Frate Dolcino

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Frate Dolcino
Letture storiche
Frate Dolcino
1260. Alla porta del convento francescano di
Parma bussa un giovane, si chiama Gherardo
Segalelli e chiede di diventare monaco. Viene
rifiutato, non sappiamo perché. Gherardo
decide allora di creare un suo ordine
religioso, sganciato dalla chiesa e fortemente
critico nei confronti del papa e del clero.
Nascono così gli “Apostolici”, chiamati in
questo modo perché ritenevano di imitare in
tutto gli Apostoli di Gesù: tenevano barbe
incolte, vivevano di elemosina, vestivano
ruvidi sai. Il motto degli apostolici era
“Penitenziàgite” (neologismo dal latino
“Paenitentiam àgite”, cioè “Fate penitenza”).
Un monaco Francescano di nome Salimbene
Adami, parlando degli Apostolici in un suo
scritto intitolato Chronica, dice che erano
seguaci di Satana, li definisce “ribaldi porcari”
e “cani pestiferi”. Naturalmente, non bisogna
credere molto a ciò che scrive Salimbene,
perché è un francescano che difende la
chiesa cattolica, è cioè uno scrittore di parte.
Presto la setta fondata da Segalelli iniziò ad
attirare gente da tutto il nord Italia. Nel 1290
arrivò un nuovo seguace: frate Dolcino,
destinato ad avere un ruolo molto
importante tra gli Apostolici.
Nel 1286 il papa Onorio IV diede la
scomunica alla setta. Da quella data Segalelli
fu arrestato tre volte dal Tribunale
dell’Inquisizione: la prima fu rilasciato, la
seconda evase, la terza fu bruciato vivo. Era il
18 luglio 1300.
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Fine degli apostolici? Niente affatto, perché
al defunto Gherardo subentrò Dolcino, che
all’epoca aveva circa 50 anni. In agosto il
frate radunò tutti i seguaci di Segalelli e si
Figura 1. Frate Dolcino in un dipinto del 1800
ritirò in Trentino, dove sperava di non essere
perseguitato dal Tribunale dell’Inquisizione.
In Trentino gli apostolici fondarono delle
piccole comunità ad Arco e a Cimego (oggi un
piccolo borgo di 500 abitanti); qui Dolcino
fece nascere una nuova religione “eretica”
(considerata tale dalla Chiesa ufficiale) che
praticava il pauperismo e sognava un mondo
di uomini uguali davanti a Dio, senza capi
religiosi. Dolcino e i suoi seguaci erano
monaci un po’ particolari, perché avevano
donne e figli; lo stesso Dolcino aveva una
compagna, Margherita Boninsegna, dalla
quale è probabile che abbia avuto un figlio.
Dal Trentino, il nostro monaco scrisse tre
durissime lettere, indirizzate ai suoi seguaci,
contro il papa e la chiesa, accusati di
corruzione e di essersi allontanati dallo
spirito evangelico. Queste lettere non ci sono
pervenute ma ne possiamo ugualmente
ricostruire il contenuto sulla base delle
citazioni degli avversari. In esse Dolcino
sosteneva, come già aveva fatto Segalelli, che
i fedeli dovevano stabilire un rapporto con
dio in modo diretto, senza la mediazione del
clero (papi, vescovi e cardinali), che la Chiesa
ufficiale era troppo corrotta per essere
riformata e riportata sulla retta via, che il
papa era nemico della vera fede.
La chiesa, naturalmente, ricominciò a
perseguitare
i
seguaci
di
Dolcino,
mandandone a morte alcuni. Comprendendo
di essere in pericolo e non volendo fare la
fine di Segalelli, Dolcino si trasferì di nuovo,
con un gruppo ristretto di fedeli, stavolta in
Piemonte, stabilendo il suo quartier generale
in Valsesia. Dopo essere passato per Brescia,
Martinengo (in provincia di Bergamo) e
Novara trovò rifugio infatti sulla Parete calva,
un monte nel territorio di Vercelli circondato
da dirupi, facile da difendere in caso di
attacco dei soldati del papa. Sulla Parete
calva, Dolcino fu costretto a trasformare i
suoi seguaci in guerriglieri armati, sia per
respingere l’attacco della Chiesa sia per
procurarsi cibo: la montagna non offriva
risorse per sfamare la comunità e si doveva
calare a valle per far provviste, spesso
razziandole. Tutta la zona sopra Vercelli
conobbe così le scorrerie dei dolciniani che
cercavano disperatamente di sopravvivere.
Presto nemmeno le razzie bastarono più:
cronache del tempo riferiscono che la fame
spingeva i dolciniani a nutrirsi di topi e, in
alcuni casi, a praticare il cannibalismo.
Naturalmente, non possiamo dire quanto
queste testimonianze siano attendibili, ma
certamente i dolciniani su quella montagna
isolata, brulla e scoscesa non dovevano
passarsela molto bene, tanto che decisero di
trasferirsi di nuovo, su un altro montefortino, il Rubello (chiamato così proprio
perché ospitò i “rubelli”, ossia i ribelli
dolciniani).
Nell’autunno, l’inizio della fine: Clemente V
organizzò una spedizione armata contro i
dolciniani, circondò il Rubello e per circa un
anno attaccò ripetutamente le postazioni
degli eretici, facendone strage. L’ultima
battaglia fu combattuta nel 1307, quando i
frati eretici furono quasi completamente
sterminati (i loro cadaveri furono ammassati
in un torrente che da allora si chiama
“carnasco”, ossia “di carne”). Dolcino fu
preso vivo, insieme alla moglie Margherita. I
due furono condotti in catene a Vercelli,
torturati e bruciati vivi. Sul Monte Rubello
nel 1974 è stato eretto un cippo, in memoria
del frate guerrigliero perseguitato dalla
Chiesa.
Rispondi alle domande
Come si chiama il fondatore dell’ordine monastico degli apostolici?
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Perché questi monaci si chiamavano proprio “apostolici”
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Trascrivi il motto degli apostolici e spiegane il significato
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Spiega il significato del termine “pauperismo”
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Chi è Salimbene Adami e in che modo definisce definisce gli apostolici?
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Il suo giudizio è imparziale (motiva la risposta)?
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Che fine fece Segalelli?
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Chi prese il suo posto alla guida degli apostolici?
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Cosa sosteneva Dolcino nelle sue lettere?
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Che fine fece Dolcino?
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