Sociologia della Scienza

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Sociologia della Scienza
Scienza e comunicazione della scienza
Dal punto di vista sociologico la scienza può essere definita
come: “un’istituzione sociale dedita alla costruzione di un
consenso razionale d’opinione sul più vasto campo possibile”
“Il principio basilare della scienza è che i risultati della ricerca
devono essere resi pubblici.”
“Qualsiasi cosa gli scienziati pensino o dicano individualmente,
le loro scoperte non possono essere considerate come
appartenenti alla conoscenza scientifica finché non sono state
riferite e registrate in modo permanente” [Ziman].
In un certo senso,
comunicazione.
quindi,
non
esiste
scienza
senza
Come dice Paolo Rossi:“la scienza moderna è nata nel Seicento
abbattendo il paradigma della segretezza”.
Non è un caso che la scienza moderna sia nata dopo
l’invenzione della stampa, ossia dopo che si è creata la
possibilità tecnica di una comunicazione pubblica e rapida che
consente di riferire, registrare e discutere i risultati
dell’osservazione della natura.
Avrebbero avuto lo stesso dirompente impatto, scientifico e
culturale, le prime osservazioni del cielo col cannocchiale tra la
fine del 1609 e l’inizio del 1610, se Galileo Galilei non le avesse
rese pubbliche mandando alle stampe e facendo circolare il suo
Sidereus Nuncius?
Nel primo manifesto della Royal Society (1667) ai soci è
richiesto “un modo di parlare discreto, nudo, naturale,
significati chiari, una preferenza per il linguaggio degli artigiani
e dei mercanti piuttosto che per quello dei filosofi”.
Molti scienziati abbandonano il latino (lingua dei teologi) e
usano il volgare, ricorrendo anche alla forma del dialogo, che
Galileo adotta per Il saggiatore e per il Dialogo sopra i due
massimi sistemi del mondo.
Nel Settecento questa opera di comunicazione e divulgazione si
amplifica: il testo simbolo è proprio l’Encyclopédie che Diderot e
d’Alembert pubblicano a partire dal 1751.
Georges-Louis Leclerc (1707-1788) scrive la sua Storia naturale,
generale e particolare in francese, usando uno stile brillante,
contiguo a quello della letteratura e della poesia. Anche Voltaire
fa divulgazione: nelle Lettere filosofiche inserisce un dialogoscontro tra la fisica di Newton e quella di Cartesio, mentre negli
Elementi della filosofia di Newton si trova la famosa immagine
dello scienziato sotto l’albero di mele.
Anche in Italia non mancano divulgatori famosi come Francesco
Algarotti (1712-1764), autore del Newtonianismo per le dame e
Giuseppe Compagnoni (1754-1833), che pubblica a Venezia la
Chimica per le donne.
In Inghilterra, Conversations on Chemistry di Jane Haldimand
Marcet (1769-1858), pubblicato nel 1806, diventa addirittura un
best-seller, con sedici edizioni inglesi, quindici americane e due
traduzioni francesi.
Nel Novecento l’entusiasmo degli scienziati verso la
divulgazione della scienza diminuisce in modo sensibile. Nel
1938 Lancelot Hogben, per non pregiudicare la sua prossima
nomina a Fellow della Royal Society, chiese al collega Hyman
Levy di fingere di essere l’autore del suo libro Mathematics for
the Million, opera divulgativa che divenne un bestseller
internazionale.
Nel 1992 l’astronomo Carl Sagan, direttore del Laboratory of
Planetary Studies della Cornell University, autore di venti libri
tradotti in tutto il mondo, di una serie televisiva di enorme
successo oltre che di un film per Hollywood, si vide rifiutare
l’ingresso nella National Academy of Sciences.
Troppi colleghi storsero il naso di fronte alla sua attività di
divulgatore. Due anni più tardi la National Academy of Sciences
ci ripensò onorandolo anzi con la Public Welfare Medal.
Il caso di Sagan esemplifica l’atteggiamento di chi ritiene che
chi si occupa troppo di divulgazione finisce inevitabilmente per
trascurare il vero scopo dell’attività scientifica: la ricerca.
Ai giorni nostri, quello di saper comunicare le proprie scoperte
è diventato uno dei compiti fondamentali di uno scienziato.
Gran parte della migliore divulgazione scientifica internazionale
non è fatta da “traduttori”, ma da scienziati. Basti pensare a
Richard Dawkins, Antonio Damasio, Stephen Hawking, Edward
O. Wilson, Jared Diamond o Luigi Luca Cavalli Sforza.
Oggi sono le stesse istituzioni scientifiche, dalla Royal Society
inglese
all’Académie
des
Sciences
francese,
dalla
Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation
australiana alla American Association for the Advancement of
Science, a invitare i propri membri a raccontare il loro lavoro.
Alcune istituzioni, come la National Science Foundation
americana e i Research Council britannici hanno prodotto linee
guida sulla comunicazione, molte hanno creato uffici stampa o
si sono dotate di un responsabile della comunicazione,
promuovendo iniziative di ogni tipo, dai siti web educativi ai
documentari, dalle mostre al volontariato nella ricerca.
+
SCIENZIATI
comunicazione
PUBBLICO
-
Livello di cultura scientifica
Il “modello standard” della comunicazione
scientifica
top-down model, deficit model, translation model
Modello “Prometeo”
1930: William Laurence,
giornalista scientifico per
il New York Times,
scrive: “Autentici
discendenti di Prometeo,
gli scrittori di scienza
dovrebbero prendere il
fuoco dall’Olimpo
scientifico dai laboratori
e dalle università, e
portarlo giù, al popolo”
Modello “Mosè”
Lo scienziato, e la
Comunicazione
Scientifica, possono
mettere soggezione,
ma le leggi di natura
sono oggettive e
immutabili.
Comunicarle
significa solo
“trasporle giù”,
metterle a
disposizione di tutti
Esiste una doppia problematica da risolvere per la
comunicazione della scienza:
1. Come tradurre il linguaggio della scienza?
2. Come contestualizzare il fatto, come
descrivere il processo, come passare
l’emozione,
come
democratizzare
la
conoscenza?
È necessario tener conto anche delle modalità
cognitive con le quali l’informazione viene recepita
ed interpretata.
Caso
specifico:
probabilistici
interpretazione
dei
dati
H.G.Wells profetizzò che un giorno, il pensiero
statistico sarebbe diventato altrettanto necessario
della capacità di leggere e scrivere.
J.A.Paulos ha cercato di valutare quanto il pensiero
statistico corretto sia effettivamente diffuso. Tra gli
altri, riporta l’aneddoto del meteorologo americano
che, dando la notizia che c’era un 50% di probabilità
di pioggia al sabato ed un 50% di probabilità di
pioggia alla domenica, concluse che le probabilità di
pioggia nel week-end erano del 100%!
Esempio: la comunicazione tra
medico e paziente
I medici cercano di informare i pazienti dei possibili effetti
collaterali dei farmaci.
Uno psichiatra segnala ai suoi pazienti affetti da disturbi
depressivi che il Prozac (farmaco a loro utile) può avere alcuni
effetti collaterali.
I pazienti hanno una probabilità tra il 30-50% di ritrovarsi con
un problema sessuale come l’impotenza o la riduzione
dell’interesse sessuale.
Molti dei pazienti interpretano questa informazione nella loro
logica: qualcosa sarebbe andato storto nel 30-50% dei loro
rapporti…
Se il medico dicesse: “Ogni dieci persone cui viene prescritto il
Prozac ce ne sono da tre a cinque che vanno incontro a effetti
collaterali” la comprensione sarebbe molto più immediata.
Comunicato stampa del 1995:
“Le persone con
colesterolemia elevata
possono ridurre il rischio di
morte del 22% assumendo il
Pravastatin sodico”
Significa che su 1000
persone ipercolesterolemiche
220 non avranno gravi
attacchi cardiaci o cerebrali?
Medicina somministrata
N° decessi (ogni 1000
persone con elevato
colesterolo)
Pravastatin
32
Placebo
41
Ci sono modi diversi di presentare il beneficio:
• Riduzione del rischio assoluto: riduzione assoluta del
rischio di decesso. Da 41 decessi su 1000 a 32 su
1000=9/1000=0,9%
• Riduzione del rischio relativo: riduzione del rischio
assoluto in proporzione al numero di pazienti che muoiono
senza assumere la cura. In questo caso, essa è pari a
9/41=22%
• Numero di soggetti che è necessario curare per salvare
una vita. Il Pravastatin salva 9 vite ogni 1000, quindi circa
1 ogni 111.
Problema sanitario:
interpretazione dei test
Nella popolazione generale (> 50 anni) la probabilità di
un cancro del colon-retto è del 0,3 % (3/1000);
Se un paziente ha un cancro del colon-retto, la probabilità
che il test del sangue occulto nelle feci sia positivo è del
50%.
Se un paziente ha un cancro del colon-retto, la probabilità
che il test del sangue occulto nelle feci sia negativo è del
3 %.
Se una persona presenta sangue occulto nelle
feci,
quale
è
la
probabilità
che
abbia
effettivamente un cancro del colon-retto?
Thomas Bayes (1702-1761)
TEOREMA di BAYES
Calcolo della probabilità di un’ipotesi sulla base…
™ della sua probabilità a priori – ciò che sappiamo di un
evento prima che questo si verifichi
™ di nuovi dati empirici – eventuali informazioni ottenute
successivamente
Teorema per la rappresentazione normativa del processo
di aggiornamento delle conoscenze
In questo caso la probabilità a priori è la diffusione della
malattia presso la popolazione (probabilità a priori o
frequenza di base), che io devo rivedere sulla base
dell’esito del test.
(test di Bayes): metodo delle probabilità
•
•
•
•
p (malattia) : 0,003 (3 per mille)
p (non malattia): 0,997 (997 per mille)
p (test positivo/malattia): 0,50 (50%)
p (test positivo/non malattia): 0,03 (3%)
0,003 x 0,5
P (malattia/positività) = ------------------------------------- = 0,05 (5 %)
0,003 x 0,50 + 0,997 x 0,03
Metodo delle frequenze naturali
•p (malattia): 0,3 %
•p (non malattia): 0,997 (997 per mille)
•p (test positivo/malattia): 0,50 (50%)
•p (test positivo/non malattia): 0,03 (3%)
10000 persone
9970 sane
30 malate
Test sangue occulto
15 positive
15 negative
300 positive
P (malattia/positivo) = ?
9670 negative
Cancro
SI
Cancro
NO
Totale
casistica
Sangue occulto
positivo
15
300
315
Sangue occulto
negativo
15
9670
9685
30
9970
10000
Sensibilità di un test (quanti veri malati risultati positivi) = (15 su 30) cioè 50 %
Specificità di un test (quanti veri negativi sono negativi) = (9670 su 9970) cioè 97 %
Falsi positivi (300 su 9970) = 3 %
falsi negativi = (15 su 30) cioè 50 %
Paziente che si è sottoposto a test per HIV
ed è risultato positivo chiede…
• Sensibilità del test: è molto elevata? Vi sono false
positività?…
• Specificità del test: vi sono falsi negativi?…
• Quale è la diffusione tra persone non a rischio
(eterosessuale, non droghe…) ?
• Quale è la diffusione tra i gruppi di persone a rischio
(omosessuali, tossicomani…)?
• Non esiste al mondo nessun test che sia sicuro al
100% (Benjamin Franklin: “Al mondo ci sono solo due
cose assolutamente certe: la morte e le tasse”)
Se un soggetto non a rischio si
sottopone a test per HIV e risulta
positivo, che probabilità ha di essere
malato?
•p (malattia) : 0,01 % (in maschi “senza rischi”)
•p (non malattia): 0,999 (999 per mille)
•p (test positivo/malattia): 0,999 (99,9%)
•p (test positivo/non malattia): 0,0001 (0,001%)
10000 persone
1 malata
9999 sane
0 negativa
•p (malattia) : 1,5 % (in maschi “a rischio”)
•p (non malattia): 0,985 (985 per mille)
•p (test positivo/malattia): 0,999 (99,9%)
•p (test positivo/non malattia): 0,0001 (0,001%)
10000 persone
150 malati
Test HIV
1 positiva
Se un maschio “a rischio” si
sottopone a test per HIV e
risulta positivo, che probabilità
ha di essere malato?
Test HIV
1 positiva
9998 negative
150 positivi
0 negativi
P = 50 %
(2 positivi 1 con patologia e 1 senza)
9850 sani
P = 99,3 %
1 positivo
9849 negativi
“Risolvere un problema significa solo rappresentarlo
in modo da rendere trasparente la soluzione”
(Herbert Simon, The Sciences of the Artificial)
In generale, la comunicazione delle probabilità
tramite il metodo delle frequenze naturali semplifica
il compito di rappresentazione del problema e mette
i soggetti in condizione di interpretare correttamente
il dato.
Questa conclusione è avvalorata da numerose
ricerche empiriche condotte anche su medici ed
esperti (cfr. Gerd Gigerenzer, Quando i numeri
ingannano. Imparare a vivere con l’incertezza,
Raffaello Cortina Editore).
Le scienze, soprattutto le scienze matematizzate,
utilizzano un linguaggio che non è comune ma
anche e soprattutto un impianto logico che è lontano
dal senso comune.
Anche nella comunicazione della scienza vale un
“principio di indeterminazione”:
∆R x ∆C ≥ k
R = rigore
C = comunicabilità
k = costante
Le buone tecniche di comunicazione devono cercare
di minimizzare il valore di k
Alcune caratteristiche del discorso scientifico:
• Estremamente specializzato nel lessico. Molti
vocaboli non hanno “traduzione”, non solo
perchè
rappresentano
elementi
interni
all’apparato concettuale della disciplina, ma
anche perchè spesso sono in corrispondenza
non con un singolo concetto, ma con interi
processi. Sono delle “etichette”.
• Formalizzato, spesso con ricorso a formule,
diagrammi, probabilità, ecc.
• Dotato di una sintassi asciutta e normativa
• Impregnato
rilevante
di
una
retorica
tacita
ma
La sintassi è estremamente semplificata, la semantica
rigida, per evitare le ambiguità.
Struttura “step by step”: ogni paragrafo tende a “seguire
logicamente” a quello precedente.
Alto contenuto di informazione.
Molto rare le divagazioni, i flash-back, le figure retoriche.
“The preparation of a scientific paper has almost nothing
to do with literary skill. It is a question of organization”.
Robert A. Day, How to Write and Publish a Scientific
Paper
Un articolo scientifico non è solo la relazione del lavoro
svolto. Ha un intento retorico importante: quello di
convincere i colleghi (o i referees) che esso può
rappresentare un contributo originale e prezioso e far
parte dell’archivio di conoscenze della scienza.
Sulla struttura lessicale, sintattica, semantica e retorica dei
testi scientifici si possono riscontrare gli influssi del “metodo
scientifico” e dell’ethos mertoniano:
• Un grande uso della terza persona, del riflessivo, del
passivo. Rarissima la prima persona (che è in conflitto
con il comunitarismo e il disinteresse)
• L’universalismo implica la necessità di mettere
chiunque in condizioni di verificare o falsificare:
descrizione completa, step by step, tanto dei passaggi
concettuali quanto delle procedure sperimentali
• La “funzione del linguaggio” dominante è quella
referenziale. Quasi assente quella emotiva.
• Tuttavia, la norma mertoniana dell’originalità vuole
che abstract e conclusioni mettano in evidenza il
contributo innovativo.
Titolo: diretto, breve, informativo
Abstract (sommario): scopo dell’esperimento, risultati
principali, loro significato, conclusioni
Introduzione: background sull’esperimento e sulla teoria
connessa (equazioni, modelli, ecc.)
Metodi, materiali, strumentazione
Procedura sperimentale: cosa abbiamo fatto
Risultati: cosa abbiamo osservato
Discussione: cosa significano i nostri risultati
Conclusioni: implicazioni... sogni nel cassetto
Referenze: la bibliografia base
Appendici: eventuali dimostrazioni, grafici, immagini, ecc.
Struttura IMRAD del paper scientifico:
• Introduzione
• Metodi (e materiali)
• Risultati
• and
• Discussione
Il paper scientifico è uno dei modi con i quali è possibile
comunicare la scienza, ma non è l’unico. Strumenti
differenti possono presentare caratteristiche diverse.
Per comunicare la scienza a diversi livelli, occorre tener
conto della specificità dei diversi strumenti.
Comunicazione
formale
Comunicazione
informale
Comunicazione
pubblica
Scritta
Letteratura
primaria
e secondaria
Lettere,
quaderni di
laboratorio
Divulgazione
(libri, giornali)
Orale
Congressi,
conferenze
Discussioni
in laboratorio
o private
Insegnamento
Conferenze
Radio, TV
ecommunication
Riviste
specializzate
in rete
e-mail, scambio di
dati e di informazioni
via Internet, chat line
Divulgazione in
rete, e -mail, chat
line
Cloître e Shinn (1985) identificano quattro livelli principali
all’interno del processo di comunicazione scientifica:
1. Livello intraspecialistico: paper pubblicato su una
rivista scientifica specializzata.
2. Livello
interspecialistico:
articoli
interdisciplinari
pubblicati su “periodici ponte” (bridge journals) come
“Nature” e “Science”, relazioni presentate nel corso di
incontri tra scienzati di diverse discipline.
3. Livello pedagogico: è “la scienza dei manuali”. L’enfasi
è posta sulla prospettiva storica e sulla natura
cumulativa della conoscenza scientifica.
4. Livello popolare: articoli scientifici pubblicati sulla
stampa quotidiana e periodica, “scienza amatoriale”
dei documentari scientifici televisivi.
MODELLO della COMUNICAZIONE DELLA SCIENZA
livello intraspecialistico
livello interspecialistico
livello pedagogico
-
livello popolare
+
Grado di consolidamento della conoscenza scientifica
L’esposizione specialistica (“scienza delle
caratterizzata da provvisorietà e incertezza.
riviste”)
è
Quando una teoria fa il suo ingresso nel “manuale” perde
molti di questi caratteri e diventa un “fatto”
consensualmente condiviso dalla comunità scientifica.
Un passo ulteriore avviene nell’esposizione della scienza
popolare: qui “il fatto si è già fatto carne: esso diviene
una cosa immediatamente percepibile, diviene la realtà”.
Il percorso comunicativo dalla scienza specialistica a
quella popolare è una sorta di “imbuto che si restringe
progressivamente, lungo il quale il sapere perde
sottigliezze e sfumature riducendosi a pochi elementi
certi e incontrovertibili”.
Non sempre la traiettoria è lineare: vi possono essere (e
di fatto si verificano sempre di più) “deviazioni” verso il
livello pubblico: la comunicazione passa direttamente al
livello popolare per poi influenzare i livelli specialistici.
In certi casi gli scienziati possono utilizzare conferenze
stampa e mezzi di comunicazione di massa per
“anticipare” l’annuncio delle loro scoperte in modo da
garantirsi priorità, visibilità, accesso a fondi di ricerca,
ecc.
Occorre un certo tempo perché una pubblicazione passi
tutto il periodo di peer review e poi c’è sempre il rischio
di plagio, ecc. (non a caso negli USA prima si brevetta,
poi si pubblica).
Il comparire sulla stampa quotidiana può poi influire sullo
stesso processo di valutazione: secondo uno studio, un
paper pubblicato sul NEJM ha una probabilità tre volte
maggiore di essere citato nella letteratura scientifica se
viene citato sul NYT.
La metafora del “buco dell’ozono”, con il suo enorme
impatto mediatico, produsse un consenso a livello
pubblico che anticipò di almeno un anno quello
specialistico – all’epoca ancora incerto e controverso –
sull’impatto dei Cfc sull’atmosfera.
La convergenza raggiunta a livello politico con il
protocollo di Montreal del 1987 – in cui si stabiliva la
necessità di accordi internazionali per ridurre le emissioni
di Cfc – portò indirettamente a rafforzare lo status di
conoscenze che a livello specialistico erano ancora
largamente dibattute.
La gestione del policy-advice
Richiesta di maggiore trasparenza e apertura nella gestione
degli esperti che devono fornire supporto alle decisioni dei
politici
Dibattito che ha avuto un grande impulso a seguito dello
scoppio del caso BSE in Inghilterra e delle successive analisi
della Commissione Phillips
Forte eco anche a livello europeo. Adozione del White Paper on
Governance, che si ispirava ai principi di:
• Accountability
• Openess
• Transparency
Il caso BSE
Nel novembre del 1986, i veterinari del Ministero inglese
dell’Agricoltura, dell’Allevamento e dell’Alimentazione (MAFF)
identificarono l’Encefalopatia Spongiforme Bovina (BSE),
(“sindrome della mucca pazza”).
Dopo alcune incertezze, nella primavera del 1988 venne
insediata una commissione di inchiesta, allo scopo di studiare il
fenomeno e definire gli interventi per arginarlo.
Nel rapporto conclusivo della Southwood Working Party si
consigliava l’abbattimento dei capi malati, ma non figuravano
evidenze certe circa la trasmissione della BSE agli uomini.
Per circa dieci anni, queste conclusioni costituirono la
legittimazione delle azioni del governo e il Southwood report
fu ripetutamente citato come prova infallibile che il rischio
posto dalla BSE agli umani fosse remoto.
Ministri e alti funzionari ribadirono più volte che era sicuro
mangiare carne bovina e che le politiche sulla BSE erano
“informate e governate” dal consiglio degli esperti.
Le dichiarazioni non cambiarono anche quando, nel 1990, si
scoprì il primo gatto affetto da Encefalopatia Spongiforme.
Infine, il 20 marzo del 1996, il Governo britannico annunciò
che dieci persone avevano contratto una malattia terribile e
fatale, la sindrome di Creutfeldt-Jakob (CJD), probabilmente
collegata con l’esposizione alla BSE.
Nel settembre del 2000 le vittime accertate erano già più di
ottanta, molte delle quali in giovane età.
La Southwood Working Party fu utilizzata dai policy makers per
provvedere legittimazioni scientifiche a decisioni politiche già
prese.
Già alla fine del 1987 i veterinari del MAFF avevano consigliato
al Ministro di abbattere i capi di bestiame infetti, ma questa
decisione venne rinviata per molto tempo.
Nei primi quindici mesi l’epidemia fu considerata dal Ministero
unicamente come un potenziale rischio per l’industria, il
commercio ed il consumo nazionale. L’abbattimento del
bestiame comportava inevitabilmente dei costi e non si sapeva
su chi farli gravare.
Si ritenne quindi che il parere di scienziati quotati e famosi
potesse rendere più veloce ed efficace il processo decisionale.
Il ruolo della Southwood Working Party fu principalmente
quello di fornire giustificazioni ex-post alle politiche del
governo, piuttosto che di elaborare informazioni utili al
processo politico.
Nel corso dei lavori nuove pressioni ed influenze politiche
vennero esercitate sull’operato della commissione. Il principale
veicolo di tali influenze fu la Segreteria della Commissione,
composta da rappresentanti del MAFF e del Ministero della
Sanità.
I rappresentanti del Ministero della Sanità, ad esempio,
convinsero i componenti della commissione a modificare un
passaggio del rapporto conclusivo riguardante l’uso dei
materiali bovini nei prodotti farmaceutici. Alcuni componenti e
derivati bovini, come il siero, sono infatti ampiamente utilizzati
nella preparazione dei medicinali ed in particolare dei vaccini.
Avanzare dei dubbi sulla sicurezza dei vaccini avrebbe messo in
pericolo il consenso pubblico sui programmi
nazionali di
vaccinazione.
Eliminando l’accenno all’utilizzo di materiali bovini nella
fabbricazione di prodotti sanitari, venne però ignorato e
sottovalutato un importante veicolo di trasmissione.
I componenti della Southwood Working Party, inoltre, furono
scelti più per la loro fama e per il loro prestigio che non per la
reale competenza in materia di Encefalopatia Spongiforme
Trasmissibile, di cui la BSE costituisce una particolare variante.
Non è un caso che il rapporto finale della Southwood Working
Party contenesse le spiegazioni epidemiologiche della BSE
formulate dagli esperti veterinari del MAFF.
La chiara mancanza di autonomia conoscitiva ha di fatto posto
la commissione in una situazione di subordinazione rispetto al
mondo politico e le ha impedito di esercitare in modo
indipendente le sue funzioni.
Lezioni da trarre dal caso BSE:
•Definire in modo chiaro i problemi che le singole commissioni
devono affrontare e le risposte che sono loro richieste;
•Non presentare mai conclusioni incerte come dati di fatto
assolutamente certi;
•Garantire la presenza di competenze effettive, non nominali, e
variegate;
•Mantenere l’indipendenza tra scienziati e politici (anche
assicurando l’autonomia formale delle commissioni dai
Ministeri);
•Includere anche soggetti “non esperti”;
•Rendere disponibili al pubblico le conclusioni (e in certi casi
anche i verbali) delle riunioni;
•Gestire i possibili conflitti di interesse;