La trappola. Radici storiche e culturali della crisi economica
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La trappola. Radici storiche e culturali della crisi economica
Andrea Ventura La trappola Radici storiche e culturali della crisi economica Le gerle 7 Andrea Ventura La trappola Radici storiche e culturali della crisi economica In copertina: Giuseppe Pellizza da Volpedo, Il Quarto Stato (particolare), 1901, olio su tela, 283x550. Milano, Museo del Novecento. © 2012 L’Asino d’oro edizioni s.r.l. Via Saturnia 14, 00183 Roma www.lasinodoroedizioni.it email: [email protected] *SBN978-88-6443-0751 ISBN ePub 978-88-6443-082-9 ISBN pdf 978-88-6443-083-6 Anche senza bisogno di libri ho l’impressione che ormai, al giorno d’oggi, la lotta di classe non infuria più per le strade. Il proletario è ancora proletario, e il signore continua ad essere signore. Ma adesso si affrontano in maniera diversa. Sa il diavolo come siamo arrivati a questo, ma una volta succedeva che il proletario sgobbava fino a che riusciva a mettere insieme tutto quello che serviva al signore. Adesso invece è il signore che si scervella per trovare il modo di convincere me, il proletario, a consumare tutto quello che produce lui, il borghese. Mi vuole imbottire di ogni genere di roba, come l’oca per la festa di San Martino, mi vuole far ingrassare perbene, perché lui riesce a rimanere borghese solo se io, il proletario, mi metto a comprare tutto quello che lui cerca di sbolognarmi. Che mondo pazzo, chi ci si raccapezza più?... Perché qua mi si vuole appioppare ogni sorta di carabattole, a credito. Sándor Márai, La donna giusta Indice Premessa 1. Alienazione economica e alienazione religiosa 1.1 Il lavoro e la proprietà tra feudalesimo e mondo moderno 1.1.1 La giustificazione della diseguaglianza in Tommaso d’Aquino 1.1.2 La proprietà capitalistica e Locke 1.1.3 Locke e la teoria del valore-lavoro 1.2 Divisione del lavoro e alienazione: la formazione dell’uomo economico 1.2.1 Smith, la fabbrica di spilli e la rivoluzione industriale 1.2.2 La concezione della vita nel protestantesimo 1.2.3 La santificazione della vita economica 1.2.4 Povertà e ricchezza: l’ordine economico 1.2.5 Dal buon cristiano all’uomo economico, dal prete all’economista 1.3 Marx 1.3.1 Il feticismo delle merci e lo sfruttamento della forza lavoro 1.3.2 Il lavoro e il pensiero; l’ape e l’architetto 1.3.3 Il non cosciente 2. La tesi della ‘mano invisibile’: da Smith all’efficienza paretiana 2.1 Benessere e ‘perfettibilità’ illuministica 2.2 Hume e Smith 2.3 La teoria economica neoclassica 2.3.1 Bentham e Jevons 2.3.2 Il problematico rapporto dell’economia neoclassica con l’utilitarismo 2.3.3 Dalla psicologia della scelta alla logica della scelta IX 3 3 5 8 13 15 17 22 26 32 34 36 38 43 50 57 57 63 69 70 74 79 2.4 Di che cosa si occupa l’economia? 2.4.1 La scienza economica secondo Lionel Robbins 2.5 Il criterio di Pareto e l’efficienza del mercato 2.5.1 Il nucleo tautologico della teoria economica contemporanea 2.5.2 L’inganno: una ‘verità per convenzione’ 3. L’economia della truffa 3.1 Il valore scientifico dei modelli di equilibrio economico generale 3.2 La teoria neoclassica prepara il disastro 3.2.1 La funzione costitutiva delle scienze economiche 3.2.2 La teoria dei mercati efficienti 3.2.3 «The best finance faculty in the world» 3.2.4 Le nostre economie sono veramente dominate dal ‘mercato’? 4. L’economia del secondo dopoguerra e le dinamiche della crisi 4.1 Una fase dello sviluppo si è esaurita? 4.1.1 L’età dell’oro del capitalismo 4.1.2 La conquista del benessere materiale 4.2 La crisi finanziaria del 2007-2008 4.2.1 Il Washington Consensus 4.2.2 La bolla immobiliare e il crollo del 2008 4.2.3 Quattro anni di crisi: un meccanismo definitivamente inceppato 4.3 Liberismo, keynesismo e marxismo 4.3.1 Una crisi antropologica 4.3.2 La questione della posizione dell’economia nella società 5. La società diversamente ricca e la distinzione tra bisogni ed esigenze 5.1 Una crescita economica distruttiva 5.2 La società diversamente ricca di Lombardi e l’austerità di Berlinguer 5.3 L’alienazione economica e la distinzione tra bisogni ed esigenze 5.3.1 La teoria della nascita 5.3.2 Bambino, donna e trasformazione dell’uomo 5.4 La distinzione tra bisogni ed esigenze e l’offerta di beni pubblici 5.5 Uguaglianza e libertà 5.6 Una conclusione sul processo di globalizzazione 83 84 91 92 99 103 103 109 110 113 116 124 131 131 133 139 151 151 156 167 176 179 182 193 193 198 209 210 221 224 230 234 Bibliografia 241 Indice dei nomi 249 Premessa Mentre gli indicatori dell’economia e della finanza sembrano impazziti e i tempi degli eventi subiscono improvvise accelerazioni, non è facile scrivere un libro sulle dinamiche della grande crisi. Siamo di fronte, indubbiamente, a una rottura di carattere radicale, ma le rotture all’interno dei sistemi sociali e nei corsi della storia sono difficilmente valutabili in modo appropriato da chi le sta direttamente vivendo. Oggi si ha solo la sensazione, che può però considerarsi una certezza, che le fasi più acute della crisi non siano alle nostre spalle. Questa certezza deriva da una semplice constatazione: un devastante sodalizio tra teorie economiche errate e gruppi di potere economico e finanziario continua a costituire l’orizzonte all’interno del quale vengono definite le politiche pubbliche per arginare la crisi. Essendo questo sodalizio il risultato del percorso storico che l’ha generata, non si può essere ottimisti per il futuro. Un’ulteriore difficoltà risiede nel fatto che, vista la gravità del momento, le librerie sono piene di volumi che trattano della crisi; quasi ogni settimana, alle riflessioni della letteratura specialistica, alle notizie e ai commenti che compaiono sulla stampa, se ne aggiunge uno nuovo, cosicché anche solo tenere il passo con l’incalzare degli eventi e riflettere sulle analisi proposte costituisce un compito assai arduo. Ancor più arduo, ovviamente, è proporsi con un testo che non sia solo una mera risistemazione di cose già dette. Ciò che tuttavia mi ha spinto a proporre queste considerazioni è che, nelle analisi che circolano attorno alle nuove sfide poste dalla crisi, appare insufficiente il tentativo di approfondire, oltre alle sue specifiche dinamiIX LA TRAPPOLA che, il percorso storico e la dimensione culturale alla base di essa. Questo volume presenta dunque una sua autonomia sia rispetto a quelli che potrebbero essere gli sviluppi degli eventi nel prossimo futuro, sia nei confronti delle analisi che sono state recentemente proposte su queste problematiche. Vorrei qui enunciare la tesi che ha guidato il mio percorso di ricerca e che mi ha condotto a questo libro: dietro la crisi economica c’è la crisi della teoria economica dominante, che in tutti i modi tende a essere celata. Essa però contiene in sé qualcosa di più profondo. Quella che stiamo attraversando, infatti, può essere considerata una ‘crisi antropologica’, cioè la crisi di un’identità che si definisce nel rapporto razionale, utilitaristico, con gli oggetti materiali, e che è priva della possibilità di sviluppare un discorso coerente sulle questioni direttamente attinenti alla socialità. La domanda fondamentale, in sintesi, non può essere solo sul come siamo arrivati a questo punto, cioè come sia possibile che dopo alcuni decenni in cui la crescita economica ha prodotto benessere materiale e sicurezza sociale per strati sempre più vasti di popolazione, si è avuto dapprima un blocco di questo percorso di allargamento del benessere, e poi, oggi, il rischio che tutto questo sia compromesso. La domanda deve riguardare anche il perché. È cioè necessario chiedersi perché le nostre economie si mostrano improvvisamente così fragili, perché si è generato un sistema sociale ed economico dove la crescita della produzione dei beni materiali è divenuta insostenibile per la società e per l’ambiente naturale e non si accompagna neanche più all’aumento del benessere – se con questo termine indichiamo qualcosa che va oltre la salute fisica – e alla realizzazione personale di ciascuno. Ovviamente una domanda sulla crisi che oltre al come si chieda anche il perché non è compatibile con il piano di ricerca definito dalla teoria economica dominante. Spostare l’attenzione dal come al perché rifiutando l’idea che, per quanto riguarda la realtà umana, si possano trovare risposte in una funzione di utilità da massimizzare, implica infatti che le questioni economiche vengano integrate alla storia, alla storia del pensiero e a una discussione sulle vittorie e sulle sconfitte delle lotte sociali e politiche del secolo scorso, se non di quelle ancora più indietro nel tempo: una ricerca necessariamente al di fuori dei dogmi metodologici, delle barriere artificialmente costruite tra discipline e al di fuori di ogni forma di trascendenza. X Premessa Detto ciò, questo libro rimane sostanzialmente un libro di economia. La differenza con altri volumi e altre impostazioni di ricerca risiede nel fatto che le tematiche specifiche della disciplina sono discusse, anzitutto, tenendo presente il problema del ruolo importantissimo ma non esaustivo che l’economia può svolgere nello sviluppo umano, poi, più in particolare, considerando che la definizione stessa di economia non può essere data per scontata. Può sorprendere ma, come vedremo, oggi l’economia sembra trovarsi al centro di tutto, eppure non disponiamo di una definizione precisa di essa. Paradossalmente sappiamo cos’è la medicina, la fisica, la chimica, il diritto, la storia, ma riguardo all’economia le definizioni sono molteplici e spesso contrastanti. Ancor peggio, quella comunemente in uso, che seguendo l’indicazione di Lionel Robbins lega l’economia alla scelta individuale, è del tutto inaccettabile. Problematici sono anche termini quali efficienza economica, benessere, scelta, crescita, ‘mercato’. Non si può discutere di un passaggio storico come quello che, con ogni evidenza, si sta delineando, senza ripensare a fondo concetti e termini il cui significato solo a uno sguardo superficiale può apparire scontato. E per discutere di questi termini, per mettere in luce il loro contenuto implicito, è necessario svolgere una critica alla struttura di pensiero che li ha generati. Più in generale è necessario discutere del rapporto che le nostre società hanno stabilito con la dimensione economica, o meglio, con la dimensione dell’arricchimento materiale. Inizialmente non avevo chiaro quale potesse essere un titolo in grado di indicare il tema che mi proponevo di affrontare. La trappola, pensato come titolo provvisorio in attesa di un’idea migliore, con il procedere del lavoro si è confermato il più adatto, o forse l’unico, in grado di esprimere il contenuto del volume. Esso mi ha anche guidato per individuare il nucleo di una serie di problemi sicuramente troppo vasti e complessi per essere trattati qui in modo esaustivo. In realtà la trappola è più di una. La più evidente è quella in conseguenza della quale le nostre società ci spingono a cercare il benessere e la felicità nell’arricchimento materiale, sacrificando a esso ogni altra aspirazione. I rapporti con le cose sostituiscono i rapporti con le persone che così vengono distrutti, annullati. Questo provoca un senso di inutilità e di fallimento dell’esistenza il quale, a sua volta, cerca compensazione nella dimensione XI LA TRAPPOLA economica. La crescita economica è cioè alimentata in gran parte dal suo stesso potere distruttivo. Le nostre economie sono in una trappola perché, tramite percorsi storici anche assai accidentati, masse immense di persone sono uscite dalla povertà raggiungendo livelli di benessere sconosciuti alle precedenti generazioni; ove però la crescita quantitativa – che ha assunto sempre più le caratteristiche sopra delineate – dovesse arrestarsi per il fatto di essere rifiutata sul piano culturale, o per aver raggiunto un limite, difficilmente potrebbe risolversi in un equilibrio stazionario. Questo, ovviamente, non è un destino umano, ma costituisce la conseguenza di un sistema economico che, su basi capitalistiche, trova la sua motivazione fondamentale nella logica dell’accumulazione fine a se stessa. Ove ciò non fosse più possibile, oppure ove prevalga l’incertezza sulle prospettive di profitto, le nostre economie potrebbero cadere in una situazione di crisi anche gravissima. Un’altra trappola è costituita dall’idea che per arginare comportamenti distruttivi finalizzati all’egoismo individuale il pensiero laico debba operare un recupero delle istanze morali di provenienza religiosa, quasi che l’uomo possa trovare protezione dalla propria distruttività nella religione. In realtà – e questo è un altro filo di ricerca del volume – l’arricchimento materiale come obiettivo dei nostri sistemi sociali nasce sulla base di motivazioni di carattere religioso, dunque appare difficile che insegnamenti religiosi possano indicare una via d’uscita dalle nostre attuali difficoltà. Anzi, come vedremo, si pone con urgenza la necessità di superare ogni forma di trascendenza. Infine, la trappola più radicale, quella più nascosta che sostiene le altre, è costituita dall’idea che il ‘bene’ dell’uomo sia nelle sue facoltà razionali e che la fonte della distruttività, indubbiamente presente in molti comportamenti umani, vada rintracciata nelle dimensioni interne che fanno capo a ciò che non è razionale. Ma il dominio della ragione, cioè la motivazione razionale come regola di comportamento, comporta l’assimilazione dei rapporti con le persone ai rapporti con le cose e conduce a smarrire il senso che solo la socialità può fornire all’esistenza umana. Va compreso, invece, che il mondo umano e la sfera dei rapporti sociali non possono essere regolati sulla base degli stessi criteri di razionalità che sono adatti al rapporto utilitaristico con gli oggetti materiali, pena il loro annullamento. Dunque, come è evidente, con quest’ultima considerazione torniamo alla prima delle trappole qui elencate, quasi a indicare che la trappola in XII Premessa fondo è una sola: quella di un’identità umana che si è sviluppata e ha raggiunto traguardi straordinari nel rapporto con il mondo non umano, cioè nelle scienze della natura, nella tecnica e nella potenza economica, ma non ha trovato il modo di svilupparsi sul piano dei rapporti interumani. La ‘crisi antropologica’ è dunque la crisi di un’identità che, nella ricerca del benessere materiale, ha smarrito la consapevolezza del valore del rapporto interumano. Oggi forse siamo al punto in cui o recuperiamo quest’ultimo o persino il primo è messo a repentaglio. I piani di ricerca presentati nel libro sono numerosi. Alcuni vengono sviluppati, altri solo accennati con il proposito di approfondirli in futuro. La scelta che ho fatto, come economista, di agganciare problematiche specifiche dell’economia a questioni assai più vaste, è derivata da un mio percorso personale che si è avvalso, in una misura di cui forse questo testo non rende pienamente conto, di collaborazioni e dei risultati di ricerche svolte in altri campi di studio. Mi riferisco anzitutto a quella composita e mutevole realtà costituita dall’Analisi collettiva, nel cui ambito, da più di trentacinque anni, si è sviluppata una ricerca sulla realtà umana che va oltre le dimensioni della coscienza e della ragione che per secoli l’hanno definita. Questa ricerca mi ha dotato, per così dire, di una carta geografica e di una bussola per orientarmi su questioni attinenti alla realtà sociale, senza le quali non mi sarei potuto destreggiare, evitando di rimanerci incastrato, fra i tranelli tesi da un’altra trappola, quella costituita dal modo di ragionare dell’economia neoclassica. Massimo Fagioli, in particolare, ha affrontato più volte questioni vicine a quelle qui discusse, e nello specifico ha mostrato che l’utopia di poter abolire completamente qualsiasi tipo di contratto economico è in verità un’utopia possibile: a certe condizioni la realtà umana può svilupparsi al di fuori di ogni forma di controllo. L’idea fondante della sua attività, cioè che il rapporto interumano possa – anzi debba – essere vissuto mettendo da parte l’utile materiale, ha dunque trovato un’evidente dimostrazione. In secondo luogo negli ultimi anni si è costituito un piccolo gruppo di ricerca all’interno del quale sono state messe a fuoco molte delle tematiche qui esposte. Particolarmente proficuo è stato il rapporto di collaborazione con Carlo Cafiero, Marcello Montibeller e Anna Pettini, oltre che con Carlo Patrignani, la cui ricerca sulla figura di Riccardo Lombardi è riuscita a caXIII LA TRAPPOLA talizzare alcune tematiche al centro delle nostre riflessioni. Molto importante è risultata anche la serie di incontri del Gruppo del Rialto Occupato organizzati nel 2008 e nel 2009 da Elena Canali dove, con il contributo di diverse persone, alcune delle idee qui proposte sono state affinate e dibattute. A tutti costoro, come anche agli editori, devo molto più di un sentitissimo ringraziamento. È infatti il contesto all’interno del quale mi sono trovato a riflettere e a discutere, fattosi particolarmente vivace negli ultimi tempi, che mi ha spinto a scrivere e che ha dato forma e significato al mio lavoro. XIV La trappola Radici storiche e culturali della crisi economica Capitolo primo Alienazione economica e alienazione religiosa 1.1 Il lavoro e la proprietà tra feudalesimo e mondo moderno «‘Maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. [...] Con il sudore del tuo volto mangerai il pane’ [...]. Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove esso era stato tratto»1. La maledizione di Dio nei confronti di Adamo definisce per il pensiero cristiano la condizione dell’uomo sulla terra: tutti i suoi discendenti ne sono colpiti e dunque tutti devono trarre il proprio sostentamento della fatica del lavoro. Il lavoro, dunque, assieme all’intera esistenza terrena, si costituisce così nel cristianesimo come attività volta a espiare la colpa del peccato originale. Sebbene il concetto di lavoro non sembri un concetto problematico, in realtà esso è determinato storicamente, e per questo, anche con riferimento al passo della Bibbia citato, è difficile pensare che nel mondo antico potesse avere lo stesso significato che ha nel mondo moderno. Questo vale sia per il lavoro che per altri termini oggi di uso corrente – come proprietà, mercato, prezzi, scambio – rispetto ai quali si deve evitare l’errore di attribuire, nello studiare e nel tradurre autori del passato, significati equivalenti a quelli odierni. Vernant osserva che, ad esempio, nella lingua greca non esiste un termine equivalente al moderno ‘lavoro’2; Polanyi nota la mancanza di 1 Bibbia, Genesi, 3, 17-23. 2 J.-P. Vernant, Lavoro e natura nella Grecia antica, in Id., Mito e pensiero presso i greci, Einaudi, Torino 1987. 3 LA TRAPPOLA un vocabolo per designare l’economia nelle società antiche e critica il modo in cui ad Aristotele sono stati attribuiti concetti e riflessioni derivanti dal presente stato delle discipline economiche attorno a temi quali la formazione dei prezzi, il funzionamento del mercato e i rapporti di scambio. Non può essere considerato casuale – osserva Polanyi a questo proposito – il fatto che fino a epoche molto recenti mancasse, anche nelle lingue dei popoli civilizzati, un termine che designasse l’organizzazione delle condizioni materiali dell’esistenza. Solo duecento anni fa circa una setta esoterica di pensatori francesi coniò tale termine e si diede il nome di économistes. Essi pretesero di aver scoperto l’economia3. Muovere da tempi così remoti per svolgere una ricerca sul tema dell’alienazione economica da un lato è dunque problematico, perché richiede uno studio che tenga complessivamente conto del rapporto che la sfera economica e l’attività lavorativa stabiliscono con la cultura, la religione e le forme dell’organizzazione sociale nelle diverse epoche storiche, dall’altro è necessario, per evitare di considerare le attuali categorie delle discipline economiche come eterne e immutabili, concludendo che, in particolare, il rapporto dell’uomo con il lavoro sia sempre stato lo stesso e sempre presenterà le stesse forme e motivazioni. Particolarmente perniciosa è quell’idea che sembra implicita alle nostre società, della quale studieremo l’origine, secondo cui il lavoro come attività volta all’arricchimento individuale sarebbe una legge di natura per l’uomo, cosicché essa si ritroverebbe in tutte le epoche storiche. Nella prospettiva di ricerca di questo saggio analizzeremo invece il tema del lavoro sotto un profilo per cui la spinta all’arricchimento che oggi domina i nostri sistemi sociali costituisce il prodotto specifico di un’evoluzione a carattere culturale e religioso che ha la sua origine nella concezione cristiana dell’esistenza. Vista la centralità che la tendenza all’arricchimento assume nelle società moderne, e considerata l’idea al centro della teoria economica di cui discuteremo, secondo la quale essa costituirebbe per l’uomo una legge di natura, a questa evoluzione dedicheremo la parte iniziale della nostra ricerca. 3 K. Polanyi, Aristotele scopre l’economia, in Traffici e mercati negli antichi imperi, a cura di Id., Einaudi, Torino 1978, p. 83. 4