Dichiarazione fallimento in estensione f
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Dichiarazione fallimento in estensione f
1 Sent. ____________________ R.G. ____________________ Cron. ____________________ Rep. ____________________ REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI TIVOLI Composto dai magistrati Dr. Stefano Scarafoni Presidente rel. Dr. Nicola Saracino Giudice Dr. Renato Castaldo Giudice Riunito in camera di consiglio ha pronunciato la seguente SENTENZA Nel procedimento iscritto al n. /07 promosso con ricorso depositato in data 5.6.2007 DA Dr.ssa P S, n.q. di curatore del fallimento n. /06 di E O s.a.s. di P P M & C.; RICORRENTE CONTRO F.N.F. rappresentata e difesa dagli avv.ti Carlo Bogino e Francesca De Carolis giusta procura in atti; RESISTENTE OGGETTO: estensione di fallimento. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 2 Il curatore del fallimento della società in accomandita semplice E.O.P.P.M. & C. ricorreva al tribunale di Tivoli chiedendo che fosse dichiarato il fallimento in estensione alla socia occulta F.N.F.. Allegava che la resistente, madre del fallito PP M, in realtà faceva parte di un’impresa sociale ritagliata sul gruppo familiare che, da sempre, aveva gestito collettivamente l’attività dedita al commercio di articoli ottici. Allegava, altresì, che la F. aveva provveduto a garantire il pagamento di obbligazioni della società fallita ed aveva sempre collaborato con quest’ultima. Da ultimo, faceva presente che, dal settembre 2004, aveva posto in essere una serie di operazioni finalizzate a “svuotare” la società E s.a.s. ed a trasferire l’unica azienda familiare alla propria ditta individuale per continuare, sotto tali spoglie, la medesima attività. Si costituiva F.N.F. che rilevava di non avere mai fatto parte della compagine sociale della E. s.a.s. e di avere effettuato i pagamenti di debiti della società fallita in adempimento del dovere di solidarietà familiare, sicché detti atti dovevano considerarsi non quale esteriorizzazione di un vincolo sociale, ma dell’affectio familiaris. Il processo era istruito con i documenti prodotti dalle parti. MOTIVI DELLA DECISIONE Sul rito. In punto di rito applicabile, si deve rilevare che, trattandosi di estensione di un fallimento che è stato dichiarato su domanda presentata in data anteriore al 16.7.2006, quindi, come tale, soggetto alle disposizioni del r.d. 16.3.1942, n. 267, nella versione anteriore alla novella del d.lgs. n. 5/06, anche l’estensione del fallimento, ai sensi dell’articolo 147, comma 2, l.f., è soggetta alla medesima disciplina (in senso conforme, in giurisprudenza, Tribunale Mondovì, 20 luglio 2006 che parte dal difforme enunciato che i fallimenti dichiarati dopo il 16.7.2006, anche su 3 domande avanzate prima di tale data, siano soggetti alla disciplina del d.lgs. n. 5/06 per giungere, però, alla conforme affermazione che la disciplina del fallimento in estensione debba seguire quella del fallimento “principale”). A detta conclusione, ad avviso di questo giudice, si deve necessariamente giungere considerando che, seppure il fallimento della società e dei soci illimitatamente responsabili siano procedure separate, tuttavia fra le stesse esiste un ineliminabile collegamento dovuto alla circostanza che i soci sono dichiarati falliti perché rispondono delle obbligazioni sociali. Per tale motivo l’articolo 148 l.f. stabilisce che, in tali casi, il tribunale nomini per tutte le procedure un solo giudice delegato ed un solo curatore, proprio per garantirne il collegamento e la sostanziale unitarietà della gestione. Non pare possibile la tutela di tali esigenze se le procedure siano sottoposte alle differenti discipline anteriore e posteriore all’entrata in vigore del d.lgs. n. 5/06, perché è sufficiente riflettere, in proposito, sul differente ruolo del giudice delegato, del curatore e del comitato dei creditori nella disciplina della legge fallimentare novellata per avvedersi come le procedure fallimentari “principale” ed estesa sarebbero, in realtà, sottoposte a differenti centri direzionali. Essendo il fallimento della E O s.a.s. disciplinato dalla legislazione anteriore alla riforma di cui al d.lgs. n. 5/06, appare tuttora ammissibile l’istanza di fallimento avanzata dal curatore senza l’assistenza di un legale, essendo espressione dell’ufficiosità che caratterizza la procedura d’estensione del fallimento nella disciplina anteriore alla citata riforma. Sul merito. 4 Trattandosi di domanda d’estensione di un fallimento di società in accomandita semplice a soggetto che si assume esserne socio illimitatamente responsabile ed occulto, le uniche circostanze che debbono essere verificate è l’effettiva esistenza del rapporto sociale e l’esistenza di atti di gestione che facciano ascrivere il socio occulto alla categoria dei soci accomandatari, derivando automaticamente il fallimento, in presenza dell’accertamento di dette circostanze, dalla posizione di illimitata responsabilità assunta dal socio per le obbligazioni sociali. L’esistenza del rapporto sociale appare certa sulla base degli atti del procedimento. La F. dal 21.5.2004 al 2.3.2005, in un periodo in cui - come si vedrà più specificamente nel prosieguo – ancora non operava come impresa individuale, ha subito ben 16 protesti per assegni e cambiali, evidentemente emessi in pagamento di obbligazioni facenti carico alla fallita E s.a.s. (circostanza, peraltro, non contestata da parte resistente che ha pacificamente ammesso il pagamento di obbligazioni gravanti sulla società del figlio). Afferma costantemente la giurisprudenza e la dottrina che, in presenza di pagamenti provenienti da un familiare, l’accertamento se tale fatto costituisca esteriorizzazione di un rapporto sociale deve essere particolarmente scupoloso, potendo altrimenti ascriversi l’assunzione di obbligazioni a comportamenti solidaristici nascenti dall’affectio familiaris. Nel caso in questione, il numero e l’arco temporale, in cui sono stati elevati i protesti, dimostrano un comportamento continuo, costante nel tempo, di assunzione di obbligazioni per la società fallita, evidenziando che non si tratta di singoli interventi più facilmente riconducibili al vincolo affettivo familiare. Inoltre, la diversa somma rappresentativa del credito incorporato nei titoli protestati evidenzia che non si tratta nemmeno di un unico debito che la resistente ha assunto 5 pattuendo un pagamento a rate garantite da assegni e cambiali, ma si tratta di una serie di diverse obbligazioni di cui la F ha assunto il pagamento (verosimilmente fornitori di merce della società fallita). Detti elementi già fanno deporre nel senso che i pagamenti costituiscano esteriorizzazione di un rapporto sociale, piuttosto che dell’affezione nascente dal vincolo familiare. La prova in tal senso, però, si trae dalle ricevute delle somme percepite dalla F per “collaborazione” (prodotte dalla curatela in allegato 7 all’istanza di estensione del fallimento). Dette ricevute evidenziano che la F ha percepito costantemente somme di denaro dalla società fallita, tutti gli anni, dal 2000 fino al maggio 2005; sulle ricevute si legge, come causale del pagamento, la generica indicazione “collaborazione”, senza alcuna specificazione della tipologia e del periodo della stessa, né indicazione dell’attività espletata in cui sarebbe concretamente consistita; né, al riguardo, ha allegato alcunché la resistente nella memoria di costituzione in giudizio. Ne consegue che la costanza ed uguaglianza dei pagamenti annuali, unita all’omessa giustificazione delle attività di collaborazione per cui effettivamente dette somme sarebbero state erogate, porta a concludere che, in realtà, le attribuzioni patrimoniali avvenissero quale forma di partecipazione agli utili dell’attività d’impresa, partecipazione mascherata da compensi di collaborazioni perché la F ufficialmente non faceva parte della compagine sociale della fallita E s.a.s.. La partecipazione alle spese ed agli incassi della società fallita dimostra chiaramente che il rapporto debba essere ascritto ad un vero e proprio contratto sociale. La vicenda è assimilabile ad altra, risolta dalla giurisprudenza nel senso dell’esistenza del rapporto sociale, in cui è stato affermato che travalica la mera 6 "affectio familiaris", ed è tale da svelare l'esistenza di una società di fatto, la condotta del farmacista, figlio del titolare di una farmacia, che presta garanzie personali e/o reali per sostenere l'attività imprenditoriale del padre, mette gratuitamente a disposizione di tale attività un immobile di cui è proprietario, lavora esclusivamente con il padre, con il quale, però, non convive, senza essere a quest'ultimo legato da un rapporto in qualche modo formalizzato (Corte appello Napoli, 16 maggio 2003 in Giur. napoletana 2004, 15). Nel caso in questione, l’acquisita certezza delle avvenute attribuzioni patrimoniali alla F. da parte della società fallita rende ancora più chiara la qualificazione del rapporto in termini di partecipazione sociale, perché l’intervento della resistente per il pagamento dei debiti non può più essere ascritto ad una prestazione di solidarietà familiare, ma si inserisce nell’ambito di un più ampio quadro di carattere contrattuale, caratterizzato da partite di dare ed avere nei confronti della società fallita, che trova la propria genesi tipica nel contratto di società. Infine, vi sono altre circostanze che rendono certa la partecipazione della F. alla società fallita. Come risulta dall’istanza della curatela – la circostanza non è oggetto di contestazione da parte resistente – la F. ha aperto una partita i.v.a. nel gennaio del 2004 e dal mese di settembre 2004 al mese di giugno 2005 ha acquistato merci e stigliature dalla società E. s.a.s. (allegato 5 all’istanza del curatore). Alla data di detti acquisti (in particolare il maggiore, avvenuto in data 2.9.2004, mentre era in corso una prima procedura prefallimentare contro la E. s.a.s. ) la F. non aveva ancora avviato l’attività come impresa individuale. 7 Tale attività, come emerge dalla comunicazione al Comune di S, sarebbe iniziata solo nel mese di agosto dell’anno 2005 (allegato 6 all’istanza del curatore) e la circostanza è confermata anche dalla comunicazione all’Agenzia delle Entrate del proprietario dell’immobile sito in S, Piazza di subentro della F. nel contratto di locazione dell’immobile (contratto che, in precedenza, vedeva come conduttore la fallita E. Optical s.a.s.). La circostanza dell’inizio dell’attività solo verso la metà dell’anno 2005 è confermata anche: a)dal registro acquisti prodotto dalla resistente, dove si rileva che, fino al 30.6.2005, le uniche operazioni sono l’acquisto delle merci e stigliature dalla E. Optical s.a.s. (le altre operazioni sono tre quattro acquisti per poche centinaia di euro dalla C. s.r.l.); b)dal fatto che le fatture di vendita della società fallita ed i documenti di trasporto indicano come sede dell’impresa acquirente o luogo di destinazione la residenza della F. (in cui è piuttosto improbabile che esercitasse attività commerciale) o l’indirizzo di Piazza , all’epoca, ancora condotto in locazione dalla fallita E. O. s.a.s.; c)dal fatto che, fino al 31.5.2005, la F. ancora “collaborava” con la E. O .s.a.s. (allegato 7 dell’istanza). Certamente non è pensabile che la F. abbia proceduto all’acquisto delle merci con un anno di anticipo rispetto al momento in cui avrebbe iniziato l’attività d’impresa individuale, sicché l’acquisto si manifesta come uno stratagemma per sottrarre le merci alla garanzia dei creditori della E. O. s.a.s. ed anche tale fatto, che evidenzia un chiaro interesse della F. alla prosecuzione dell’attività d’impresa della fallita, è sintomatico dell’esistenza di un contratto sociale che lega l’odierna resistente alla società E.. 8 L’accertamento del rapporto sociale, tuttavia, non comporta automaticamente il fallimento della resistente, trattandosi di società in accomandita semplice. In proposito, ha affermato la Corte di Cassazione che la situazione di socio occulto di una società in accomandita semplice - la quale è caratterizzata dall'esistenza di due categorie di soci, che si diversificano a seconda del livello di responsabilità (illimitata per gli accomandatari e limitata alla quota conferita per gli accomandanti, ai sensi dell'art. 2312 c.c.) - non è idonea a far presumere la qualità di accomandatario, essendo necessario, a tal fine, accertare di volta in volta la posizione in concreto assunta da detto socio, il quale, di conseguenza, assume responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, ai sensi dell'art. 2320 c.c., solo ove contravvenga al divieto di compiere atti di amministrazione (intesi questi ultimi quali atti di gestione, aventi influenza decisiva o almeno rilevante sull'amministrazione della società, non già di atti di mero ordine o esecutivi) o di trattare o concludere affari in nome della società (Cass. civ., 25.7.1996, n. 6725). Quanto al compimento di atti di gestione che possano far ascrivere la F. alla categoria dei soci accomandatari, è sufficiente rilevare la continua assunzione diretta ed in proprio di obbligazioni facenti carico alla società fallita (dimostrata dai numerosi protesti contro di lei levati) e l’operazione di acquisto dei beni della società fallita per sottrarli alla garanzia dei creditori, atti che evidenziano una diretta partecipazione alla gestione dell’impresa sociale, anche nelle forme più deteriori. Da ultimo, ci si deve soffermare brevemente sul problema dell’anno per la dichiarazione di fallimento; ritiene questo collegio che la dichiarazione, non determinando il venir meno del contratto sociale, lasci inalterata la responsabilità illimitata del socio; in ogni caso, non avendo la resistente reso pubblico il suo rapporto sociale, non può fruire del beneficio del decorso dell’anno dalla cessazione 9 dell’illimitata responsabilità che presuppone l’avvenuto adempimento delle formalità per rendere nota ai terzi detta cessazione. P.Q.M. Visto l’articolo 147, comma 2, del r.d. 16.3.1942 n. 267, nella versione anteriore alla riforma di cui al d.lgs. 9.1.2006 n. 5: 1. dichiara il fallimento di F.N.F., nata a D di Cadore il , c.f., nella qualità di socio accomandatario occulto della fallita E. O. s.a.s. di P P M & C.; 2. nomina giudice delegato per la procedura il dr. Stefano Scarafoni; 3. nomina curatore la dr.ssa P S 4. stabilisce il giorno , con studio in , , alle ore 15,00, nella sede di questo tribunale in Tivoli, viale Nicolò Arnaldi 19, per l’adunanza in cui si procederà all’esame dello stato passivo avanti al giudice delegato; 5. assegna ai creditori ed ai terzi, che vantano diritti reali mobiliari su cose in possesso del fallito, il termine di trenta giorni dall’affissione della sentenza per la presentazione in cancelleria delle domande di insinuazione. Così deciso in Tivoli in data 3.10.2007 IL PRESIDENTE ESTENSORE