio, dando a ciascheduno d’essi minuto conto dell’operato e dell’indicazione del concilio e dell’apertura di esso fissata. La lettera da’ cardinali scritta a Gregorio era molto aspra: lo tacciava di mancatore di fede e di spergiuro, né i cardinali gli diedero il titolo di papa, perché conoscesse che per l’inosservanza della promessa lo riputavano decaduto dalla sua dignità. Susseguentemente i medesimi cardinali convennero di spedire il cardinal Brandi in Inghilterra, in altri regni e provincie della cristianità, per sollecitare i prelati, i principi e tutti i cattolici ad intervenire al concilio intimato in Pisa ad oggetto di estinguere lo scisma con l’elezione canonica del nuovo 11 Riconvenire qui sta per rimproverare qualcuno di una mancanza. CARTA 65 RECTO pontefice. Giudicarono i cardinali che il Brandi, per la sua autorità, dottrina e singolare prudenza, fosse per movere ciascuno ad unirsi alla sospirata concordia. Ed egli, ancorché aggravato dagl’anni, fornito però di spirito vivissimo, ben volontieri assunse un tal peso per lui malagevole, attese le difficoltà del lungo e disastroso viaggio. Tanto in lui valse il desiderio di restituire la pace alla Chiesa. Fu pertanto il nostro cardinale munito con lettera firmata col proprio sigillo in cera rossa da’ cardinali capi d’ordine dell’una e dell’altra obbedienza in data Livorno dell’anno 1408 a dì 16 luglio. Conservasi questa stessa lettera originale in pergamena appresso l’eminentissimo signor cardinale Albani, camerlengo di Santa Chiesa, avuta dal canonico Pietro Latoni Brandi, e ne daremo la copia in fine di queste memorie. Tre soli sigilli si conservano interi in questa lettera, posti alla parte sinistra di essa, e degli altri tre alla destra vi resta ora solamente il segno. Il primo sigillo è del cardinal Guido de Malesicco, o Malasiette, francese, nipote per sorella di Gregorio XI, creato dal suo zio in Avignone col titolo di Santa Croce in Gerusalemme, e l’impresa in due campi distinti è un leone in piedi e tre stelle sopra. Il secondo è del cardinal Corrado Caraccioli, napoletano, creato da Innocenzo VII cardinale prete col titolo di San Grisogono. L’arma è diversa da quella che rapporta il Ciacconio,12 poiché in campo ... è formata da tre sbarre con un’onda di mare sopra. Il terzo sigillo è di Rinaldo Brancacci, napoletano, creato cardinale diacono da Urbano VII. L’arme in due campi è formata da quattro branche di leone, due sopra e due sotto a una 12 Alfonso Ciacconio è il nome italianizzato di Alfonso Chacón (in latino Alphonsus Ciacconius) erudito spagnolo del sedicesimo secolo. CARTA 65 VERSO sbarra. Crediamo che questi capi d’ordine rappresentassero l’obbedienza dell’antipapa, essendo francese il primo di essi; e in conseguenza gl’altri, che per l’accennata mancanza de’ sigilli non sappiamo quali fossero, certamente rappresentavano l’obbedienza del vero pontefice. E il cardinale Brandi, munito dell’autorità delli due collegi de’ cardinali, giusta il suddetto documento consegnatoli, non tardò punto a mettersi in viaggio; e risultò frutto ben grande, conforme vedremo, da questa sua spedizione. Restò sorpreso Gregorio, sommo pontefice, all’avviso avvanzatogli da’ cardinali dell’indicazione del concilio e alla notizia del viaggio intrapreso dal Brandi, e, per impedirne l’esecuzione, impiegò sollecito l’industria e insieme la forza. Risponde a’ cardinali che a lui tocca intimare il concilio, e di fatto l’intima nella provincia d’Aquileia, ma poi lo tenne in Udine. Replicano i cardinali essere a loro devoluto il jus di convocare il concilio, essendo il papa particolarmente colpevole per l’inosservanza della promessa. Inoltre lo stesso Gregorio, ben comprendendo che il nostro cardinale era il promotore e sostegno del predetto intimato concilio, contro di lui rivolse la vendetta. Lo sospese pertanto dall’amministrazione del suo arcivescovado di Bordeos, e gl’interdisse la percezione di quelle entrate ecclesiastiche ([nota] a: Bolla di Gregorio XII di sospensione sub datum Romę apud S. Petrum XVII Kal. Augusti 1408 appresso il canonico Latoni Brandi), ma col pretesto che a beneplacito della sede apostolica avesse quella chiesa in commenda, da che si comprende che teme= CARTA 66 RECTO va contrastare alla scoperta col cardinale grandemente amato nella Francia, e appresso tutti di molta autorità. Usò il Brandi tutta la venerazione al pontefice nell’apporsi alla sudetta sospensione, poiché ad impedirne l’effetto appellò dal papa male informato al papa bene informato, con interporre inibizione a dì 8 ottobre 1408 avanti Bertrando d’Aste dottore in Canonica, giudice della Guascogna del re di Francia e d’Inghilterra, e avanti Giovanni di Betsereba, chierico aquense, protonotario apostolico e imperiale ([nota] a: Copia autentica in pergamena della appellazione interposta dal cardinal Brandi appresso il canonico Latoni Brandi). È degno di molta riflessione che il nostro cardinale non interponesse la sua appellazione al concilio intimato in Pisa, e questa di lui moderazione in tale circostanza dichiara pienamente quale sincera obbedienza professasse al vero sovrano pontefice. Ma ritorniamo al viaggio dello stesso cardinale. Dall’Italia giunto in Francia sollecitò al concilio egualmente il re e tutti i prelati, lo che fece ancora passato nel Regno d’Inghilterra e nelle provincie trascorse della Germania, e ovunque passò; e nella Spagna, dove finalmente pervenne. Riferisce M. Du Pin parlando nel secolo XV ([nota] b: Fleurÿ Ist. Eccl.) del Brandi inviato da cardinali a sollecitare i fedeli al concilio ch’egli non incontrò veruno ostacolo, e senza fallo giudicavasi communemente opportuno il rimedio divisato del concilio per distruggere affatto lo scisma. Apertosi frattanto il concilio in Pisa giusta l’indicazione a dì 25 marzo 1409 CARTA 66 VERSO nell’incaminarsi di quella sagra adunanza al fine inteso da’ padri di giorno in giorno venivano da varie parti i prelati e molti personaggi, e il primo giorno di maggio immediato alla sesta sessione tenutasi a dì 30 d’aprile felicemente giunse in Pisa il cardinal Brandi insieme col cardinale d’Aragona, col quale erasi accompagnato nella Spagna, e da quei padri furono ambedue con festa ed allegrezza accolti. A dì 4 maggio si celebrò la settima sessione, e susseguentemente le altre fino alla terminazione del concilio. Nella sessione tenutasi a dì 29 maggio Pietro Plaul, parigino, dottore in teologia, fece un lungo sermone prendendone l’argomento dal cap. 1 n. 11 d’Osea: Et congregabuntur Filii Juda ecc. In questo discorso innalza l’autorità della Chiesa e assicura che è sopra il papa. Rapporta inoltre l’opinione della Università di Parigi, e di alcune altre, che Pietro de Luna sia scismatico, ostinato ed eretico, lo che poscia fu confermato dal vescovo di Novara, il quale dice che questo è il sentimento di 103 teologi, licenziati e bacellieri e della Università di Bologna e di Firenze. La gravissima controversia dell’autorità della Chiesa sopra del papa fu dal predetto dottore parigino come conclusione certa e sicura proposta nel suo discorso, e alcuni pretendono che dopo stesamente dibattuta nel concilio di Costanza nella sessione quarta e quinta fosse ultimata e definita. Altri però lo negano, interpretando le sudette decisioni di Costanza pel tempo dello scisma, al quale parimenti riferiscono quanto si disse e trattò su questo punto nel presente Concilio di Pisa, e concludono che, per la promessa fatta da Cristo CARTA 67 RECTO a San Pietro, il deposito delle fede è solo appresso il romano pontefice e il concilio da lui approvato. Celebri sono e insieme noti gl’autori anche moderni che parlano o per l’una ovvero per l’altra sentenza, e continuamente escono alla publica luce opere di tal fatta. Noi abbiamo veduto ed attentamente letto la Difesa delli discorsi e dell’istoria dell’abbate Fleury in lingua francese, stampata in quest’anno medesimo 1737, ed è quest’opera, senza nome dell’autore e del luogo dell’impressione, in 12°. Vi si legge promossa con forza la sentenza francese che l’autorità del concilio sia sopra quella del papa e si ripetono dall’anonimo le istesse ragioni e motivi portati dal vescovo Bossuet nella sua Difesa della dichiarazione del clero di Francia intorno la podestà ecclesiastica, opera postuma in Basilea 1730, in 4°, tomo 2, nella quale sono certamente molte cose insusistenti, e alcuni la credettero supposta. E tanto basti accennare di passaggio, mentre abbiamo giudicato lecita una tale digressione, attesoche il dottor parigino da noi riferito primo tra gl’altri ne parlò nel Concilio di Pisa di questa gravissima controversia. E tornando al nostro proposito dopo la sessione 18 a dì 15 giugno ventiquattro cardinali entrarono in conclave preparato nel palazzo arcivescovale, e, passati dieci giorni interi, a dì 26 dello stesso mese fu eletto papa Pietro Filargi di Candia, dell’ordine de’ Minori, detto il cardinale di Milano, e prese il nome di Alessandro V. Fu communemente applaudita una tale elezione, e in Francia ne fu ricevuto l’avviso con publiche e solennissime dimostrazioni di gioja, quantunque fosse contrastata dalli seguaci delli due competitori, Gregorio e CARTA 67 VERSO Benedetto deposti preventivamente nel concilio. La Francia ancora ben presto se ne mostrò mal sodisfatta a cagione della Bolla de’ Privilegj conceduti a’ Mendicanti. Seguita l’elezione del pontefice nella forma raccontata, Giovanni Gersone,13 dottor parigino, con molta dottrina provò la validità del concilio, per altro da più d’uno contrastata, e in conseguenza canonica l’elezione d’Alessandro. Lasciamo qui di ridirne i motivi, per non allontanarci dal nostro argomento, e semplicemente notiamo che la Chiesa Romana ha riconosciuto per legittimo pontefice Alessandro V e il di lui successore Giovanni XXIII, sebbene per l’elezione del primo lo scisma non si estinse, e in cambio di due fossero poscia tre papi nella Chiesa. Né per questo può mettersi in dubbio che i cardinali, e tra essi principalmente il nostro Brandi, non operassero prudentemente alla distruzione dello scisma col divisato rimedio, poiché il volgo ingiustamente dichiara essere fornito di prudenza chi solo conseguisce il fine propostosi, ma senza veruna ragione, non essendo in nostro potere il prevedere l’esito incerto delle cose, conforme andava filosofando quel servo astuto del facetissimo Plauto «Bene ubi quod consilium discimus accidisse hominem cautum eum esse declaramus: stultum autem illum, cui vertit male. Stulti haud scimus frustra ut simus, cum quod cupienter dari Petimus nobis, quasi quid in rem sit possimus noscere.» Pseudolus A[tto] 2 S[scena] 3 v[erso] 15. Ma che fosse il concilio generale e la rinunzia del pontificato ideata da’ cardinali e promessa dal papa legittimo e dallo scismatico l’unico rimedio a ridonare la pace alla Chiesa, ben lo comprovò il felicissimo successo del Concilio di Costanza, 13 Il riferimento è al teologo e filosofo francese Jean Charlier (Gerson, 1363 – Lione, 1429), noto anche con l’appellativo di Jean de Gerson dal suo luogo di nascita; fu Cancelliere dell'Università parigina succedendo nel 1395 a Pierre d'Ailly. CARTA 68 RECTO coll’elezione di Martino V seguita l’anno 1417 a dì 2 novembre. Al riflesso delle molte fatiche sofferte dal Brandi volle ne’ primi giorni il nuovo pontefice rimostrargli qualche giusta ricompensa. Gli conferì adunque, in atto di quella stima con cui riguardava il di lui merito, una pingue abbadìa in commenda dell’ordine di San Benedetto, e ne spedì la bolla in data Pisa, li 10 ottobre anno primo del suo brevissimo pontificato ([nota] a: Bolla originale appresso il canonico Latoni Brandi); e il cardinale pienamente corrispose a tale beneficienza, mantenendosi costantissimo sempre in seguito, ancorché molti lo abbandonassero. Accompagnò pertanto il papa nella sua partenza da Pisa a Bologna, ove per consiglio del cardinale Baldasarre legato erasi incaminato. In questa città l’anno seguente 1410 a dì 3 maggio passò Alessandro a miglior vita. In pochissimi giorni, cioè a dì 17 maggio, seguì l’elezione del successore in persona del suddetto legato, il quale denominossi Giovanni XXIII. Quanto cooperasse il Brandi nella di lui esaltazione al pontificato, ben chiaro si compiacque di palesare il papa, conferendogli altra pingue abba dìa in commenda sotto il titolo di San Niccolò dell’ordine medesimo di San Benedetto, e ne fu spedita la bolla in data Bologna a dì 25 maggio anno primo ([nota] b: Bolla originale appresso il canonico Latoni Brandi); e inoltre giudicandolo utilissimo a stabilirsi nella sua sede in mezzo a contrasti delli due emoli Gregorio e Benedetto, i quali, sebbene deposti, come dicemmo, nel concilio pisano, erano sostenuti da non pochi seguaci. Col consiglio del Brandi sul principio CARTA 68 VERSO del suo governo il papa attese a guadagnarsi l’aderenza di tutti i principi cristiani per togliere ogni sostegno alli scismatici; e perché Ladislao, re di Napoli, si manteneva costante a sostenere Gregorio, procurò conquistarlo con la forza. Fatta non lunga dimora in Bologna, passò il medesimo pontefice in Roma per stabilirvi la permanenza con la sua corte, e in questo viaggio lo seguì il cardinal Brandi, ma non abbiamo notizia del tempo, né tampoco abbiamo potuto rinvenire quanto egli operasse nel breve spazio di tempo che corse dal suo arrivo in Roma alla morte seguita nell’anno 1412. Di questa dunque resta che noi brevemente parliamo. Nel principio dell’estate dell’anno sudetto 1412 fu il nostro cardinale sorpreso da notabile debolezza, e dopo d’essersi alquanto riavuto, sopragiungendoli dolori acutissimi per ritenzione d’urina, con qualche periodo interotto di leggierissima febre, comprese ben’egli che si avvicinava il tempo in cui doveva pagare il debito da tutti dovuto alla natura; per lo che determinò di prepararsi a quel grave passaggio e di provedere altresì a’ suoi interessi temporali. A questo fine supplicò il papa per la facoltà di restare e per l’indulto di poter disporre de’ frutti ritratti da’ suoi beni ecclesiastici e da maturarsi in un anno avvenire dal giorno della sua morte. Gli fu benignamente accordata e l’una e l’altra grazia, attesi i di lui meriti, conforme dichiarò il pontefice in due bolle in piombo distinte, che furono spedite lo stesso giorno a dì 16 giugno, che si conservano ancora originali appresso lo stesso giorno a dì 16 giugno, che si conservano ancora originali appresso il più volte nominato canonico Latoni Brandi; e in fine porremo co= CARTA 69 RECTO pia d’una di esse. In sequela fece il cardinale il suo ultimo testamento stipulato a dì 24 dello stesso mese nel palazzo di San Grisogono in Roma sua abitazione. In esso istituendo varj legati pii diede argomento chiarissimo di sua pietà, come anche col fideicomisso della sua libraria in servizio di sua casa dimostrò l’amore che nutriva per le lettere e verso il suo sangue. Lo che si conferma dall’avere lasciati suoi eredi universali Giovanni e Francesco, figli di Jacopo Brandi, suo fratello germano, e di questo ancora daremo la copia. Instituì esecutori di questa sua ultima volontà tre cardinali primari suoi amicissimi, i quali furono Giordano Orsini, romano, Francesco Landi, veneziano, e Francesco Zabarella, detto il cardinal di Firenze. Né lascieremo qui di notare che, quando si fosse conservata la predetta libraria, di cui al presente non v’è memoria, sarebbe certamente rara e preziosa, poiché, non essendo per anche inventata la stampa, era tutta di codici manoscritti, e può credersi di opere e materie sceltissime, mentre il cardinale, conforme abbiamo detto, era uomo dottissimo. Chissà peraltro che questi codici non siano entrati nella libraria de’ manoscritti de’ duchi d’Urbino: serva questo cenno di lume per qualche diligenza che potrebbesi fare nella vaticana.14 Morì il nostro insigne e celebratissimo cardinale nel mese di agosto di questo anno 1412, e fu seppellito nella chiesa di Santa Maria nuova, con sua iscrizione che tuttavia conservasi. Qual poi fosse la di lui divozione verso la beata Vergine e quella chiesa, ben lo dichiarò coll’istituzione di un beneficio semplice nel castello di Monte Guiduccio sotto il titolo di Santa Maria, patronato CARTA 69 VERSO de’ suoi discendenti; ed oggi è goduto dal canonico Latoni Brandi. Da quanto abbiamo finora detto si giustifica che il nostro cardinale non morì in Firenze a dì 14 luglio, poiché le accennate scritture, cioè le due bolle ed il testamento, comprovano ch’egli morì in Roma, e nel mese d’agosto: così s’ingannò l’Ughelli, dandogli il cognome de’ Aguzzonis, e l’altro de’ Uguccionis il Ciacconio, poiché fu della nobilissima famiglia Brandi, e ciò meglio apparirà dall’albero che annettiamo a queste memorie istoriche.15 Parimenti non si verifica ch’egli soffrisse varia fortuna e fosse privato del cappello cardinalizio per avere cooperato alla celebrazione del Concilio di Pisa, e molto meno per aver fomentato lo scisma; conciossiacosaché a cagione del predetto concilio non sofferse altro sinistro che la sospensione riferita dall’arcivescovado di Bordeos, contro la quale così validamente si premunì con l’inibizione da noi raccontata, che non restò privo de’ suoi proventi, che non potero[no] appropriarsi i ministri pontificj. 14 L’autore della presente biografia, il padre Pier Girolamo Vernaccia delle Scuole Pie, storico, letterato ed erudito, nacque il 9 aprile 1672 e morì il 20 gennaio 1746; il trasferimento in Vaticano della biblioteca di Federico da Montefeltro, voluto da papa Alessandro VII, era avvenuto 15 anni prima della sua nascita, nel 1657. 15 Antonio Rosa omette di copiare l’albero nel contesto del manoscritto ‘Urbino 73’. Né tampoco sussiste l’accennata privazione della dignità cardinalizia rapportata eziandio nella vita di questo cardinale scritta nella sua opera intitolata intitolata Purpura docta . . . . . . Eggs Monachii 1714 dedicata a Clemente XI.16 Prese inoltre equivoco quest’autore novissimo intorno al cognome del nostro cardinale, e al sito d’Urbino di lui patria, dicendo che questa città sia situata ad fontes Isauri, principiando la di lui vita con le seguenti parole: «Franciscus Uguccio, seu de Uguccionis, vel (ut Ughellus in Italia Sacra habet) de Aguzzonis, natione Italus Urbini in Umbria ad Isauri fontes natus, Decretorum ea tempestate CARTA 70 RECTO interpres lucidissimus ecc.» Tom ... pag. . . Molto più s’ingannarono alcuni i quali scrissero ch’esso fomentasse lo scisma, quale procurò con ogni studio d’estinguere; ed altri, i quali dissero che fosse francese, ed altri inglese, essendo infallibile che fu d’Urbino, e oggi ancora nella casa paterna di lui, situata nella strada accanto la chiesa di San Domenico, avanti la porticella oggi serrata, si vede l’arma di questo cardinale in pietra scolpita di forma antica. E appresso la famiglia Latoni Brandi, discendenti per Fulvia, ultimo rampollo della famiglia Brandi, si conservano le scritture riportate e il ritratto antico, e da esso vedesi ch’egli era di colore olivastro, di cappello [i. e. capello] negro, e sebben vecchio non canuto, d’occhio assai vivo e di statura non molto alta. Abbiamo inoltre veduto, appresso il medesimo gentilissimo canonico Pietro Latoni Brandi, un libro in foglio, ma non intero, d’introito e d’esito d’entrate nel nostro cardinale, e tutte le partite dal di lui maestro di casa sono stese in lingua latina, al qual proposito prendiamo libertà di riflettere che a’ notri giorni per ordinario i cortigiani non sogliono avere gran famigliarità con questa lingua, toltone l’uditore, il segretario e qualche altro. 16 Il riferimento, che evidentemente avrebbe dovuto essere completato, è alla pubblicazione appresso indicata: Eggs, Georg Josef, Purpura docta, seu vitae, legationes, res gestae, obitus, aliaque scitu ac memoratu digna, etc., S. R. E. cardinalium qui ingenio, doctrina, eruditione, scriptis, libris editis et elucubrationibus quibuscunque ab anno redemptionis humanae D XL usque ad aetatem nostram, prae caeteris orbi christiano inclaruere, desumpta ex Alphonso Ciaconio, Andrea Victorello, Augustino Oldoino aliisque praestantibus, cum sacrae, tum prophanae historiae scriptoribus, genealogiis, chronicis, manuscriptis, epitaphiis, et monumentis variis, etc. in sex libros cum uberrimis notis marginalibus ac triplici indice, authorum, personarum et rerum, digesta et in lucem edita per Georgium Iosephum Eggs, Monachii, sumptibus Ioan. Iacobi Remy, 1714. Dicessimo per ordinario, mentre sappiamo che alcuni personaggi neppure vogliono amettere alcuno anche al vile servigio di staffiere, il quale non abbia qualche arte; e molto saviamente, poiché gli uomini allevati nell’ozio non sono esenti da vizj. Chiuderemo queste memorie da noi fedelmente raccolte con questa sola osservazione, che sebbene gl’autori differiscono nel racconto delle azioni del celebratissimo nostro cardinale Brandi, tutti però convengono ch’egli fu ecclesiastico CARTA 70 VERSO di somma pietà, di moltissima dottrina e di consummata prudenza. Al che aggiungiamo non essere meraviglia eziandio che li scrittori s’ingannassero intorno al di lui cognome, e famiglia, e circa la patria, perché moltissimi anni visse nella Francia, oltre l’essere corso in tutte le provincie e regni giusta le urgenze della chiesa, ed era così amato da’ francesi, e dagli inglesi ancora, che si facevano gloria di pubblicarlo della loro nazione. Ed essendo egli italiano facilmente potevano ignorarne la famiglia e la patria. Ma noi, a gloria della nostra Urbino, e l’una e l’altra con certissimi argomenti abbiamo provato. Gradisca il benigno lettore questa nostra fatica non tentata fino a questi tempi da alcun altro de’ nostri amatissimi concittadini, mentre, animato dal loro gradimento, imprenderò con sempre maggiore impegno a disoterrare quelle memorie che a questa città tolgono le luminose palme di una compiuta gloria, comecché dall’ingiuria de’ tempi sepolte in una profonda oblivione. FINE TRASCRIZIONE DEL MANOSCRITTO