Falcone-relazione psicologi PD per sito
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Falcone-relazione psicologi PD per sito
Padova, 18 dicembre 2010 La tutela del minore nei procedimenti per reati di abuso e maltrattamento, in rapporto alle esigenze processuali Dott. Giorgio Falcone (Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Padova) [n.d.r.: non è un elaborato con pretese dottrinali o scientifiche ma semplice traccia per una “conversazione” sul tema] [n.d.r.: l’elaborato è frutto di collaborazione e confronto con la collega Antonella Toniolo – Sost. Proc. di Vicenza] Le esigenze di tutela dei minori vittime di abuso sessuale o maltrattamento e le esigenze processuali di accertamento della verità possono entrare in conflitto, ma non sono tra loro inconciliabili. La c.d. vittimizzazione secondaria: linee d’azione, regole e criteri per evitarla. I regola: non vi sono regole! II regola: l’operatore deve controllare e fare i conti con le proprie emozioni III regola: evitare qualsiasi danno al minore, ovvero gli adulti non possono fare giustizia sulla pelle dei bambini vittime di reato - la capacità a testimoniare del minore IV regola: il minore non è l’unica fonte validabile dell’abuso (evitare la sovraesposizione del minore nel processo); esistono altre fonti di prova: i luoghi e i tempi dell’abuso e del maltrattamento le prove scientifiche gli accertamenti di tipo sanitario e medico legale le altre persone informate sui fatti V regola: garantire la qualità del racconto (iper-contestualizzazione): il contenuto dell’esame del minore, testimone diretto il contenuto dell’esame delle persone che hanno ricevuto le confidenze del minore, testimoni indiretti VI regola: governare il rischio di suggestione e garantire la possibilità di un controllo a posteriori (tracciabilità) Esigenze di tutela ed esigenze processuali Sono due esigenze inconciliabili? Non necessariamente ma possono entrare in conflitto TUTELA in duplice senso 1. necessità di tutelare il minore dall’abuso reiterato o dal maltrattamento in atto: vuol dire necessità di tutelare il minore in quanto vittima di un reato tuttora in corso di esecuzione o a rischio di reiterazione 2. necessità di evitare che il minore possa subire un danno dal procedimento penale (c.d. vittimizzazione secondaria): vuol dire tutelare il minore in quanto persona offesa o testimone 1 1. di tutela del minore nel primo senso hanno già ampiamente riferito le colleghe che operano presso il Tribunale per i minorenni, una come giudice e l’altra come pubblico ministero. 2. veniamo alla tutela del minore nell’altra accezione, cioè all’esigenza di evitare una delle forme di c.d. vittimizzazione secondaria, cioè i danni – veri e propri traumi - che possono derivare al minore dal procedimento penale volto ad accertare la sussistenza del reato ed a pronunciare un’eventuale sentenza di condanna nei confronti del colpevole. Il conflitto tra tutela del minore ed esigenze processuali per l’accertamento della verità, di cui si parla nel titolo del mio intervento. Cercherò di esporre brevemente le linee d’azione che io seguo come pubblico ministero, quelle regole o quei criteri che potrebbero guidare o che comunque potrebbero interessare anche l’intervento di uno psicologo o di altro operatore dei servizi socio sanitari o anche uno psicologo che nell’esercizio della libera professione dovesse occasionalmente imbattersi – come non di rado accade - in una vicenda di abuso sessuale o maltrattamento. Si tratta di regole e criteri prima di tutto di buon senso, per cui potrebbero interessare qualunque soggetto abbia occasione di imbattersi in una vicenda che vede un minore vittima di abuso sessuale o maltrattamento (per fare una battuta potremmo dire che in materia non occorre essere un giudice o un pubblico ministero, o se preferite uno psicologo o un assistente sociale, per commettere un errore…). PRIMA REGOLA Poiché ogni caso fa storia a sé …….. non vi sono regole! Difficile teorizzare una grammatica di indagine efficace in qualsiasi situazione, al fine di accertare la verità e di tutelare la vittima minorenne. Non per questo però si deve rinunciare ad elaborare linee d’azione che rappresenteranno una continua ricerca del punto di equilibrio tra le due esigenze. Sono casi ed indagini difficili. Non occorre certo ricordare a questa platea che l’adulto in genere, ma anche l’operatore che per mestiere (giudice, pm, avvocato, consulente) si confronta con l’abuso sessuale o un maltrattamento su un minore deve fare i conti -onestamente- con le proprie emozioni: da un lato l’adulto può registrare la difficoltà ad accettare, sul piano emozionale, l’abuso e il maltrattamento, vivere il c.d. “negazionismo dell’abuso” con chiari riflessi sulla sua disponibilità a credere al dichiarato e al vissuto del minore …. “ogni violenza tende strutturalmente ad essere negata ed occultata”. L’abuso o il maltrattamento in danno di un bambino si fa fatica anche solo a pensarlo…. dall’altro lato anche l’atteggiamento contrario, perché l’ansia di dare fiducia al minore per proteggerlo ed esorcizzare il male che egli ha subito potrebbero portare a credere troppo istintivamente, “in modo c.d. viscerale” al minore, quasi per partito preso, arrivando a ritenere erroneamente provato un fatto che invece presenta margini di dubbio, di incertezza o comunque basando il convincimento sulle mere dichiarazioni senza operare con doveroso rigore metodologico. REGOLA FONDAMENTALE DI SOLUZIONE DEL CONFLITTO: TUTELA MINORE/ESIGENZE ACCERTAMENTO VERITA’: il bilanciamento tra queste due esigenze non ammette compromessi: è necessario evitare qualsiasi danno al minore, vi è una regola fondamentale che impone al processo di fermarsi di fronte a tale rischio… in pratica gli adulti non possono fare giustizia sulla pelle dei bambini vittime di reato, perché sarebbero vittime due volte: 2 - una prima volta vittime del loro aguzzino che li ha maltrattati o che ha abusato di loro; una seconda volta vittime degli adulti … magari accecati dall’ansia di vendicare il male subito dal minore e punire il presunto aguzzino. N.B.: si tratta di regole basilari che derivano dai principi della nostra carta costituzionale (in primis la tutela della salute degli individui, intesa sia come salute fisica sia come salute psichica) e di soluzioni ormai imposte anche da decisioni quadro dell’Unione Europea e da alcune sentenze della Corte di Giustizia Europea che hanno posto l’accento su alcuni aspetti del processo penale guardando – per così dire – l’altra faccia della luna …: il più delle volte alla Corte ricorrono gli imputati che lamentano di essere stati ingiustamente condannati e a volte ottengono il riconoscimento delle proprie ragioni, quando la Corte afferma che è stato violato un loro diritto, che non è stata loro riconosciuta una delle garanzie che la Carta europea dei diritti dell’uomo riconosce a coloro che sono imputati in un processo penale. In alcune recenti sentenze però la Corte si è occupata dei diritti e delle garanzie poste a tutela della vittima del reato ed in particolare della c.d. vittima debole (vulnerabile), soprattutto quando questa è chiamata a testimoniare nel processo. Questa prima regola – a titolo di esempio – trova applicazione: - quando si arriva ad escludere l’assunzione della testimonianza di un minore nei casi in cui si accerti che da essa possano derivare “possibili danni anche transeunti alla sua salute” – così la Cass. Sez. 3° n. 30964 dell'11.06.2009: se il minore non può essere sentito perché la testimonianza potrebbe cagionare un danno si lavora con quel che c’è (dichiarazioni rese dal minore in precedenza, ad altre persone, ecc.) e se le prove non bastano si assolve (perché questa è la regola di giudizio in mancanza di prove) … nel corso delle indagini si richiede l’archiviazione (che lascia sempre aperta la strada per una riapertura delle indagini, in presenza di nuove prove…); a tale scopo in questi casi è utile una perizia preventiva rispetto alla testimonianza, volta a valutare la capacità a testimoniare del minore (che è cosa diversa dalla c.d. validation, la perizia psicodiagnostica successiva alla testimonianza, con cui si valuta l’attendibilità del minore dal p.d.v. psicologico). Nella perizia sulla capacità si chiede all’esperto di valutare: I) capacità a testimoniare intesa come (per usare le parole della S.C. di Cassazione) “l’attitudine del bambino a testimoniare, sotto il profilo intellettivo e affettivo … accertamento della sua capacità di recepire le informazioni, di raccordarle con altre, di ricordarle e di esprimerle in una visione complessa, da considerare in relazione all’età, alle condizioni emozionali che regolano le sue relazioni con il mondo esterno, ai … rapporti familiari” II) l’assenza di rischio che dalla testimonianza possa derivare un danno alla salute fisiopsichica del minore in definitiva per evitare quella VITTIMIZZAZIONE SECONDARIA di cui ci stiamo occupando; III) le modalità con le quali appare più opportuno assumere tale testimonianza, per l’appunto a tutela del minore, adattando tali modalità alle sue peculiari condizioni, al livello di sviluppo cognitivo, al suo modo di gestire le emozioni, al livello raggiunto nel c.d. processo di rielaborazione del trauma… in tal senso il c.t. potrebbe dare suggerimenti al giudice su: o necessità di audizione in forma c.d. protetta (vetro unidirezionale, impianto fonovideoregistrazione, collegamento telefonico tra le due stanze…) o chi pone le domande? Il Giudice da solo/il Giudice assistito da perito/il perito da solo (che procederà secondo le indicazioni fornite dal Giudice); o necessità della presenza, accanto al minore di una persona di sua fiducia (garantita l’assistenza psicologica come impone l’art. 498 comma 4 c.p.p.), che 3 deve presenziare senza influire sulle dichiarazioni testimoniali (un familiare, un esperto di psicologia infantile)… n.b: potrebbe porsi il problema della presenza della persona che ha raccolto le confidenze del minore se nel caso concreto pare possibile una suggestione che potrebbe compromettere l’attendibilità…. o opportunità/necessità di accorgimenti per evitare il rischio di contatti anche solo visivi tra indagato e p.o., con orari di convocazione diversi, ingressi differenziati, ecc… o necessità che, se vi procede personalmente il giudice, l’intervista sia condotta avendo alcuni punti di riferimento e percorrendo degli steps successivi che possono essere oggetto di suggerimento da parte del consultente ALTRA REGOLA A TUTELA DEL MINORE: il minore non è – non deve essere considerato - l’unica fonte validabile dell’abuso e la sua posizione non deve essere sovraccaricata di significati e responsabilità esclusive: reati così gravi come quelli commessi in danno di minori non possono – non devono – dipendere esclusivamente dalla parola delle piccole vittime. Occorre cercare anche altrove. Altre prove. Occorrono i riscontri oggettivi che si richiedono per qualsiasi accusa. Qui servono a maggior ragione e servono proprio ed anche al fine di tutelare il minore da una pericolosa sovraesposizione nel processo. Anche questo è tutela del minore, perché spesso la c.d. vittimizzazione secondaria deriva proprio dalla sovraesposizione del minore nel processo. Vi sono tutta una serie di aspetti e circostanze, esterni ed indipendenti dal minore, che possono essere oggetto delle indagini del P.M. e che devono essere tenuti presenti anche dagli altri operatori professionali o adulti in genere che si imbattono in una vicenda di abuso o maltrattamento: N.B.: non perché costoro debbano assumere ruoli e funzioni impropri (giocare a fare i piccoli investigatori … senza avere capacità e preparazione … ancora una volta in danno dei minori) ma perché favoriscano tali accertamenti (es. non buttare via indumenti dopo abuso sex, suggerimento di documentare le lesioni, es. opera di convincimento per visite ginecologiche, suggerimento di tenere un diario ove annotare frasi/confidenze raccolte dal minore vittima di uno dei predetti reati….). ALRE FONTI DI PROVA i luoghi dell’abuso e del maltrattamento, soprattutto qualora si tratti di luoghi che il minore non avrebbe avuto motivo di conoscere, perchè non usuali per la sua quotidianità; è possibile ottenere dal minore una descrizione accurata e favorire l’opera di confronto mediante acquisizione di documentazione fotografica e/o video, sopralluoghi, rilievi descrittivi e fotografici, visite, acquisizione di notizie, ecc.; vi sono poi le c.d. prove scientifiche che potrebbero assumere importanza addirittura decisiva, ad es. quando si tratta di abusi sessuali avvenuti in luoghi preclusi, che il minore non aveva altre lecite ragioni di frequentare se non per il fatto di essere stato lì portato dall’abusante (ad es. dna del minore e/o impronte digitali rinvenute nei luoghi dell’abuso)…. Di qui l’importanza che assumono “in acuto” i vestiti dell’abuso (indumenti del minore e dell’abusante); sono importanti gli accertamenti di tipo sanitario, medico legale e nei casi di abuso quelli ginecologici …. Le ferite dell’abuso e del maltrattamento, che possono fornire importanti elementi di riscontro: pensiamo al referto di un pronto soccorso o di un medico 4 che contenga un’accurata descrizione delle lesioni cagionate dal maltrattamento, con la documentazione fotografica delle lesioni; pensiamo all’importanza di una visita ginecologica, non solo quando essa fornisca dati precisi e univoci, come può essere la deflorazione, ma anche quando fornisca dati che sono considerati a prima vista meno precisi, meno univoci: ad esempio qualora si tratti non di una vera e propria deflorazione, ma di incisure imenali o neovascolarizzazioni che, comunque, sono compatibili con un abuso sessuale, magari non con un rapporto sessuale completo, ma comunque con una «manipolazione» rilevante degli organi genitali o con un c.d. coito vestibolare; senza scendere nei particolari, salvo approfondimenti in sede di dibattito, in questa sede basti dire che: 1) si tratta di esami che non possono essere eseguiti in modo superficiale Uno degli errori classici in materia lo si compie proprio quando si arriva ad effettuare una semplice visita ginecologica sulla minore vittima di sospetti abusi, da parte di un professionista che non abbia specifiche competenze in materia: non si tratta di dare un’occhiatina e via, ma di utilizzare strumentazione adeguata, cioè un colposcopio, ed altrettanto adeguata deve essere la documentazione fotografica - con adeguata definizione in digitale - di tale visita; il tutto previa opportuna manovra di distensione dell’imene, per valutare le misurazioni; importanza della preparazione della minore alla visita ginecologica, per attenuare e contenere l’inevitabile ansia che ne deriva, evitando che possa subire traumi (c.d. vittimizzazione secondaria, per l’appunto); 2) risultati, meno attendibili, si ottengono per i maschietti, vittime di abusi in questi casi vi è maggiore necessità di intervenire “in acuto” al fine di avere elementi di prova certi. Anche a distanza di tempo tuttavia, diciamo entro una ventina di giorni, può essere possibile accertare un quadro clinico compatibile con atti di sodomia in danno del minore. Che se poi le lesioni conseguenti all’abuso dovessero essere state particolarmente gravi è possibile rinvenire riscontri anche a distanza di un lasso di tempo superiore. 3) quando fare tali accertamenti: sempre e subito in acuto … finalità terapeutica della visita … v. protocollo di Vicenza tra ULSS-Procura e Polizia Giudiziaria per metodiche d’intervento e successiva acquisizione atti e conservazione reperti (intervento medico che non disperda le prove ma curi prima di tutto la malattia); a distanza di tempo valutare caso per caso, a seconda di quanto emerso dalle indagini, tenendo presente il carattere invasivo della visita; 4) necessità del consenso dei genitori per visita v. caso concreto … sì consenso e no surrogati (salvo si dovesse ritenere possibile l’intervento del TM che affievolisca la potestà genitoriale limitatamente al compimento di quell’atto…. Un po’ come si fa per le vaccinazioni obbligatorie)! v. es concreto: … arch... opera di convincim. servizi e riapertura indagini… Proseguendo nell’elenco delle fonti di prova esterne al minore necessità di verificare in fatto le circostanze di tempo, di luogo e di persona in cui sarebbero avvenuti gli abusi o i maltrattamenti, secondo il racconto del minore. Nel caso di reati commessi in ambito familiare si tratta di verificare in modo accurato quando e con quale frequenza l’abusante restasse da solo in casa con il minore o avesse comunque occasione di perpetrare indisturbato gli abusi (acquisire tabulati presenze sul luogo di lavoro; accertare stato dei luoghi … es. abitazione su più piani con scale scricchiolanti….); v. l’importanza di tali dati circostanziali in vicende note quali quelle di Rignano Flaminio o delle Suore Orsoline di Brescia (racconti di abusi avvenuti all’interno di scuole materne o ai danni di bambini in orario di frequentazione di scuole 5 materne… necessario accertare ad es. per le suore orsoline le modalità di “punizione” dei minori … la stanza buia dove venivano rinchiusi i minori con la scusa di essere puniti e dove poi venivano abusati … la possibilità che le maestre di Rignano Flaminio portassero alcuni bambini fuori dalla scuola, a casa di una di esse, dove avvenivano gli abusi, lasciando in qualche modo incustoditi gli altri bambini …); ancora, é importante dal punto di vista investigativo sentire e con adeguata celerità tutte le persone informate sui fatti, che sono state a contatto con il minore: atto di indagine imprescindibile ove si tratti di coloro che hanno raccolto le confidenze del minore … i cc.dd. testimoni indiretti dell’abuso e del maltrattamento Si tratta di un patrimonio conoscitivo essenziale sotto il profilo probatorio, in un duplice senso: 1) il minore che abbia rivelato ad altre persone l’abuso, continuando a ripetere il proprio racconto con costanza di particolari, terminologia e con coerenza, presenta un maggiore grado di attendibilità; 2) inoltre assume rilievo la testimonianza di chi per primo ha raccolto le rivelazioni del minore, perché il racconto desumibile da questa prima rivelazione del minore ha la prerogativa di essere più spontaneo e più genuino, in quanto più probabilmente scevro da condizionamenti e suggestioni (v. anche Cass. III n. 9811 del 17.01.2007); infine le intercettazioni telefoniche … finchè ce le lasceranno fare … ma su tali apsetti preferisco mantenere un doveroso riserbo su modi, casi e tecniche di indagine… Veniamo invece ad ALTRE DUE REGOLE FONDAMENTALI, tra loro intimamente connesse, due regole che, se osservate, possono garantire l’affidabilità degli accertamenti svolti e la loro utilità in vista della valutazione che ne dovrà fare il giudice. Si tratta di regole d’azione che se seguite fin dall’inizio con maggiore attenzione avrebbero potuto evitare passi falsi e battute d’arresto anche per casi importanti come quello di Rignano Flaminio o quello delle suore di Brescia…. IPERCONTESTUALIZZAZIONE e TRACCIABILITÀ La prima è una parola d’ordine: IPERCONTESTUALIZZAZIONE DEL RACCONTO, che vale per l’audizione del minore testimone diretto e per l’escussione delle persone che hanno ricevuto le confidenze del minore, c.d. testimoni indiretti o de relato Significa raccogliere quanti più dettagli e particolari possibili che abbiano preceduto, accompagnato e seguito il reato che vede il minore come vittima, tutti i particolari e i dettagli, anche se al momento potrebbero sembrare irrilevanti… L’osservanza di tale regola appare utile sotto un duplice profilo: 1) sotto un profilo intrinseco, dato che un racconto più è dettagliato, ricco di particolari, più risulta attendibile; difficilmente esso potrà risultare il frutto di suggestioni eteroindotte in una parola occorre garantire la qualità del racconto 2) sotto un profilo estrinseco, in quanto più il racconto è ricco di particolari più sarà possibile acquisire i relativi riscontri oggettivi esterni (relativamente ai luoghi, ai tempi, agli oggetti, ai vestiti indossati e ogni altro particolare toccato dal minore nel suo 6 racconto) … es. caso recente … uso specchi durante atto sessuale con la figlia = utilizzo degli specchi per rapporti sex con la moglie… L’audizione del minore ipercontestualizzazione: deve necessariamente conformarsi a questa esigenza di Aspetti contenutistici che rendono completo l’esame del minore ove non vi sia certezza sull’individuazione dell’autore sarà necessario acquisire il maggior numero di elementi descrittivi e caratterizzanti sull’autore (dettagli somatici, nomi, soprannomi, etc…), per evitare confusioni e incertezze; descrizione più possibile dettagliata degli atti sessuali compiuti o subiti o dei maltrattamenti subiti; sensazioni provate, con riferimento potremmo dire ai cinque sensi (cosa vedevi o hai visto, cosa sentivi con le mani o con la bocca – se coinvolte negli atti sessuali, a seconda dei casi – cosa sentivi con il naso – cosa diceva l’abusante) … importanza delle sensazioni, perché si tratta di particolari che difficilmente possono strutturarsi all’interno di un racconto falso, volontariamente o involontariamente eteroindotto, soprattutto per i minori in età prepubere (pensate a quale valenza può avere la descrizione di un odore da parte del minore … con riferimento alla memoria olfattiva… una delle memorie più affidabili!); descrizione più possibile dettagliata delle fasi precedenti e successive all’abuso; tempi e luoghi degli abusi; quanto al tempo si noti che per il bambino, soprattutto se al di sotto di una certa età, può essere difficile dare una collocazione temporale all’evento. Lo si può aiutare collegando l’episodio traumatico ad una particolare fase o evento della sua storia (per esempio domandandogli se era già passato il Natale, il compleanno, le vacanze, o altro avvenimento particolare, se faceva freddo o caldo, ecc.). in caso di abusi plurimi e ripetuti nel corso del tempo è importante far emergere le circostanze variabili (di tempo, di luogo e di persona) che differenziano tra loro gli episodi, almeno per categorie omogenee o i particolari insoliti che potrebbero avere caratterizzato singoli episodi; descrizione indumenti indossati le parole dell’abusante: o le frasi pronunciate nel corso dell’abuso, o le frasi pronunciate nelle fasi immediatamente antecedenti e successive o le frasi pronunciate in altre circostanze, con riferimento all’abuso, con particolare riguardo a: eventuali spiegazioni dell’abuso fornite dall’adulto al minore (un modo di volersi bene, anche la mamma lo fa, anche gli altri papà lo fanno, ecc….); particolari relativi al c.d. ricatto del silenzio approfondimenti sulla terminologia utilizzata dal minore per descrivere gli atti sessuali o le parti intime e sulla sua derivazione (come chiami tu normalmente questo? come hai imparato che si chiama così? ecc.) … a tale terminologia sarà bene che si adatti anche l’intervistatore con le sue domande, utilizzando gli stessi termini confidenze a terze persone (tempi, modi, luoghi, circostanze, ecc.) ed in genere con chi il minore ha parlato dell’abuso; emozioni emerse nel corso dell’audizione, da approfondire con opportune domande: paura dell’abusante, timore di non essere creduto, senso di colpa, senso di vergogna, autocommiserazione, rabbia/rancore verso l’abusante, ecc. precedenti esperienze sessuali del minore… atti sessuali vissuti in prima persona o eventualmente assistiti… approfondimento necessario quando le giovani vittime narrano di fatti dei quali non dovrebbero avere esperienza; 7 precedenti esperienze traumatiche del minore… violenze vissute in prima persona o eventualmente assistite, ad es. quando le giovani vittime narrano di fatti dei quali non dovrebbero avere avuto esperienza prima del loro verificarsi; Naturalmente questa griglia di contenuti non significa che il minore debba in prima battuta essere subissato di domande, perché si dovrà privilegiare una prima forma libera del racconto, ma neppure che non sia possibile fare domande al minore come se qualsiasi domanda fosse in grado di suggestionare il minore al punto da rendere comunque inattendibile la risposta. L'intervista può essere condotta percorrendo degli steps successivi, non necessariamente una rigorosa applicazione dello schema graduale della step-wise interview, ma sempre e comunque tre ampie fasi: o la prima destinata alla presa di contatto, alla creazione del clima relazionale e alla sommaria verifica delle capacità del minore di ricordare e di esprimersi con un linguaggio adeguato; o la seconda è finalizzata ad affrontare il tema dell'indagine; o la terza è riservata alla richiesta di precisazioni, al rilievo di incongruenze e alle contestazioni, alla ripresa di parti non chiare del racconto Appare utile ricordare a questo punto tre importanti regole processuali che governano la testimonianza del minore: a) il giudice che procede all’audizione ben conosce tutti gli atti di indagine, fortunatamente, dato che è previsto l’obbligo del pubblico ministero di effettuare una discovery completa degli atti di indagine ex art. 393 comma 2 bis c.p.p.: questo consente la completezza dell’esame anche in sede di incidente probatorio; b) ai sensi dell’art. 498 comma 4 cpp l’esame del giudice è condotto su domande e contestazioni delle parti, per cui è utile che le parti presentino un elenco specifico di domande o circostanze oggetto d’esame, o prima dell’inizio dell’assunzione della prova o anche in corso d’opera, una volta che il giudice abbia esaurito le proprie domande; c) le contestazioni sono ammesse (lo dice la legge … art. 498 comma 4 cpp !), da muovere al minore solo una volta esaurite le fasi del c.d. racconto libero e delle domande di specificazione. La contestazione dovrà essere effettuata in modo molto soft, adeguato alle caratteristiche cognitive, psicologiche, e di personalità del minore, onde limitare l’inevitabile suggestione che ne deriva (anche qui sarà comunque poi un problema di valutazione dell’attendibilità del minore). Anche l’escussione di chi ha raccolto le prime rivelazioni deve essere molto particolareggiata ed uniformarsi alla regola della ipercontestualizzazione del racconto: - sia con riferimento al contenuto del racconto ricevuto dal minore (con esattezza nel riportare le parole usate dal minore); - sia con riferimento ai luoghi, ai tempi, alle occasioni e ai modi del racconto (con descrizione anche del linguaggio non verbale) - sia infine con riguardo alla qualità del racconto, con particolare riguardo alla spontaneità e alle eventuali domande poste in tale occasione dall’adulto, in genere all’atteggiamento assunto dall’adulto che ha raccolto le rivelazioni; 8 La seconda più che una regola è un metodo che dovrebbe sempre accompagnare gli investigatori ed in generale tutti gli adulti che entrano in contatto con il minore fino all’incidente probatorio: la TRACCIABILITÀ occorre documentare i passaggi attraverso i quali si arriva ad un racconto dell’abuso o del maltrattamento. Per capire la portata di tale metodo basti pensare: genitori o chi ha in affido il minore, dopo la prima rivelazione, è utile che tengano un diario nel quale appuntare tutti i racconti, le versioni del racconto fornite dal minore, gli ulteriori dettagli di volta in volta aggiunti, le circostanze in cui il minore introduce tali discorsi, limitandosi a recepire il racconto del minore in modo empatico, senza suggestioni, formulando solo domande e fornendo al minore le risposte che sorgono spontaneamente dal dialogo (es.: il minore che parla dell’”aperitivo”, dopo avere appreso che si chiamano “preservativi” … vista la scatola in farmacia … stand dei profilattici…); psicologi o assistenti sociali che entrano in contatto con il minore devono nelle loro relazioni riferire in modo dettagliato il racconto del minore, fornendo specifiche indicazioni anche in ordine alle domande poste ed al contesto in cui è maturato il racconto da loro raccolto; utili ad es. appunti personali dell’operatore, 1) perché possono essere da lui consultati in sede di testimonianza per aiuto alla memoria; 2) perché, se redatti nell’immediatezza delle sedute, al fine di documentare aspetti anamnestici utili a fini terapeutici, possono rappresentare un documento acquisibile ed utilizzabile come prova; se le sedute con il minore sono finalizzate ad una forma di sostegno psicologico o di vera e propria terapia, basta quanto detto sopra, ma se si tratta di audizioni cui partecipa la polizia giudiziaria o comunque disposte dal pubblico ministero (o d’iniziativa dalla Polizia Giudiziaria … non dovrebbe succedere … ma succede….) appare indispensabile procedere sempre e comunque mediante videoregistrazione e con verbalizzazione; la videoregistrazione è poi assolutamente indispensabile per l’audizione vera e propria del minore, per documentare le sue dichiarazioni anche in vista delle successive fasi del processo. Sul punto la Cassazione è piuttosto esigente, come quando ha censurato in sede di pronuncia cautelare la metodologia delle indagini nel caso di Rignano Flaminio: la Cassazione non ha mai detto che i bambini di quell’asilo hanno mentito o che erano stati certamente suggestionati (il c.d. contagio dichiarativo di cui parlarono le difese … e parleranno … processo in corso in questi mesi …), l aCass non si è mai pronunciata nel merito; ha solo detto che la scelta di affidare ad un consulente del pm l’audizione, unitamente alla mancata videoregistrazione dei colloqui con i minori, ha privato il giudice (nonchè il suo eventuale perito) e gli indagati, tramite i loro difensori e loro consulenti, la possibilità di controllare e vagliare l’operato del consulente. la tracciabilità serve per governare il rischio di suggestione e rendere controllabile a posteriori se suggestione vi sia stata 9 P.S.: una provocazione eventuale… non si può fare finta di non sapere che - dal mio osservatorio di umile pubblico ministero che opera sul campo - in materia esistono due “scuole” di pensiero ed azione contrapposte, l’una contro l’altra “armata” (… vi sono interessi sottostanti – anche economici - non irrilevanti…): - una che nasce dall’esperienza sul campo degli operatori dei servizi socio-sanitari e dalla collaborazione con i TT.MM. e le Procure; l’altra che nasce dall’incontro tra l’ambiente universitario e l’esperienza giudiziaria acquisita con le consulenze di parte; volendo semplificare e di molto: - le due “scuole” si rinfacciano di avere, rispettivamente, un eccessivo approccio verificazionista la prima e falsificazionista la seconda; - la seconda si rifà alla Carta di Noto e alle successive elaborazioni che ad essa si richiamano (le carte di Treviso e di Venezia); la prima ad analoghi documenti tra i quali il più importante credo sia la dichiarazione di consenso del CISMAI. La Cassazione è arrivata a qualificare tali atti quali sono: accordi tra privati, privi di qualsiasi efficacia vincolante per giudici e loro consulenti. Le differenze di impostazione assicuro che sono evidenti: basta sentir parlare due “campioni” delle due “scuole” per rendersene immediatamente conto. Gli operatori del diritto devono a mio avviso essere consapevoli di tali diversità, valorizzare quel che c’è di buono nelle due impostazioni (ci sono esperti in grado di compiere valutazioni complesse, che offrono una vasta gamma di letture, con chiavi diverse, una sorta di terza via eclettica) Gli operatori del diritto, pubblici ministeri e avvocati compresi, devono rivendicare per il giudice il potere-dovere di decidere in base al proprio libero convincimento, difendendo l’area esclusiva del giudizio sull’attendibilità della prova, ma non per questo disdegnando l’apporto della scienza psicologica, definito utile dalla stessa Cassazione, dato che attraverso di esso è possibile trarre spunti e chiavi di lettura che il giudice utilizza per le sue valutazioni, la decisione e la successiva motivazione; apporto che ovviamente le parti utilizzano per svolgere e sostenere le proprie argomentazioni. 1