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10Emergenze ematologiche
➣ Coagulopatia indotta da anticoagulanti
Gli anticoagulanti sono farmaci in grado di ridurre la capacità di coagulare il sangue. Il
loro principale effetto collaterale è rappresentato dall’emorragia. I sanguinamenti conseguenti all’utilizzo di anticoagulanti configurano il quadro clinico della coagulopatia indotta
da anticoagulanti (vedi “Anticoagulanti e loro azioni”).
Inquadramento rapido del paziente
• Acquisire un’anamnesi accurata e indagare la presenza di sintomi di affaticamento,
debolezza, letargia e malessere. È necessario interrogare il paziente sull’improvvisa comparsa di emorragie cutanee come ecchimosi o petecchie.
• Valutare attentamente la funzione respiratoria, la presenza di ecchimosi e petecchie o di
lesioni bollose contenenti sangue a livello della mucosa buccale.
• Controllare i segni vitali del paziente e indagare la presenza di tachicardia o ipotensione.
• Esaminare la presenza di segni di emorragia.
• Esaminare lo stato di coscienza (perdita o riduzione).
Provvedimenti immediati
• Il trattamento include la sospensione del farmaco anticoagulante, o la riduzione del
dosaggio.
• Mettere in atto provvedimenti finalizzati a identificare e controllare l’origine del sanguinamento.
• Somministrare corticosteroidi e, se necessario, ricorrere alla trasfusione di piastrine.
Occorre essere pronti alla somministrazione di fattori che stimolano la funzione piastrinica, come il solfato di protammina (in caso di sanguinamento indotto da eparina) o vitamina K (in caso di sanguinamento indotto da warfarin).
• Somministrare fluidi per via endovenosa.
• Monitorare costantemente i valori di protrombina (PT), di tromboplastina parziale attivata (aPTT) e l’INR (International Normalized Ratio).
• Monitorare costantemente i segni vitali del paziente, i livelli di emoglobina e l’ematocrito.
Somministrare emoderivati (sangue intero, plasma fresco congelato, o concentrati plasmatici), come da prescrizione medica.
• Monitorare costantemente il paziente per la presenza di ulteriori sanguinamenti. Valutare l’eventuale presenza di sangue a livello di feci, urine e vomito.
Interventi di monitoraggio
• Porre in atto le misure preventive per evitare il sanguinamento durante l’intera durata
del trattamento con anticoagulanti. Monitorare il paziente per rilevare eventuali segni di
sanguinamento, compresa la comparsa di tachicardia, ipotensione, ematuria, sanguina-
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mento dal naso o dalle gengive, ecchimosi, petecchie, o presenza di feci picee (di colorito
nerastro per la presenza di sangue digerito).
• Sollecitare il paziente a seguire in maniera rigorosa il protocollo terapeutico prescritto.
In caso di assunzione di warfarin, suggerire al paziente di assumere il farmaco durante
la notte e di effettuare prelievi ematici al mattino seguente per ottenere risultati accurati
nella valutazione del tempo di protrombina o dell’ INR.
• Educare il paziente e i familiari a rilevare la presenza di segni di sanguinamento, e sottolineare l’importanza di riportare questi sintomi immediatamente dopo la loro comparsa.
• Consigliare al paziente di consultare il proprio medico prima di assumere altri farmaci,
inclusi i medicinali da banco e i preparati erboristici.
➣ Meccanismo di azione degli anticoagulanti
Questa tabella mostra le principali classi di anticoagulanti e il loro meccanismo d’azione nel ridurre
la capacità coagulativa del sangue.
Farmaco
Meccanismo di azione
DERIVATI DELL’EPARINA
Eparina ed eparine a basso peso molecolare
(dalteparina, enoxaparina e tinzaparina)
• Accelerano la formazione del complesso
trombina-antitrombina III.
• Inattivano la trombina e prevengono la conversione del fibrinogeno in fibrina.
DERIVATI DELLA COUMARINA
Warfarin
• Inibisce l’attivazione della vitamina K-dipendente dei fattori della coagulazione II, VII,
IX, X, sintetizzati a livello epatico.
INIBITORI DELLA TROMBINA
Argatroban
Bivalirudin
• Si legano direttamente alla trombina, determinandone l’inattivazione.
INIBITORI SELETTIVI DEL FATTORE Xa
Fondaparinux
• Si lega all’antitrombina III, che a sua volta
neutralizza il fattore Xa.
Misure preventive
• Ricapitolare al paziente le misure precauzionali necessarie a evitare il sanguinamento.
Consigliare l’utilizzo di rasoi elettrici e di spazzolini da denti morbidi per evitare traumatismi a livello della cute e delle mucose. Sollecitare il paziente a ridurre i pericoli
domestici e il rischio di traumi a essi correlati.
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• Consigliare al paziente di non aumentare il proprio apporto alimentare di vegetali a
foglia verde, poiché il loro contenuto di vitamina K può antagonizzare l’effetto di alcuni
anticoagulanti.
• Incoraggiare il paziente a fissare regolari visite mediche di controllo, e a eseguire controlli ematochimici periodici per il monitoraggio della terapia.
Considerazioni fisiopatologiche
• I pazienti anziani sono ad aumentato rischio di emorragia a causa della riduzione fisiologica dei meccanismi dell’emostasi o del deterioramento della funzione epatica e renale
correlato all’invecchiamento.
• Il rischio di coagulopatia indotta da anticoagulanti aumenta in misura proporzionale alla
dose di farmaco assunta e alla terapia concomitante con antiaggreganti piastrinici, fra cui
l’aspirina.
➣ Porpora trombocitopenica autoimmune
La porpora trombocitopenica autoimmune, o porpora trombocitopenica idiopatica, è una
malattia acquisita causata dalla distruzione immunomediata delle piastrine. È una malattia
cronica che colpisce prevalentemente soggetti di età inferiore ai 50 anni, in particolare
donne di età compresa fra 20 e 40 anni. La prognosi è buona, con remissione clinica dei
sintomi per una durata variabile da alcune settimane ad alcuni anni, specialmente negli
individui di sesso femminile.
Inquadramento rapido del paziente
• Acquisire un’accurata anamnesi e indagare la presenza di sintomi comuni a tutte le forme
di trombocitopenia, come epistassi, sanguinamento dal cavo orale, comparsa di porpora
o petecchie. Nelle donne, indagare la presenza di sanguinamenti uterini o mestruali.
• Indagare la comparsa di sanguinamenti improvvisi. Va ricordato, tuttavia, che nelle
forme croniche la comparsa del sanguinamento può essere più insidiosa.
• Valutare la presenza nel paziente di petecchie, ecchimosi e sanguinamento dalle mucose
orali, nasali e dal tratto gastrointestinale. Generalmente, l’emorragia clinicamente manifesta è un reperto raro.
• Ricercare la presenza di splenomegalia.
Provvedimenti immediati
• Monitorare i segni vitali del paziente, le sue condizioni cardiopolmonari e valutare accuratamente la presenza di segni di sanguinamento. Testare le feci, le urine e il vomito per
la presenza di materiale ematico.
• Prelevare campioni ematici per gli esami di laboratorio; il riscontro di una conta piastrinica inferiore a 20 000/mm3 e di un tempo di emorragia prolungato suggerisce la presenza
di una porpora trombocitopenica autoimmune.
• Somministrare glucocorticoidi, immunoglobuline o corticosteroidi (prednisone), come
da prescrizione medica.
• In caso di grave sanguinamento, somministrare piastrine come da prescrizione medica.
• Proteggere le aree in cui sono presenti petecchie ed ecchimosi da ulteriori traumatismi.
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ATTENZIONE Durante il sanguinamento acuto, è importante mantenere il paziente a riposo a letto. È necessario sollevare lo schienale del letto per prevenire
aumenti di pressione correlati alla forza di gravità, che possono causare emorragie intracraniche.
Interventi di monitoraggio
• Prevenire il sanguinamento proteggendo il paziente da eventi di natura traumatica.
Mantenere le sponde del letto sollevate e possibilmente imbottirle. Consigliare l’utilizzo
di rasoi elettrici e di spazzolini da denti morbidi.
• Monitorare i pazienti che ricevono farmaci ad azione immunosoppressiva per la presenza
di disfunzione del midollo osseo, infezioni, mucositi, ulcere del tratto gastrointestinale, diarrea severa e vomito. Consigliare al paziente di evitare l’utilizzo di aspirina e ibuprofene.
• Se necessario, preparare il paziente all’intervento chirurgico. I pazienti non responsivi
alla terapia corticosteroidea, o che non possono farne uso perché intolleranti, possono
essere trattati con splenectomia.
Misure preventive
• Insegnare al paziente i metodi per prevenire il sanguinamento, fra cui:
– evitare l’uso di aspirina e altri farmaci che alterano la coagulazione;
– durante la notte, utilizzare un umidificatore in caso di sanguinamenti nasali frequenti;
– utilizzare, se necessario, un emolliente per le feci per la prevenzione della stipsi (il passaggio di feci eccessivamente solide può determinare traumatismi a carico della mucosa
fecale, con conseguente sanguinamento).
• Insegnare al paziente come rilevare la presenza di petecchie, ecchimosi e altri segni clinici di sanguinamento ricorrenti.
Considerazioni fisiopatologiche
• Nella porpora trombocitopenica autoimmune, la membrana piastrinica è rivestita da immunoglobuline G o altri anticorpi che fanno sì che le piastrine vadano incontro a distruzione immunomediata. Questo processo si verifica nel sistema reticoloendoteliale epatico
e splenico.
• La porpora trombocitopenica autoimmune cronica raramente fa seguito a infezioni ed è
comunemente correlata a malattie autoimmuni come il lupus eritematoso sistemico. Può
talora essere associata a reazioni avverse ai farmaci e può verificarsi in soggetti alcolisti.
➣ Coagulazione intravascolare disseminata (CID)
La coagulazione intravascolare disseminata (CID) è una grave coagulopatia caratterizzata
dalla formazione di trombi, che causano: occlusione dei piccoli vasi, necrosi d’organo, deplezione dei fattori della coagulazione, piastrinopenia e attivazione del sistema fibrinolitico.
L’eccessiva fibrinolisi può portare all’aggravarsi del quadro clinico con la comparsa di severi
episodi emorragici che coesistono con fenomeni trombotici. La coagulazione nel microcircolo colpisce solitamente i reni e gli arti inferiori, ma può verificarsi anche a livello di: cervello,
polmoni, ipofisi, ghiandole surrenali e mucosa gastrointestinale. La prognosi è dipendente dal
precoce riconoscimento e trattamento, dalla severità dell’emorragia e dalla causa scatenante.
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Inquadramento rapido del paziente
• Valutare i segni vitali del paziente e i livelli di saturazione dell’ossigeno; indagare la presenza di tachicardia, ipotensione e ridotta saturazione di ossigeno.
• Interrogare il paziente sulla presenza di nausea, vomito, dispnea, epistassi, dolore intenso
a livello toracico, addominale, dorsale e muscolare.
• Valutare la presenza di emorragie cutanee puntiformi, ecchimosi, petecchie, ematomi
causati dal sanguinamento cutaneo. Ricercare eventuali di segni di sanguinamento da
ferite chirurgiche o da sedi di inserzione di cateteri endovenosi. Valutare la presenza di
sanguinamento dal tratto gastroenterico, di segni di insufficienza renale acuta e di acrocianosi (colorito bluastro delle estremità). Essere consapevoli del fatto che un abnorme
sanguinamento in assenza di una anamnesi positiva per gravi coagulopatie è una importante caratteristica della CID.
• Indagare la presenza di ipotensione, oliguria, shock, insufficienza d’organo ed emottisi.
• Palpare i polsi periferici per rilevarne una eventuale riduzione.
• Eseguire l’esame neurologico, valutando accuratamente lo stato di coscienza e la presenza
di confusione, che può precedere la comparsa di convulsioni e coma.
Provvedimenti immediati
• Monitorare strettamente (inizialmente almeno ogni 30 minuti) la frequenza cardiaca, respiratoria e neurologica del paziente colpito. Valutare il respiro, il ritmo cardiaco e i
segni vitali.
ATTENZIONE Valutare scrupolosamente la presenza di segni di emorragia e di
shock ipovolemico. Osservare attentamente il colore della cute, la circolazione
periferica e la velocità di riempimento dei vasi capillari. Ispezionare la cute e le
mucose per la presenza di segni di sanguinamento.
• Comprimere le zone interessate per controllare l’emorragia. Fare attenzione a non sfregare le aree in cui si verifica il sanguinamento. Lo sfregamento potrebbe infatti comportare la mobilizzazione dei trombi con conseguenti fenomeni di embolizzazione.
• Prelevare campioni ematici per indagini ematochimiche; le indagini di laboratorio possono mostrare una riduzione della conta piastrinica (inferiore a 100 000/mm3), dei livelli
di fibrinogeno (inferiori a 150 mg/dl) e un aumento del D-dimero.
• In seguito alla trombolisi, ha inizio una diatesi emorragica caratterizzata da un punto di
vista laboratoristico dall’aumento del tempo di protrombina (> 15 secondi), un prolungamento del tempo di tromboplastina parziale attivato (> 60 secondi), e un aumento dei
prodotti di degradazione del fibrinogeno (generalmente valori > 100 µg/ml).
• Valutare la funzione renale del paziente, facendo attenzione alla eventuale riduzione
della diuresi (inferiore ai 30 ml/ora), nonché all’aumento dell’azoto ureico (> 25 mg/dl)
e della creatinina sierica (> 1,3 mg/dl).
• Somministrare sangue intero, plasma fresco congelato, piastrine o emoconcentrati, secondo prescrizione medica (vedi “Comprendere la CID e il suo trattamento”).
• Controllare frequentemente tutte le sedi di inserzione di cateteri venosi o in cui sono
stati effettuati prelievi ematici per valutare la presenza di sanguinamento. È necessario
comprimere le sedi in cui sono state effettuate punture venose per almeno 3-5 minuti,
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applicando quindi una fascia compressiva. In caso di puntura arteriosa, la compressione deve essere effettuata per almeno 15 minuti prima dell’applicazione di un dispositivo compressivo. È importare informare i colleghi del rischio di sanguinamento del
paziente.
Somministrare ossigeno supplementare, come da prescrizione medica. Monitorare la
saturazione arteriosa di ossigeno e i risultati dell’emogasanalisi per la presenza di ipossiemia. Prepararsi, in caso di necessità, all’intubazione endotracheale e alla ventilazione
meccanica.
Durante la CID acuta, controllare ogni ora le condizioni di idratazione del paziente,
soprattutto nei casi che richiedono la somministrazione di emoderivati. Controllare
accuratamente l’eventuale presenza di reazioni trasfusionali o di segni di espansione del
volume circolante.
Valutare la presenza di sangue sulle coperte e gli abiti del paziente per quantificare la
quantità di sangue perduto.
Valutare la presenza di sanguinamento dal tratto gastrointestinale e dal sistema genitourinario. In caso di sospetto sanguinamento intraaddominale, misurare la circonferenza
vita del paziente almeno ogni 4 ore, e monitorare attentamente i segni vitali.
Monitorare con attenzione i risultati degli esami ematochimici, che vanno eseguiti in
modo seriale (prestare particolare attenzione ai livelli di emoglobina, all’ematocrito e ai
test di coagulazione).
Spiegare al paziente ogni procedura diagnostica eseguita e rispondere a tutte le domande
che vengono poste.
Interventi di monitoraggio
• Mantenere il paziente tranquillo e in posizione confortevole per minimizzare la richiesta
di ossigeno. Posizionarlo, se tollerata, in posizione semi-Fowler (tronco sollevato di circa
30° rispetto al letto) per massimizzare l’espansione toracica.
ATTENZIONE Valutare la presenza di potenziali complicanze della CID, inclusa l’embolia polmonare, la necrosi tubulare acuta con insufficienza renale e
la sindrome da disfunzione multiorgano (vedi “Sindrome da disfunzione multiorgano”).
• Mantenere il paziente costantemente a letto durante gli episodi di sanguinamento per
prevenire traumatismi. In presenza di pazienti particolarmente agitati, è consigliabile
sollevare le sponde del letto.
• Pesare ogni giorno il paziente soprattutto nei casi di interessamento renale.
• Informare il paziente dell’evoluzione della malattia, fornendo supporto emotivo al malato
e ai suoi familiari. In caso di necessità, richiedere l’aiuto di altri membri dello staff sanitario, di un assistente sociale o dei conforti religiosi.
Misure preventive
• La CID non è una patologia prevenibile. È in ogni caso necessario informare il paziente
delle possibili cause scatenanti e sottolineare l’importanza di una diagnosi e di un trattamento precoce delle condizioni che ne possono determinare la comparsa.
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➣ Comprendere la CID e il suo trattamento
Meccanismi precipitanti
Trattamento delle
cause scatenanti
Eparina per la
prevenzione
dei microtrombi
(utilità controversa)
Occlusione
dei piccoli vasi
Necrosi tissutale
★
Danno tissutale
Danno endoteliale
Aumento della
tromboplastina
tissutale
Via intrinseca
della coagulazione
Via estrinseca
della coagulazione
★
Aumento della coagulazione intravascolare
(produzione di microtrombi)
Produzione
di trombi
Attivazione del
sistema fibrinolitico
Digestione dei
trombi di fibrina
Inibizione della
funzione piastrinica
★
Crioprecipitati
di fattore VIII
★
Plasma fresco
congelato
★
Piastrine
Consumo dei fattori della coagulazione
Riduzione dei fattori
della coagulazione
Sanguinamento
Sangue
★
Piastrinopenia
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Considerazioni fisiopatologiche
• La CID può accompagnare un’ampia varietà di condizioni patologiche, fra cui la sepsi,
le complicanze ostetriche, le neoplasie maligne e le malattie accompagnate da ampia
necrosi tessutale (ustioni estese, gravi traumi, rigetto di trapianto), colpi di calore, shock,
cirrosi epatica, avvelenamento da morsi di serpente, e reazioni emolitiche trasfusionali.
• Indipendentemente dalle cause scatenanti, la CID ha inizio con uno stimolo alla trombosi intravascolare, caratterizzato da una attivazione della protrombina a cui consegue
un eccesso di trombina.
• L’eccesso di trombina converte il fibrinogeno in fibrina, determinando la formazione
anomala di fibrina nel sangue circolante e la comparsa di trombi nel microcircolo. Nel
corso di questo processo vengono consumate grandi quantità di fattori della coagulazione.
La fibrinogenemia e la conta piastrinica sono tipicamente ridotte. Si riscontra riduzione
della protrombina e dei fattori della coagulazione V e VIII.
• La trombina circolante attiva il sistema fibrinolitico, che degrada la fibrina in prodotti di
degradazione della fibrina. La deplezione dei fattori della coagulazione e la presenza in
circolo di prodotti di degradazione della fibrina dotati di attività anticoagulante possono
causare gravi emorragie che possono mettere in pericolo la vita del paziente.
COMPLICANZE
➣ SINDROME DA DISFUNZIONE MULTIORGANO
La sindrome da disfunzione multiorgano (SDMO) viene definita come una condizione in cui due o più
organi o apparati non sono in grado di svolgere la propria funzione nel mantenimento dell’omeostasi. È una condizione che richiede un intervento terapeutico immediato per il mantenimento delle
funzioni vitali.
La SDMO si sviluppa in presenza di una sindrome da risposta infiammatoria sistemica che supera
la naturale capacità dell’organismo di porre in atto misure compensatorie. Questo grave quadro
clinico può essere scatenato da infezioni, necrosi, lesioni traumatiche, lesione da riperfusione o
gravi traumatismi. Se non trattata precocemente, la prognosi è sfavorevole.
Segni e sintomi
I segni precoci della malattia includono: febbre, tachicardia, tachipnea, riduzione della pressione
pulsatoria, riduzione della pressione arteriosa polmonare e della pressione venosa centrale,
accompagnate dall’aumento della gittata cardiaca.
La malattia può evolvere sfavorevolmente verso la ridotta perfusione di organi e tessuti, con riduzione dello stato di coscienza, depressione della funzione respiratoria, ridotta peristalsi intestinale,
ittero, oliguria o anuria, aumento della pressione arteriosa polmonare, e riduzione della portata
cardiaca.
Trattamento
Il trattamento è fondato sul supporto delle funzioni cardiocircolatoria e respiratoria. In particolare,
gli interventi comprendono:
• La supplementazione di ossigeno.
• L’intubazione endotracheale e la ventilazione meccanica.
• La somministrazione endovenosa di fluidi (cristalloidi e colloidi), di antibiotici, di simpaticomimetici. Può essere necessario il ricorso all’emodialisi.
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Considerazioni infermieristiche
L’assistenza infermieristica nel paziente con SDMO è finalizzata al supporto delle condizioni vitali.
• Mantenere la pervietà delle vie aeree e supportare la funzione respiratoria mediante ventilazione
meccanica e supplementazione di ossigeno.
• Monitorare i segni vitali del paziente, la saturazione di ossigeno e i parametri emodinamici.
• Monitorare la frequenza cardiaca per il rischio di aritmie.
• Somministrare liquidi o farmaci per via endovenosa, come da prescrizione medica.
• Monitorare i risultati delle analisi ematochimiche.
• Spiegare al paziente e ai familiari il significato degli accertamenti diagnostici e dei provvidementi terapeutici.
• Fornire un supporto, anche emotivo, al paziente e alla sua famiglia.
➣ Emofilia
L’emofilia è una malattia ereditaria della coagulazione che colpisce soggetti di sesso
maschile caratterizzata da una carenza di specifici fattori della coagulazione. In seguito alla
formazione di un aggregato piastrinico in sede di sanguinamento, la carenza di un fattore
della coagulazione altera la capacità, da parte del sistema emostatico, di formare un coagulo stabile di fibrina. Il sanguinamento si verifica principalmente a livello delle grandi
articolazioni, specialmente in seguito a traumi o interventi chirurgici. In alcuni casi possono
verificarsi episodi di emorragia intracranica, che possono risultare fatali.
L’emofilia A (emofilia classica) comprende oltre l’80% di tutte le forme di emofilia ed è
causata da una carenza di fattore VIII. L’emofilia B (malattia di Christmas) è responsabile
di circa il 15% di tutti i casi di emofilia ed è dovuta alla carenza di fattore IX. Recenti progressi nel trattamento di questa condizione hanno migliorato sensibilmente la prognosi di
questa grave forma di coagulopatia.
Inquadramento rapido del paziente
• Raccogliere l’anamnesi del paziente, indagando in modo particolare la presenza di sanguinamento prolungato dopo interventi chirurgici, estrazioni dentarie, traumi o sanguinamenti spontanei a livello di muscoli o articolazioni.
• Indagare la presenza di sintomatologia dolorosa specialmente a livello delle grandi articolazioni, come anca, ginocchio o gomito. Indagare, nella documentazione medica, la
presenza di sanguinamenti con lento stillicidio, specialmente a seguito di interventi chirurgici (entro 8 giorni dall’intervento).
• Indagare la presenza di sanguinamento grave o spontaneo dopo traumi minori e di dolore
o rigonfiamento delle estremità. Valutare nel paziente la presenza di ematomi intramuscolari profondi o sottocutanei.
ATTENZIONE Se il sanguinamento ostacola il flusso ematico a livello arterioso,
si può verificare la comparsa di fenomeni ischemici o di gangrena. Il sanguinamento a livello faringeo, linguale, pericardico e intracranico possono causare shock
e portare a morte il paziente.
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• Valutare la presenza di deformità causate dal sanguinamento in muscoli e articolazioni.
• Valutare la presenza di neuropatia periferica, sintomatologia dolorosa, parestesie e atrofia
muscolare.
Provvedimenti immediati
• Effettuare prelievi ematici per le indagini ematochimiche. Reperti caratteristici dell’emofilia A comprendono la riduzione dell’immunoreattività del fattore VIII (0-30%) e il prolungamento del tempo di tromboplastina parziale attivata (aPTT). La conta piastrinica, il
tempo di emorragia e il tempo di protrombina sono tipicamente nei limiti della norma.
Reperti caratteristici dell’emofilia B comprendono la riduzione dell’immunoreattività del
fattore IX e reperti coagulativi simili a quelli dell’emofilia A, con normale immunoreattività per il fattore VIII (vedi “Terapia sostitutiva con fattori della coagulazione”).
Durante un episodio di sanguinamento:
• Somministrare fattori della coagulazione, come da prescrizione medica. L’organismo utilizza i fattori antiemofilici in un intervallo temporale compreso fra 48 e 72 ore. È necessario pertanto ripetere l’infusione sino all’interruzione del sanguinamento, come da prescrizione medica.
• Applicare borse del ghiaccio e sollevare l’estremità colpita.
• Limitare l’attività del paziente per almeno 48 ore in seguito all’episodio di sanguinamento
per prevenire le ricorrenze.
• Controllare il dolore somministrando analgesici, come da prescrizione medica. Non
effettuare iniezioni intramuscolari per il possibile rischio di ematomi in sede di iniezione.
L’uso di aspirina e farmaci contenenti acido acetilsalicilico è controindicato dal momento
che essi possono ridurre l’adesività piastrinica e aumentare il sanguinamento. Il loro uso
va effettuato con particolare cautela nei pazienti che utilizzano altri farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) come ibuprofene o ketoprofene.
In caso di sanguinamento a livello articolare:
• Sollevare l’estremità colpita e immobilizzare l’articolazione.
• Effettuare esercizi di flesso-estensione dell’articolazione per preservare la motilità articolare almeno 48 ore dal termine del sanguinamento, come da prescrizione medica.
Informare il paziente circa la necessità di non far gravare il proprio peso sull’articolazione
colpita, almeno fino al termine del sanguinamento e alla riduzione del gonfiore.
➣ Terapia sostitutiva con fattori della coagulazione
La terapia dell’emofilia è finalizzata all’interruzione del sanguinamento attraverso la somministrazione dei fattori della coagulazione carenti. La rapida interruzione del sanguinamento è necessaria
per impedire la formazione delle deformità causate dal sanguinamento ripetuto a livello dei
muscoli e delle articolazioni.
Trattamento dell’emofilia A
La desmopressina somministrata per via nasale o endovenosa è in genere sufficiente per controllare gli episodi di sanguinamento in bambini e adolescenti con forme di emofilia A di moderata
gravità. Le forme severe di emofilia A richiedono, per il trattamento degli episodi emorragici, la
somministrazione di concentrati di fattore VIII. Il concentrato di fattore della coagulazione può
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essere di derivazione plasmatica, cioè derivato da sangue donato dai donatori di sangue, oppure
di derivazione sintetica, con tecniche di ingegneria genetica (cosiddetto “fattore ricombinante”).
Fino a pochi anni fa la prima modalità era una pratica necessaria ma rischiosa, poiché l’unico
modo per ottenere questi fattori era quello di concentrarli partendo dal sangue di molti donatori,
con elevato rischio di contrarre virus come HIV, HBV, HCV o parvovirus B19.
Numerosi studi clinici hanno chiaramente dimostrato che i concentrati di fattore VIII prodotti con
la tecnologia del DNA ricombinante (rFVIII) hanno efficacia clinica sovrapponibile a quella dei
concentrati di derivazione umana. Il rischio di contaminazione virale nelle preparazioni di rFVIII
in cui l’albumina umana del siero non è stata utilizzata come stabilizzatore è pressoché nullo.
Trattamento dell’emofilia B
Nell’emofilia B, la somministrazione di concentrati di fattore IX durante gli episodi di sanguinamento aumenta i livelli plasmatici di fattore IX.
La profilassi con i concentrati di fattore IX è raccomandata, dal momento che numerosi studi
effettuati da organizzazioni internazionali ne hanno confermato l’efficacia. Il principale obiettivo
terapeutico è rappresentato dalla prevenzione dell’artrite deformante da sanguinamento ripetuto
e dell’ipertrofia sinoviale. La terapia profilattica nell’emofilia A e B può essere intrapresa sin dall’età di 1-2 anni.
Trattamento dell’emofilia durante interventi chirurgici
I pazienti emofilici che devono subire interventi chirurgici devono essere attentamente valutati da
un ematologo esperto nel trattamento di questa coagulapatia. Il paziente emofilico necessita di
terapia con fattori della coagulazione prima e dopo l’intervento chirurgico. Può anche essere
richiesta la somministrazione di fattori della coagulazione dopo estrazione dentale. L’acido epsilonaminocaproico è comunemente utilizzato nel trattamento del sanguinamento del cavo orale in virtù
della sua azione di inibitore della fibrinolisi.
Interventi di monitoraggio
• Monitorare costantemente il paziente per valutare la comparsa di segni e sintomi di sanguinamento, come dolore, rigonfiamento articolare, febbre o sintomi di shock.
• Monitorare costantemente il PTT.
• Insegnare al paziente speciali precauzioni per la prevenzione del sanguinamento.
Istruirlo a riconoscere i segni di sanguinamento interni e gli interventi di primo soccorso
in caso di emergenze (vedi “Aiutare i genitori a gestire l’emofilia dei propri figli”).
• Incoraggiare i pazienti a rivolgersi a centri specialistici per il trattamento dell’emofilia.
Tali strutture possono fornire adeguati piani terapeutici per i medici di base e agire come
punti di riferimento per il personale medico scolastico, gli odontoiatri e tutto il personale
sanitario coinvolto nella terapia di questi pazienti.
• I soggetti esposti al virus HIV a causa di sangue contaminato devono essere seguiti con
particolare attenzione.
• Indirizzare i pazienti e i familiari alla consulenza genetica.
Misure preventive
• Insegnare al paziente le misure precauzionali per evitare i traumi, trattare i sanguinamenti
minori e riconoscere le forme di sanguinamento che necessitano di immediato intervento
medico.
• Consigliare la consulenza genetica.
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Considerazioni fisiopatologiche
• L’emofilia A e l’emofilia B sono malattie genetiche legate al fattore recessivo X. Le femmine portatrici hanno una probabilità del 50% di trasmettere il gene mutato alle figlie
femmine (che saranno pertanto portatrici) e il 50% di probabilità di trasmettere il gene
mutato ai figli maschi (che pertanto saranno emofilici).
➣ Aiutare i genitori a gestire l’emofilia dei propri figli
È necessario insegnare ai genitori come avere cura dei propri figli emofilici attraverso una informazione accurata, rispondendo sempre a tutte le domande poste.
Rischio di trauma e sanguinamento
• Consigliare ai genitori di richiedere immediata assistenza medica anche dopo traumatismi minimi,
specialmente nel caso di traumi a carico del capo, del collo o dell’addome. Traumi in queste sedi
possono richiedere la terapia sostitutiva con fattori della coagulazione. Ricordare ai genitori dei
bambini emofilici di consultare un medico prima di qualsiasi intervento chirurgico od odontoiatrico.
• Sottolineare l’importanza di una accurata igiene orale per prevenire gli interventi odontoiatrici.
I bambini dovrebbero utilizzare uno spazzolino da denti con setole sottili.
• Insegnare ai genitori a riconoscere i segni di gravi sanguinamenti interni, come dolore acuto o
rigonfiamento delle articolazioni, rigidità, riduzione della motilità articolare, presenza di sangue nelle urine o nelle feci, grave cefalea o dolori addominali.
Rischio di altre malattie
• Dal momento che i pazienti emofilici ricevono emoderivati, essi sono a rischio di epatite. I segni
precoci di infezione da virus epatitici comprendono: febbre, cefalea, riduzione dell’appetito,
nausea, vomito, distensione addominale e dolore in sede epatica. Essi possono comparire da 3
settimane sino a 6 mesi dopo terapia con emoderivati. I genitori dovrebbero richiedere al medico
la vaccinazione anti-epatitica.
• Valutare accuratamente il rischio di infezione da HIV in caso di trattamento con emoderivati prodotti prima dell’introduzione delle procedure di screening per l’HIV. I genitori dovrebbero richiedere che gli emoderivati siano testati per questo virus.
Trattamento e precauzione
• Ricordare ai genitori di fare sempre indossare ai propri figli emofilici un braccialetto medico di
identificazione.
• Ricordare ai genitori di non somministrare mai aspirina ai loro figli, per il possibile aggravamento della diatesi emorragica, e consigliare l’utilizzo dell’acetaminofene.
• Insegnare ai genitori di proteggere i loro bambini dai traumi, senza evitare eccessive restrizioni
alle loro attività che possono ostacolare il normale sviluppo psicomotorio. È necessario per esempio proteggere le grandi articolazioni (come gomito o ginocchio) mediante protezioni imbottite,
per prevenire il possibile sanguinamento durante le cadute. In età adolescenziale, è necessario
evitare di praticare sport che possono esporre a traumatismi (come il calcio) e indirizzare il
ragazzo emofilico ad altre attività sportive come il nuoto o il golf.
• Insegnare ai genitori a sollevare gli arti colpiti da sanguinamento e applicare borse per il ghiaccio.
È necessario che i genitori limitino l’attività dei propri figli almeno per 48 ore dopo un episodio
di sanguinamento per prevenire la comparsa di ricorrenze.
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• Se i genitori sono stati istruiti sulle procedure per la somministrazione di fattori della coagulazione (al fine di evitare eccessive ospedalizzazioni dei propri figli) è necessario assicurarsi che
essi conoscano in maniera appropriata le tecniche di infusione endovenosa. Occorre evitare
qualsiasi ritardo nella somministrazione della terapia durante degli episodi di sanguinamento.
• Raccomandare sempre ai genitori di tenere i concentrati di fattori della coagulazione a portata
di mano, anche in vacanza.
• Sottolineare l’importanza di portare i propri figli a regolari visite mediche di controllo presso
centri specialistici.
Importanza dello screening genetico
• Le figlie femmine di pazienti emofilici dovrebbero effettuare indagini genetiche per stabilire se
sono portatrici della condizione patologica. Tutti i soggetti maschi affetti da emofilia dovrebbero
essere valutati da un medico genetista. Tutte le figlie femmine di un maschio emofilico e di una
donna sana saranno portatrici. I figli (maschi o femmine) di padre emofilico e madre portatrice
hanno il 25% di probabilità di avere la malattia.
• Per qualunque informazione, consigliare ai genitori di rivolgersi a un consultorio genetico specialistico.
➣ Anemia falciforme
L’anemia falciforme (o drepanocitica) è una anemia emolitica congenita che colpisce prevalentemente persone di colore. La condizione falcemica è ereditata in maniera autosomica
recessiva, ed è caratterizzata dalla produzione di una emoglobina patologica, detta Hb S,
che per le sue caratteristiche chimiche, tende a precipitare e a conferire all’eritrocita la tipica
forma a falce (drepanocita). Queste cellule ostacolano il flusso ematico, causando sintomi
quali affaticamento, dispnea da sforzo e rigonfiamento articolare. La malattia è cronica con
periodiche riacutizzazioni (crisi drepanocitiche o di falcizzazione). Le crisi di falcizzazione
si verificano quando le cellule falciformi ostacolano il flusso arterioso a livello tissutale. Le
condizioni che possono scatenare le crisi sono numerose fra cui le infezioni, lo stress, la
disidratazione, l’ipossia, l’esercizio fisico strenuo, il freddo, le grandi altitudini e i farmaci
ad azione vasocostrittiva (vedi “Comprendere la crisi da falcizzazione”).
Inquadramento rapido del paziente
• Valutare attentamente i segni vitali e la presenza di febbre (37,8-40° C) per più di due
giorni.
• Raccogliere l’anamnesi del paziente, con particolare attenzione a episodi di sonnolenza
e difficoltà a risvegliarsi, dolore addominale acuto ed ematuria.
ATTENZIONE Nei casi cronici di anemia falciforme può verificarsi l’autosplenectomia. In questi casi il danno splenico è così esteso da rendere la milza impalpabile. Questa condizione predispone il soggetto alla sepsi da Streptococcus pneumoniae, che può risultare fatale senza un immediato intervento terapeutico. La sepsi si
può presentare anche in seguito alla recessione della crisi di falcizzazione (da 4
giorni a diverse settimane dopo un episodio falcemico). È pertanto necessario monitorare accuratamente la presenza di letargia, sonnolenza, febbre o apatia.
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• Valutare nel paziente la presenza di letergia, indebolimento, irritabilità e pallore delle
labbra. Controllare la lingua, il palmo delle mani e il letto ungueale.
• Valutare la presenza nel paziente di dolore addominale, toracico, muscolare e osseo.
Prestare attenzione alla presenza di ittero ingravescente, urine scure e febbricola (crisi
infartuale o vaso-occlusiva).
• Valutare la presenza nel paziente di pallore, letargia, sonnolenza, stato precomatoso,
riduzione dell’emopoiesi midollare e di crisi emolitiche (aplastiche o megaloblastiche).
• Se il paziente ha un’età compresa fra 8 mesi e 2 anni, la presenza di letargia o pallore può
precedere la comparsa dello shock ipovolemico (crisi di sequestro di drepanociti).
• Valutare la presenza di ittero ed epatomegalia (crisi emolitica).
• Se il paziente è in età pediatrica la palpazione dell’addome può rivelare splenomegalia.
➣ Comprendere la crisi di falcizzazione
Le infezioni, l’esercizio strenuo, l’esposizione alle basse temperature o l’ipossia possono scatenere
una crisi di falcizzazione. I globuli rossi desossigenati e foggiati a falce occludono i capillari, ostacolano il flusso ematico e causano fenomeni ischemici. La crisi peggiora con l’ipossia tissutale, la
produzione locale di metaboliti acidi e la necrosi cellulare. Al ripetersi delle crisi, il danno d’organo
può divenire irreversibile, specialmente a livello dei reni e della milza.
Tessuto necrotico
Danno tessutale
Microinfarto
Flogosi tessutale
Cellule ipossiche
Massa di cellule falcemiche
che ostruisce il lume capillare
Capillare
Provvedimenti immediati
• Se i livelli di emoglobina si riducono improvvisamente o se le condizioni del paziente
peggiorano rapidamente, è necessario procedere alla ospedalizzazione e alla trasfusione
di globuli rossi concentrati.
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• In caso di crisi di sequestro, il trattamento deve comprendere la somministrazione di
sedativi, analgesici, emocomponenti e ossigeno. È necessario somministrare abbondantemente fluidi per via orale o endovenosa.
• Utilizzare fasciature calde (non usare mai fasciature fredde) per le aree dolenti, e coprire
il paziente con coperte.
• Somministrare analgesici-antipiretici come aspirina o acetominofene. Durante le crisi
acute, può essere necessario ricorrere a farmaci analgesici più potenti, come gli oppioidi.
• Incoraggiare il paziente a restare a riposo a letto e mantenerlo in posizione seduta. In
caso di disidratazione o dolore acuto, può essere necessaria l’ospedalizzazione.
• In caso di positività delle emocolture, somministrare antibiotici come da prescrizione
medica.
Interventi di monitoraggio
• Consigliare al paziente di evitare abiti aderenti che possono ostacolare la circolazione.
• Sconsigliare l’esercizio fisico strenuo, i farmaci ad attività vasocostrittrice, l’esposizione
al freddo (compreso il nuoto in acque fredde o il bere acqua ghiacciata), le grandi altitudini e altre condizioni associate all’ipossia tessutale.
• Sottolineare l’importanza di vaccinare i bambini in età pediatrica, di curare meticolosamente le ferite, di una buona igiene orale, di regolari controlli odontoiatrici e di una
dieta bilanciata per prevenire le malattie infettive.
• Sottolineare l’importanza di trattare le infezioni rapidamente.
• Consigliare al paziente di aumentare il proprio apporto di fluidi per prevenire la disidratazione causata dall’incapacità di concentrare le urine. I genitori dovrebbero incoraggiare i bambini malati a bere abbondantemente, specialmente durante la stagione
estiva.
• Durante le procedure chirurgiche in anestesia generale, i pazienti con anemia drepanocitica richiedono una adeguata ventilazione per prevenire crisi ipossiche. È necessario
assicurarsi che il chirurgo e l’anestesista sappiano che il paziente è affetto da anemia falciforme. È necessario procedere alla trasfusione preoperatoria di concentrati di globuli
rossi, come da prescrizione medica.
➣ Trattamento dell’anemia falciforme
Prima della dimissione, i pazienti devono imparare a convivere con la loro malattia e a prevenirne
le ricadute. Informare il paziente e i suoi familiari circa la necessità di:
• Seguire una dieta sana e bilanciata.
• Effettuare le vaccinazioni e i relativi richiami.
• Mantenere adeguati periodi di riposo.
• Assumere sempre i farmaci secondo prescrizione medica.
• Assumere abbondantemente fluidi.
• Contattare immediatamente un medico in caso di dolore o segni di infezione.
• Tenere sempre a portata di mano il numero di telefono di un medico.
• Essere pronti a gestire le emergenze.
• Contattare genetisti e centri specialistici sull’anemia falciforme per ottenere informazioni sempre
aggiornate.
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Misure preventive
• Consigliare la consulenza genetica al paziente e ai suoi familiari. È necessario che i parenti di primo grado del paziente vengano sottoposti a esame del DNA per verificare se sono
eterozigoti per la mutazione patogena (vedi “Trattamento dell’anemia falciforme”).
• La profilassi con penicillina può ridurre la morbidità e la mortalità da infezioni batteriche.
• Eseguire una elettroforesi su campioni di sangue ombelicale prelevati alla nascita come
test di screening nei neonati a rischio.
Considerazioni fisiopatologiche
• L’anemia falciforme è una malattia autosomica recessiva dovuta alla presenza di una
omozigosi della mutazione per l’Hb S.
• La presenza di Hb S patologica nei globuli rossi dei pazienti con anemia drepanocitica
diventa insolubile in condizioni di ipossia. I globuli rossi divengono pertanto rigidi,
allungati e deformati a falce.
• La falcizzazione può causare emolisi. I drepanociti possono occludere i capillari e altri
piccoli vasi sanguigni, aumentando la viscosità del sangue.
• Si possono verificare alterazioni della circolazione, che causano dolore, ischemia tissutale
e rigonfiamento. L’ostruzione al flusso ematico causa un aggravemento della crisi falcemica e ostruzione al flusso ematico.
➣ Reazioni emolitiche trasfusionali
Una reazione viene definita trasfusionale se accompagna o segue la trasfusione di emocomponenti per via endovenosa. In caso di trasfusione di sangue o emoderivati non compatibili, la reazione trasfusionale è accompagnata da emolisi.
Inquadramento rapido del paziente
• Raccogliere l’anamnesi del paziente, indagando in modo particolare la comparsa, nelle
ore precedenti alla trasfusione, di brividi, nausea, vomito, senso di oppressione toracica,
dolore addominale, toracico o lombare.
• Valutare i segni vitali e la presenza di febbre, tachicardia e ipotensione.
• Valutare la presenza di ansia e dispnea. Ispezionare la cute per verificare la presenza di
orticaria o angioedema.
• Auscultare i polmoni per verificare la presenza di rumori patologici.
• Ricercare i segni di anafilassi, shock, scompenso cardiaco ed edema polmonare.
• Se un paziente in pronto soccorso afferma di avere eseguito una trasfusione nelle settimane
precedenti, valutare la presenza di febbre, riduzione improvvisa dell’emoglobina e ittero.
Provvedimenti immediati
• Effettuare prelievi di sangue per eseguire i test di emocompatibilità. Ricercare indicatori
laboratoristici di emolisi, come la presenza di emoglobinuria, anticorpi sierici anti-A o
ATTENZIONE La trasfusione va interrotta immediatamente in caso di comparsa
di una reazione emolitica trasfusionale, procedendo alla somministrazione di normale soluzione salina per via endovenosa.
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anti-B, anemia o aumento della bilirubina. In caso di sospetta reazione emolitica, effettuare nuovamente la tipizzazione del gruppo sanguigno del paziente e del donatore
mediante prove di emoagglitinazione. Inviare al laboratorio analisi il materiale da trasfondere non ancora utilizzato.
Somministrare al paziente una normale soluzione salina per via endovenosa e posizionare
un catetere vescicale. Monitarare il bilancio idroelettrolitico.
Somministrare diuretici osmotici o diuretici dell’ansa per prevenire la necrosi tubulare
acuta e mantenere la funzione escretoria renale.
Somministrare, come da prescrizione medica, vasopressori o normale soluzione salina
per combattere lo shock, adrenalina per il trattamento della dispnea, anti-istaminici per
prevenire il rilascio di istamina dai mastociti e corticosteroidi per ridurre l’infiammazione.
Monitorare i segni vitali del paziente ogni 10-15 minuti, valutando la presenza di segni
di shock.
Coprire il paziente con una coperta qualora lamenti brividi.
Fornire una adeguata assistenza respiratoria e somministrare ossigeno a basso flusso
attraverso una mascherina o una cannula nasale.
ATTENZIONE In caso di necrosi tubulare acuta può essere necessario il ricorso
alla dialisi.
Interventi di monitoraggio
• Monitorare i risultati degli esami del sangue e delle urine.
• Valutare l’eventuale comparsa di complicanze, come insufficienza renale acuta, shock
anafilattico, collasso cardiocircolatorio, e coagulazione intravascolare disseminata.
• Riportare qualunque segno di complicanza precoce.
• Documentare accuratamente in cartella clinica le reazioni trasfusionali, annotando la
durata della trasfusione e la quantità di sangue somministrato. Fornire una completa
descrizione della reazione osservata e degli interventi terapeutici.
• Completare i moduli sulle reazioni trasfusionali forniti dalla propria istituzione.
Misure preventive
• Seguire le linee guida del proprio ospedale per la somministrazione di sangue o emoderivati.
• Controllare accuratamente il nome del paziente, il numero identificativo personale, il
gruppo AB0 e il gruppo Rh. Molti ospedali richiedono la conferma di questi dati da
parte di due diversi operatori sanitari prima di iniziare la trasfusione.
• Non iniziare mai una trasfusione in caso di discrepanze sui dati del paziente o del prodotto da trasfondere. Avvisare immediatamente il centro trasfusionale e restituire il
materiale da trasfondere ancora sigillato.
Considerazioni fisiopatologiche
• Le trasfusioni con sangue incompatibile possono scatenare serie reazioni trasfusionali,
caratterizzati dall’agglutinazione e dalla lisi intravascolare dei globuli rossi.
• Gli anticorpi del ricevente (immunoglobuline [Ig] G o IgM) attaccano gli antigeni espressi sulla membrana eritrocitaria del donatore, determinandone l’agglutinazione e la lisi.
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