Extempore n.1 "Dalla casa immaginata all`immagine della casa"*

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Extempore n.1 "Dalla casa immaginata all`immagine della casa"*
UNIVERSITÀ DI FIRENZE - DIPARTIMENTO DI ARCHITETTURA - CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA
LABORATORIO DI TECNOLOGIA DELL'ARCHITETTURA/B
Prof. Antonio Laurìa
CO-DOCENTI: ing. Alessandro Bartolini; arch Ph.D Marco Forcelli; arch. Andrea Meinardi; arch. arch. Ph.D Fabio Valli
Extempore n.1
"Dalla casa immaginata all'immagine della casa"*
Leggere attentamente il testo tratto dal libro di
Eugenio Scalari “Il labirinto” e analizzarlo in
modo da evidenziarne i brani che contengono
elementi figurativi utili ad una interpretazione
grafica dell’edificio e del luogo descritto.
* Questa prova è stata concepita dal prof. Corrado Latina
1. TESTO
”Quella casa non era una casa come più o meno ciascuno può immaginare l'oggetto che sta dietro alla parola. Non
era un alloggio né una villa né un palazzo né una fattoria di campagna. Niente di tutto ciò.
Era - almeno come io la vedevo e come la ricordo - il ventre di una balena. 0 un formicaio come se lo scavano
sottoterra le formiche sebbene nessuno abbia potuto vederne uno coi propri occhi. 0 un monastero con grandi spazi
comuni e tante celle in ciascuna delle quali ci s'immagina un monaco, murato per lunghe ore del giorno e della notte
nella sua solitudine, imprigionato e difeso dalle sue quattro mura, in guerra con se stesso, col suo dio e col suo
demonio.
In realtà quella casa era un labirinto di corridoi, scalette, ballatoi, passaggi, abbaini, cantine, soffitte; e in mezzo a
quell'intrico di spazi semibui e aggomitolati in un disordine apparentemente insensato l'aprirsi improvviso di grandi
sale luminose, dipinte, tappezzate con lusso se non con gusto: sequenze di tre o quattro grandi stanze, saloni,
gallerie con ampie porte e finestre, dopo le quali ricominciavano gli anditi sghembi, intrecciati l'uno sull'altro come
una sorta d'intestino avvoltolato su se stesso e poi ancora saloni e padiglioni e ancora cunicoli, dispense, cucine
gettate lì alla rinfusa.
Tutti gli spazi di questo specialissimo sito erano in comunicazione tra loro e chi conosceva bene
quell'agglomerato era in grado di percorrerlo da un capo all'altro, ma erano m pochi a poter vantare una sufficiente
erudizione del luogo: i vecchi che ci avevano passato la vita e i bambini che ne facevano terreno di esplorazioni e
scorrerie quotidiane.
L'esterno era ancora più bizzarro di quanto non fosse l'interno. Al centro sorgeva quello che originariamente era
stato il palazzo: due piani alti su fondamenta che emergevano di almeno tre metri dal suolo e ospitavano vecchie
scuderie, magazzini e stanze per qualche artigiano di famiglia o qualche vecchio servitore che non aveva
abbandonato né la casa né la variegata tribù che l'abitava.
Un terzo giro di finestre sormontava i due piani "nobili" impreziositi da una vaga andatura settecentesca; al primo
si accedeva da una scala esterna a due rampe convergenti in un'ampia balconata sulla quale si aprivano sei grandi
finestroni- Era quello il solo fronte simmetrico di tutto l'edificio che in tutti gli altri lati sembrava il risultato d'una
scommessa vittoriosa contro ogni possibile genere architettonico: rientranze e sporgenze si alternavano come bolle
irregolari, il mattone era interrotto dall'intonaco, l'intonaco dalla pietra, le finestre sembravano aperte a caso e poi
avancorpi, torrette, balconi in ferro battuto, "bow-windows" e archetti sorretti da colonnine e improvvise vetrate che
tagliavano i muri con profondi solchi orizzontali.
Al di sopra di quei due piani ne era stato costruito, come ho detto, un terzo di più bassa elevazione che faceva
da contrappunto al basamento sul quale poggiava la parte nobile dell'edificio. Lì erano le soffitte e le stanze
dormitorio della servitù e di alcuni dei ragazzi non ancora arrivati allo "status" previsto per vedersi assegnato uno
spazio nella parte "vera" della casa.
Dalla vasta distesa di tetti punteggiata da numerose canne fumarie spuntava un'altana di notevole fattura e in
cima ad essa un Cupido bronzo-alato annerito dal tempo, con tanto di frecce e faretra. Questo era, come ho detto, il
cuore di quella bizzarria architettonica, ma il resto era ancor più irregolare e privo di qualsiasi stile e progetto. Ai
fianchi e sul retro del nucleo originario erano infatti cresciuti in totale disordine altri corpi di fabbrica appoggiati ai
muri della costruzione principale o distaccati di cinque o sei metri ma collegati per mezzo di passaggi e corridoi
coperti.
Quei corpi di fabbrica, quasi tutti più bassi di quello principale, avevano finito per nasconderne il perimetro
lasciando in vista solo la parte centrale della facciata e lo scalone a doppia rampa che ne costituiva l'orgoglioso
ornamento. Per non soffocare una costruzione con l'altra e non occludere l'aria e la luce si erano moltiplicati
minuscoli cortili dove un'aiuola, un cespuglio, una fontana tentavano d'ingentilire il succedersi dei muri color della
ruggine e gli intonaci screpolati.
Così, attraverso successivi accrescimenti, a volte funzionali alle necessità degli abitanti del luogo e altre volte
dettati soltanto dalla fantasia e dall'amor della pietra dei committenti, quel labirinto si era esteso inesorabile e
inarrestabile fino a coprire tutta l'area di quello che molti anni prima era stato il grande giardino al centro del quale
era sorto il palazzotto originario. Sicché alla fine di un lungo processo di lavori mai interrotti, l'"oggetto" aveva
raggiunto il vecchio muro di cinta del giardino e vi si era appoggiato riconoscendovi il proprio limite non valicabile.
Settemila e trecento metri misurava l'imponente superficie; le porte d'accesso erano ventiquattro e le finestre, tra
grandi e piccole, almeno trecentocinquanta. La distesa di tetti, tettucci, terrazzi, comignoli e gronde era
l'incontrastato dominio d'una vasta tribù di gatti alcuni dei quali, capricciosamente scelti, avevano accesso alle
stanze della casa mentre la maggior parte ne era rigorosamente esclusa. Nidi di passeri, colombi e rondoni
completavano quella fauna aerea.
Da basso cani da caccia e da guardia di abbastanza nobile portamento alzavano incessanti mulinelli di polvere
scatenando frequenti risse e abbaiamenti altissimi specie di sera e a notte fonda.
Questa specie di villaggio sorgeva sul pianoro di una collina. Al di là del muro di cinta e del grande cancello di
ferro che lo chiudeva (un altro più piccolo si apriva dalla parte opposta) si estendeva una campagna di vigne e
agrumeti che finiva in una lunga striscia di canneti e nelle dune di sabbia oltre le quali la spiaggia e il mare.
Dall'altra parte orti, querce da sughero, ulivi, campi di trifoglio e di girasoli, qualche casale, un frantoio, tre stalle,
un torrente da cui veniva derivata l'acqua necessaria a irrigare i campi e ad abbeverare le bestie.
La città più prossima distava ventidue chilometri. A ovest e a nord azzurre colline chiudevano l'orizzonte.
[Tratto da: E. Scalfari, Il Labirinto, Milano, Rizzoli, 1998, pp. 21-24]
2. MODALITÀ DI SVOLGIMENTO e COMMENTO
“Agli allievi si chiede di restituire una "propria" visione dell’edificio descritto, su uno o più fogli formato A2 (420
x 694 mm), secondo i criteri tecnici e grafici preferiti e/o meglio conosciuti, e anche con più di un solo disegno.
A titolo di esempio, si possono fare: viste assonometriche o prospettive (dal basso o dall'alto); viste esterne
e/o interne; visioni dell'edificio nel contesto; piante, prospetti, sezioni esemplificative ecc.
I disegni possono essere fatti a proprio piacimento (matita o inchiostro, nero o colori, tempere, pennarelli, e
anche acquarelli ! Se se ne dispone) e usando al massimo la propria creatività.
Diciamo che ci si deve calare nel ruolo di un illustratore chiamato a produrre delle tavole per questo volume. Si
consiglia di lavorare a mano libera.
A questo punto molti allievi saranno presi dal panico, soprattutto se non hanno dimestichezza col disegno…
Niente paura! Questa prova ha un carattere sperimentale, non è un esame di disegno, e la valutazione dei
vostri elaborati non inciderà nel merito del vostro "profitto". Ma DOVETE PRODURRE qualsiasi tipo di
disegno, nel poco tempo a disposizione. Bello o brutto, sporco o pulito, poco importa. Se volete fare gli
architetti non potete fermarvi davanti a difficoltà di questa sorta! (…)
(Corrado Latina)
3. RESTITUZIONE GRAFICA
I fogli da disegno dovranno essere squadrati (cornice di 2 cm) e dovranno recare in basso a destra (posto il lato
maggiore in orizzontale) la seguente intestazione:
DIPARTIMENTO DI ARCHITETTURA DI FIRENZE – CORSO DI LAUREA IN ARCHITETTURA
LABORATORIO DI TECNOLOGIA DELL’ARCHITETTURA/B – prof. Antonio Laurìa – A.A. 2015-‘16
Extempore 1 “Dall’immagine della casa alla casa immaginata”
Studente
Data
4.
TEMPI
4 ore