La vera parità è quella economica. La competizione salverà l

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La vera parità è quella economica. La competizione salverà l
La vera parità è quella economica. La
competizione salverà l’istruzione
Natalia Poggi [email protected]
Una scuola senza distinzioni di serie A e B, il diritto legittimo dei genitori
di scegliere in autonomia e coscienza il tipo di istruzione per i propri figli.
E...
Una scuola senza distinzioni di serie A e B, il
diritto legittimo dei genitori di scegliere in
autonomia e coscienza il tipo di istruzione per i
propri figli. E naturalmente la libertà
d’insegnamento. Dario Antiseri, filosofo e
professore di Metodologia delle Scienze Sociali
nonché relatore del convegno della Rivista
Lasalliana nel suo intervento di oggi partirà da
questi principi. «Recentemente la Cei ha
ribadito con forza il principio che in ambito
educativo alle famiglie sia consentito di scegliere
senza condizionamenti il percorso di studi e la
scuola reputata migliore per sé e i propri figli»
spiega Antiseri. È quanto ha stabilito nel 1984 il
Parlamento europeo nella Risoluzione sulla
"libertà di insegnamento nella Comunità
europea" e cioè testualmente che "il diritto alla
libertà di insegnamento implica per sua natura
l’obbligo per gli Stati membri di rendere
possibile l’esercizio di tale diritto anche sotto il
profilo finanziario e di accordare alle scuole le
sovvenzioni pubbliche necessarie allo
svolgimento dei loro compiti e obblighi, in
condizioni uguali a quelle di cui beneficiano gli
istituti pubblici corrispondenti, senza
discriminazione nei confronti degli organizzatori, dei genitori, degli alunni e del personale».
Ma le scuole cattoliche non sono già paritarie?
«Non è parità se non c’è una parità economica. Noi non siamo contro la scuola di Stato, sia
chiaro, ma vogliamo salvare la scuola dallo statalismo, dal monopolio dell’istituzione. In difesa
della libertà d’insegnamento si sono schierati prima di noi illustri pensatori da Tocqueville al
cattolico Rosmini, ai laici Stuart Mill, Russell o, quelli più vicini a noi, Friedman, Einaudi e
perfino Gramsci che scrisse "la libertà nella scuola è possibile solo se la scuola è indipendente
dal controllo dello Stato". Su tutti valga il monito di Luigi Sturzo per il quale "finché in Italia la
scuola non sarà libera, neppure gli italiani saranno liberi».
Quanto "pesa" la scuola privata allo Stato?
«Il governo Renzi vuole creare la "buona scuola" noi invece lanciamo il "buono-scuola". È la
soluzione contro i mali sia della scuola statale che di quella paritaria. Introduce il principio di
competizione che anima la vita della società democratica e la libera economia. Il contributo
pubblico alla scuola paritaria viene visto come un furto. In realtà non è che una miseria
rispetto ai contributi elargiti alle scuole non statali da altri paesi europei come Francia, Belgio,
Irlanda, Germania, Spagna o Inghilterra. Da noi il costo medio allo Stato per ogni alunno della
scuola statale è 5.246,60 euro all’anno, per l’alunno della scuola paritaria è 481,40 euro. Le
scuole paritarie in un anno, hanno fatto risparmiare allo Stato cinque miliardi di euro. In dieci
anni la scuola paritaria ha fatto risparmiare allo Stato dunque 50 miliardi di euro».
Perché voi dite che il genitore di un alunno della scuola paritaria paga due volte?
«Sotto forma di tasse statali e di rette scolastiche. Con il buono-scuola, invece ci sarebbe una
ridistribuzione più equa delle risorse e le scuole partirebbero in parità. La competizione, quale
procedimento di scoperta del meglio, farebbe del bene alla scuola statale, sarebbe un’alta
forma di collaborazione. Lo statalismo ha sottratto l’istruzione al controllo salutare della
concorrenza comportando uno scadimento del servizio e l’incremento dei costi. Non è libero
un Paese dove una famiglia che iscrive il figlio a una scuola paritaria debba pagare per questa
sua scelta di libertà. Discriminando le scuole si impedisce agli studenti meno abbienti la libertà
di scegliere».
Dunque più spazio alla scuola privata su un piano di totale parità?
«Certo! Non è liberale quel Paese dove bisogna conquistarsi un pezzo di libertà».
Natalia Poggi