Vampirismi

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Vampirismi
Doxai ~ Rubriche di sofismi e inattualità
Vampirismi
croce e delizia del vampiro mito d’oggi
Non v’è epoca in cui non si affermi uno dei volti del vampiro. In perenne trasformazione, il mito vampirico svela
inquietudini e pulsioni ancestrali. Questa rubrica esplora le molte metamorfosi di un mito antico quanto l’uomo.
Vol. 2 ~ 04.09.2009
ROMEO E GIULIETTA TRA I NON-MORTI
Le love story dei vampiri: Twilight e Lasciami entrare
a cura di Luciano Attinà
PRIMA PARTE: TWILIGHT
È degna di nota una tendenza dei film di vampiri di oggi
a uscire sempre più dai tradizionali confini dell’horror,
per raccontare storie che trattano la tematica vampirica
in contesti narrativi appartenenti ad altri generi.
Solitamente in un buon numero di questi film il
vampiro è protagonista di una storia d’amore impossibile, o comunque molto difficile, con una creatura
appartenente ad una specie diversa dalla sua; spesso si
tratta di un umano o di un’umana, ma capita anche che
l’oggetto dei sentimenti del non-morto sia una qualche
altra creatura del regno delle tenebre, come un licantropo – Romeo e Giulietta, fra i non-morti.
In genere questi film inseriscono gli elementi
orrorifici in contesti da film d’azione o da teen movie. Non mancano però esempi di altri generi contaminati dal vampirismo. Così, spesso, inseguendo
il vampiro moderno ci si imbatte in opere cinematografiche «ibride» che tentano di dare nuove
letture del non-morto partendo dai suoi connotati
tipici, come l’istinto predatorio.
Di questo nuovo genere cinematografico mi sembrano
estremamente rappresentative due pellicole, da poco
uscite, che trattano questa tematica in modi complementari ed opposti, presentando due interpretazioni
del vampirismo conflittuali tra loro. Tali pellicole sono
Twilight e Lasciami entrare (Låt den rätte komma in).
Il vituperato Twilight di Catherine Hardwicke, tratto
dall’omonimo romanzo di Stephanie Meyer, fa la sua
comparsa sugli schermi di tutto il mondo nel novembre del 2008. Fin dalla sua uscita il film in questione,
che piaccia o disgusti terribilmente, è divenuto un cult
per un intera generazione di ragazzini – e, soprattutto,
ragazzine – grazie alla fama pregressa del romanzo e
ad una campagna di marketing molto ben orchestrata.
Del gennaio 2009 è invece l’edizione italiana di
Låt den rätte komma in, di Tomas Alfredson, film svedese di successo in vari festival internazionali, anch’esso tratto da un romanzo – scritto da John Ajvide
Lindqvist – e incentrato sulla storia di amiciziaamore fra un vampiro ed un umano.
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TWILIGHT
Summit Entertainment, Usa, 2008, Durata: 122’, col.
Regia: Catherine Hardwicke; Cast: Kristen Stewart (Bella Swan), Robert Pattinson (Edward Cullen), Billy Burke
(Charlie Swan), Ashley Green (Alice Cullen), Nikki Reed
(Rosalie Hale), Jackson Rathbone (Jasper Hale), Kellan
Lutz (Emmett Cullen), Peter Facinelli (Dr. Carlisle Cullen), Elisabeth Rease (Esme Cullen), Taylor Lautner (Jacob
Black); Sceneggiatura: Melissa Rosenberg, Stephanie Meyer
(autrice del romanzo); Direttore della fotografia: Elliot Davis;
Montaggio: Nancy Richardson; Musica: Carter Burwell.
Bella Swan vive a Phoenix, Arizona, con la madre e il compagno
di lei. Quando questi ultimi decidono di partire , Bella si traferisce
a Forks, cittadina piovosa vicino Washington, dove va a vivere col
padre Charlie. A Forks Bella si sente fuori posto e spaesata, nonostante riesca a farsi facilmente accettare da un gruppo di simpatici
ragazzi del luogo. Un giorno però la ragazza conosce Edward Cullen, un misterioso e affascinante studente, di cui si innamora.
Edward ricambia l’amore di Bella, ma non può rivelarle
i suoi sentimenti perché è un vampiro. Bella insiste nel cercare di
conoscere meglio il giovane e ne scopre il segreto, ma non si lascia
spaventare e così Edward accetta l’amore della ragazza. Il vampiro
la presenta alla sua famiglia e le spiega che lui ed i suoi familiari –
legati a lui non da legami di parentela, ma di vampirismo – sono
tutti vegetariani, cioè non bevono sangue umano, ma animale.
Il capofamiglia, il dottor carlisle è un medico vampiro che
trasforma in non morti i malati terminali che accettano la sua
offerta di vita eterna. In cambio i novelli vampiri si impegnano a
non uccidere umani. Mentre bella ed Edward vivono il loro idillio
una misteriosa tribù indiana li controlla e una banda di vampiri
cattivi arriva a Forks.
Uno dei vampiri non vegetariani e la sua compagna cercano di uccidere Bella, ma Edward ed i Cullen la difendono ed
uccidono il vampiro predatore. Bella ed Edward possono andare al
ballo di fine anno felici e contenti.
Dopo aver iniziato questa rubrica sotto l’ombra espressionista di quel capolavoro che è il Nosferatu di Murnau,
la scelta di citare Lasciami entrare potrebbe suonare strana, e quella di Twilight niente di meno che scandalosa;
eppure, riteniamo doveroso spostare la nostra attenzione sul presente, al fine di osservare come il cinema di
consumo interpreti oggi la figura del vampiro.
Se il riferimento principale del film della Hardwicke sembrano essere i super-eroi, le serie televisive per
adolescenti e qualche spunto tratto alla lontana da
Anne Rice, Alfredson parte da tutt’altri riferimenti,
fra cui si possono annoverare la tradizione filmica dei
paesi nordici e la filosofia di Friedrich Nietzsche.
IL DISCOUNT DEL VAMPIRO
Di per sé, Twilight non è altro che un film di intrattenimento per adolescenti: nella media da un punto di
vista tecnico, e senza la minima originalità né da un
punto di vista contenutistico né, tantomeno, estetico.
C’è da dire, anzi, che certe scelte estetiche – come l’utilizzo spropositato del ralenti per sottolineare quanto
siano cool i personaggi o conferire drammaticità ad
alcune scene – possano essere catalogate facilmente
come esempi di un’estetica involontariamente kitsch.
Il film viene girato utilizzando la più classica e conformistica convenzione del teen romance d’azione. Oltre ai
ralenti sono spesso utilizzati carrellate a precedere e seguire, spostamenti circolari della macchina da presa, campi
lunghi dall’alto e in movimento per mostrare l’ambiente
e numerosi primi piani; vi sono ampio uso libero della
macchina a spalla, effetti digitali a profusione e un montaggio «per analogie», che valorizza la storia nascondendosi il più possibile e diventando vagamente onirico nei
momenti in cui la storia lo richiede – il che dà al film un
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«Twilight produce lo sgradevole elogio di una odiosa forma di finto anticonformismo adolescenziale »
ritmo abbastanza veloce, senza risultare ipercinetico o
incomprensibile per la massa. La Hardwicke asseconda
in tutto e per tutto i gusti di un pubblico cresciuto a videoclip e telefilm e non prova nemmeno per un attimo
ad uscire dai propri schemi interpretativi. La regista,
insomma, ci mette di fronte ad un film che prova ed
essere una disgraziata sintesi fra Dawson’s Creek, Buffy
The Vampire Slayer e Smallville; il tutto fotografato con
toni lividi, dove la fanno da padrone il grigio, il blu e
il verde della foresta che circonda la cittadina in cui è
ambientato il film.
I nuclei tematici attorno cui ruota il film sono principalmente tre: L’amore tormentato fra Bella (Kristen
Stewart) e Edward (Robert Pattinson); il ruolo fondamentale della famiglia nella vita degli individui; il vampirismo ed il modo di integrare questo “fenomeno”
nel vivere civile.
Il tema del film è in sostanza una love-story difficile fra
una ragazza diciassettenne, Bella, appena trasferitasi
dalla calda Arizona nella piovosa cittadina di Forks, ed
un giovane pallido, tormentato e dal ciuffo alla James
Dean, Edward Cullen, che si rivela essere un vampiro
vegetariano – lui e la sua famiglia non bevono sangue
umano.
È da notare come la Hardwicke, seguendo fedelmente
il libro della Meyer, cerchi di presentare Bella come una
non-integrata, una diversa, non però secondo i canoni
dello «sfigato» o del perdente di tante commedie, telefilm e fumetti che in questi anni ci hanno fatto conoscere la figura del o della nerd, bensì secondo quelli del cliché
della ragazza con genitori divorziati, troppo sensibile ed
intelligente per un mondo di beoti bonaccioni.
Fondamentalmente Bella è una ragazza che non si
integra fra i suoi compagni solo perché non vuole, e
non certo perché non possa. E non è neppure che ella
non voglia perché ha particolari visioni del mondo o
problemi particolari: più semplicemente, è troppo intelligente, sensibile e affascinante. In realtà, i veri nerd
sono proprio i suoi compagni – un afroamericano imbecille e chiassoso, una coppia di orientali bruttini e
redattori del giornalino scolastico, un ragazzetto wasp,
che vuole fare il simpatico ma non riesce ed una ragazza non troppo bella, ma nemmeno brutta, che vive dei
miti della high school, come il ballo di fine anno.
Ecco che quindi la diversità di Bella è una diversità
per eccesso, una diversità che la mette su un livello di superiorità benevola rispetto ai suoi compagni – si pensi,
per esempio, alla scena in cui suggerisce agli amici chi
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Doxai ~ Sezione di sofistmi e inattualità
portare al ballo, creando delle coppie che fin dall’inizio del film erano destinate a stare insieme e chiarendo
che lei non è adatta per nessuno dei suoi pretendenti.
Lei, diversa e «superiore», è destinata ad Edward, che
in quanto vampiro vive anch’egli in una condizione di
diversità rispetto ai suoi compagni di classe.
Ovviamente anche la diversità di Edward è una diversità per eccesso. Edward è un vampiro, ma non è
per niente mostruoso (come lo può essere invece un
Nosferatu): anzi, è un bello secondo gli odierni canoni
della bellezza giovanile, con un vago tocco di retrò; ha
un fisico perfetto, ma non ipermuscoloso, capelli corti
con ciuffo e veste con magliette attillate e cappotti da
new dandy. A tradirlo sono solo gli occhi ed il pallore.
Edward rientra nella categoria dei vampiri affascinanti, senza però avere i lati oscuri e macabri dei suoi
predecessori: non vive fra le tombe, non veste di nero;
il suo tormento interiore è dovuto al fatto di non voler
essere un mostro cattivo, senza per altro realmente esserlo, dato che si nutre solo di sangue di animali.
Inoltre, anche se non si integra nella comunità
scolastica, Edward fa parte di una famiglia che appare come una versione progressista di un culto di white
suprematists e comprende il «padre vampirico» Carlisle
(Peter Facinelli), un medico che vampirizza i malati
terminali che lo accettano (sic!), la moglie e altri «fratelli e sorelle vampiriche», tutti trasformati/salvati dal
buon dottore e ormai «vegetariani».
facilmente trovare l’anima gemella in Bella e far sì che
questa ragazza, che è priva di un vero e proprio nucleo
familiare, ne possa trovare uno stabile nella famiglia
vampirica di lui.
Il fatto che in Twilight la felicità si configuri come il
raggiungimento dell’amore perfetto e della famigliola
ideale, e che il prezzo di questo sia la rinuncia all’istinto
predatorio profondo del vampiro, determina uno sgradevole elogio di una forma di conformismo adolescenziale diversa da quella contro cui viene puntato il dito,
e forse ancora più odiosa; e si esprime nell’ostentazione
di una diversità basata su un atteggiamento infantile e
snobistico, i cui modelli di comportamento «alternativi» sono forniti dai media e non da una reale visione
della vita e dei rapporti con le persone. In questo mito
di libertà per i ragazzini non si assiste in realtà a alcuna
morale «altra» o «superiore» rispetto a quella dominante; la prima è sempre un prodotto all’interno della
seconda, pacificamente inglobato e digerito come tutti
gli altri modelli morali ritenuti vendibili dai media.
Si pensi infatti che in fin dei conti Edward rinuncia
alla sua vera fonte di diversità, cioè la sua mostruosità
di predatore, per poter vivere il sogno d’amore dell’adolescente americano. Dunque il suo essere diverso non
si riduce ad altro che all’essere lui un rappresentante
eccezionale degli esseri umani – proprio come molti
supereroi – perché del vampirismo rimangono solo gli
aspetti più irreali.
La storia di Edward e Bella può essere letta davvero,
come nelle intenzioni della Hardwicke, come una fiaba;
essa, però, piuttosto che raccontare un amore impossibile in stile Romeo e Giulietta, o un reale scontro/incontro fra diversità e normalità, racconta, usando la metafora del vampirismo, l’idillio amoroso fra due perfetti e
superiori esponenti della gioventù americana moderna.
Più belli, forti ed intelligenti degli altri, i protagonisti
inibiscono il loro istinto di sopraffazione contro i più
deboli, e anzi si presentano all’apparenza come figure
problematiche. Al contrario, i vampiri «cattivi», che si
nutrono di sangue, metafora dell’egoismo e del puro
istinto predatorio, sono solo dei sadici che meritano
di bruciare – a ribadire che la parte più indomita della
natura umana è un residuo bestiale che va cancellato.
Ecco come il vampiro – figura nata come un’immagine dell’alterità totale, esponente per antonomasia
della messa in discussione dei valori e delle regole – appare in Twilight completamente neutralizzato, e trasformato nell’ennesimo elogio (livido o variopinto, poco
importa) del conformismo e del politically correct.
(continua)
VAMPIRI O MORMONI?
Tutta la famiglia di Edward assomiglia al protagonista.
Sono tutti belli, tutti buoni e – apriti cielo – vestono
di bianco. Il vampirismo funziona come un superpotere;
la Hardwicke lo rappresenta tale intenzionalmente –
come quando mette in bocca a Bella una battuta che
tira in ballo la kryptonite – ponendolo come metafora
di ciò di cui spesso sono metafora i superpoteri: una
grande eccezionalità nel singolo, che determina per
quest’ultimo grandi responsabilità verso la società.
Edward e i suoi, negando quella che è la loro natura
e cioè l’istinto predatorio, possono comunque integrarsi nel resto della comunità. Nel caso di Edward il
suo integrarsi consiste poi nell’accettare il ruolo del diverso, ma solo il ruolo; poiché alla fine egli vive in mezzo ai mortali, ne accetta le regole, e, cosa più importante, ne condivide morale e sentimenti – non quelli
che dovrebbero appartenere ad un predatore. Edward,
rinunciando alla propria natura più profonda in favore
di un tentativo di integrazione con i «normali», può
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