L`evoluzione della produzione, del mercato e del consumo
Transcript
L`evoluzione della produzione, del mercato e del consumo
2016 NOTIZIARIO 3 Oltre la siepe… il mondo L’evoluzione della produzione, del mercato e del consumo della patata in Italia e nell’Unione europea: analisi e prospettive Costantino Cattivello Servizio fitosanitario e chimico, ricerca, sperimentazione ed assistenza tecnica La patata rappresenta una interessante specie “spia” per capire alcune dinamiche del mercato dei prodotti agricoli anche grazie alla sua doppia veste di coltura industriale ed orticola. Conoscere l’evoluzione della produzione, del commercio, delle aspettative del consumatore e di come queste possano cambiare le modalità di consumo della patata, rappresentano delle utili indicazioni per capire non solo cosa richiede il mercato a questo tubero ma in generale ci permette di ipotizzare la direzione verso cui si sta orientando il consumo delle specie ortofrutticole. Per approfondire queste tematiche abbiamo intervistato il prof. Alessandro Palmieri dell’Università di Bologna, al quale chiediamo di focalizzare alcuni punti dell’interessante relazione presentata in occasione della festa della patata tenuta ad Ovoledo di Zoppola lo scorso luglio. Prof. Palmieri ci può spiegare brevemente qual è stata l’evoluzione delle superfici a patata nell’UE ed in Italia negli ultimi anni? La coltivazione della patata nell’Unione europea e in Italia è in fase di progressivo ridimensionamento, come peraltro sta avvenendo per quasi tutte le specie ortofrutticole: a livello europeo, negli ultimi dieci anni, le superfici investite sono passate da 2,3 a 1,7 milioni di ettari, mentre nel nostro paese si è passati da 80.000 a 50.000 ettari. La perdita di superficie in Europa non si è fatta sentire in termini di produzione, segno di un miglioramento delle rese, mentre in Italia il potenziale produttivo è sceso da 2 a 1,4 milioni di tonnellate. Ci può illustrare alcuni dati relativi al consumo della patata in Italia? Il consumo di patate in Italia è decisamente più basso che nel resto d’Europa, 40 kg pro-capite/ anno (si tratta di consumo apparente, calcolato sulla base della produzione e delle importazioni, decurtate delle esportazioni), contro i 75 kg pro-capite/anno di media tra tutti i paesi membri. Il nostro valore è molto più basso rispetto a quello dei grandi paesi consumatori, Polonia, Irlanda e Regno Unito, ma anche rispetto a quello dei nostri vicini Mediterranei, come Spagna e Grecia. Il motivo principale sta nella concorrenza di pane e pasta, fonti alternative di amido concorrenti alla patata e di grande consumo in Italia rispetto all’estero. Più dei 2/3 delle patate sono consumate allo stato fresco (rappresentando il 20% del totale degli ortaggi acquistati), il resto dopo lavorazione industriale. Negli ultimi anni il consumo di patate fresche è rimasto sostanzialmente stabile, mentre è aumentato quello di patate surgelate. 3 4 2016 NOTIZIARIO 3 Quali sono le motivazioni che spingono il consumatore ad acquistare patate e che importanza ha il diverso confezionamento del prodotto? Le motivazioni sono le più svariate: la patata è un alimento nutriente, poco costoso e, soprattutto, versatile. L’esaltazione della versatilità è solo uno dei tanti motivi che rendono il packaging estremamente importante nel moderno commercio. La confezione è il vestito con il quale un prodotto si presenta ed ha un alto potere di influenza sulla percezione del consumatore, oltre a permettere di fornire un’ampia gamma di utili informazioni. Quali sono i punti di debolezza e di forza della pataticoltura nazionale rispetto alla concorrenza estera? A differenza della maggior parte dei prodotti ortofrutticoli, nel comparto pataticolo l’Italia non ha un ruolo da protagonista nel quadro mondiale e nemmeno in quello europeo. La produzione italiana di patate è meno del 3% di quella totale dell’Unione europea, dove prevale l’offerta dei paesi centro-settentrionali che, di fatto, “fanno il mercato” grazie ad ingenti volumi produttivi e a costi di produzione nettamente più bassi dei nostri. Scontiamo costi più alti anche a livello industriale e, inoltre, abbiamo una produzione frammentata. Punti di forza sono, invece, la professionalità delle nostre imprese, la spinta innovativa degli operatori di filiera e, soprattutto, la qualità del nostro prodotto, che consente di godere dell’apprezzamento da parte dei consumatori italiani. Quali sono i valori su cui possiamo basare le nostre strategie per migliorare l’offerta La patata è tipicamente una commodity, cioè un prodotto indifferenziato e, come tale, lo sforzo richiesto per farne comprendere i valori al consumatore è notevole. Il comparto pataticolo, soprattutto in talune aree, ha da tempo profuso uno sforzo enorme di inclusione e comunicazione di valori: si va da quelli legati alla territorialità e tipicità, al contenuto di servizi, all’innovazione di gamma, alla diversificazione degli utilizzi, fino ai contenuti salutistici, grazie all’aggiunta di elementi benefici per l’organismo. Sul mercato in questi anni si sta assistendo ad un interessante aggiornamento varietale (varietà arricchite in selenio o iodio, di colore violetto/ blu, resistenti alla peronospora etc.) come sta reagendo il mercato a queste novità? Nei paesi di origine della patata, l’estrema variabilità delle caratteristiche del tubero è da sempre la norma, mentre da noi per molto tempo il consumo si è assestato solamente su poche tipologie. Oggi c’è grande interesse per le nuove varietà proposte dal mercato, anche se la diffusione rimane lenta. Noto a tutti è, invece, il successo delle patate “arricchite” (selenio e iodio) o, comunque, inclusive di contenuti salutistici (dietetiche): molti consumatori ritengono, ormai, che il selenio sia un elemento presente naturalmente nei tuberi. Legare la produzione pataticola ad un determinato territorio, sfruttando la territorialità e tipicità, paga? La territorialità è certamente un valore su cui puntare per valorizzare le produzioni agroalimentari italiane ed il comparto pataticolo non fa eccezione a questa logica, con 6 registrazioni DOP/IGP attive ed oltre 50 riconoscimenti di “prodotto tradizionale” del Mipaaf. Come per la maggior parte delle referenze ortofrutticole, tuttavia, i risultati non sono stati, sinora, particolarmente brillanti: i volumi di patate a marchio sono modesti e di difficile reperibilità. Le cause sono note e comuni a tutta l’ortofrutta: ridotte quantità disponibili e difficoltà di aggregazione delle stesse, spese promozionali difficilmente sostenibili e, di conseguenza, scarse risposte dai consumatori. Cosa ci può dire del mercato della IV gamma (ortofrutta fresca, lavata, confezionata e pronta all’uso) e V gamma (ortofrutta cotta e ricettata, confezionata e pronta all’uso)? La IV e V gamma hanno ottenuto un’enorme diffusione tra i prodotti orticoli, poiché rispondono in pieno alle esigenze di praticità e velocità d’uso del moderno consumo. Nonostante qualche flessione negli ultimissimi anni, il consumo degli italiani permane il più alto d’Europa ed è naturale aspettarsi ulteriori margini di crescita, sebbene la crisi economica renda tutto più difficile visti i maggiori costi di queste linee di prodotto. Per la patata il peso di IV e V gamma è, tuttavia, piuttosto basso, soprattutto in Italia: occorre, dunque, un nuovo sforzo innovativo (in 2016 NOTIZIARIO un comparto dove l’innovazione è, da tempo, protagonista) per cercare di sfruttare anche le opportunità offerte da questo settore. Alla luce di quanto detto quali sono le linee guida da seguire per assicurare un futuro alla pataticoltura nazionale e regionale? Come visto, il comparto pataticolo italiano conta su numeri molto piccoli in Europa e su costi di filiera decisamente più elevati, sia per ragioni naturali, sia per inefficienze della stessa e, di conseguenza, la parola d’ordine per garantire la sostenibilità a tutti i livelli di filiera non può che continuare ad essere la differenziazione. Occorre distinguere il nostro prodotto dalla massa, anche se ciò è reso molto difficile dalle caratteristiche del prodotto. Innovazione continua, di prodotto e di processo, ed aggregazione dell’offerta sono le linee guida da seguire per vincere la sfida, che consiste soprattutto nel difendere ed, eventualmente, allargare la quota di presenza sul mercato nazionale. Gli spazi 3 ci sono, poiché l’import costituisce un quarto dell’offerta complessivamente distribuita nel nostro paese, ma non sarà certo facile e, in primo luogo, occorre ricordarsi del primo e più importante anello della filiera produttiva, cioè l’impresa agricola. Ad essa, difatti, sono richiesti ingenti investimenti (meccanizzazione, materie prime, ecc.), difficilmente comprimibili, che possono rapidamente farla entrare in crisi, se non sostenuti da adeguati prezzi di mercato. Breve profilo dell’intervistata Alessandro Palmieri è tecnico ricercatore presso l’Alma Mater Studiorum Università di Bologna, dove si occupa di economia dei mercati delle produzioni agricole ed agro-alimentari, economia dell’impresa agricola e marketing, soprattutto del comparto ortofrutticolo. È autore di oltre 100 pubblicazioni per le principali riviste specializzate del settore, co-autore di numerosi report di analisi economica sulle principali produzioni ortofrutticole e di manuali di ortofrutticoltura. 5