Tipi di recettori per l`istamina Farmacocinetica degli antistaminici

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Tipi di recettori per l`istamina Farmacocinetica degli antistaminici
Tipi di recettori per l’istamina
L’istamina è un importante mediatore chimico, che gioca un ruolo chiave nell’eziopatogenesi della risposta allergica, sia in fase acuta,
sia nella fase più tardiva, stimolando la produzione di citochine e contribuendo al mantenimento di un generale stato pro-infiammatorio.
In seguito al contatto allergene-IgE specifico, questa sostanza viene rilasciata da mastociti e basofili, legandosi successivamente a
specifici recettori, posti sulla membrana cellulare di diversi tessuti e organi, con effetti clinici differenti a seconda del sito e del tipo di
recettore con cui interagisce. I recettori per l’istamina appartengono alla famiglia dei ‘recettori accoppiati alle proteine G’ ed esistono in
equilibrio dinamico tra un’isoforma attiva ed una inattiva. L’istamina ne è l’agonista ed ha una preferenziale affinità per l’isoforma attiva,
mentre gli antistaminici si comportano da agonisti inversi, spostando l’equilibrio del recettore verso l’isoforma inattiva. Fino ad ora sono
stati descritti 4 tipi di recettori per l’istamina, di cui H1 e H2 ampiamente espressi nell’uomo. I recettori H1 si trovano a livello delle
cellule muscolari lisce, delle cellule endoteliali, del sistema cardiovascolare e del sistema nervoso centrale e la loro stimolazione
produce contrazione della muscolatura liscia bronchiale, vasodilatazione ed aumento della permeabilità capillare. I recettori H2 si
trovano prevalentemente a livello della parete gastrica, nel sistema cardiovascolare, immunitario e nel sistema nervoso centrale e la loro
funzione è quella di stimolare la secrezione gastrica acida e di regolare la motilità intestinale. I recettori H3 sono prevalentemente
espressi nel sistema nervoso centrale e i recettori H4 sono descritti a livello del midollo osseo e sui leucociti; tuttavia ambedue i
recettori, H3 e H4 sono poco espressi nel genere umano, anche se sono ritenuti di una certa rilevanza nella genesi del prurito e nel
mantenimento di un globale stato pro-infiammatorio (tabella 1). Molto recenti sono le segnalazioni di un potenziale, anche se ancora
sperimentale, ruolo degli antistaminici H3 nel trattamento di patologie neuropsichiatriche e dell’emicrania.
Farmacocinetica degli antistaminici anti H1
I primi antistaminici (idrossizina, difenidramina, clorfeniramina, oxatomide, terfenadina) sono apparsi sul mercato negli anni ‘70, mentre
i farmaci di seconda generazione (cetirizina, loratadina, ebastina, fexofenadina) sono stati commercializzati dagli inizi degli anni ‘80. Alla
fine degli anni ‘90 sono stati introdotti sul mercato alcuni metaboliti attivi di molecole di seconda generazione (levocetirizina e
desloratadina), da alcuni testi riconosciuti come ‘antistaminici di terza generazione’. Le molecole di più recente introduzione sono
rupatadina (2007) e bilastina (2011).
Gli antistaminici di prima generazione sono caratterizzate da poca selettività per il recettore istaminico, potendo occupare anche
recettori muscarinici, colinergici e serotoninerigici. Questo aspetto è determinante nello sviluppo dei numerosi effetti colleratali, tipici di
questa categoria di farmaci; essi sono inoltre lipofilici e, passando facilmente la barriera emato-encefalica, producono facilmente
l’effetto collaterale più noto che è la sonnolenza. Infine hanno un rapido metabolismo e necessitano di somministrazioni pluriquotidiane.
I farmaci di seconda generazione hanno invece una maggiore selettività recettoriale, sono lipofobici e passano più difficilmente la
barriera emato-encefalica. Inoltre possiedono un’emivita più lunga e molte molecole possono essere assunte in monosomministrazione.
In generale, poco è noto sulla farmacocinetica degli antistaminici di prima generazione in età pediatrica, mentre i farmaci di seconda
generazione sono stati meglio studiati, anche nel lattante. Dopo una somministrazione orale, l’assorbimento degli antistaminici avviene
in genere in un periodo compreso tra 1 e 3 ore, dipendente dal tempo necessario per raggiungere il picco plasmatico (T max). Questo
valore è in generale rapido (circa 1 ora) per loratadina, levocetirizina, bilastina e rupatadina e più lento (2-3 ore) per ebastina,
fexofenadina, desloratadina. Per cetirizina il T max è dipendente dall’età e dal dosaggio, essendo più rapido con l’aumentare degli anni e
per più elevati dosaggi. Anche la velocità di azione è molto variabile tra le molecole: cetirizina è attiva in circa 30 minuti, ebastina,
fexofenadina, levocetirizina, bilastina e rupatadinasono danno i primi effetti clinici tra 1 e 3 ore, mentre loratadina e desloratadina
entrano in azione dopo 3-4 ore. Tutti gli antistaminici di seconda generazione hanno una durata di azione superiore alle 24 ore, con una
potenziale attività residua, condivisa anche con le molecole di prima generazione, fino a 7 giorni.
La gran parte degli antistaminici anti H1 viene metabolizzata a livello epatico dal sistema del citocromo P450. Cetirizina, levocetirizina e
fexofenadina non vengono pressocchè metabolizzati e vengono eliminati per lo più immodificati nelle urine. È interessante notare che
cetirizina e levocetirizina sono metabolizzati molto rapidamente nei lattanti e nei bambini piccoli, poiché nelle prime epoche di vita
l’escrezione renale è molto rapida. Per tale motivo, pur avendo questi farmaci una lunga emivita (>24 ore) in vitro, fino ai 6 anni di età
viene consigliata la somministrazione 2 volte al giorno.
Nell’adulto sono state descritte molte interazioni tra gli antistaminici anti H1 ed altri farmaci che possono competere con il sistema del
citocromo P450. Per il bambino le interazioni più comuni possono avvenire con farmaci antiacidi, che possono ridurre la
biodisponibilità di queste molecole, o con alcuni antibiotici (eritromicina) o antivirali, che ne possono aumentare la biodisponibilità.
Tuttavia queste interazioni sembrano essere spesso trascurabili per le molecole di seconda generazione.