QUI In allegato l`intervista

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QUI In allegato l`intervista
INTERVISTA AL Dott. Massimiliano Mascitelli – Medico specialista in Psichiatria – esperto in clinica e
formazione in ambito Psicosociale, Comunicazione e Crescita Personale – a cura di Daniela Cavallini
Daniela Cavallini:
Dott. Mascitelli, grazie per essere disponibile ad affrontare con me il doloroso problema dell’alcolismo.
Dott. Massimiliano Mascitelli:
grazie a lei Daniela per avermi proposto il tema e complimenti per il suo racconto che, con grande
sensibilità e coraggio, ha saputo e voluto raccontare.
Il problema dell’alcolismo è una dilagante piaga sociale che mi sta molto a cuore, come professionista e
come persona, e, dunque, rispondo molto volentieri alle sue domande. Senza addentrarmi nei particolari le
dico solo che, ad oggi, l’abuso di alcol è riconosciuto come fattore di rischio principale per malattia e
morte prematura dopo fumo ed ipertensione e prima di ipercolesterolemia e sovrappeso. E’ altresì
responsabile di un elevato numero di anni di vita persi per disabilità e rappresenta, insieme al fumo, la
principale causa evitabile di malattia. L’alcol, oltre ad essere una sostanza in grado d’indurre dipendenza e
numerose condizioni di malattia ed infortunio, è responsabile di diffusi danni sociali, comportamentali,
mentali ed emotivi.
Daniela Cavallini:
Una droga facilmente reperibile e non altrettanto costosa?
Dott. Massimiliano Mascitelli:
in una domanda ha colto il cuore del problema: l’alcol, per certe caratteristiche, può essere considerata
una vera e propria droga, è poco costosa ed è facilmente reperibile dal libero commercio, assolutamente
non regolamentato adeguatamente, nonostante il quadro normativo vigente. Inoltre, è facilmente
reperibile in tutte quelle forme attuali di assunzione “sociale” caratterizzate da incontri e condivisioni in
situazioni piacevoli e conviviali presso feste, ritrovi, locali della movida e da ballo, nome, quest’ultimo, che
troppo spesso fa rima con sballo. Tutto questo conferisce all’alcol non solo una connotazione di normalità
ma, addirittura, di positività, quasi un qualcosa che “fa bene”, contribuendo ad allontanarne la reale idea di
potenziale pericolosità.
Daniela Cavallini:
Un aspetto inquietante è che si abbassa sempre più l’età dei consumatori di alcol, addirittura si parla di
adolescenti, senza distinzione tra maschi e femmine. Come spiega tale fenomeno?
Dott. Massimiliano Mascitelli:
questo aspetto è uno dei più deleteri del consumo di alcol. Gli adolescenti rappresentano attualmente una
delle categorie più a rischio nello sviluppare diversi problemi alcol-correlati, fondamentalmente perché
non hanno l’assetto cognitivo e di giudizio adeguato per capire quali conseguenze dannose possa avere
l’abuso di alcol, ed anche perché non hanno nemmeno la completa maturazione biologica e metabolica
dell’organismo per smaltire grandi quantità della sostanza. Inoltre, tra gli adolescenti, sono in voga delle
modalità di assunzione, mi riferisco ad esempio al binge drinking ed all’eye drinking, spesso in contesti
sociali piacevoli, che determinano grandi concentrazioni di alcolemia in tempi molto rapidi; in questa
maniera gli effetti della sostanza compaiono rapidamente e con scarsissima possibilità di essere
metabolizzati adeguatamente, il che porta sovente a fenomeni di intossicazione, fino al coma etilico, con
esito, a volte, anche fatale.
A tutto questo contribuisce in maniera determinante la moderna comunicazione che, a vario titolo ed in
molteplici forme, connota positivamente l’alcol, a partire dalle campagne pubblicitarie dei prodotti, alla
diffusione di eventi e ritrovi “in onore e celebrazione” dell’alcol, fino alla semantica che, utilizzando termini
quali shottini, goccetto, cicchetto, ombretta, bicchierino, sembrano voler minimizzare il fenomeno,
giocando sulla percezione confidenziale ed affettuosa della sostanza.
Daniela Cavallini:
Sono individuabili i prodromi di predisposizione all’alcolismo?
Dott. Massimiliano Mascitelli:
non sempre, e questo è uno dei problemi principali della tematica: la prevedibilità e l’identificazione
precoce di assunzione di alcol rischioso e dannoso. Sicuramente elementi quali difficoltà caratteriali o
relazionali, nonché i modelli di riferimento socio-culturale, possono rappresentare un vulnus
predisponente, ma la così ampia diffusione dell’alcol e la percezione che non sia una sostanza
potenzialmente pericolosa, lasciano ampi campi inesplorabili dalla prevenzione, motivo per il quale
anche noi di FORMOTION Academy ci mobilitiamo e scendiamo in campo su questo terreno.
Daniela Cavallini:
Precedentemente all’esperienza che mi ha coinvolta, ingenuamente, associavo l’alcol al degrado sociale.
Mi cito, estrapolando il primo dei punti salienti del mio articolo: “conobbi Niccolò (nome di fantasia) per
motivi di lavoro. Lui amministratore delegato di un’affermata azienda, io amministratore della mia società.
Non avrei mai immaginato che un uomo poco più che quarantenne, colto, brillante, con una carriera
prestigiosa, oltreché di splendido aspetto fisico ed un’immagine impeccabile, potesse essere un alcolista.
Eppure era così.” E’ evidente che non era e non è così… Esiste una sorta di identikit dell’alcolista?
Dott. Massimiliano Mascitelli:
ho letto con grande interesse il racconto della sua vicenda, e ricordo di aver avvertito l’enorme vicinanza a
chi, come lei, associa d’istinto l’alcol a situazioni di degrado. Non è sempre così. Come accennavo prima, la
larga diffusione dell’alcol e la mancata o parziale percezione che questo possa essere un problema, fanno si
che alla porta di accesso del tunnel possano presentarsi persone appartenenti a tutte le fasce sociali. Anzi,
spesso accade che fasce sociali medio-alte, avendo maggiori disponibilità economiche e maggiori
occasioni di incontri e ritrovi, abbiano analogamente una maggiore facilità di accesso all’alcol e,
parimenti, una minore percezione che questo sia un problema o possa essere un “entry level” di
conseguenze dannose e rischiose, fino alla dipendenza.
Daniela Cavallini:
Perfettamente lucido in ambito lavorativo – Niccolò - si “scatenava” nel bere alla sera ed al mattino era
nuovamente il manager puntuale e attento. Come spiega, Dott. Mascitelli, la totale assenza di postumi?
Dott. Massimiliano Mascitelli:
probabilmente aveva sviluppato una certa tolleranza alla sostanza, uno degli elementi cardine della
dipendenza che, tipicamente, porta ad un aumento progressivo delle quantità assunte proprio perché,
nel tempo, ci si abitua a quelle precedenti. Dal punto di vista cognitivo queste persone con elevata
performance lavorativa e sociale hanno un funzionamento talmente “centrato” che riescono a mettere a
sistema tutti i loro comportamenti, compresi quelli di dipendenza o di pre-dipendenza in maniera da
apparire perfettamente normali e funzionali, fino all’insorgenza di eventuali problematiche eclatanti. E’
proprio la scoperta successiva del problema, nel più classico stupore di chi non se lo sarebbe mai aspettato,
a scuotere chi a loro è vicino con sentimenti misti tra delusione, dispiacere, tradimento, rabbia.
Probabilmente gli stessi che lei ha provato al momento della scoperta.
Daniela Cavallini:
Proseguo: “Quando Niccolò mi confessò il suo dramma, rimasi attonita e riuscii solamente a chiedergli se
arrivasse a perdere il controllo delle sue azioni, ma lui mi rassicurò. Da quel momento fra di noi si instaurò
un rapporto totalmente privo di barriere, non esisteva più il “salvare l’immagine” dei due manager,
eravamo solo lui, io e la sua infelicità che tentava di annegare nell’alcol. Niccolò mi parlava della sua
infanzia, dell’adolescenza ribelle, del rapporto con la madre, della competizione con il padre, delle sue
innumerevoli avventure sessuali, del suo matrimonio in frantumi, dell’atteggiamento mentale della famiglia
d’origine, proteso a salvaguardare le apparenze piuttosto che ad affrontare la realtà.”
Di fronte ad una disamina tanto chiara, verrebbe da imputare lo smisurato consumo dell’alcol,
esclusivamente alla mancanza di autocontrollo. E’ così?
Dott. Massimiliano Mascitelli:
in realtà Niccolò incarna i temi più classici e frequenti che costellano l’alcolismo: senz’altro la difficoltà di
autocontrollo e di giudizio, ma anche il suo sistema di relazione, e le difficoltà di un uomo non abituato,
per carattere o per censura sociale, a familiarizzare con le proprie emozioni per poterle identificare ed
elaborare; quando, ad un certo punto, le tensioni interne derivanti proprio dalle emozioni non vissute
adeguatamente sono diventate ingestibili, non ha potuto far altro che “affogarle nell’alcol”, riprendendo
una delle più tipiche espressioni che ci vengono riportate da queste persone. Da quel momento in cui
l’effetto di anestetizzazione emotiva ha avuto successo, lui ha identificato in questo comportamento
l’unica, o una delle pochissime, possibilità di benessere; da lì si è innescato il circolo vizioso.
Vede Daniela, le cosiddette aree disfunzionali che sono identificabili in Niccolò sono le stesse che
prototipicamente noi vediamo compromesse in quasi tutti coloro che si avvicinano all’alcol in maniera
pericolosa: la difficoltà ad identificare, accettare e descrivere le proprie emozioni, soprattutto quelle
negative; una modalità di comunicare, con gli altri ma prima ancora con sé stessi, improntata alla
negazione ed alla squalificazione; la difficoltà a mantenere un comportamento coerente, in una sorta di
discontinuità tra pensiero, sentimento ed azione; infine la compromissione, quando non la perdita, dei
ruoli affettivi e/o sociolavorativi, in una continua ricerca di ruoli vicarianti che possano compensare il
comportamento abdicante. Queste disfunzionalità possono essere spiegate, come la letteratura ci indica,
da fattori ambientali precoci, in particolar modo la scarsa maturazione della funzione riflessiva e della
capacità di sintonizzazione emotiva da parte dei caregiver primari, insieme all’incapacità di favorire la
strutturazione di un pattern di attaccamento sicuro nei propri figli. E mi sembra che questo sia il caso di
Niccolò.
Daniela Cavallini:
Io lo ascoltavo con comprensione ed infinito affetto, desideravo davvero poterlo aiutare, ma non sapevo
come. Gli suggerii di consultare uno psicologo, ma lui si mostrò un po’ riluttante e disse, graziosamente, che
preferiva parlare con me. Nel frattempo io acquisivo spasmodicamente tutte le informazioni per poter
essere costruttiva. Non ho mai amato il ruolo dell’amica “spalla”, salvo che per rari sfoghi, lo considero
inutile se non deleterio. Un amico non deve essere una stampella. Secondo Lei, come avrei dovuto
comportarmi io? Intendo dire… cosa avrei potuto fare di diverso da quello che ho fatto?
Dott. Massimiliano Mascitelli:
vorrei tranquillizzarla Daniela: non poteva fare più di ciò che ha fatto, dall’essere presente, all’ascolto
empatico e non giudicante, all’affetto, al sostegno, fino al consiglio giustissimo di un aiuto qualificato. Non
conosco la storia nel vissuto e nei dettagli, ma per quello che ho letto credo che lei sia stata un aiuto
importante, e non avrebbe potuto fare altrimenti. A volte, in molti casi, anche noi professionisti della
salute mentale abbiamo enormi difficoltà e dobbiamo accettare la possibilità di insuccesso.
Daniela Cavallini:
Da una dipendenza all’altra… Niccolò divenne anche “Daniela dipendente”, così stabilì lo psichiatra –
specializzato nelle dipendenze - cui, suo malgrado, dovette rivolgersi a seguito di un dramma nel dramma:
cadde per la strada ubriaco. E’ d’accordo con l’affermazione del Collega?
Dott. Massimiliano Mascitelli:
si, sono assolutamente d’accordo. Vede, i meccanismi della dipendenza sono gli stessi per le sostanze
come per i comportamenti, e questo spiega come mai ci siano analoghe dinamiche per la dipendenza da
droghe, da alcol, da internet, da gioco, da lavoro, così come quelle affettive che riguardano, appunto, le
persone. In qualche modo le dipendenze possono anche cambiare nel tempo, trasferendo l’attenzione da
una sostanza all’altra, o ad un comportamento, o viceversa: come lei stessa afferma “da una dipendenza
all’altra”. Sovente si verifica una dipendenza da più sostanze e/o da più comportamenti. In questo caso
specifico lei probabilmente ha rappresentato uno “spostamento” dell’attenzione emotiva di Niccolò.
Daniela Cavallini:
Poi, dopo un periodo di psicoterapia, abbinata a farmaci e costanti “ripetizioni” con me, avvenne quanto
avevo più volte letto, ma che rifiutavo di considerare tra le possibilità: non volle più vedermi né sentirmi.
Dott. Massimiliano Mascitelli:
difficile identificare il motivo esatto per cui questo possa essere successo. Probabilmente Niccolò, nel
percorso di elaborazione, ha compreso adeguatamente l’importanza che lei Daniela aveva per lui, e come
spesso accade in queste situazioni, chi capisce una cosa del genere paradossalmente se ne allontana, sia
per non gravare dei propri problemi, sia per non voler legarsi ancora di più. Una sorta di comportamento
paradossale che lascia sgomenti e delusi chi li subisce.
Daniela Cavallini:
Ad ognuno il proprio ruolo: il mio era quello dell’amica, pertanto, ho vissuto un’esperienza estranea alla
mia famiglia. Tuttavia, quale consiglio ritiene di offrire ai familiari di un alcolista? Come in una squadra,
ognuno deve assumere un comportamento consono al proprio ruolo?
Dott. Massimiliano Mascitelli:
grazie di questa domanda, che sento molto come importanza perché ha in sé i cardini della comunicazione
interpersonale e della relazione. Il primo fondamentale passo, non facile, è quello della comprensione e
dell’ascolto empatico non giudicante: è essenziale far capire che i familiari sono comprensivi ed “alleati”
con l’alcolista, che vogliono capire profondamente i motivi di disagio che lo attanagliano e che vogliono
essere con lui nel sostegno. E’ di cruciale importanza dominare i propri sentimenti negativi, quelli di cui
parlavamo prima, dalla rabbia alla delusione alla tristezza, fino alla preoccupazione per cosa potrà
succedere, nonché per lo stigma, cioè “quello che dice la gente”, pensiero molto frequente nelle famiglie
di alcolisti. Questi elementi sono fondamentali per cercare l’alleanza con l’alcolista in modo che possa
sentirsi accolto e non giudicato, e possa capire la necessità di affrontare il problema in maniera seria,
strutturata e professionale. L’intervento efficace a 360 gradi coinvolge tutti coloro che sono attorno alla
persona in difficoltà proprio come una squadra, come lei stessa suggerisce, nella quale ognuno ha
certamente il proprio ruolo, e questa squadra non può essere coordinata che da un professionista. Anzi,
come dicevamo prima, la ristrutturazione dei ruoli è un elemento cruciale nell’outcome di trattamento,
perché porta il soggetto a crescere nell’assunzione di responsabilità che ha evitato fino a quel momento,
attribuendo a qualcosa di esterno, l’alcol appunto, la responsabilità delle proprie difficoltà. Accanto a
questo tema, si deve procedere ad una sorta di rieducazione emotiva del soggetto, come capacità di
riconoscere sia le proprie emozioni sia quelle altrui, per poter effettuare quel rispecchiamento emotivo alla
base della relazione empatica con l’altro. Tutto questo porterà il soggetto a comunicare meglio con chi gli è
vicino, comportandosi in maniera adeguata nei diversi contesti in cui si troverà successivamente,
migliorando in definitiva le relazioni con gli altri ma, prima ancora, con sé stesso.
Daniela Cavallini:
Dott. Mascitelli, so che ha organizzato una giornata di formazione, cortesemente ce la illustra?
Dott. Massimiliano Mascitelli:
certamente, ben volentieri. Come accennavo prima, date le dimensioni ampie e trasversali del fenomeno,
noi di FORMOTION Academy abbiamo deciso di contribuire con le nostre professionalità e le nostre
attività formative alla prevenzione del fenomeno. A tale proposito il prossimo 5 marzo terremo una
giornata di formazione intitolata “Alcol, uso ed abuso: il bere consapevole”, accreditata per professioni
sanitarie dall’Università Popolare Accademia Internazionale di Nutrizione Clinica ma rivolta a tutti gli
interessati, quali ad esempio insegnanti, assistenti sociali, volontari, dedicata all’identificazione precoce ed
al relativo intervento strategico breve nelle problematiche legate al consumo di alcol dannoso e rischioso.
Quindi si tratta di un inquadramento del problema alcol a 360 gradi, dalla percezione sociale alle
conseguenze fisiche, psichiche e comportamentali legate all’uso ed all’abuso di alcol, soprattutto in tutte
quelle condotte prima della dipendenza vera a e propria, in maniera tale da poter fornire ai partecipanti
una panoramica teorica e degli strumenti pratici per poter riconoscere precocemente comportamenti a
rischio e dannoso legati all’assunzione di alcol. Seguirà un inquadramento delle dipendenze ed una
sessione di role-playing per sperimentarsi direttamente in una simulazione di dialogo con una persona
che abusa di alcol.
Daniela Cavallini:
Dott. Mascitelli, non mi resta che ringraziarLa e ricordare i Suoi riferimenti professionali.
Dott. Massimiliano Mascitelli – www.formotionacademy.com - [email protected] – mobile
+39 334 3787340 -