veiove, un dio `malefico` di sorprendente bellezza
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veiove, un dio `malefico` di sorprendente bellezza
VEIOVE, UN DIO ‘MALEFICO’ DI SORPRENDENTE BELLEZZA Nel 1977 il casuale ritrovamento di una eccezionale statuetta bronzea riscriveva la storia del territorio di Atessa. Gli scavi effettuati nel sito, in località Passo Porcari, presso la strada comunale di Montemarcone e non lontano dal tracciato del Tratturo Magno, hanno messo in luce i resti di un santuario ellenistico-romano del II/I secolo a.C., costituito da un temenos o recinto sacro, all’interno del quale era collocato un tempietto in antis senza podio e con cella dalle pareti intonacate. Diversi i manufatti rinvenuti, tra i quali emergono una testa di cavallo, probabile ornamento di un fregio o di un frontone, un troncone di ara su cui è scolpita una testa di ariete, un frammento di catino decorato con serpente, una moneta e materiali in argilla rosa e vernice nera. In più la presenza di una fornace lascia ipotizzare la produzione in loco di ex voto commissionati da pellegrini e devoti. L’attenzione e l’interesse, tuttavia, si polarizzano sulla stupenda statuetta bronzea che ha motivato l’origine dello scavo. Si tratta della rappresentazione di una giovane divinità maschile nuda con mantello ripiegato sulla spalla e sul braccio sinistro e con la caratteristica anastolè sulla fronte, tipica dell’iconografia di Alessandro Magno, che tradisce una elevata perizia tecnica, raffinatezza ed eleganza. L’eclettismo della composizione e lo stile alessandrino lasciano intuire la possibile provenienza magnogreca o campana del reperto, e non una esecuzione locale, come quella della statuetta di Veiove con fulmini proveniente da Pian Marino di Tornareccio, di più rozza fattura tecnica. Il linguaggio figurativo del bronzetto di Atessa sembra, infatti , richiamare sia l’armonia della produzione artistica di Policleto, sia i codici tridimensionali dell’arte di Lisippo. La divinità rappresentata è stata interpretata come Veiove, ovvero Giove Giovanile, indiziato dal prefisso ve, o Giove degli Inferi, munito di giavellotto o armato di fulmini ed avvolto con pelle di capra, oggetto di culto a Roma e presso gli Etruschi e le popolazioni italiche. Anche nella statuetta di Atessa un foro sulla base lascia ipotizzare l’antica presenza di un giavellotto nella mano destra. Ve-iovis, in realtà, non è un Giove diverso dal padre celeste ed opposto alla sua regalità, bensì ne esprime l’aspetto ctonio, sotterraneo, amante dei luoghi paludosi, vulcanici o malsani. I Romani, soprattutto, lo temevano, per questo gli tributavano onori e culti e gli dedicavano templi, statue ed are, per ingraziarsi la sua protezione ed allontanarne i malefici ed, in una sorta di contrapposizione simbolica, amavano rappresentarlo come un giovane bello e rassicurante, più vicino all’iconografia di Apollo. In tale contesto storico-cultuale si inscrive anche il Veiove di Atessa, da considerare un probabile dono votivo, ricco di simbolismi e di rimandi colti, portato in oblazione al santuario da qualche ricco committente, nell’ambito degli scambi, dei traffici e dei commerci extraregionali attivati lungo le arterie transumantiche. A cura di Adele Cicchitti Rotary Club di Atessa Media Val di Sangro - Distretto 2090 - www.rotaryclubatessa.it