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[la storia MAROCCO CASABLANCA UNA “FILIALE” DEL PATRONATO ACLI AL DI LÀ DEL MEDITERRANEO andata e ritorno L’UFFICIO DI LATIFA, al numero 18 di Avenue Hassan Souktani, sorge a pochi passi dal Consolato italiano a Casablanca. Una bella comodità, spiega lei: «Se a qualcuno manca un timbro, o se bisogna sistemare qualche documento, non si perde tempo». La burocrazia, per Latifa, è pane quotidiano: il suo lavoro è chiarire, semplificare, dare spiegazioni e cercare di offrire le risposte giuste alle decine di utenti che, ogni settimana, si rivolgono a lei, nell’ufficio dell’associazione Maan Maroc-Italie, aperto meno di un anno fa nel centro di Casablanca in convenzione con il Patronato Acli. Una partnership 62 [ MeM Gennaio 2011 CHIARA ZAPPA Un ufficio che aiuta chi vuole emigrare legalmente e assiste quelli che scelgono di rientrare in patria: per garantire i loro diritti e sostenerli nella re-integrazione («maan», in arabo, significa «insieme») non casuale, non solo perché Latifa Tichetti (foto a destra) e suo marito Abdelaziz Saassaa, presidente dell’associazione, hanno vissuto a lungo in Italia, ma anche perché il legame tra i due Paesi, separati solo da un braccio di Mediterraneo, è oggi più stretto che mai. Le persone che, ogni anno, lasciano il Marocco per cercare lavoro in Italia o riunirsi a familiari che già vivono nel nostro Paese sono decine di migliaia. «Molti, però, sono quelli che migrano illegalmente, finendo nelle mani di reti criminali», spiega Fabrizio Benvignati, vicepresiden- MAROCCO la storia C. ZAPPA te delegato del Patronato Acli. «La nostra decisione di essere presenti in Marocco deriva proprio dalla volontà di tutelare, nella legalità, i diritti di chi parte e quelli di chi, magari dopo anni di emigrazione, sceglie di rientrare in patria». Lo sportello di Maan, aperto lo scorso aprile, ha già seguito centinaia di casi: il successo dell’iniziativa dipende anche dalla lunga esperienza di Latifa nel settore: in Italia si è occupata di assistenza ai lavoratori migranti presso il Comune di Torino, alla Cisl e poi, dal 2000 fino allo scorso anno, proprio al Patronato delle Acli torinesi. «Potermi mettere nei panni degli “utenti” è stato di grande aiuto per ottenerne la fiducia e venire a capo di molti dei loro quesiti», racconta l’operatrice. A rivolgersi a lei, in questi mesi, sono state persone con esigenze molto varie: «Pratiche di visto, ricongiungimenti familiari, traduzione e legalizzazione dei documenti di studio, e poi molti rinnovi del permesso di soggiorno o visti di reingresso in Italia», spiega. A CHI PROGETTA di partire per la prima volta, Latifa cerca di delineare un quadro realistico delle prospettive migratorie, per scoraggiare un approccio a volte naïve o superficiale: «Spesso le persone si orientano all’emigrazione senza dei validi motivi, c’è perfino chi intende licenziarsi da un posto di lavoro che ha già, per cercare chissà quale alternativa in Europa», spiega. «Senza contare chi è intenzionato a emigrare clandestinamente: io lo scoraggio su tutti i fronti, spiegandogli che noi non possiamo aiutarlo e che in ogni caso non si tratta certo di una scelta facile». Per chi invece è in partenza con tutte le carte in regola, allora il “patronato” di Casablanca si mobilita per offrire un bagaglio di informazioni e racco- mandazioni essenziali, in modo che il neo-immigrato non si ritrovi nel nuovo Paese privo di punti di riferimento: «Prima di tutto continua Latifa - chiedo alla persona la sua meta esatta in Italia e lascio i recapiti del nostro sportello più vicino. Già da qui, però, chiarisco alcuni punti: per esempio che, appena arrivati sul suolo italiano, è necessario chiedere subito il permesso di soggiorno, perché il visto non basta. Raccomando inoltre di leggere bene tutti i documenti, per assicurarsi che non ci siano errori nel nome o ] migrazione, una volta allontanatisi dal territorio italiano, è spesso complesso», spiega Fabrizio Benvignati. Soprattutto quando si tratta di diritti originati in contesti di abusi o infortuni, su cui è necessario accertare eventuali responsabilità penali e documentare ufficialmente le circostanze. La signora Tichetti cita i casi di «persone che hanno subìto infortuni sul lavoro o incidenti gravi, o di vedove di uomini che hanno lavorato in Italia e che mi chiedono come recuperare la liquidazione dalla ditta, o i soldi depositati in banca, o come ottenere la reversibilità». Anche solo conteggiare i contributi versati durante gli anni di lavoro all’estero è un’operazione ( «Partire è una scelta rischiosa, ma tornare a casa può essere ancora più difficile: ho visto famiglie andare in pezzi» nella data di nascita: discrepanze frequenti, che poi creano problemi gravi. E poi batto molto sull’importanza della lingua per integrarsi: a tutti spiego che possono rivolgersi alle scuole pubbliche per frequentare corsi serali di italiano». Se partire verso un nuovo Paese è un’esperienza sempre ricca di incognite (e farlo legalmente non è facile, vista l’attuale legislazione italiana), anche la decisione di rientrare in patria - che nel 2009 è stata presa da circa 12 mila marocchini - non rappresenta un’opzione tanto naturale. A cominciare dagli aspetti burocratici: «Far valere i diritti maturati durante la che richiede assistenza qualificata. Ma chi decide di tornare a casa dopo tanti anni di migrazione ha altrettanto bisogno di consigli pratici su come cavarsela nella propria “vecchia” patria: è possibile trovare un lavoro? Quanto denaro è necessario per arrivare alla fine del mese? I PROBLEMI più gravi, tuttavia, sono quelli che riguardano, in vario modo, nuclei familiari disgregati: «Molte volte mi trovo di fronte ex coniugi o conviventi di italiani che rivendicano il diritto di vedere i figli, o donne il cui matrimonio è fallito e che non riescono ad ottenere il mantenimento», racconta ancora Latifa. Che spiega come la scelta stessa di rientrare in Gennaio 2011 MeM ] 63 [la storia ro che le rimesse di chi è andato all’estero per lavorare costituiscono una parte consistente del Pil marocchino (vedi box). «È vero, dal punto di vista economico l’emigrazione è anche una forma di arricchimento, ma alla fine l’emigrato rischia di restare senza radici e di impoverirsi, e così la nostra società», avverte Latifa. PATRONATO ACLI patria sia, in molti casi, all’origine della distruzione delle famiglie: «Tutte le coppie che ho visto tornare a vivere in Marocco con figli ormai grandi hanno finito per divorziare», chiarisce senza mezzi termini l’operatrice. Addirittura? «Bisogna capire che persino chi è nato qui, dopo tanti anni, si abitua al modo di vivere italiano e, per rientrare a casa, ha bisogno di una seconda integrazione. Quando ci sono di mezzo dei figli, poi, questa necessità è ancora più forte. Pensiamo solo alla scuola: se i bambini sono ancora piccoli possono cominciare il ciclo scolastico direttamente in Marocco, ma chi rientra con figli grandi deve rivolgersi alla scuola italiana. E le difficoltà di adattamento, nella vita quotidiana, sono mille». Ecco perché a Maan mettono bene in chiaro che «il rientro deve essere un progetto ben preparato, un passo da L’inaugurazione di «Maan» non compiere con leggerezza». Anzi, secondo Latifa, «ancora prima, bisogna pensarci bene per decidere di emigrare». Eppure, gli emigrati rappresentano, per il Marocco, una ricchezza enorme. In senso letterale, se è ve- Migranti e rimesse I l Marocco è al primo posto, tra i Paesi d’immigrazione, per numero di visti per famiglia rilasciati dai Consolati d’Italia all’estero: il 19 per cento del totale. Il dossier sui «Flussi d’ingresso dei migranti dal Marocco in Italia e migrazioni di ritorno», realizzato dalle Acli e dall’associazione Maan Maroc-Italie, informa che, nel 2008, i visti d’ingresso rilasciati dalle rappresentanze italiane in Marocco furono quasi 40 mila, di cui oltre la metà (24.864) riguardanti ricongiungimenti familiari. Quella marocchina è la terza comunità di stranieri in Italia: 432 mila presenze nel 2009 secondo il Dossier Caritas / Migrantes (+10,3 per cento). Nell’ultima regolarizzazione del settembre 2009, le domande per lavoratori domestici provenienti dal Marocco sono state 36.112 (il 12 per cento sul totale, seconde solo alle richieste dall’Ucraina). La quota di immigrati che, dall’Italia, tornano invece in Marocco si attesta intorno al 2,7 per cento. Nel 2009 sono stati circa 12 mila i cittadini marocchini rientrati nel Paese d’origine. Ma chi resta in Italia non dimentica certo la madrepatria: secondo i dati del rapporto Abi-Cespi 2010, i marocchini in Italia hanno inviato a casa, solo attraverso il sistema bancario, oltre 27 milioni di euro, piazzandosi al primo posto nella classifica delle rimesse per nazionalità. Secondo uno studio congiunto di Iom (Organizzazione internazionale per le migrazioni) e Icmpd (International Centre for Migration Policy Development), proprio le rimesse inviate dagli emigrati rappresentano «la principale fonte di investimento nel Paese», molto più degli aiuti allo sviluppo e degli investimenti diretti esteri. z 64 [ MeM Gennaio 2011 PROPRIO EVITARE questa deriva è uno degli obiettivi principali della “filiale” marocchina del Patronato Acli, come spiega Benvignati: «Noi puntiamo a favorire quegli scambi che consentono di arricchire sia il Paese che accoglie i migranti sia quello di partenza e, poi, di rientro. Uno dei modi per farlo è favorire l’incontro tra i singoli migranti e le associazioni di immigrati marocchini in Italia, che possono veicolare efficacemente alcune ricchezze della società italiana, a cominciare dalla cultura del Terzo settore e di quella fascia intermedia che non appartiene né al privato commerciale, né alle istituzioni». Per far comprendere, ad esempio, che ciò che è al servizio della comunità non è necessariamente a pagamento, e che la gratuità non è per forza sinonimo di scarsa competenza. Pregiudizi di cui anche Maan rischiava di rimanere vittima, e di cui invece ha saputo dimostrare l’infondatezza. Così come, d’altra parte, ha saputo sfidare il tabù di essere partner di un’organizzazione espressamente cristiana, in un Paese ufficialmente musulmano: «In realtà è bastato fare capire che noi non rappresentavamo in forma militante i nostri valori», spiega Benvignati. «Il resto è venuto da sé». La coda fuori dallo sportello di Maan, in Avenue Hassan Souktani, è la prova migliore che i pregiudizi - anche in tema di culture diverse possono essere vinti. z