Sociologia della Scienza
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Sociologia della Scienza
Scienza e comunicazione della scienza Dal punto di vista sociologico la scienza può essere definita come: “un’istituzione sociale dedita alla costruzione di un consenso razionale d’opinione sul più vasto campo possibile” “Il principio basilare della scienza è che i risultati della ricerca devono essere resi pubblici.” “Qualsiasi cosa gli scienziati pensino o dicano individualmente, le loro scoperte non possono essere considerate come appartenenti alla conoscenza scientifica finché non sono state riferite e registrate in modo permanente” [Ziman]. In un certo senso, comunicazione. quindi, non esiste scienza senza Come dice Paolo Rossi:“la scienza moderna è nata nel Seicento abbattendo il paradigma della segretezza”. Non è un caso che la scienza moderna sia nata dopo l’invenzione della stampa, ossia dopo che si è creata la possibilità tecnica di una comunicazione pubblica e rapida che consente di riferire, registrare e discutere i risultati dell’osservazione della natura. Avrebbero avuto lo stesso dirompente impatto, scientifico e culturale, le prime osservazioni del cielo col cannocchiale tra la fine del 1609 e l’inizio del 1610, se Galileo Galilei non le avesse rese pubbliche mandando alle stampe e facendo circolare il suo Sidereus Nuncius? Nel primo manifesto della Royal Society (1667) ai soci è richiesto “un modo di parlare discreto, nudo, naturale, significati chiari, una preferenza per il linguaggio degli artigiani e dei mercanti piuttosto che per quello dei filosofi”. Molti scienziati abbandonano il latino (lingua dei teologi) e usano il volgare, ricorrendo anche alla forma del dialogo, che Galileo adotta per Il saggiatore e per il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo. Nel Settecento questa opera di comunicazione e divulgazione si amplifica: il testo simbolo è proprio l’Encyclopédie che Diderot e d’Alembert pubblicano a partire dal 1751. Georges-Louis Leclerc (1707-1788) scrive la sua Storia naturale, generale e particolare in francese, usando uno stile brillante, contiguo a quello della letteratura e della poesia. Anche Voltaire fa divulgazione: nelle Lettere filosofiche inserisce un dialogoscontro tra la fisica di Newton e quella di Cartesio, mentre negli Elementi della filosofia di Newton si trova la famosa immagine dello scienziato sotto l’albero di mele. Anche in Italia non mancano divulgatori famosi come Francesco Algarotti (1712-1764), autore del Newtonianismo per le dame e Giuseppe Compagnoni (1754-1833), che pubblica a Venezia la Chimica per le donne. In Inghilterra, Conversations on Chemistry di Jane Haldimand Marcet (1769-1858), pubblicato nel 1806, diventa addirittura un best-seller, con sedici edizioni inglesi, quindici americane e due traduzioni francesi. Nel Novecento l’entusiasmo degli scienziati verso la divulgazione della scienza diminuisce in modo sensibile. Nel 1938 Lancelot Hogben, per non pregiudicare la sua prossima nomina a Fellow della Royal Society, chiese al collega Hyman Levy di fingere di essere l’autore del suo libro Mathematics for the Million, opera divulgativa che divenne un bestseller internazionale. Nel 1992 l’astronomo Carl Sagan, direttore del Laboratory of Planetary Studies della Cornell University, autore di venti libri tradotti in tutto il mondo, di una serie televisiva di enorme successo oltre che di un film per Hollywood, si vide rifiutare l’ingresso nella National Academy of Sciences. Troppi colleghi storsero il naso di fronte alla sua attività di divulgatore. Due anni più tardi la National Academy of Sciences ci ripensò onorandolo anzi con la Public Welfare Medal. Il caso di Sagan esemplifica l’atteggiamento di chi ritiene che chi si occupa troppo di divulgazione finisce inevitabilmente per trascurare il vero scopo dell’attività scientifica: la ricerca. Ai giorni nostri, quello di saper comunicare le proprie scoperte è diventato uno dei compiti fondamentali di uno scienziato. Gran parte della migliore divulgazione scientifica internazionale non è fatta da “traduttori”, ma da scienziati. Basti pensare a Richard Dawkins, Antonio Damasio, Stephen Hawking, Edward O. Wilson, Jared Diamond o Luigi Luca Cavalli Sforza. Oggi sono le stesse istituzioni scientifiche, dalla Royal Society inglese all’Académie des Sciences francese, dalla Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation australiana alla American Association for the Advancement of Science, a invitare i propri membri a raccontare il loro lavoro. Alcune istituzioni, come la National Science Foundation americana e i Research Council britannici hanno prodotto linee guida sulla comunicazione, molte hanno creato uffici stampa o si sono dotate di un responsabile della comunicazione, promuovendo iniziative di ogni tipo, dai siti web educativi ai documentari, dalle mostre al volontariato nella ricerca. + SCIENZIATI comunicazione PUBBLICO - Livello di cultura scientifica Il “modello standard” della comunicazione scientifica top-down model, deficit model, translation model Modello “Prometeo” 1930: William Laurence, giornalista scientifico per il New York Times, scrive: “Autentici discendenti di Prometeo, gli scrittori di scienza dovrebbero prendere il fuoco dall’Olimpo scientifico dai laboratori e dalle università, e portarlo giù, al popolo” Modello “Mosè” Lo scienziato, e la Comunicazione Scientifica, possono mettere soggezione, ma le leggi di natura sono oggettive e immutabili. Comunicarle significa solo “trasporle giù”, metterle a disposizione di tutti Esiste una doppia problematica da risolvere per la comunicazione della scienza: 1. Come tradurre il linguaggio della scienza? 2. Come contestualizzare il fatto, come descrivere il processo, come passare l’emozione, come democratizzare la conoscenza? È necessario tener conto anche delle modalità cognitive con le quali l’informazione viene recepita ed interpretata. Caso specifico: probabilistici interpretazione dei dati H.G.Wells profetizzò che un giorno, il pensiero statistico sarebbe diventato altrettanto necessario della capacità di leggere e scrivere. J.A.Paulos ha cercato di valutare quanto il pensiero statistico corretto sia effettivamente diffuso. Tra gli altri, riporta l’aneddoto del meteorologo americano che, dando la notizia che c’era un 50% di probabilità di pioggia al sabato ed un 50% di probabilità di pioggia alla domenica, concluse che le probabilità di pioggia nel week-end erano del 100%! Esempio: la comunicazione tra medico e paziente I medici cercano di informare i pazienti dei possibili effetti collaterali dei farmaci. Uno psichiatra segnala ai suoi pazienti affetti da disturbi depressivi che il Prozac (farmaco a loro utile) può avere alcuni effetti collaterali. I pazienti hanno una probabilità tra il 30-50% di ritrovarsi con un problema sessuale come l’impotenza o la riduzione dell’interesse sessuale. Molti dei pazienti interpretano questa informazione nella loro logica: qualcosa sarebbe andato storto nel 30-50% dei loro rapporti… Se il medico dicesse: “Ogni dieci persone cui viene prescritto il Prozac ce ne sono da tre a cinque che vanno incontro a effetti collaterali” la comprensione sarebbe molto più immediata. Comunicato stampa del 1995: “Le persone con colesterolemia elevata possono ridurre il rischio di morte del 22% assumendo il Pravastatin sodico” Significa che su 1000 persone ipercolesterolemiche 220 non avranno gravi attacchi cardiaci o cerebrali? Medicina somministrata N° decessi (ogni 1000 persone con elevato colesterolo) Pravastatin 32 Placebo 41 Ci sono modi diversi di presentare il beneficio: • Riduzione del rischio assoluto: riduzione assoluta del rischio di decesso. Da 41 decessi su 1000 a 32 su 1000=9/1000=0,9% • Riduzione del rischio relativo: riduzione del rischio assoluto in proporzione al numero di pazienti che muoiono senza assumere la cura. In questo caso, essa è pari a 9/41=22% • Numero di soggetti che è necessario curare per salvare una vita. Il Pravastatin salva 9 vite ogni 1000, quindi circa 1 ogni 111. Problema sanitario: interpretazione dei test Nella popolazione generale (> 50 anni) la probabilità di un cancro del colon-retto è del 0,3 % (3/1000); Se un paziente ha un cancro del colon-retto, la probabilità che il test del sangue occulto nelle feci sia positivo è del 50%. Se un paziente ha un cancro del colon-retto, la probabilità che il test del sangue occulto nelle feci sia negativo è del 3 %. Se una persona presenta sangue occulto nelle feci, quale è la probabilità che abbia effettivamente un cancro del colon-retto? Thomas Bayes (1702-1761) TEOREMA di BAYES Calcolo della probabilità di un’ipotesi sulla base… della sua probabilità a priori – ciò che sappiamo di un evento prima che questo si verifichi di nuovi dati empirici – eventuali informazioni ottenute successivamente Teorema per la rappresentazione normativa del processo di aggiornamento delle conoscenze In questo caso la probabilità a priori è la diffusione della malattia presso la popolazione (probabilità a priori o frequenza di base), che io devo rivedere sulla base dell’esito del test. (test di Bayes): metodo delle probabilità • • • • p (malattia) : 0,003 (3 per mille) p (non malattia): 0,997 (997 per mille) p (test positivo/malattia): 0,50 (50%) p (test positivo/non malattia): 0,03 (3%) 0,003 x 0,5 P (malattia/positività) = ------------------------------------- = 0,05 (5 %) 0,003 x 0,50 + 0,997 x 0,03 Metodo delle frequenze naturali •p (malattia): 0,3 % •p (non malattia): 0,997 (997 per mille) •p (test positivo/malattia): 0,50 (50%) •p (test positivo/non malattia): 0,03 (3%) 10000 persone 9970 sane 30 malate Test sangue occulto 15 positive 15 negative 300 positive P (malattia/positivo) = ? 9670 negative Cancro SI Cancro NO Totale casistica Sangue occulto positivo 15 300 315 Sangue occulto negativo 15 9670 9685 30 9970 10000 Sensibilità di un test (quanti veri malati risultati positivi) = (15 su 30) cioè 50 % Specificità di un test (quanti veri negativi sono negativi) = (9670 su 9970) cioè 97 % Falsi positivi (300 su 9970) = 3 % falsi negativi = (15 su 30) cioè 50 % Paziente che si è sottoposto a test per HIV ed è risultato positivo chiede… • Sensibilità del test: è molto elevata? Vi sono false positività?… • Specificità del test: vi sono falsi negativi?… • Quale è la diffusione tra persone non a rischio (eterosessuale, non droghe…) ? • Quale è la diffusione tra i gruppi di persone a rischio (omosessuali, tossicomani…)? • Non esiste al mondo nessun test che sia sicuro al 100% (Benjamin Franklin: “Al mondo ci sono solo due cose assolutamente certe: la morte e le tasse”) Se un soggetto non a rischio si sottopone a test per HIV e risulta positivo, che probabilità ha di essere malato? •p (malattia) : 0,01 % (in maschi “senza rischi”) •p (non malattia): 0,999 (999 per mille) •p (test positivo/malattia): 0,999 (99,9%) •p (test positivo/non malattia): 0,0001 (0,001%) 10000 persone 1 malata 9999 sane 0 negativa •p (malattia) : 1,5 % (in maschi “a rischio”) •p (non malattia): 0,985 (985 per mille) •p (test positivo/malattia): 0,999 (99,9%) •p (test positivo/non malattia): 0,0001 (0,001%) 10000 persone 150 malati Test HIV 1 positiva Se un maschio “a rischio” si sottopone a test per HIV e risulta positivo, che probabilità ha di essere malato? Test HIV 1 positiva 9998 negative 150 positivi 0 negativi P = 50 % (2 positivi 1 con patologia e 1 senza) 9850 sani P = 99,3 % 1 positivo 9849 negativi “Risolvere un problema significa solo rappresentarlo in modo da rendere trasparente la soluzione” (Herbert Simon, The Sciences of the Artificial) In generale, la comunicazione delle probabilità tramite il metodo delle frequenze naturali semplifica il compito di rappresentazione del problema e mette i soggetti in condizione di interpretare correttamente il dato. Questa conclusione è avvalorata da numerose ricerche empiriche condotte anche su medici ed esperti (cfr. Gerd Gigerenzer, Quando i numeri ingannano. Imparare a vivere con l’incertezza, Raffaello Cortina Editore). Le scienze, soprattutto le scienze matematizzate, utilizzano un linguaggio che non è comune ma anche e soprattutto un impianto logico che è lontano dal senso comune. Anche nella comunicazione della scienza vale un “principio di indeterminazione”: ∆R x ∆C ≥ k R = rigore C = comunicabilità k = costante Le buone tecniche di comunicazione devono cercare di minimizzare il valore di k Alcune caratteristiche del discorso scientifico: • Estremamente specializzato nel lessico. Molti vocaboli non hanno “traduzione”, non solo perchè rappresentano elementi interni all’apparato concettuale della disciplina, ma anche perchè spesso sono in corrispondenza non con un singolo concetto, ma con interi processi. Sono delle “etichette”. • Formalizzato, spesso con ricorso a formule, diagrammi, probabilità, ecc. • Dotato di una sintassi asciutta e normativa • Impregnato rilevante di una retorica tacita ma La sintassi è estremamente semplificata, la semantica rigida, per evitare le ambiguità. Struttura “step by step”: ogni paragrafo tende a “seguire logicamente” a quello precedente. Alto contenuto di informazione. Molto rare le divagazioni, i flash-back, le figure retoriche. “The preparation of a scientific paper has almost nothing to do with literary skill. It is a question of organization”. Robert A. Day, How to Write and Publish a Scientific Paper Un articolo scientifico non è solo la relazione del lavoro svolto. Ha un intento retorico importante: quello di convincere i colleghi (o i referees) che esso può rappresentare un contributo originale e prezioso e far parte dell’archivio di conoscenze della scienza. Sulla struttura lessicale, sintattica, semantica e retorica dei testi scientifici si possono riscontrare gli influssi del “metodo scientifico” e dell’ethos mertoniano: • Un grande uso della terza persona, del riflessivo, del passivo. Rarissima la prima persona (che è in conflitto con il comunitarismo e il disinteresse) • L’universalismo implica la necessità di mettere chiunque in condizioni di verificare o falsificare: descrizione completa, step by step, tanto dei passaggi concettuali quanto delle procedure sperimentali • La “funzione del linguaggio” dominante è quella referenziale. Quasi assente quella emotiva. • Tuttavia, la norma mertoniana dell’originalità vuole che abstract e conclusioni mettano in evidenza il contributo innovativo. Titolo: diretto, breve, informativo Abstract (sommario): scopo dell’esperimento, risultati principali, loro significato, conclusioni Introduzione: background sull’esperimento e sulla teoria connessa (equazioni, modelli, ecc.) Metodi, materiali, strumentazione Procedura sperimentale: cosa abbiamo fatto Risultati: cosa abbiamo osservato Discussione: cosa significano i nostri risultati Conclusioni: implicazioni... sogni nel cassetto Referenze: la bibliografia base Appendici: eventuali dimostrazioni, grafici, immagini, ecc. Struttura IMRAD del paper scientifico: • Introduzione • Metodi (e materiali) • Risultati • and • Discussione Il paper scientifico è uno dei modi con i quali è possibile comunicare la scienza, ma non è l’unico. Strumenti differenti possono presentare caratteristiche diverse. Per comunicare la scienza a diversi livelli, occorre tener conto della specificità dei diversi strumenti. Comunicazione formale Comunicazione informale Comunicazione pubblica Scritta Letteratura primaria e secondaria Lettere, quaderni di laboratorio Divulgazione (libri, giornali) Orale Congressi, conferenze Discussioni in laboratorio o private Insegnamento Conferenze Radio, TV ecommunication Riviste specializzate in rete e-mail, scambio di dati e di informazioni via Internet, chat line Divulgazione in rete, e -mail, chat line Cloître e Shinn (1985) identificano quattro livelli principali all’interno del processo di comunicazione scientifica: 1. Livello intraspecialistico: paper pubblicato su una rivista scientifica specializzata. 2. Livello interspecialistico: articoli interdisciplinari pubblicati su “periodici ponte” (bridge journals) come “Nature” e “Science”, relazioni presentate nel corso di incontri tra scienzati di diverse discipline. 3. Livello pedagogico: è “la scienza dei manuali”. L’enfasi è posta sulla prospettiva storica e sulla natura cumulativa della conoscenza scientifica. 4. Livello popolare: articoli scientifici pubblicati sulla stampa quotidiana e periodica, “scienza amatoriale” dei documentari scientifici televisivi. MODELLO della COMUNICAZIONE DELLA SCIENZA livello intraspecialistico livello interspecialistico livello pedagogico - livello popolare + Grado di consolidamento della conoscenza scientifica L’esposizione specialistica (“scienza delle caratterizzata da provvisorietà e incertezza. riviste”) è Quando una teoria fa il suo ingresso nel “manuale” perde molti di questi caratteri e diventa un “fatto” consensualmente condiviso dalla comunità scientifica. Un passo ulteriore avviene nell’esposizione della scienza popolare: qui “il fatto si è già fatto carne: esso diviene una cosa immediatamente percepibile, diviene la realtà”. Il percorso comunicativo dalla scienza specialistica a quella popolare è una sorta di “imbuto che si restringe progressivamente, lungo il quale il sapere perde sottigliezze e sfumature riducendosi a pochi elementi certi e incontrovertibili”. Non sempre la traiettoria è lineare: vi possono essere (e di fatto si verificano sempre di più) “deviazioni” verso il livello pubblico: la comunicazione passa direttamente al livello popolare per poi influenzare i livelli specialistici. In certi casi gli scienziati possono utilizzare conferenze stampa e mezzi di comunicazione di massa per “anticipare” l’annuncio delle loro scoperte in modo da garantirsi priorità, visibilità, accesso a fondi di ricerca, ecc. Occorre un certo tempo perché una pubblicazione passi tutto il periodo di peer review e poi c’è sempre il rischio di plagio, ecc. (non a caso negli USA prima si brevetta, poi si pubblica). Il comparire sulla stampa quotidiana può poi influire sullo stesso processo di valutazione: secondo uno studio, un paper pubblicato sul NEJM ha una probabilità tre volte maggiore di essere citato nella letteratura scientifica se viene citato sul NYT. La metafora del “buco dell’ozono”, con il suo enorme impatto mediatico, produsse un consenso a livello pubblico che anticipò di almeno un anno quello specialistico – all’epoca ancora incerto e controverso – sull’impatto dei Cfc sull’atmosfera. La convergenza raggiunta a livello politico con il protocollo di Montreal del 1987 – in cui si stabiliva la necessità di accordi internazionali per ridurre le emissioni di Cfc – portò indirettamente a rafforzare lo status di conoscenze che a livello specialistico erano ancora largamente dibattute. La gestione del policy-advice Richiesta di maggiore trasparenza e apertura nella gestione degli esperti che devono fornire supporto alle decisioni dei politici Dibattito che ha avuto un grande impulso a seguito dello scoppio del caso BSE in Inghilterra e delle successive analisi della Commissione Phillips Forte eco anche a livello europeo. Adozione del White Paper on Governance, che si ispirava ai principi di: • Accountability • Openess • Transparency Il caso BSE Nel novembre del 1986, i veterinari del Ministero inglese dell’Agricoltura, dell’Allevamento e dell’Alimentazione (MAFF) identificarono l’Encefalopatia Spongiforme Bovina (BSE), (“sindrome della mucca pazza”). Dopo alcune incertezze, nella primavera del 1988 venne insediata una commissione di inchiesta, allo scopo di studiare il fenomeno e definire gli interventi per arginarlo. Nel rapporto conclusivo della Southwood Working Party si consigliava l’abbattimento dei capi malati, ma non figuravano evidenze certe circa la trasmissione della BSE agli uomini. Per circa dieci anni, queste conclusioni costituirono la legittimazione delle azioni del governo e il Southwood report fu ripetutamente citato come prova infallibile che il rischio posto dalla BSE agli umani fosse remoto. Ministri e alti funzionari ribadirono più volte che era sicuro mangiare carne bovina e che le politiche sulla BSE erano “informate e governate” dal consiglio degli esperti. Le dichiarazioni non cambiarono anche quando, nel 1990, si scoprì il primo gatto affetto da Encefalopatia Spongiforme. Infine, il 20 marzo del 1996, il Governo britannico annunciò che dieci persone avevano contratto una malattia terribile e fatale, la sindrome di Creutfeldt-Jakob (CJD), probabilmente collegata con l’esposizione alla BSE. Nel settembre del 2000 le vittime accertate erano già più di ottanta, molte delle quali in giovane età. La Southwood Working Party fu utilizzata dai policy makers per provvedere legittimazioni scientifiche a decisioni politiche già prese. Già alla fine del 1987 i veterinari del MAFF avevano consigliato al Ministro di abbattere i capi di bestiame infetti, ma questa decisione venne rinviata per molto tempo. Nei primi quindici mesi l’epidemia fu considerata dal Ministero unicamente come un potenziale rischio per l’industria, il commercio ed il consumo nazionale. L’abbattimento del bestiame comportava inevitabilmente dei costi e non si sapeva su chi farli gravare. Si ritenne quindi che il parere di scienziati quotati e famosi potesse rendere più veloce ed efficace il processo decisionale. Il ruolo della Southwood Working Party fu principalmente quello di fornire giustificazioni ex-post alle politiche del governo, piuttosto che di elaborare informazioni utili al processo politico. Nel corso dei lavori nuove pressioni ed influenze politiche vennero esercitate sull’operato della commissione. Il principale veicolo di tali influenze fu la Segreteria della Commissione, composta da rappresentanti del MAFF e del Ministero della Sanità. I rappresentanti del Ministero della Sanità, ad esempio, convinsero i componenti della commissione a modificare un passaggio del rapporto conclusivo riguardante l’uso dei materiali bovini nei prodotti farmaceutici. Alcuni componenti e derivati bovini, come il siero, sono infatti ampiamente utilizzati nella preparazione dei medicinali ed in particolare dei vaccini. Avanzare dei dubbi sulla sicurezza dei vaccini avrebbe messo in pericolo il consenso pubblico sui programmi nazionali di vaccinazione. Eliminando l’accenno all’utilizzo di materiali bovini nella fabbricazione di prodotti sanitari, venne però ignorato e sottovalutato un importante veicolo di trasmissione. I componenti della Southwood Working Party, inoltre, furono scelti più per la loro fama e per il loro prestigio che non per la reale competenza in materia di Encefalopatia Spongiforme Trasmissibile, di cui la BSE costituisce una particolare variante. Non è un caso che il rapporto finale della Southwood Working Party contenesse le spiegazioni epidemiologiche della BSE formulate dagli esperti veterinari del MAFF. La chiara mancanza di autonomia conoscitiva ha di fatto posto la commissione in una situazione di subordinazione rispetto al mondo politico e le ha impedito di esercitare in modo indipendente le sue funzioni. Lezioni da trarre dal caso BSE: •Definire in modo chiaro i problemi che le singole commissioni devono affrontare e le risposte che sono loro richieste; •Non presentare mai conclusioni incerte come dati di fatto assolutamente certi; •Garantire la presenza di competenze effettive, non nominali, e variegate; •Mantenere l’indipendenza tra scienziati e politici (anche assicurando l’autonomia formale delle commissioni dai Ministeri); •Includere anche soggetti “non esperti”; •Rendere disponibili al pubblico le conclusioni (e in certi casi anche i verbali) delle riunioni; •Gestire i possibili conflitti di interesse;