l`insufficienza respiratoria - Università Telematica Pegaso

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l`insufficienza respiratoria - Università Telematica Pegaso
LEZIONE
“L’INSUFFICIENZA RESPIRATORIA”
PROF.SSA SONIA COGO
Università Telematica Pegaso
L’insufficienza respiratoria
Indice
1
Fisiologia ----------------------------------------------------------------------------------------------------- 4
2
L’insufficienza respiratoria acuta ---------------------------------------------------------------------- 5
2.1 Sintomi e segni ------------------------------------------------------------------------------------------- 6
2.2 Trattamento ----------------------------------------------------------------------------------------------- 7
3
L’ossigenazione --------------------------------------------------------------------------------------------- 8
4
Gestione delle vie aeree --------------------------------------------------------------------------------- 11
4.1 Maschera Laringea (LMA) --------------------------------------------------------------------------- 12
4.2 Il tubo laringeo (LT) ----------------------------------------------------------------------------------- 13
4.3 L’intubazione tracheale IT: --------------------------------------------------------------------------- 13
4.4 Criteri valutativi ---------------------------------------------------------------------------------------- 14
Già la semplice ispezione e la valutazione di 4 movimenti specifici orientano su possibili
difficolta' all'intubazione. Le difficolta' sono prevedibilmente minime in caso di: ----------------- 14
4.5 Intubazione con fibrobroncoscopio a fibre ottiche ------------------------------------------------ 25
5
Ventilazione non invasiva (NIV O N.I.M.V.) ------------------------------------------------------ 26
5.1 Criteri d’inclusione alla ventilazione non invasiva: ----------------------------------------------- 26
5.2 Criteri dì esclusione: ---------------------------------------------------------------------------------- 27
5.3 Modalità ventilatorie: ---------------------------------------------------------------------------------- 27
5.4 Effetti collaterali: --------------------------------------------------------------------------------------- 28
5.5 Complicanze della N.I.M.V. -------------------------------------------------------------------------- 28
6
Ventilazione meccanica --------------------------------------------------------------------------------- 30
6.1 Difetto di scambio-------------------------------------------------------------------------------------- 30
6.2 Ventilatori: pressometrici e volumetrici ------------------------------------------------------------ 30
6.3 Parametri della ventilazione meccanica ------------------------------------------------------------- 32
6.4 Modalità di ventilazione a pressione positiva ------------------------------------------------------ 35
6.5 Sorveglianza e monitoraggio ------------------------------------------------------------------------- 38
6.6 Complicanze della ventilazione meccanica -------------------------------------------------------- 38
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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7
L’insufficienza respiratoria
L’emogasanalisi (ega) ----------------------------------------------------------------------------------- 39
7.1 Siti del prelievo con siringa --------------------------------------------------------------------------- 39
7.2 Fisiologia ------------------------------------------------------------------------------------------------ 40
7.3 Quadri clinici ------------------------------------------------------------------------------------------- 43
Bibliografia ------------------------------------------------------------------------------------------------------ 47
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L’insufficienza respiratoria
1 Fisiologia
Il sistema di scambio è costituito dalla parete alveolo-capillare in cui si produce lo scambio
tra ossigeno ed anidride carbonica.
Gli alveoli polmonari sono la sede degli scambi gassosi. A tale livello il sangue (venoso)
arriva tramite le diramazioni dell’arteria polmonare, che origina dal ventricolo di destra, che
necessita di ossigenazione da un lato e di depurazione dall’anidride carbonica dall’altro. Avvenuto
lo scambio gassoso a livello dell’alveolo polmonare (membrana alveolo-capillare) il sangue è
ripreso dalle vene polmonari (due per ogni polmone) che portano il sangue ossigenato fino all’atrio
di sinistra.
Lo scopo della respirazione è quello di fornire ossigeno ai tessuti e rimuovere anidride
carbonica dal sangue arterioso polmonare
•
L’efficiacia si evidenzia dal mantenimento entro i limiti di questi gas:
- 80-100mmHg Pa02
- 33- 44 mmHg PaC02
È garantito dall’interazione e successione di processi fisiologici complessi quali:
- ventilazione
- perfusione
- diffusione
Il fallimento di uno di questi può condurre ad Insufficienza Respiratoria Acuta (IRA).
Il passaggio dell’aria dall’ambiente esterno alle vie respiratorie e viceversa viene definito
ventilazione. Non tutti i volumi d’aria in trodotti vengono utilizzati per gli scambi: spazio morto.
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L’insufficienza respiratoria
2 L’insufficienza respiratoria acuta
Rappresenta la condizione in cui l’apparato respiratorio non è in grado di garantire :
la ventilazione alveolare
scambio gassoso
Le cause di insufficienza respiratoria (IRA) possono essere legate a tre situazioni
fondamentalmente:
ostruzione delle vie aeree : sono coinvolte le vie aeree con conseguente
deficit della ventilazione alveolare (VENTILATORY FAILURE)
deficit di pompa: coinvolta la muscolatura respiratoria con conseguente
deficit della ventilazione alveolare (VENTILATORY FAILURE)
deficit di membrana: coinvolta l’unità bronchiolo/alveolo/capillare con
conseguente deficit dello scambio gassoso (LANG FAILURE)
Esempi di cause:
MALATTIE DELLA PARETE TORACICA
pnx (iperteso o bilaterale)
pneumomediatino
MALATTIE. NEUROMUSCOLARI
–
overdose da farmaci
–
sdr guillan-barre’
–
avvelenamenti (organofosf.,stricnina,curari…)
–
crisi miastenica
–
botulismo
–
miopatie
–
m. isolate nn frenici
–
poliomielite
MALATTIE OSTRUTTIVE VIE AEREE
–
stato di male asmatico
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L’insufficienza respiratoria
MALATTIE INTERSTIZIALI O VASCOLARI DIFFUSE
–
A.R.D.S.
–
E.P.A
–
stato di male asmatico
–
tromboembolia polmonare
–
polmoniti
–
atelettasia
2.1 Sintomi e segni
I sintomi e i segni clinici dell'insufficienza respiratoria sono aspecifici e possono essere
minimi anche quando l'ipossiemia, l'ipercapnia e l'acidosi sono gravi.
I principali segni fisici di fatica ventilatoria sono:
l'uso vigoroso dei muscoli ventilatori accessori,
la tachipnea,
la tachicardia,
la diminuzione del volume respiratorio,
un respiro irregolare o boccheggiante
e il movimento paradosso dell'addome.
L'ipossiemia acuta può causare diversi problemi, come aritmie cardiache e il coma. Una
certa alterazione dello stato di coscienza è tipica e la confusione è comune. La riduzione cronica
della PaO2 è generalmente ben tollerata dai pazienti con un'adeguata riserva cardiovascolare. Però
l'ipossia alveolare (PaO2 < 60 mm Hg) può indurre vasocostrizione arteriolare polmonare e aumento
delle resistenze polmonari vascolari, portando, in settimane o mesi, a un quadro di ipertensione
polmonare, di ipertrofia ventricolare destra (cuore polmonare) e infine di scompenso ventricolare
destro. L’ipercapnia si realizzano molto più rapidamente dell'aumento compensatorio delle basi
tampone extracellulari. Gli effetti dell'ipercapnia acuta sono tollerati in modo molto peggiore di
quelli dell'ipercapnia cronica.
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2.2 Trattamento
Gli obiettivi principali sono:
mantenere un adeguato trasporto dell'O2,
ridurre l'eccessivo lavoro respiratorio
stabilizzare l'equilibrio elettrolitico e acido-base,
prevenendo allo stesso tempo danni ulteriori da tossicità da O2, da barotrauma, da infezioni
o da altre complicanze iatrogene.
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3 L’ossigenazione
Nella composizione dell'aria inspirata si rileva una frazione di ossigeno (FIO2) del 21% con
una relativa pressione parziale (PIO2) di 150 mmHg; quest'ultimo valore deriva dal prodotto della
frazione di ossigeno inspirato per la pressione atmosferica ridotta del vapore acqueo: PIO2 = 0,21 x
713. L'ossigenoterapia è capace di accrescere la FIO2 dal 21% al 35 - 40 % e oltre, a seconda dei
flussi erogati. Tale incremento influirà sui valori della Pressione Alveolare.
Lo scopo dell'ossigenoterapia :
correggere e\o prevenire l'ipossia tessutale senza provocare "pericolosi"
incrementi della PaCO2.
L'obiettivo della terapia con ossigeno è di aumentare la saturazione dell'emoglobina almeno
fino all'85-90% senza causare tossicità da O2. Molti pazienti con ipossiemia cronica tollerano una
PaO2 < 55 mm Hg; comunque, qualunque sia la causa dell'insufficienza respiratoria, una PaO2 tra 60
e 80 mm Hg è generalmente desiderabile per un adeguato trasporto di O2 ai tessuti e per ridurre
l'ipertensione polmonare indotta dall'ipossiemia. A causa della forma sigmoide della curva di
dissociazione dell'ossiemoglobina, una PaO2 > 80 mm Hg non aumenta significativamente il
contenuto ematico di O2. Deve essere prescelta la FiO2 minima che fornisce un'accettabile PaO2.
Nella valutazione dell'ossigenazione bisogna considerare altri tre importanti parametri:
il contenuto arterioso di ossigeno,
l'indice cardiaco (I.C.)
il flusso ematico periferico..
La sedazione e la paralisi farmacologica sono molto utili per ridurre il consumo di O 2 nei
pazienti che rimangono agitati o che contrastano il ventilatore. Tuttavia, la paralisi protratta deve
essere evitata perché elimina il meccanismo della tosse, crea un respiro monotono che promuove la
ritenzione di secrezioni nelle regioni declivi e può accentuare l'ipotonia e l'atrofia muscolare.
Nei pazienti con insufficienza polmonare causata da squilibri e da una riduzione della
diffusione (p. es., nelle malattie polmonari ostruttive), una FiO2 < 40% è di solito sufficiente.
Tossicità da O2 è dipendente sia dalla concentrazione che dal tempo.
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L’insufficienza respiratoria
Aumenti prolungati della FiO2 > 60% causano alterazioni infiammatorie, infiltrati alveolari
e, infine, una fibrosi polmonare. Una FiO2 > 60% deve essere evitata a meno che non sia necessaria
per la sopravvivenza del paziente. Una FiO2 < 60% è ben tollerata per lunghi periodi in assenza di
un'evidente tossicità clinica.
L’ossigenoterapia può essere effettuata tramite sistemi a:
basso flusso caratterizzati da una Fi02 variabile (dipende dalla grandezza del serbatoio
per l’ossigeno del presidio, dalla velocità del riempimento del serbatoio, dalla domanda
ventilatoria del soggetto) poiché quando la capacità totale supera la capacità del serbatoio
dell’ossigeno viene inalata aria ambiente. Presidi a basso flusso sono:
-cannule nasali
-maschere 02
-maschere reservoir
ad alto flusso; in questo caso la Fi02 erogata è costante ed è data dal controllo, tramite
un ugello della miscela aria/ossigeno.
- maschera venturi (che arriva fino ad una Fi02 massima del 60%)
Una FiO2 < 40% può essere somministrata attraverso delle cannule nasali o una maschera
facciale. Con le maschere facciali, il flusso richiesto di O2 dipende dalla FiO2 desiderata e dal tipo di
maschera. Con le cannule nasali, un flusso di O2 di 2-4 l/min di norma fa salire la PaO2 a livelli
terapeutici. Comunque, la FiO2 somministrata al paziente può essere soltanto stimata. A causa
dell'imprecisione di queste stime (p. es., il mescolamento dell'O2 con l'aria ambiente, la respirazione
orale, il variare della frequenza respiratoria), la PaO2 o la saturazione arteriosa in O2 (SaO2), misurata
mediante ossimetria non invasiva, deve essere controllata con regolarità.
L’ipossiemia non si tratta solo con la somministrazione dell’ossigeno, spesso bisogna
associare un’idonea ventilazione
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Qual’ora non si riesca a trattare l’ipossiemia con il solo supporto dell’ossigeno bisogna
pensare ad una strateia diversa con l’ausilio di presidi diversi per ottimizzare la ventilazione.
“La qualità della ventilazione polmonare dipende in assoluto dal miglior presidio usato, ma
è relativa al presidio che l’operatore sa usare meglio.”
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4 Gestione delle vie aeree
La gestione delle vie aeree è uno dei primi e principali obiettivi negli interventi di
emergenza. L'intubazione orotracheale è "il gold standard", per garantire la protezione delle vie
aeree e la ventilazione polmonare.
Non sono però infrequenti nell'emergenza pre-ospedaliera situazioni in cui l’intubazione può
non essere immediatamente praticabile:
l’intubazione difficile, per problemi anatomici o per le lesioni del paziente
il paziente incastrato in auto o comunque in posizione non accessibile
la presenza di personale con una limitata esperienza nell'intubazione
la presenza di solo personale non medico non preparato o non esperto
nell'intubazione
I presidi sovraglottici sono dispositivi per il controllo delle vie aeree che a differenza del
tubo endotracheale non vengono introdotti in trachea e si posizionano "alla cieca" senza l'utilizzo
del laringoscopio.
Non sono equivalenti al tubo endotracheale in termini di protezione delle vie aeree e di
adeguatezza della ventilazione: essendo tutti posizionati al di sopra della laringe, non sono efficaci
in presenza di un’ostruzione laringea (ad es. in caso di edema della glottide) e la maggior parte di
loro sono inoltre scarsamente o poco efficaci in presenza di alte resistenze delle vie aeree (ad es. in
caso di broncospasmo).
Molti di essi non proteggono la trachea in caso di rigurgito, che nel paziente comatoso può
avvenire spontaneamente o essere provocato dalle manovre che stimolano il retrofaringe, compresa
quindi anche l'introduzione di questi dispositvi. A questo proposito va tuttavia evidenziato che
anche la ventilazione in maschera, soprattutto se difficoltosa, può provocare rigurgito per
sovradistensione gastrica, in alcuni casi con frequenza maggiore rispetto all’utilizzo dei presidi
sovraglottici .
Nelle situazioni in cui l'intubazione è impossibile o non è immediatamente praticabile i
presidi sovraglottici, pur non garantendo lo stesso livello di protezione del tubo endotracheale,
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possono essere una valida alternativa che consente di mantenere almeno temporaneamente la
pervietà delle vie aeree e la ventilazione del paziente. Anche nelle linee guida della Società Italiana
di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva per l’intubazione difficile è indicata la
necessità di disporre di alcuni di questi presidi per fronteggiare le difficoltà impreviste .
Negli ultimi anni sono stati proposti diversi dispositivi di questo tipo, alcuni nati
espressamente per l’emergenza pre-ospedaliera, altri destinati all’uso anestesiologico e
successivamente proposti anche per l’uso sul territorio
Un ipotetico dispositivo ideale dovrebbe essere in grado di garantire lo stesso livello di
protezione e la semplicità di ventilazione garantiti dal tubo endotracheale, associati però ad una
maggiore semplicità di utilizzo e ad un apprendimento più rapido della manovra di inserzione. I
requisiti che il dispositivo ideale dovrebbe possedere sono:
Semplicità e rapidità d’uso
Rapidità di apprendimento e prolungato mantenimento della capacità d'uso
Adeguatezza della ventilazione
Protezione delle vie aeree
Ingombro ridotto
Bassa incidenza di complicanze
Disponibilità di misure diverse
Costo contenuto
4.1
Maschera Laringea (LMA)
E' largamente utilizzata in anestesia generale di elezione (con paziente a stomaco vuoto) in
quanto evita il traumatismo provocato dal tubo tracheale e consente anche il respiro spontaneo oltre
ad una buona ventilazione.
E' disponibile in più misure, e questo da un lato consente l'utilizzo in tutti i pazienti,
dall'altro richiede che l'operatore sia in grado di riconoscere la misura adatta per ogni paziente.
L'uso in anestesia ha dimostrato che la LMA è gravata da una minore incidenza di
complicanze postoperatorie sia rispetto all'intubazione che al Combitube; in particolare quest'ultimo
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ha una maggiore incidenza di ematomi delle prime vie aeree (38% vs 4%).Recentemente la LMA è
stata utilizzata anche in emergenza come alternativa all'intubazione. Pediatric 2008 Aug:122(2)e
294/7. Epub 2008 Jul 21: studio simulato di arresto cardiaco pediatrico comparando maschera
laringea ed intubazione: buona ventilazione della LMA e facile apprendimento.
4.2
Il tubo laringeo (LT)
Estremamente semplice da inserire, poco ingombrante, di costo limitato, appare in grado di
garantire un'ottimale protezione delle vie aeree ed una ventilazione efficace (compatibilmente con
le limitazioni di tutti i dispositivi sovraglottici).
Le prime esperienze in anestesia sembrano estremamente incoraggianti , con una
percentuale di successo che va dal 98 al 100%, un tempo di inserimento che va da 21 a 27 secondi e
un posizionamento efficace al primo tentativo nel 70% circa dei casi.
4.3
L’intubazione tracheale IT:
Il ripristino, il mantenimento della pervieta' delle vie aeree, una buona ossigenazione sono
tra le piu' importanti procedure di assistenza.
Vantaggi dell’intubazione tracheale:
-
sicurezza della pervietà delle vie aeree
-
sicurezza dell’erogazione di esatti quantitativi di miscele anestetiche
-
prevenzione di inalazione di materiale estraneo
-
contenimento inquinamento ambientale
Inconvenienti dell’intubazione tracheale:
-
traumatismo
-
possibilità di rottura o avulsione denti
-
intubazione fallita (pericolo!!!)
Il fallimento di una intubazione si può evitare:
-prevedendone la difficoltà
-selezionando la tecnica più adeguata
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4.4
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Criteri valutativi
Già la semplice ispezione e la valutazione di 4 movimenti specifici orientano su possibili
difficolta' all'intubazione. Le difficolta' sono prevedibilmente minime in caso di:
· apertura della bocca maggiore di 2 cm (2 dita trasverse)
· buona flessione del collo
· estensione della testa sul collo
· protrusione in avanti della mandibola.
Anche l'ispezione del collo e dello sbocco toracico sono importanti; difficolta' possono
sorgere in caso di :· deviazione tracheale
· ostruzione della vena cava superiore
· ustioni
· radioterapia
· interventi chirurgici pregressi
· pregressa tracheotomia
· pregressa intubazione prolungata
Test di Mallampati e Mallampati modificato: valuta la possibilita’ di visualizzare i pilastri, il
palato molle, la base dell’ugola cosi’ da prevedere il grado di difficolta’ all’esposizione della
glottide
Classe
I classe
II classe
III classe
IV classe
Strutture visibili
palato molle, fauci, ugola, pilastri
palato molle, fauci ugola
palato molle, base dell’ugola
palato, osseo, palato molle non visibile
Test di di Cormack and Lehan descrive e valuta la visione migliore della laringe alla
laringoscopia diretta. Il grado di difficolta' e' crescente mano a mano che diviene non visibile in
tutto o in parte l'apparato laringeo.
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Strutture
visualizzate
laringoscopia diretta
le corde vocali sono visibili
le
corde
vocali
sono
parzialmente visibili
soltanto l'epiglottide e' visibile
l'epiglottide non e' visibile
Classe
I classe
II classe
III classe
IV classe
alla
solo
E' possibile far ricorso anche ad altri tests specifici. In letteratura sono riportati:
Distanza tiro-mentoniera E' una misura presa dalla cartilagine tiroidea e il mento con la testa estesa.
La distanza minima e' di 6.5 cm . Se questa distanza e' maggiore l'intubazione e' possibile, se
minore puo' essere difficoltosa.
Test di Mallampati modificato: combinando il Test di Mallampati modificato con la distanza tiromentoniera, Frerk ha dimostrato che i pazienti che rientravano nel grado 3 o 4 di Mallampati e che
presentavano anche una distanza tiro-mentoniera minore di 7 cm molto probabilmente presentavano
difficolta' alla intubazione
Mobilita' articolazione atlanto-occipitale: l'estensione della articolazione atlanto-occipitale
deve essere valutata attraverso la flessione del collo del paziente con il capo in basso e in avanti.
Fissando in tale posizione con una mano il collo del paziente, si valuta la capacita' del medesimo di
sollevare il viso. La laringoscopia puo' essere ottimale se non esistono difficolta' alla flessione ed
estensione della articolazione atlanto-occipitale. La normale flesso-estensione della articolazione e'
di 35 gradi.
Spazio mandibolare: lo spazio posto anteriormente alla laringe e' responsabile del buon
allineamento dell'asse laringeo con quello faringeo con l'articolazione atlanto-occipitale estesa.
Quando lo spazio mandibolare e' esteso (ovvero la laringe e' situata posteriormente) la lingua e'
facilmente compressa nello spazio cosi' da permettere una buona visione della laringe.
Con una distanza tiro-mentoniera ridotta, l'asse laringeo viene a formare un angolo acuto con l'asse
faringeo anche con una estensione atlanto-occipitale ottimale.
Una distanza tiro-mentoniera > ai 6 cm e una lunghezza mandibolare > ai 9 cm, fa predire una
buona riuscita della laringoscopia.
Test protrusione mandibolare : la protrusione della mandibola e' un indicatore della mobilita' della
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stessa. Se il paziente e' capace di protrudere i denti inferiori al di la' degli incisivi superiori,
l'intubazione in genere e' semplice. Se invece non riesce neppure ad allineare gli incisivi superiori
con quelli inferiori, l'intubazione puo' risultare difficile.
Distanza sterno-mentoniera :la distanza sterno-mentoniera e' misurata dallo sterno all'apice della
mandibola con la testa estesa ed e' influenzata da un numero alto di fattori, compreso il grado di
estensione del collo. Una distanza inferiore a 12.5 cm o meno fa prevedere difficolta'
all'intubazione.
Nella valutazione preoperatoria i test sopraelencati sono migliori di un unico test. E' quindi
conveniente affidarsi al test di Mallampati modificato, alla valutazione della distanza tiromentoniera, alla valutazione dello spazio mandibolare, alla capacita' di protrudere la mandibola, alla
valutazione dei movimenti cranio-cervicali.
Ovviamente la situazione più drammatica è quella rappresentata dal soggetto non
intubabile e non ventilabile in maschera per il rischio di asfissia.
Le cause di intubazione difficile possono distinguersi in:
· congenite
· acquisite.
Le congenite includono condizioni quali:
· Pierre Robin syndrome
· Treacher-Collins syndrome.
· igroma cistico
· gargoilismo
· acondroplasia.
· Marfan's syndrome.
Fattori anatomici identificabili durante la valutazione preoperatoria quali:· peso eccessivo
· collo corto e tozzo
· incisivi protrundenti
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· palato ogivale con bocca profonda e stretta
· mento sfuggente
· rigonfiamento esteso del collo, della bocca e/o del torace alto
· riduzione della distanza tra occipite e processo spinosi di C1
· aumento della profondita' posteriore della mandibola
· aumento della distanza alveolo-mentoniera che richiede ampia apertura della mandibola.
Le acquisite prevedono sinteticamente alcune situazioni che possono rendere difficoltosa
l'intubazione con i meccanismi sotto riportati:
Rigonfiamento acuto del collo dovuto a :
· trauma
· sanguinamento postoperatorio
Ridotta apertura della bocca dovuta a:
· trisma associato a infezione.
· fibrosi conseguente a infezione od a esiti di chirurgia radicale o radioterapia
· artrite reumatoide o osteoartrite della articolazione temporomandibolare
· fratture mandibolari
Riduzione dei movimenti del collo.
Puo' essere limitata la flessione o l'estensione della articolazione atlanto-occipitale da:
· osteoartrite della colonna cervicale.
· cicatrici del collo
· fusione di vertebre del tratto cervicale.
· spondilite anchilosante
Instabilita' del collo.
L'intubazione puo' presentarsi difficoltosa se la flessione del collo e' controindicata per
danno del tratto cervicale o artrite reumatoide severa.
Radioterapia
Puo' provocare una rigidita' del pavimento buccale "wooden like" che puo' rendere molto
difficoltoso lo spostamento laterale della lingua durante la laringo
Condizioni predisponenti:
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L’insufficienza respiratoria
diabete mellito
obesità
artrite reumatoide
acromegalia
gravidanza
anafilassi
presenza masse mediastiniche
La procedura:
Corretto posizionamento del paziente:
Durante l'intubazione tracheale e' necessario che gli assi
faringeo,
laringeo
ed
orale
siano
piu'
allineati
possibile.
L'allineamento dei primi due si ottiene sollevando di pochi
centimetri il capo sopra le spalle con un piccolo supporto. L'asse
orale viene allineato il piu' possibile attraverso l'estensione della
articolazione atlanto occipitale. In questo modo si viene ad avere
una linea piu' retta possibile tra gli incisivi e la glottide.
E' buona norma non rendere apnoico un paziente fino a che non si e' sicuri di poterlo ventilare;
questi puo' morire non perche' si sbaglia l'intubazione, ma perche' non si riesce a garantire una
corretta ventilazione.
Il 30% degli incidenti totalmente riferibili all’anestesia è sostenuto da difficoltà di controllo
della via aerea; il 70% di tali incidenti hanno comportato morte o danno cerebrale permanente.
L’incidenza di intubazione difficile in senso lato è compresa tra lo 0,5 e il 20% ed è influenzata dal
tipo di chirurgia (generale, ostetrica, otorino-laringoiatrica) e dalla sede (intra o extraospedaliera).
L’incidenza di laringoscopia difficile di grado 3 è assai più bassa, dell’ordine dello 0,05% (pari a un
caso su 2000); la laringoscopia di grado 4 imprevista è ancora minore.L’incidenza di difficoltà a
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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ventilare non è nota. L’incidenza di intubazione fallita associata a difficoltà a ventilare è dell’ordine
di 0,01% (pari a un caso su 10.000).
Per intubazione difficile si intende una procedura che sia stata caratterizzata da una
laringoscopia difficile (3 e 4) o abbia richiesto almeno 4 tentativi o più di 5 minuti per la sua
esecuzione indipendentemente dal grado di esperienza dell’operatore.
In caso di dover ricorre alla intubazione non in condizioni di emergenza e' utile garantire un accesso
endovenoso, effettuare preossigenazione per almeno 3 minuti.
L'operatore si pone dietro il capo del paziente, il capo viene piegato con la mano destra (posizione
di "sniffing") per aprire la bocca ed inserire la lama del laringoscopio con la mano sinistra nel lato
destro della bocca, caricando la lingua verso sinistra. Con una lama curva si posiziona l'estremita'
della stessa nella vallecola sopra l'epiglottide; con una lama retta, si carica l'epiglottide. Si inserisce
il tubo lateralmente alla lama facendolo avanzare delicatamente attraverso le corde. Il tubo deve
essere assicurato con un cerotto. In caso di visione della glottide difficoltosa si puo' ricorrere in
prima istanza a :
manovra di Sellik pressione dall'esterno sulla laringe al fine di abbassarla e
facilitarne la visualizzazione. Contemporaneamente viene impedito il reflusso di materiale
gastrico in faringe attraverso la compressione dell'esofago prossimale.
Manovra di BURP l’operatore adetto alla procedura si sposta la cricoide
verso il basso trazionandola a destra e portandola verso l’alto
Inserimento di un mandrino nel tubo endotracheale per modificarne la
curvatura e facilitarne l'inserzione nella glottide. La punta del mandrino non dovrebbe
sporgere dal tubo per evitare di danneggiare le strutture laringee durante l'inserimento. Con
un catetere epidurale fissato all'estremita' dello stiletto e' possibile verificare tramite
capnometria il posizionamento dello stesso in trachea.
La tecnica dell’intubazione “classica” consiste nel visualizzare la glottide e introducendovi
il tubo, sotto visione diretta, la cui punta distale terminerà in trachea. La parte prossimale è
collegata alla sorgente di gas (pallone autoespansibile o ventilatore) che ci consente di ventilare il
paziente con ossigeno, aria e anestetici inalatori. Per eseguire la manovra di intubazione il paziente
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deve essere areflessico (privo dei riflessi, che normalmente si svilupperebbero introducendo un
corpo estraneo nelle vie aeree) e con un buon rilasciamento muscolare (le corde vocali devono
essere aperte). Ciò si ottiene curarizzando preventivamente il paziente.
Farmaci utilizzati durante la procedura:
Principali farmaci ipnotici:
-Tiopentone Sodico (TPS)
-Propofol
-Ketamina
-Benzodiazepine
I precedenti generalmente utilizzati per indurre il sonno al paziente.
Il TPS (3-4 mg/Kg) è un barbiturico usato generalmente per indurre l’anestesia. E’
utilizzato, inoltre, per ottenere la sedazione nei pazienti con trauma cranico in rianimazione e per
risolvere gravi stati epilettici.
Il Propofol (2-2.5 mg/Kg) viene utilizzato, in infusione endovenosa continua, anche per il
mantenimento dell’anestesia e, spesso, a dosaggi inferiori, per la sedazione durante le manovre
diagnostiche radiologiche.
La Ketamina (1.5-3mg/Kg) è un anestetico molto particolare, diverso da tutti gli altri, è
dissociante (anestesia dissociativa) e privo di effetti depressivi sul sistema cardiovascolare e
respiratorio (il paziente continua a respirare e a deglutire)
Può essere utilizzata per via e.v., i.m., per os e per via rettale per l’induzione e il
mantenimento dell’anestesia, specie in pz ipovolemici o ad alto rischio. molto frequentemente è
usata per la sedazione-analgesia per brevi interventi o per manovre e procedure diagnostiche
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radiolologiche, anche nei bambini. Uno svantaggio durante le procedure diagnostiche è che il
paziente può avere dei movimenti involontari che possono compromettere l’indagine (si possono
associare benzodiazepine)
Tra le Benzodiazepine, Il farmaco più utilizzato, sia per la sedazione, anche nei bambini,
che per l’induzione del sonno, è il midazolam (Ipnovel®). Può essere somministrato sia i.m. che
e.v. (nel caso della medicazione pre-anestetica è più consigliabile la via i.m., nel caso della
induzione dell’ipnosi, in anestesia generale, è necessaria la via e.v.)
Il midazolam(0.3-035 mg/Kg) è un sedativo-anestetico con effetto ipnoinducente, ad
azione molto rapida, intensa, di breve durata.R
Rispetto al Diazepam (Valium®)), largamente
utilizzato fino a qualche anno fa ha:
- Inizio d’azione più rapido (e.v.: 30 sec-1 min, i.m.: 15 min)
- Meno reazioni locali
- maggior effetto amnesico (il paziente non conserva memoria delle manovre
effettuate dopo la sua somministrazione)
- maggior potenza sedativa (3-4 volte)
- Recupero più rapido (durata e.v./i.m.: 15-80 min)
Analgesici maggiori (oppiacei o narcotici)
Farmaci che per le loro azioni presentano analogie con la morfina (capostipite), principale
alcaloide dell’oppio. Essi sono essenzialmente farmaci utilizzati per indurre analgesia (assenza di
dolore), ma hanno anche un effetto sedativo. Gli oppiacei utilizzati per l’anestesia sono quelli forti:
fentanyl, alfentanil, sufentanil, remifentanil.
La loro attività è legata essenzialmente alla capacità di legarsi a specifici recettori presenti a
livello del Sistema Nervoso Centrale (SNC), nella sostanza grigia periacquiduttale.
L’analgesia e la potenza analgesica dipendono da:
1) Attività estrinseca : Affinità per il recettore (stabilità del legame)
2) Attività intrinseca: proprietà di indurre modifiche stutturali del recettore con conseguente
apertura dei canali ionici (attività): Gli antagonisti puri avendo attività estrinseca (affinità per i
recettori) non hanno attività intrinseca (non attivano i recettori). Gli oppiacei usati in anestesia sono
tutti agonisti puri.
Anestetici inalatori (in sala operatoria)
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La principale caratteristica di questi anestetici è che il loro assorbimento e distribuzione
avvengono attraverso il polmone, per diffusione dagli alveoli ai capillari; da questi ultimi gli
anestetici passano attraverso il circolo sistemico che li distribuisce a tutti gli organi e i tessuti.
L’eliminazione di questi farmaci avviene, allo stesso modo, per lo più per via respiratoria,
sotto forma di farmaco immodificato; in minima parte vengono metabolizzati nel fegato ed
eliminati per via renale.
La maggior parte degli anestetici appartenenti a questa categoria sono detti Anestetici
Volatili (o alogenati), poiché a Pressione e Temperatura ambiente sono allo stato liquido, anche se
tendono a passare con facilità allo stato di vapore. Essi sono conservati, sotto forma liquida, in
appositi flaconi e, per essere somministrati ai pazienti vengono versati all’interno di particolari
strumenti connessi al ventilatore di anestesia, detti “vaporizzatori”, che trasformano l’anestetico da
liquido a vapore, immettendolo nel circuito respiratorio del paziente. Ogni anestetico volatile ha il
proprio vaporizzatore, tarato per quel particolare tipo di farmaco, che ci fornisce la misura della
quantità erogata in qualsiasi momento dell’anestesia, con la possibilità di ridurre o aumentare tale
quantitativo. I farmaci appartenenti a questa categoria sono numerosi, oggi i più utilizzati sono:
l’Isoflurano, il Sevoflurano, il Desflurano.
Un discorso a parte merita il Protossido d’Azoto (N2O): esso è l’unico anestetico gassoso,
una sostanza, cioè, che a Temperatura e Pressione ambienti si trova allo stato gassoso. Viene perciò
conservato in apposite bombole sotto pressione che per convenzione sono caratterizzate dal colore
celeste della “testa”. Anche tutti i raccordi connessi a tali bombole sono di colore celeste e non
dovrebbero essere interscambiabili con quelli di bombole contenenti altri gas. Queste sono misure
precauzionali importanti poiché lo scambio di bombole è costato la vita a più di una persona. Per
tale motivo esistono colori indicativi internazionali delle bombole contenenti gas terapeutici:
Ossigeno:
bianco
Anidride carbonica: grigio
Azoto:
nero
Aria:
bianco/nero
Protossido d’azoto: celeste
Oggi quasi tutti gli ospedali sono forniti di impianti centralizzati per la conservazione e
l’erogazione dei gas medicali.
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Il Protossido d’Azoto ha una potenza anestetica molto bassa e non può essere utilizzato
come singolo anestetico, ma viene usato sempre in associazione ad altri anestetici, volatili o e.v., ad
una concentrazione variabile nella miscela gassosa dal 30 al 70%. Esso garantisce una analgesia di
base che consente di ridurre il quantitativo degli altri anestetici ed è un agente ottimo per garantire
l’assenza di ricordi legati all’intervento.
Curari:
La curarizzazione provoca il blocco neuromuscolare, il blocco, cioè, del passaggio degli
stimoli dal nervo al muscolo.
I farmaci (curari) che vengono utilizzati in clinica per produrre il blocco neuromuscolare
sono essenzialmente di 2 tipi:
1.
Competitivi o non-depolarizzanti
2.
Non-competitivi o depolarizzanti
1.I farmaci competitivi sono molecole che bloccano i recettori giunzionali ed impediscono
all’Ach di esercitare il proprio effetto di depolarizzazione. L’entità dell’azione dei farmaci
competitivi dipende dalla loro concentrazione a livello giunzionale e il termine della loro azione
dipende dalla concentrazione giunzionale di Ach (poiché il meccanismo è competitivo: prevale
l’azione della molecola numericamente più rappresentata sul sito d’azione). I farmaci inibitori della
colinesterasi (l’enzima che distrugge l’Ach), come la neostigmina e la fisostigmina, riescono a
ridurre il blocco in quanto aumentano la concentrazione giunzionale di Ach.
I curari non-depolarizzanti sono i più utilizzati nella pratica anestesiologica, sono disponibili
numerose molecole che garantiscono blocchi neuro-muscolari di durata variabile (atracurio,
cisatracurio (Nimbex®), pancuronio, vecuronio….)
2. I farmaci depolarizzanti agiscono in modo simile all’Ach. Legandosi ai recettori postgiunzionali provocano, infatti, depolarizzazione della membrana post-giunzionale che si mantiene
depolarizzata per un certo tempo così da impedire la contrazione muscolare. La depolarizzazione
iniziale corrisponde alla contrazione muscolare, seguita da paralisi delle fibre muscolari. Dal punto
di vista clinico la depolarizzazione si manifesta con le fascicolazioni muscolari (contrazioni
evidente delle fibre muscolari) che testimoniano l’arrivo del miorilassante alla giunzione (le
fascicolazioni non sono mai evidenziabili con i curari competitivi). L’unico farmaco usato in clinica
che agisce con questo meccanismo è la Succinilcolina (Midarine®). Essa ha un’azione breve (5
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min.) ed immediata (è usata soprattutto per facilitare l’intubazione), e deve essere fatta seguire da
un curaro non depolarizzante quando è necessaria una curarizzazione prolungata. Non esistono
farmaci antagonisti per la Succinilcolina. Dosaggio: (1-1,5 mg/Kg)
In caso di sospetto > PIC far precedere premedicazione con
–
Lidocaina (1,5 mg/Kg)
–
vecuronio (0,01 mg/Kg) per prevenire fascicolazioni
Controindicata:
–
Trauma oculare
–
Lesione da schiacciamento
–
Estese ustioni
–
Iperkaliemia
Cricotirotomia
E' una tecnica di urgenza, da effettuare in caso di intubazione impossibile e in cui anche un presidio
sovraglottico non sia posizionabile.
In condizioni di estrema urgenza e' possibile il ricorso alla puntura della membrana intercricoidea con agocannula di calibro superiore a 16G e un raccordo standard per tubo endotracheale
n. 3.5 per permettere la ventilazione.
Di solito non si ristabilisce una ventilazione efficace, pero' si assicura la sopravvivenza per circa 20
minuti. Alternativamente puo' essere usata una siringa da 2.5 ml privata del pistone collegata ad un
raccordo per tubo endotracheale 7.0. Sono disponibili sul mercato diversi set che presentano
dispositivi caratterizzati da modalita' differenti di approccio cricotirotomico. (CooK Melker
Emergency Cric Kit, Nutrake, Minitrack visualizzati precedentemente secondo l'ordine riportato)
In tali circostanze e' possibile il ricorso a tecniche di TTJV (Trans Tracheal Jet Ventilation)
che sfrutta alte pressioni di ossigeno per produrre movimenti respiratori
.
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4.5
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Intubazione con fibrobroncoscopio a fibre ottiche
L'utilizzo della fibrobroncoscopia per l'intubazione trova applicazione per la maggior parte dei casi
in ambiente ospedaliero, sia nel dipartimento di emergenza che in sala operatoria. In caso di
difficolta' prevista l'occorrente puo' essere predisposto, altrimenti puo' essere approntato come
ausilio di tecniche alternative.
Ora è uscito un nuovo presidio che permette il caricamento del tubo, la visualizzazione delle
corde vocali e l’intubazione senza l’ausilio del laringoscopio e permettendo una scopia diretta della
procedura.
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5 Ventilazione non invasiva (NIV O N.I.M.V.)
Valutate le possibili difficoltà che possono incontrarsi durante la gestione delle vie aeree,
attualmente stanno aumentando gli studi inerenti l’utilizzo della ventilazione non invasiva in caso di
ipossiemia al fine di evitare l’intubazione. La ventilazione non invasiva (N.I.M.V) permette:
Evitare i rischi dell’intubazione tracheale
(stimolazione vagale,farmaci sedativi…)
Ridurre gli effetti collaterali dell’IT (polmoniti da ventilatore-VAP- baro-volotraumi…)
Diminuire i giorni di ventilazione e di degenza
Contrarre i costi
Attualmente la NIMV viene utilizzata sia in urgenza, che a domicilio (nei soggetti cronici)
ma,il nostro obiettivo deve essere quello di iniziarla quanto prima in caso di insufficienza
respiratoria acuta. L’impiego della C.P.A.P (10 cmh20) in maschera facciale e’ stato dimostrato
come
“sicuro ed efficace”
in una larga percentuale di soggetti con edema polmonare acuto (EPA) e viene consigliato
come primo approccio indipendentemente dall’eta’ e dalla patologia polmonare.
quanto prima inizia meglio e’.
5.1
Criteri d’inclusione alla ventilazione non invasiva:
Dispnea grave a riposo con utilizzo della muscolatura accessoria e discinesia toracoaddominale
RR>25 min
PaC02>45-50mmHg o incremento improvviso di PaC02 di 15-20mmHg
PH>7.35ma >7.1
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Sp02<90% in 02 terapia
Alterazione del sensorio (ad esclusione del coma)
5.2
Criteri dì esclusione:
Apnea o RR<12min
Kelly>3
Coma
Assenza di riflessi protettivi delle vie aeree
Grave instabilità emodinamica
Aritmie gravi
PNX pneumomediastino
Impossibilità di adattare l’interfaccia
Impossibilità del soggetto a collaborare
Incapacità di mantenere la ventilazione minima vitale nel caso di breve interruzione dal
sistema
Eccesso di secrezioni e difficoltà o impossibilità ad espettorarle
Otite
5.3
Modalità ventilatorie:
La CPAP, una tecnica non ventilatoria (rappresenta un sistema di ossigenazione poiché
non influisce il valore dell’anidride carbonica) che prevede una pressione positiva continua nelle
vie aeree. Può essere eseguita tramite l’utilizzo di maschera facciale (tra cui la Boussignack) o
nasale o casco, recupera volume polmonare e spesso migliora il rapporto PaO2/ FiO2 poiché
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previene il collabimento degli alveoli(reclutamento alveolare). Essa è più frequentemente
utilizzata nei pazienti con scarse esigenze ventilatorie e atelettasie acute o edema polmonare.
La Bilevel permette i mantenimento del respiro spontaneo della persona ,lavora sul due
livelli di pressione realizzando sia l'assistenza inspiratoria che garantendo l’espansione alveolare
tramite la pressione positiva di fine espirazione, è necessario un ventilatore per la sua applicazione
collegato ad un casco o a una maschera.
5.4
Effetti collaterali:
Insufflazione gastrica e vomito (rara con P positive di 5-10 cmH20)
Agitazione, intolleranza e sensazione claustrofobica all’interfaccia
Stati eritematosi,dermatiti irritative nelle zone di contatto, lesioni da decubito alla radice
del naso
Ipotensione in caso di marcata ipovolemia
Insonnia
Presenza di rinorrea
Secchezza delle fauci
PNX (rischio molto basso visti i livelli di P utilizzati)..
5.5
Complicanze della N.I.M.V.
Legate all’interfaccia utilizzato
Rischio concreto di ipotensione nei soggetti preload dipendenti con compromissione
della gittata cardica.
Evitare l’utilizzo di pressioni elevate.
La percentuale di fallimento è di circa 20% ed è data:
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- EPA non regredisce
- emodinamica che peggiora
- incapacità di adattarsi al sistema.
Regola generale:
Qual’ora il quadro non migliori dopo la CPAP si passa alla BiLevel se anche con questo il
quadro non migliora, trova indicazione l’intubazione con la ventilazione meccanica.
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6 Ventilazione meccanica
Nella pratica attuale, la ventilazione a pressione positiva (PPV) è l'unica forma di supporto
per l'insufficienza respiratoria acuta.
La ventilazione meccanica è un presidio terapeutico fondamentale in molti pazienti con
severi quadri di insufficienza respiratoria, trova indicazione nei seguenti casi:
6.1
Difetto di scambio
in caso, ad esempio di edema polmonare o ARDS. In questi casi si determinano
gravi quadri di ipossiemia.
La presenza di shunt è una causa di ipossiemia non correggibile con la
somministrazione di ossigeno.
In questi casi il supporto ventilatorio ha lo scopo, con l'impiego solitamente di
una pressione positiva espiratoria di riaprire le zone non ventilate (causa dello shunt)
aumentando così l'ossigenazione, incrementando la capacità funzionale residua e la
compliance polmonare.
difetto di pompa
6.2
Ventilatori: pressometrici e volumetrici
Il respiratore collegato al paziente da un circuito inspiratorio, i gas espirati vengono invece
allontanati dal paziente attraverso una via espiratoria separata da quelle inspiratoria.
Ogni ventilatore dipende da un sistema di comando nel quale è possibile regolare le
caratteristiche di ogni ciclo respiratorio, scegliere le modalità di ventilazione e impostare i valori
degli allarmi per i vari parametri.
I moderni ventilatori permettono di monitorare molti parametri: il volume corrente inspirato
ed espirato, il volume minuto, la frequenza respiratoria, la curva di flusso e pressione delle vie
aeree, calcolo della PEEPi e altri.
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Un atto ventilatorio meccanico comprende:
fase inspiratoria (nella quale il ventilatore insuffla aria nelle vie aeree del
paziente)
passaggio dalla fase inspiratoria a quella espiratoria
fase espiratoria
passaggio dalla fase espiratoria a quella inspiratoria
L'insufflazione può avvenire con caratteristiche pressumetriche o volumetriche:
Dal momento che:
Flusso = (P1 - P2) / R
dove P1 è la "pressione motrice", P2 la pressine alveolare, R la resistenza totale tra il punto
in cui viene generata la pressione e gli alveoli.
In caso di insufflazione con caratteristiche pressometriche all'inizio del ciclo P1 è molto
elevato e si determina pertanto un gradiente elevato, mano a mano che il gas raggiunge gli alveoli
aumenta il valore di P2 con una riduzione progressiva del gradiente fino ad annullare
completamente il flusso (il flusso termina quando il valore del gradiente è uguale a 0 o quando
scende ad un valore prefissato per il ciclaggio I/E (inspirazione/espirazione).
In questo tipo di ventilatori il flusso e il volume corrente erogato non sono costanti ma dipendono
dalle caratteristiche meccaniche del sistema respiratorio del paziente.
Nell'insufflazione di tipo volumetrico il volume erogato non dipende dalle caratteristiche
meccaniche del sistema respiratorio: il ventilatore eroga un certo volume in un determinato tempo
(tempo inspiratorio Ti), indipendentemente dalla pressione raggiunta. Per ridurre il rischio di
barotrauma occorre impostare un limite massimo di pressione di picco, raggiunto il quale la
macchina cessa di insufflare gas .
La fase espiratoria è generalemente passiva.
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L’insufficienza respiratoria
Il ciclaggio tra la fase inspiratoria e quella espiratoria può essere regolato da quattro
meccanismi:
1.
a tempo
2.
a volume (quando viene erogato un certo volume di gas)
3.
a pressione (quando nele vie aeree si raggiunge un valore pressorio
predeterminato)
4.
6.3
a flusso istantaneo (quando il flusso si riduce sotto un valore stabilito).
Parametri della ventilazione meccanica
Una volta scelta la modalità di ventilazione occorre impostare i parametri del ventilatore
Volume
corrente
è il volume di gas che viene insufflato per ogni atto respiratorio.
Il valore corretto del Vt per le ventilazioni invasive è di circa 8-12 ml x Kg di peso
corporeo, aumentato del 50% in caso di ventilazioni non invasive con maschere
(per compensare le perdite d'aria dalla maschera)
Frequenza
respiratoria
Il valore ottimale dipende dal tipo di patologia.
In pazienti affetti da BPCO si considerano ottimali valori compresi tra i 12 e i 16
atti/min.
Valori troppo elevati riducono il tempo espiratorio e non consentendo ai polmoni
di svuotarsi completamente possono portare a iperinsufflazione dinamica.
Volume
minuto
è dato dal prodotto tra FR x Vt:
se si vuole variare il volume minuto, incrementando FR o Vt si ottengono risultati
differenti.
Un incremento della FR produce una variazione minore del Volume Minuto
rispetto a quella prodotta dalla variazione del Vt dal momento che parte della
ventilazione viene persa nello spazio morto. Un incremento eccessivo del Vt può
provocare barotraumi.
Rapporto
Ti/Te
ovvero rapporto tra durata dell'inspirazione/durata dell'espirazione.
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L’insufficienza respiratoria
Il TT (tempo totale) = Ti (tempo dell'inspirazione) + Te (tempo dell'espirazione).
Pertanto, ad esempio, se il 25% del ciclo respiratorio è dedicato all'espirazione, il
75% sarà il tempo dell'inspirazione e il rapporto Ti/Te sarà pari a 1/3.
Solitamente il rapporto viene regolato intorno ad un rapporto del 33%, tuttavia
pazienti ostruiti richiedono spesso TE maggiori.
Un inversione del rapporto Ti/Te per incremento del T1 caratterizza la IRV
(Inverted Ratio Ventilation).
Alla fine dell'inspirazione è possibile impostare una pausa per permettere una
distribuzione dei gas inspirati in zone del polmone con differenti costanti di tempo.
In genere i ventilatori consentono di scegliere 3 tipi di onda di flusso:
quadrata (flusso costante): il Vt viene insufflato in modo costante
nelle diverse fasi del Ti
decelerata (flusso decrescente): la maggior parte del Vt viene ovvero
insufflata nelle prime fasi del Ti
accelerata (flusso crescente)
FIO2
nei moderni ventilatori è possibile regolare la concentrazione dell'O2 erogata.
In ventilatori poco sofisticati e in dispositivi CPAP a flusso continuo la
concentrazione può talvolta dover essere calcolata considerando il volume minuto,
il volume dell'O2 somministrato e il contenuto dell'O2 dell'aria.
Trigger
inspiratorio
è un'opzione che nelle modalità di supporto (modalità assistita) permette al
paziente di dare inizio ad un atto inspiratorio poi supportato dalla macchina
(permettendo così una migliore sincronizzazione tra la macchina e il paziente).
I trigger possono essere:
a pressione: attivati quando il paziente nello sforzo inspiratorio
determina nel circuito una caduta di pressione pari a quella pre-impostata. Il
trigger deve essere sufficientemente sensibile senza però attivarsi
accidentalmente per cadute di pressione legate a perdite del sistema.
Pazienti con PEEPi devono compliere per attivare il trigger degli sforzi
aggiuntivi per superare il gradiente di fine inspirazione tra alveoli e
atmosfera.
a flusso: attivati quando si riduce il flusso espiratorio a causa del
tentativo inspiratorio del paziente
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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PEEP
L’insufficienza respiratoria
E' possibile impostare una PEEP (Positive End Expiratory Pressure), ovvero una
pressione di fine espirazione maggiore di quella atmosferica.
Normalmente, durante la ventilazione meccanica, la pressione nelle vie aeree
(Paw) è positiva durante la fase inspiratoria e ritorna a livello atmosferico in fase
espiratoria, se viene impostata una PEEP la Paw non torna a livello della P
atmosferica in fase espiratoria.
L'impostazione di una PEEP permette di "riaprire" zone malventilate ma ancora
perfuse (alla base di squilibri ventilo/perfusori non correggibili con la sola
somministrazione di ossigeno, di riduzione della compliance e della capacità
funzionale residua).
Sottoporre un paziente con grave compromissione a PEEP (ad esempio nel caso di
ARDS) può invece essere controproducente dal momento che l'incremento dalla
Paw in fase espiratoria può non essere in grado di riventilare zone compromesse e
comportare solo una sovradistensione di zone integre con conseguente
barotrauma e incremento dello spazio morto.
Altri effetti favorevoli della PEEP sono:
aumento del volume di chiusura delle piccole vie aeree
riduzione del gradiente pressorio tele-espiratorio tra alveoli e
atmosfera permettendo un'attivazione meno dispendiosa del trigger in
pazienti con una PEEPi.
La PEEP comporta effetti sfavorevoli a carico del sistema cardiocircolatorio dal
momento che si determina un incremento della pressione intratoracica (che rimane
positiva anche durante tutto il ciclo respiratorio) e di conseguenza una diminuzione
del ritorno venoso.
Il ridotto ritorno venoso associato ad un incremento del post-carico del ventricolo
destro contribuisce a determinare una riduzione della gittata sistolica destra.
Le principali indicazioni della PEEP sono:
patologie caratterizzate da riduzione della CFR
o
edema polmonare cardiogeno
o
ARDS
o
focolai broncopneumonici
o
atelettasie e distelettasie
pazienti con PEEPi
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6.4
L’insufficienza respiratoria
Modalità di ventilazione a pressione positiva
Modalità
controllata
con questa modalità il ciclo respiratoro è completamente controllato e
determinato dal ventilatore e gli sforzi inspiratori del paziente non sono in
grado di determinare un'inspirazione.
Indicazioni:
paralisi dei muscoli respiratori
estrema debolezza degli sforzi respiratori (es. anestesia generale
o lesioni cervicali)
Questa modalità di ventilazione è spesso mal tollerata e può portare a
desincronizzazione tra l'attività respiratoria spontanea del
paziente e l'atto generato dal respiratore
atrofia da non uso dei muscoli respiratori
Generalemente si preferiscono altre modalità di ventilazione.
Modalità assistite
Presentano una serie di vantaggi:
permettono una buona sincronizzazione tra l'attività respiratoria
del ventilatoria e quella del paziente
è possibile ridurre progressivamente il supporto ventilatorio al
fine di "svezzare" il paziente dal respiratore
provocano una minore atrofia della muscolatura respiratoria
riducono determinati effetti negativi della ventilazione
intermittente sulla stabilità emodinamica
riducono la necessità di ricorrere alla sedazione farmacologica
Con questa modalità il paziente è in grado di attivare ogni atto inspiratorio che
Modalità
assistita/controllata viene, in un secondo tempo, supportato e portato a termine dal ventilatore,
potendo comunque impostare una frequenza di base tale che, in caso di apnea,
intervenga il ventilatore.
Si possono impostare modalità assistite/controllate a:
priorità di volume: in questo caso si deve impostare il volume
corrente (Vt), la frequenza respiratoria, la forma d'onda
dell'inspirazione e la sensibilità del trigger (meccanismo che
percepisce il tentativo inspiratorio del soggetto e che provoca l'inizio
dell'inspirazione da parte del ventilatore). Il paziente può impostare la
propria frequenza respiratoria (purchè questa non sia più bassa di
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L’insufficienza respiratoria
quella impostata nel ventilatore).
priorità di pressione: si impostano in altre parole i valori della
P positiva (e non i volumi di gas da ventilare). Permette una maggiore
sincronizzazione tra ventilatore e paziente ma se i valori del trigger o i
valori del picco inspiratorio non sono regolati in modo ottimale è
possibile che si determini un lavoro eccessivo per i muscoli respiratori.
In pazienti ostruiti, con questa modalità, è possibile peggiorare
l'iperinflazione.
In corso di tale modalità ventilatoria il volume corrente dipende dalla
compliance del polmone, dalle resistenze delle vie aeree e dallo
stimolo ventilatorio
Una possibile complicanza di questa modalità di ventilazione è la alcalosi
respiratoria secondaria all'iperventilazione.
Ventilazione
sincronizzata
intermittente
obbligatoria
In questo caso il ventilatore interviene solo se la frequenza degli atti
inspiratori del paziente diminuisce sotto una certa soglia.
In questa modalità occorre impostare un determinato volume corrente e una
frequenza respiratoria di soglia (che prende il nome di ventilazione
intermittente obbligatoria IMT).
A differenza della modalità assistita/controllata in questa il paziente può
respirare spontaneamente, a meno che, ovviamente, abbia una frequenza
troppo bassa e subentri pertanto il ventilatore.
La ventilazione sincronizzata intermittente obbligatoria riduce il rischio di
barotrauma dal momento che non è possibile la sovrapposizione tra l'atto
inspiratorio spontaneo e quello erogato (come può invece avvenire nella
ventilazione assistita/controllata).
E' possibile associare questa modalità a una pressione di supporto agli atti
spontanei.
Ventilazione
a può essere utilizzata per sostenere la ventilazione spontanea in pazienti con
pressione
di richieste ventilatorie stabilizzate o in fase di svezzamento.
supporto (PSV)
Ogni inspirazione è attivata dal paziente che deve, pertanto, avere uno stimolo
respiratorio spontaneo quasi nella norma.
Per tutta la durata dell'inspirazione viene fornita una determinata pressione che
termina quando il flusso inspiratorio scende sotto un certo livello (in ogni caso
viene impostato un tempo di sicurezza superato il quale viene ridotta la
pressione).
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L’insufficienza respiratoria
La differenza rispetto alla ventilazione assistita/controllata, dove il tempo
dell'inspirazione (Ti) è impostato direttamente, è dovuta alla presenza di una
regolazione del tempo inspiratorio (Ti) basata sul controllo del flusso.
La riduzione del lavoro inspiratorio dipende dalla P di supporto impostata (il
lavoro è in altre parte tanto più elevato quanto più bassa è la P di supporto
impostata).
La ventilazione minuto dipende dalla frequenza respiratoria spontanea e dalle
caratteristiche dell'apparato respiratorio determinanti il Vt del paziente: in
pazienti instabili o durante il sonno è possibile che i pazienti ipoventilino.
Ventilazione
assistita
proporzionale
(PAV)
Con questa modalità il livello di assistenza ventilatoria è proporzionale allo
sforzo del paziente durante il ciclo respiratorio.
Il respiratore è in grado di misurare la compliance, e la resistenza dell'apparato
respiratorio e, in base ai questi parametri misurati, è in grado di normalizzare
la meccanica respiratoria.
Elemento critico è l'accuratezza della misurazione del flusso.
Ventilazione
a Normalmente la durata dell'espirazione è maggiore di quella della
rapporto invertito inspirazione.
Tramite questa modalità si prolunga la inspirazione fino ad invertire il
rapporto I:E.
Il paziente deve essere sedato e spesso curarizzato.
Gli studi effettati su questa metodica hanno dato risultati diversi e ci sono
dubbi sulla reale efficacia.
Pressione positiva I ventilatori C-PAP mantengono all'interno delle vie aeree una pressione
costante maggiore della pressione atmosferica durante tutto il ciclo
continua
respiratorio al fine di favorire il reclutamento alveolare ed aumentare la
capacità funzionale residua (CFR).
Il respiro è affidato totalmente al paziente (è dunque impiegabile solo in
pazienti con una funzione dei muscoli respiratori conservata).
Può, inoltre, ridurre il lavoro inspiratorio in pazienti con alti livelli di autoPEEP.
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L’insufficienza respiratoria
E' considerata utile in caso di polmonite, atelettasia, edema polmonare e
durante il sonno in pazienti con apnea notturna.
Permette di riaprire alveoli collabiti a pressione atmosferica con consegente
aumento della CFR.
Non ha indicazioni invece nelle patologie caratterizzate da ipoventilazione
(deficit di pompa).
Livelli eccessivi di CPAP possono tuttavia provocare iperinsufflazione
dinamica o un carica eccessivo di lavoro per i muscoli respiratori.
L'incremento delle pressioni intratoraciche determina inoltre una riduzione
della gittata cardiaca (in misura minore però dei ventilatori con PEEP).
Ventilazione
ad Permettono frequenze respiratorie tra i 60 e i 600 atti/minuto.
elevata frequenza
Un'elevata frequenza e bassi Vt permettono di mantenere le pressioni nelle vie
aeree basse.
E' particolarmente indicata nel trattamento dell'ARDS e nelle patologie
polmonari caratterizzate da perdite aeree
6.5
Sorveglianza e monitoraggio
Occorre porre attenzione a segni di "disadattamento" (paziente fuori fase con la macchina,
che "lotta con il respiratore") e alle possibili cause di questo (presenza di secrezioni, errata
regolazione dei parametri del ventilatore...).
E' necessario controllare spesso i valori emogasanalitici, valutare continuamente la
saturimetria ed eventualmente la capnometria.
Le macchine dispongono normalmente di una serie di allarmi in grado di avvertire problemi
relativi all'alimentazione elettrica, o all'erogazione dei gas.
6.6
Complicanze della ventilazione meccanica
Barotrauma
Volo trauma
Infezioni
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L’insufficienza respiratoria
7 L’emogasanalisi (ega)
E’ un prelievo di sangue arterioso attraverso il quale si analizzano alcuni parametri utili
nello studio della respirazione e dell’equilibrio acido-base. I parametri esaminati possono essere
indice di alterazioni respiratorie o metaboliche
7.1
Siti del prelievo con siringa
Può essere fatto su prelievo capillare o arterioso.
I siti arteriosi maggiormente utilizzati sono:
-
Radiale
-
femorale
-
brachiale
Verificare l’esistenza di una circolazione sanguigna collaterale. Attenzione a non colpire
accidentalmente il periostio osseo. L’arteria radiale:superficiale e con circolazione collaterale
ottima apportata dall’arteria ulnare (nell’1,6% dei malati le arterie ulnari hanno dei deficit quindi
diventa indispensabile eseguire il test di Allen).
Test di Allen:
Il paziente chiude con forza la mano per far defluire il sangue dal pugno. Esercitare una
pressione sul polso per
arrestare il flusso delle arterie ulnare e radiale. Quando la mano diventa bianca si rilascia la
pressione sull’arteria ulnare.
Si osserva il palmo e le dita: se la mano ritorna rossa in pochi minuti è presente la perfusione
completa attraverso l’arteria ulnare e non è pericoloso eseguire il prelievo dalla radiale
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L’insufficienza respiratoria
.
7.2
Fisiologia
I fattori che determinano i livelli ematici di O2e CO2sono differenti ma il principio che
permette gli scambi gassosi è quello fra gas a pressioni parziali differenti, separati da una membrana
permeabile ed è regolato dalle leggi della diffusibilità dei gas (legge di Avogadro, legge di Henry,
legge di Boyle).
La relazione tra saturazione dell’emoglobina e pressione di ossigeno nel sangue è
rappresentata da una curva a “esse italica“, riportata qui sotto:
bisogna tener presente che sotto certi valori di SatO2 (80%) la pressione di ossigeno scende
rapidamente sotto i 60 mmHg (insufficienza respiratoria acuta).
La CO2 è il più importante prodotto del catabolismo cellulare e viaggia nel sangue disciolta
fisicamente (7%), legata alla porzione globinica dell’Hb desossigenata (23%), trasformata in acido
carbonico (70%).
In condizioni normali l’organismo umano produce acidi che sono frutto del proprio
metabolismo; naturalmente il processo metabolico interessa tutte le sostanze che introduciamo
dall’esterno, il traguardo finale è rappresentato dalla produzione di tre sostanze acide che sono
l’ammoniaca, l’acqua e l’anidride carbonica, oltre alla generazione di energia (ATP). Il corpo
umano è dunque tutto impegnato a difendersi dall’acidicità a dispetto dello stato basico, poiché
normalmente produce idrogenioni (H+ = acidi) e non ossidrilioni (OH- = basi).
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L’insufficienza respiratoria
Alcuni ioni idrogeno sono prodotti dalla dissociazione di soluti; l’acqua stessa si
dissocia in maniera debole in una reazione reversibile→H2O = H++ OHQuesta dissociazione dà origine a uno ione idrogeno H+ e un gruppo ossidrile
OHPochissime molecole d’acqua si dissociano in acqua pura: un litro contiene
0,0000001 moli di H+ e altrettante di OH- cioè [H+] = 1 x 10 -7mmol/l.
La concentrazione idrogenionica è così importante nei processi fisiologici che si usa
un’abbreviazione speciale per esprimerla →il pH cioè il logaritmo negativo della concentrazione
di ioni idrogeno (così invece di usare l’espressione di cui sopra si dice che il pH dell’acqua pura
è7). Il pH del sangue è strettamente regolato tra 7,35 e 7,45. Sotto a 7,0 o sopra a 7,8 non è
compatibile con la vita. Il metabolismo cellulare genera significative quantità di acidi che devono
essere neutralizzati; in alcune occasioni la perdita di acidi determina condizioni altrettanto
pericolose.
L’idrogeno è il componente fondamentale delle cellule e lo troviamo sotto forma di acqua, è quindi
l’elemento primario in condizioni di normalità fisiologica, mentre l’alcalinità la si riscontra solo in
condizioni patologiche.
Gli acidi passano nel sangue e gli eccessi vengono eliminati per ristabilire l’equilibrio acido-base e
permettere al sangue di conservare la sua reazione neutra.
Il pH del sangue lievemente alcalino (pH = 7.35 ÷ 7.45) è la risultante di 3 sistemi, rappresentati dai
sistemi tampone acido-base, dai polmoni e dai reni.
Il sistema tampone acido-base è il più importante perché interviene per primo, nell’arco di qualche
secondo, e agisce correggendo l’equazione bicarbonato-acido carbonico alterata. In seconda battuta
intervengono i polmoni che eliminano la CO2 in eccesso in pochi minuti con la ventilazione.
E' interessante notare che l’acidosi metabolica, costituita dall’acido carbonico presente nel sangue e
un po’ dovunque all’interno del corpo umano (lo si ritrova nel plasma, nelle cellule, nelle ossa…) si
presenta sotto forma di liquido mentre la sua eliminazione si attua sotto forma di gas (CO2
respiratoria).
Il rene è l’ultimo sistema tampone che interviene, ultimo in ordine cronologico e non certo
d’importanza, perché spetta proprio al rene il compito di eliminare gli acidi ancora in circolo e il
recupero dei bicarbonati che vengono consumati rapidamente e si esaurirebbero in pochi giorni
senza il filtro renale: l’azione che il rene svolge è determinante ma lenta: impiega almeno 8-12 ore
per agire.
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L’insufficienza respiratoria
Ne deduciamo che l’organismo ha un gran bisogno di trattenere bicarbonati e di eliminare acidi,
anche perché l’equilibrio da mantenere dipende dal rapporto fra i due, che deve essere di 20 a 1.
Se l’equazione 20/1 viene mantenuta, l’equilibrio acidobase rimarrà inalterato: questo però avviene
anche se i valori numerici fra denominatore e numeratore cambiano, poiché il risultato della
frazione rimane costante. Ad esempio: 20 = 20/1 20 = 60/3
Ecco perché quando leggiamo l’emogasanalisi ci dobbiamo preoccupare di leggere entrambi i valori
della pCO2 e dei bicarbonati e non il solo valore del pH che è il risultato del rapporto numerico fra i
due.
Il pH è influenzato da diversi fattori esterni, da non sottovalutare la temperatura corporea e
l’assunzione di alcuni farmaci.
La pO2 è un indice della concentrazione inspiratoria di 02 misurata a livello del mare in un
adulto normale. Il contenuto arterioso in ossigeno deve essere il più alto possibile per apportare la
quantità di ossigeno massimale al cuore e al cervello.
La pCO2 è un indice della pressione parziale di carico acido. La pCO2 varia in maniera
lineare con la concentrazione plasmatica dell’acido carbonico; ad un aumento dell’acido carbonico
corrisponde quindi un aumento della pCO2 e viceversa.
Da che cosa deriva il valore della pCO2?
L’acido carbonico (H2CO3) lo troviamo in forma acquosa nel sangue, nel plasma e nei
liquidi extracellulari, durante la respirazione cede acqua (H2O) e si trasforma in un gas volatile,
l’anidride carbonica (CO2) permettendo così la sua eliminazione attraverso la componente
respiratoria.
La pCO2 è dunque l’espressione gassosa dell’acido carbonico eliminato dall’organismo mediante la
ventilazione polmonare.
Possiamo anche dire, con un percorso a ritroso, che l’acido carbonico è la risultante della
somma tra anidride carbonica e acqua, dove
CO2 + H2O <===> H2CO3.
I bicarbonati rappresentano il carico basico: ad 1,2 mEq/L di acido devono corrispondere 24
mEq/L di bicarbonati perchè la bilancia acido-base risulti in equilibrio. Nella tabella n. 3 è
rappresentato il meccanismo di trasformazione chimica che sta alla base dell’equilibrio acido-base.
Dall’acido carbonico (H2CO3) deriva sia l’anidride carbonica (CO2) escreta dai polmoni con la
respirazione, che i bicarbonati (HCO3-) riassorbiti dai reni a livello del tubulo prossimale.
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L’insufficienza respiratoria
BE o l’Eccesso di Basi costituisce una misurazione del livello di acido metabolico che
normalmente è zero. Le basi del sangue (basi totali) sono circa 48 mmol/l in rapporto alla
concentrazione di emoglobina. Le modificazioni delle basi ematiche sono dette eccesso o deficit di
basi. Quando diciamo che un paziente ha un eccesso di basi di meno dieci “significa” che questo
paziente ha un eccesso di acido metabolico (acidosi) di 10 mEq/L. L’eccesso di basi è utilizzato per
calcolare la quantità di trattamento richiesta per contrastare l’acidosi.
La saturazione è un indice indiretto dell’ossigenazione a livello periferico. L’emoglobina ha
una forte affinità per l’ossigeno a cui si lega, una riduzione dell’affinità Hgb-O2 causata da vari
fattori, limita l’apporto di ossigeno ai tessuti e si esprimerà con un valore di Sat. O2 inferiore a
94%.
7.3
Quadri clinici
L’acidosi e l’alcalosi sono condizioni fisiopatologiche che portano rispettivamente ad
acidemia (pH inferiore a 7,35) e alcalemia (pH maggiore di 7,45) se non compensate.
Acidosi respiratoria:
In un quadro di insufficienza respiratoria si avrà un difetto di ossigenazione del sangue arterioso
associato al contempo ad un aumento più o meno marcato della concentrazione di anidride
carbonica (CO2) .Rappresenta il quadro clinico più frequente in emergenza. Vi è un Ph inferiore a
7.35 e una PaCo2 >45 mmHg, i bicarbonati sono scarsamente aumentati.
Determinata da un accumulo di anidride carbonica e quindi di acido carbonico. Le cause
possono essere:
riduzione della ventilazione polmonare su base meccanica (ostruzione delle vie aeree,
alterazioni della meccanica: ipoventilazione centrale, patologie neurodegenerative …) o patologica
a carico del polmone
(importante polmonite ad es ); ritenzione di C02 (alterazione rapporto
ventilazione perfusione –V/Q); incremento della produzione della C02 (come in caso di elevato
catabolismo: sepsi, politrauma, …).
In caso di acidosi respiratoria acuta , il paziente che non ventila grazie allo stimolo
dell’incremento della C02 come accade nel soggetto cronico (BPCO),è in grado di ricevere ossigeno
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L’insufficienza respiratoria
con tranquillità;nella persona BPCO il principale stimolo alla ventilazione diviene l’ipossiemia per
cui se eroghiamo troppo ossigeno ed andiamo a togliere questa forma di impulso, corriamo il
rischio di mandare la persona incontro ad arresto respiratorio per cui l’ossigeno erogato deve essere
la quantità tale a garantire una saturazione di circa il 92%.
Nelle prime fasi di acidosi respiratoria i sistemi di compenso sono rappresentati dai tamponi
intracellulari (proteine, emoglobina), con il passare dei giorni si attiva anche il sistema renale con
l’incremento dell’escrezione degli ioni H+ e del riassorbimento di HCO3 -.
Il soggetto si presenterà agitato, con la presenza di un pattern respiratorio breve e
superficiale; presenta mioclonie e segni di alterazioni della coscienza fino al coma.
Alcalosi respiratoria:
Clinicamente significativa quando legata ad una ipoventilazione alveolare acuta da:
risposta all’ipossiemia arteriosa
risposta all’acidosi metabolica
disfunzione del sistema nervoso centrale.
Le ultime due cause sono raramente associate ad ipossiemia.
Caratterizzata da un Ph >7.45 e una PaC02 < 35 mmHg. La causa principale è
l’iperventilazione che troppo spesso sappiamo essere sistema di compenso adottato dal nostro
organismo in caso di ipossiemia ed ipovolemia .
Altre cause possono essere:
ventilazione meccanica
gravidanza
sepsi
insufficienza epatica
attacchi di panico
farmaci, ormoni
asma
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L’insufficienza respiratoria
cheto acidosi
Il paziente si presenta ansioso, con segni di ipossiemia e dolore. I meccanismi di compenso
sono rappresentati in un primo momento dallo spostamento dello ione idrogeno dall’interno verso
l’esterno; in un secondo momento interviene il rene diminuendo l’escrezione di H+
e
incrementando le perdite di HCO3-. In corso di alcalosi respiratoria acuta c’è un passaggio
intracellulare di fosfati e potassio.
Acidosi metabolica:
Nell’acidosi metabolica, gli acidi metabolici devono essere neutralizzati, metabolizzati o escreti per
via renale. L’acidosi metabolica è una condizione caratterizzata da un pH <7.35 che è più acido in
rapporto alla PaCO2 appropriata per quel punto specifico di pH.
Come già detto il pH è la risultante delle due componenti, quella metabolica e quella respiratoria e
la componente metabolica viene valutata tenendo conto dell’effetto della PaCO2, per esempio ogni
modifica del pH non spiegato dalla PaCO2 indica una anormalità metabolica. L’acidosi è dovuta
all’accumulo di acidi non volatili (aumentata produzione o maggior ingresso di H+ o diminuzione
dell’escrezione renale) o da un’incremento delle perdite, nel comparto extracellulare, di
bicarbonato; la concentrazione di bicarbonato risulta inferiore a 20 Meq/L e si osserva una
riduzione, compensatoria della PaC02.
Cause:
digiuno prolungato
diabete mellito tipo 1
acidosi lattica
ipoaldosteronismo, insufficienza renale
acidosi uremica
acidosi tubulare con danneggiamento del tubulo distale o prossimale.
I meccanismi di compenso sono:
bicarbonato e sistemi tampone (emoglobina, fosfati,emoglobina)
respiro
renale (tardivo)
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L’insufficienza respiratoria
Il soggetto presenta sensazione di malessere generale, nausea, vomito, diarrea, astenia,
respiro di Kussmal, iperventilazione, all’elettrocardiogramma vi è bradicardia, riduzione della
gittata cardiaca e si può giungere all’arresto cardiaco.
Nell’interpretare l’acidosi metabolica risulta fondamentale la valutazione dell’anion gap.
Anion gap. Differenza tra la concentrazione plasmatica di cationi quali il sodio sommato al
potassio e di anioni quali il cloro e il HC03-  Na+ + K+- Cl- - HC03-.
I valori sono compresi tra 3 e 11 mEq/l.
L’incremento dell’anion gap può avvenire da un aumento dei cationi o degli anioni non
misurabili., quando gli anioni organici sono tamponati dal bicarbonato, causandone una
diminuzione plasmatica.
Una acidosi metabolica con anion gap non incrementato si ha da una diminuzione dei
bicarbonati con un temporaneo aumento del cloro.(diarrea, patologia renale)
Alcalosi metabolica:
Il pH è >7.45 associato ad elevati livelli di bicarbonato.
Le cause più frequenti sono la perdita di ioni H+ dal tratto gastrointestinale (vomito ,
diarrea, presenza di fistole, drenaggi …) o dal tratto urinario (uso di diuretici o mineralcorticoidi o
per ritenzione di ioni HC03- (somministrazione di bicarbonato,politrasfusioni massive).
La perdita dell’acido cloridrico causa una diminuzione del cloro ed un innalzamento del
bicarbonato nel liquido extracellulare. L’alcalosi può avvenire anche in seguito alla riduzione del
volume plasmatico.
Il soggetto si presenta con irritabilità neuromuscolare con iperreflessia, astenia,
ipoventilazione, alterazioni della coscienza fino al coma, aritmie anche gravi e refrattarie al
trattamento.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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L’insufficienza respiratoria
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time” durante RCP (109.3 s vs. 190.4 s), posizionato rapidamente (13s. vs. 52s) e posizionato
correttamente al primo colpo (98% vs 72%).
Med. J Malaysia. 2006 Jun;61 (2):157-61 comparazione tra TL e LMA in caso di situazioni
dove necessiti posizionamento del presidio con blocco manuale del collo e della testa: TL risulta
superiore.
Anaesthesist. 2006 Feb;55(2):154-9: studio comparativo tra utilizzo TL e IT in situazioni
d’emergenza. Il corretto posizionamento e la prima ventilazione efficace viene eseguita molto prima
da personale con scarsa esperienza di IT applicando TL.
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