L`arteterapia in età` evolutiva

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L`arteterapia in età` evolutiva
L’arteterapia in età’ evolutiva
Maria Luisa Camurati, Marina Genta, Maria Pia Granelli
Il lavoro psicoterapeutico con il paziente in età evolutiva è caratterizzato da aspetti
peculiari, che rendono questa fascia d’età, terreno particolarmente favorevole
all’intervento tramite le Arti Terapie. Da un lato il bambino presenta una particolare
facilità di contatto con l’inconscio, che permette un’espressione diretta, assai meno
censurata rispetto all’adulto, di fantasie, ansie, angosce, desideri. Tale contatto
appare tanto maggiore quanto più il bambino è piccolo, ma questa condizione
implica anche una difficoltà ad accedere a processi d’analisi e verbalizzazione, sia
dal punto di vista espressivo, che da quello della possibilità di utilizzare le tecniche
classiche psicoterapeutiche, che vertono sull’interpretazione del materiale. Le Arti
Terapie, nel rispetto di queste caratteristiche del paziente in età infantile,
propongono situazioni in cui aspetti spesso confondenti e dolorosi del mondo interno
possono trovare espressione diretta ed emotivamente carica attraverso il
movimento, la drammatizzazione, la produzione artistica ed in questo modo possono
trovare un loro spazio ed un loro significato, essere condivise con altri bambini e con
i terapeuti, e, essendo tradotte in forma concreta, diventare manipolabili e quindi più
facilmente affrontabili, controllabili ed elaborabili. Nello specifico dell’età infantile non
può inoltre essere dimenticato il significato abilitativo-riabilitativo che le Arti Terapie
possono avere nelle situazioni in cui sia presente un ritardo o una disarmonia
evolutiva: con modalità e tecniche diverse il lavoro delle Arti Terapie propone al
bambino esperienze percettive ed esecutive, che richiedono e sostengono
l’integrazione multisensoriale e fra percezione ed azione, fra istanze interne e
possibilità espressive; la produzione è frutto di una progettualità e di un percorso
esecutivo articolato. In questo lavoro il bambino non è solo: il ruolo terapeutico
prevede che il conduttore funga non solo da sostegno dell’Io del bambino e delle sue
iniziative creative, ma anche da mente che sa accogliere e dare significato agli
abbozzi ed ai tentativi infruttuosi, cogliendone la dignità ed il valore. Questo
complesso di funzioni assume un importante ruolo di sostegno ai processi di
evoluzione ed integrazione cognitiva.
Riferendoci alla nostra esperienza, strettamente legata all’Arte Terapia, scendiamo
maggiormente nei particolari sulle indicazioni e sulle caratteristiche di questo
approccio terapeutico nella sua applicazione all’età evolutiva.
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Procedendo a grandi linee possiamo dire che il nostro approccio arteterapeutico si
propone di:
. Aiutare il bambino a definire una sua individualità all’interno del gruppo attraverso
l’esperienza artistica;
. Potenziare il livello di autostima del singolo bambino all’interno di un ambito non
giudicante, nel quale ogni produzione artistica viene valorizzata;
. Fornire al bambino uno strumento alternativo per esprimere le emozioni in un
contesto in cui queste possono essere accolte e comprese;
. Fornire al bambino la possibilità di condividere non solo con i terapeuti, ma con altri
bambini, i vissuti che possono emergere dall’esperienza artistica, con una funzione
di contenimento dell’angoscia;
. Favorire l’espressione verbale e l’accesso all’aspetto simbolico della produzione
artistica, sia attraverso l’accoglimento ed il sostegno delle verbalizzazioni del singolo
bambino sul proprio lavoro, che attraverso la creazione di una storia collettiva, con la
possibilità di attingere anche da immagini di altri bambini per far emergere vissuti
propri, nel rispetto dei tempi di ognuno.
La nostra esperienza con i bambini ci ha posto spesso di fronte alla efficacia
dell’espressione artistica come aiuto per far emergere il materiale inconscio, in modo
paragonabile al gioco: in entrambi assistiamo alla rappresentazione simbolica del
mondo interno del bambino. Come nel gioco, così nella pittura trova spazio il bisogno
del bambino di rappresentarsi con immagini che rimangono a testimoniare la
presenza dell’emozione e, come sottolineato da E. Kramer (1971), la sospensione
del principio di realtà insita nel processo creativo artistico favorisce l’espressione
anche di desideri ed impulsi altrimenti intollerabili, perché carichi di angoscia o sentiti
come proibiti. Il contesto di accoglimento non valutativo, la possibilità di condivisione
dell’emozione, la stessa concretezza che l’emozione acquista nella produzione
permettono di accedere ad un percorso di elaborazione di ansie e conflittualità e di
accettazione degli aspetti di sé e dei sentimenti fino ad allora inaccettabili. Ciò
contribuisce a creare autostima, ed a far emergere i lati più evoluti del bambino,
costituendo un valido contributo al progetto terapeutico generale.
Inoltre attraverso l’Arte Terapia, il bambino può direttamente manipolare i materiali
artistici e l’ambiente, esplorare, organizzare ed esprimere simbolicamente contenuti
provenienti da un mondo confuso di idee ed esperienze. Questo processo facilita
l’ordine e riduce confusione ed incertezza.
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Con le parole di Edith Kramer (1971) si può dire che in questo contesto
l’arteterapeuta è l’alleato dell’avventura creativa del bambino. Il suo intervento si
esplica prevalentemente con modalità non verbali, permettendo il crearsi di uno
“spazio transizionale” (D. Winnicott, 1971), in cui possano prendere forma, vivere ed
essere affrontati i fantasmi inconsci.
Rispetto alle psicoterapie classiche possiamo dire che ci può essere un reciproco
compendio: l’Arteterapia non riesce da sola a risolvere i conflitti, ma muove l’Io ad
una evoluzione, dando accesso ad un nuovo ordine di idee ed esperienze, ed il tutto
può preparare all’interscambio simbolico della psicoterapia, laddove la situazione
clinica lo richieda.
L’esperienza da noi riferita ha luogo all’interno di un contesto istituzionale, cioè
quello del Servizio territoriale di Neuropsichiatria Infantile della A.S.L. 4 di Torino, ed
i bambini inseriti nei gruppi sono tutti seguiti da operatori del servizio stesso.
Questo permette l’inserimento del nostro lavoro all’interno di un progetto terapeutico
per il singolo bambino più ampio ed articolato, rispondente ai bisogni di un certo
momento del suo percorso. Ci permette inoltre di rivestire un ruolo neutrale e
svincolato da problematiche contestuali, di cui si fa carico il curante.
Sulla base della tipologia di pazienti che afferiscono al servizio e delle indicazioni
dell’Arteterapia (Kramer, 1971), abbiamo scelto come requisiti di inclusione nei
gruppi terapeutici: la presenza di una struttura di personalità in cui le funzioni dell’Io
appaiono sufficientemente preservate, l’assenza di gravi disturbi comportamentali,
tali da far prevedere una incompatibilità con l’integrazione nel gruppo, una
predisposizione del bambino ad investire sull’espressione artistica.
Il lavoro viene svolto con cicli di sei mesi circa con sedute settimanali di un’ora e
mezza, che comprendono un momento iniziale di accoglienza, la fase centrale di
attività artistica, il momento del riordino dello spazio e dei materiali, come metafora
del riordino emotivo, il momento della verbalizzazione, con il recupero della
dimensione razionale dopo l’espressione emotiva più agita. In questo momento
ciascun partecipante è invitato a commentare il proprio lavoro; se la dinamica del
gruppo lo permette viene stimolata la costruzione di una storia partendo dallo spunto
dei lavori fatti. Questo può permettere di raccogliere le emozioni del bambino,
organizzare i pensieri, legare i diversi stati d’animo.
Dopo la seduta, come in qualsiasi attività terapeutica, vi è un momento di analisi dei
contenuti emersi, i disegni vengono raccolti nelle cartelline personali dei bambini e
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viene stesa la relazione dell’incontro, arricchita dal confronto fra i due terapeuti.
Questo è il momento in cui, sulla base della valutazione di quanto emerso, si
aggiorna la strategia terapeutica, sia rispetto alla conduzione del gruppo, sia rispetto
all’intervento
sul
singolo
bambino.
Difficoltà
come
quella
della
gestione
dell’aggressività all’interno del gruppo, del riproporsi di dinamiche o tematiche in
modo circolare, senza apparente capacità del gruppo di trovare una soluzione,
momenti di ritiro o ansia di uno dei componenti, e così via, soprattutto in gruppi di
soggetti in età evolutiva, richiedono spesso ai terapeuti interventi attivi e flessibili.
Nel lavoro con i bambini dei gruppi di Arte Terapia è di grande importanza impostare
correttamente il rapporto con i loro genitori. Come per altri interventi psicoterapeutici
centrati sul bambino è fondamentale creare, per quanto possibile, una buona
alleanza con i genitori. Un primo motivo, solo apparentemente banale, è che la
presenza di ognuno nel gruppo è condizionata dalla disponibilità del genitore ad
accompagnarlo, rispettando spazi e tempi. Il rapporto di collaborazione va quindi
stabilito sulla base di informazioni e chiarimenti che permettano di comprendere
l’importanza del rispetto del contratto terapeutico.
Vi sono poi altre motivazioni, riguardanti più da vicino la sfera emozionale, che
rendono significativo ed importante incontrare anche i genitori. Questi ultimi, infatti,
possono sentirsi esclusi e provare ansie, gelosie, invidie, sentimenti che, se non
contenuti, facilmente vengono trasferiti al bambino, a volte in forma di attacco e
svalutazione verso ciò che nel gruppo viene realizzato, se non portare ad una vera e
propria interruzione del rapporto.
Il nostro lavoro prevede quindi incontri con i genitori in momenti precisi della
organizzazione e poi dello svolgimento- conclusione del gruppo. In primo luogo
l’intervento viene presentato ai genitori dal curante del bambino, con cui in
precedenza si sono valutate la possibilità e l’utilità della proposta. In tale incontro è
importante che venga fatto comprendere il significato terapeutico dell’intervento,
spesso e facilmente frainteso nei termini di scuola o laboratorio di pittura.
In seguito è previsto da parte nostra un incontro di presentazione e conoscenza con i
genitori ed il bambino. In tale occasione vengono illustrati gli aspetti concreti del
lavoro (spazi e materiale a disposizione, tempi previsti, regole, ecc.) e gli obiettivi
terapeutici, lasciando ampio spazio alle richieste di chiarimenti che vengono portate.
Viene inoltre esplicitata ai genitori la disponibilità ad incontrarli nel periodo di
svolgimento del gruppo, nel caso fosse da loro richiesto. Riferendoci alla nostra
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esperienza,
questo
spazio
messo
a
disposizione
è
stato
utilizzato,
non
frequentemente, ma in modo significativo, per contenere le preoccupazioni di genitori
molto ansiosi o per recuperare il rapporto di alleanza con genitori distruttivi ed
attaccanti.
Infine è previsto un incontro con i soli genitori dopo la conclusione del gruppo, in cui
viene dato un rimando rispetto al significato del lavoro fatto, valorizzando quello che
il bambino ha realizzato. Vengono presentati anche i lavori del bambino,
sottolineando gli aspetti positivi, non tanto legati alle capacità tecniche o artistiche,
quanto alle potenzialità evolutive e di crescita che si possono leggere nei singoli
lavori e nel percorso complessivo fatto. Questo è un momento importante del nostro
intervento terapeutico, rappresentando la possibilità di sostenere nel genitore la
capacità di cogliere e valorizzare gli aspetti positivi del proprio bambino, di accettare
la sua differenziazione a scapito degli aspetti simbiotici del legame, di guardare con
più fiducia alla sua crescita ed alla sua evoluzione.
E’ comunque importante ai fini terapeutici mantenere il contratto di alleanza con i
bambini, informandoli degli incontri con i genitori e rispettando le loro eventuali
richieste, come per esempio di non mostrare loro alcuni lavori eseguiti in seduta e
considerati personali.
Come esempio della nostra modalità di lavoro raccontiamo il percorso terapeutico di
una nostra paziente nel gruppo di Arte Terapia.
Marta
Marta viene inviata da una collega subito dopo la valutazione psicodiagnostica. La
bambina, 8 anni, era giunta al Servizio per manifestazioni ansiose in ambito
domestico; la situazione in ambito extrafamiliare era riferita buona. Al momento della
consultazione il nucleo familiare era composto solo dalla madre, seguita da tempo
dal Servizio di Igiene Mentale, e da Marta ed i contatti con il resto della famiglia
erano molto sporadici e conflittuali. Dai racconti della madre si evinceva un quadro di
isolamento sociale del nucleo e di povertà di esperienze di Marta, legato anche alla
difficoltà della signora di riconoscere i bisogni di conoscenza, sperimentazione e
socializzazione della bambina.
La valutazione psicodiagnostica di Marta aveva dimostrato una buona dotazione
cognitiva ed emotiva, ma importanti difficoltà di separazione dalla figura materna,
con il rischio di una evoluzione a tipo “falso sé”, con un rigido iperadattamento alle
richieste esterne. L’inserimento nel gruppo di Arte Terapia appariva utile per questa
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bambina soprattutto come intervento di supporto all’Io, come spazio in cui esprimere
idee e sentimenti personali, di sperimentare relazioni paritarie e la condivisione di
situazioni in cui esprimersi creativamente.
Il gruppo in cui è stata inserita é costituito da 6 bambini, di età compresa fra gli 8 ed i
10 anni, 4 maschi e 2 femmine (compresa Marta). Uno dei bambini si è inserito nel
gruppo alla terza seduta, l’altra bambina alla quarta. Le problematiche di tutti i
bambini erano prevalentemente di carattere emotivo, a parte uno G., in cui il disagio
partiva da un quadro di immaturità e di difficoltà di apprendimento.
Marta ha partecipato alle sedute con una buona costanza, sempre accompagnata
dalla madre con cui era evidente una costante ricerca del contatto corporeo, che si
intensificava nei momenti chiaramente ansiogeni, soprattutto per la mamma, di
separazione e di reincontro. Mettere e togliere cappotto e cappello facevano pensare
ad un rituale, la mamma ad agire l’accudimento di una Marta totalmente passiva.
Marta arriva alla prima seduta con un atteggiamento fortemente inibito, appare
timorosa di esprimersi nel gruppo, tanto che la sua voce si percepisce appena al
momento della presentazione, le risposte sono telegrafiche ed è necessario molto
tempo per trovare il coraggio di esprimerle; anche mimicamente e motoriamente
appare legata. La scelta della tecnica rivela però in qualche modo la sua vitalità:
decide di sperimentare i colori a tempera, che prima non aveva mai usato, anche se
l’inibizione frena sia l’ideazione che l’esecuzione del lavoro.
Nelle sedute successive sceglie materiali più conosciuti e rassicuranti, come matite e
pennarelli, riuscendo a produrre con più libertà. I lavori sono accurati e ricchi di
particolari, anche se poveri di contenuti: sono rappresentazioni di scene di gite al
mare o in campagna, in paesi quasi fiabeschi, che colpiscono per il carattere
fortemente visivo, come scene osservate dall’esterno e poco vissute. A fronte della
grande ricchezza di particolari Marta stessa riferisce di non essere mai stata al mare,
né di essersi ispirata a paesi reali per le sue rappresentazioni.
Molto evocativo appare a questo proposito uno dei disegni di questo periodo, che
rappresenta un gruppo di bambine nella palestra della scuola. Nella parte superiore
del foglio, da una vetrata fa capolino una bambina, disegnata con particolare cura,
attenta ad osservare la scena di lezione di pallacanestro che si svolge al di sotto.
Marta, che racconta di non aver mai giocato a pallacanestro, sorride quando la
terapeuta commenta che la bambina dalla vetrata le assomiglia un po’.
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In queste prime sedute il gruppo è connotato da movimenti di conoscenza reciproca
e di esplorazione dei materiali e delle tecniche, fortemente connotati da ansie
prestazionali e relative all’accettazione delle terapeute e degli altri bambini della
produzione di ciascuno.
Tra i bambini uno, che è arrivato al Servizio di NPI in seguito a ripetute esperienze
traumatiche, sembra reagire a questo momento ansiogeno rifugiandosi nel lavoro,
con la produzione di una grande quantità di lavori, inizialmente usando tecniche
conosciute e familiari (matite colorate, pennarelli), gradualmente anche tecniche
nuove, ma resistendo alle richieste di verbalizzazione al di fuori del momento finale
della storia, come estremamente angosciato da ciò che esula dal lavoro concreto.
Anche le proposte e le attenzioni delle terapeute apparivano al momento
inaccettabili, quasi pericolose.
Gli altri tre bambini, F., N., e G. appaiono invece fortemente angosciati dall’esporsi
con il proprio lavoro, le loro produzioni sono scarse e poco organizzate e nascono da
processi molto sofferti. N. cerca di proporsi con le sue conoscenze scolastiche e con
semplici lavori (schemi di suddivisione dei colori, campo di calcio con giocatori in
miniatura), in cui coinvolgere gli altri bambini, propone alle terapeute regali di
cartoncino.
G., il bambino con difficoltà evolutive, affronta l’ansia prestazionale, particolarmente
conosciuta da lui, vista la storia di frustrazione scolastica, ricercando il supporto degli
altri, attraverso il suo coinvolgersi in modo sintono a discorsi e lavori in tema con
quelli degli altri bambini, con una grossa difficoltà a mantenere la sua identità e la
tendenza a ricorrere anche a racconti chiaramente inventati, pur di avere qualche
cosa da dire in ogni discussione e di suscitare ammirazione negli altri bambini.
P., ultima componente del gruppo ad essere stata inserita, sembra porre gli aspetti di
ansia legati alla nuova esperienza totalmente sull’aspetto della relazione con gli altri
bambini, utilizzando aspetti di identificazione con le terapeute che le permettono di
iniziare subito ad utilizzare il lavoro per esprimersi.
Particolarmente in difficoltà appare F., che, nonostante un’ottima capacità ideativa
ed esecutiva, entra fortemente in ansia di fronte al foglio, non riuscendo neppure a
trovare sollievo dall’uso dei materiali più controllabili e dall’esecuzione di disegni
abituali. Per venire incontro alle difficoltà del bambino decidiamo di utilizzare la
tecnica della “terza mano” (E. Kramer, 1971) utilizzando disegni costituiti da vari
elementi, (il mare, una battaglia, il circo, ecc.), scelti da F., in cui l’esecuzione dei vari
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elementi è in parte di F., in parte della terapeuta. F. risponde molto velocemente a
quest’aiuto, recuperando in poche sedute sia l’autonomia ideativa, che esecutiva.
E’ un momento di grand’attenzione reciproca dei bambini. Anche N. e G. richiedono
il nostro intervento a disegnare con loro; tenendo conto dei diversi bisogni individuali
rispondiamo a queste richieste, con risultati diversi per N., che vive questi momenti
soprattutto per il significato emotivo dello spazio d’attenzione privilegiata e non ne
trae un reale aiuto per la produzione artistica e per G., che invece utilizza il sostegno
della terapeuta per organizzare la sua espressione artistica (costruendo uno sfondo
in cui collocare draghi di diversa fattezza fatti da lui, da noi e dagli altri bambini),
arrivando ad esprimersi con entusiasmo per la scoperta di essere capace di fare.
Tuttavia, contrariamente a F., G. non riesce a fare realmente suo il modello di
ideazione ed organizzazione, per cui i lavori successivi, senza guida esterna, restano
sul piano della riproduzione dello stesso schema di lavoro, senza evoluzione.
In questo periodo di lavoro del gruppo il nostro intervento per Marta è stato quello
dell’attivo mantenimento del suo spazio, sia nella nostra attenzione, sottoposte a
richieste pressanti dagli altri bambini del gruppo, che negli spazi di attività e di
verbalizzazione. Il lavoro con Marta si svolge anche su un piano educativo: la
bambina inizialmente richiede attivamente soprattutto l’aiuto nella preparazione del
materiale e l’accompagnamento ai servizi, che per il primo periodo le accordiamo,
con un graduale ritiro, senza abbandonarla, ma permettendole di sperimentare la
possibilità di fare da sola.
Ripensando ai primi mesi di lavoro con Marta ci ritroviamo a pensare ad un lavoro
fatto in gran parte da rimandi a distanza, spesso non verbali, e dallo sforzo di non
intervenire proponendo o stimolando in modo diretto, per rispettare i suoi tempi ed
aiutare il gruppo a fare altrettanto.
Il carattere di osservatrice di Marta, espresso nei primi disegni si fa gradualmente
chiaro nel gruppo, anche per il ridursi dell’inibizione. Il livello di attenzione a quanto
avviene intorno a lei ed a quanto espresso dagli altri bambini è sempre alto e
gradualmente anche nei disegni si fanno presenti tematiche ispirate dai disegni degli
altri bambini. Marta non riproduce mai i contenuti di lavori di altri, ma arricchisce le
sue produzioni con i diversi spunti, elaborandoli in modo personale.
Nel corso delle sedute inizia a farsi particolarmente forte l’interesse di Marta per
l’altra bambina del gruppo, P., che è giunta al Servizio di NPI per difficoltà emotive
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reattive a problematiche familiari ed a una patologia internista che implica frequenti
controlli e cicli terapeutici.
P. è una bambina che in questa fase centrale del lavoro del gruppo appare ben
inserita ed in grado di lavorare con serenità e buona sicurezza. La scelta di P. da
parte di Marta appare motivata quindi non solo dal fatto che è l’unica bambina a
parte lei, ma anche dalle buone capacità di P., dalla sua sicurezza di bambina un po’
più grande, forse dalla percezione della possibilità che l’amicizia con lei possa
essere un aiuto a crescere.
Marta da un interesse ed un’attenzione per i lavori di P. passa al desiderio di
condividere con la bambina i momenti di disegno e di lavoro con la creta, a volte
penalizzando i suoi tempi. I lavori sono individuali, solo per brevi momenti sembra
passare l’intenzione di fare un lavoro uguale, ma l’ispirazione relativa alla tecnica ed
anche al modo di utilizzare i materiali appare molto forte per Marta e da parte di P.
c’è una buona capacità di accogliere la coetanea, senza fastidio, né collusione in
una relazione con valenze simbiotiche.
La nostra scelta, fatte queste valutazioni, è quella di non intervenire nell’evolversi
della relazione, ma di osservarla da vicino.
Particolarmente significativa appare in questo periodo la condivisione di Marta degli
intensi aspetti libidici anali che P., bambina peraltro estremamente controllata e con
aspetti ossessivi, riesce ad esprimere nell’uso di alcuni materiali (creta, colori a
tempera), in cui appare chiaramente l’interesse di P. per il pasticciare e lo sporcarsi.
In un’occasione tale interesse viene anche direttamente verbalizzato da P. a Marta,
con l’invito a fare anche lei altrettanto.
A nostro avviso all’interno del rapporto privilegiato con P., questi aspetti sono stati
per Marta un significativo aiuto a lasciarsi andare ed a sperimentare ed hanno
contribuito alla riduzione dell’inibizione.
All’interno del gruppo questo è un periodo di grande disponibilità al lavoro e di
interesse di ciascuno per le proprie produzioni. I contenuti dei disegni diventano
meno angoscianti, ma è gradualmente più difficile la proposta della storia al
momento della verbalizzazione, sia per la difficoltà di ciascuno a rispettare lo spazio
di esposizione degli altri, che per l’apparente impossibilità di uscire dal proprio lavoro
per fare la storia.
In seguito alle riflessioni effettuate in supervisione decidiamo di andare incontro al
bisogno di ciascuno di esprimere anche verbalmente contenuti della propria
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produzione, destinando il momento della verbalizzazione al dare il titolo del proprio
disegno ed a fare associazioni su questo e di sostenere l’identità del gruppo offrendo
due spunti: l’introduzione della tecnica del collage con ritagli di immagini evocative
tratte da riviste e l’istituzione di uno spazio in cui i bambini possano lasciare idee e
regali per il gruppo e noi inseriamo settimanalmente le storie o i titoli dei lavori.
Il collage, che è stato effettivamente di grande impulso per il gruppo, sia per le
relazioni reciproche, vista la necessità di continue interazioni e compromessi per la
divisione dei ritagli, sia per lo spazio offerto ai bambini per l’elaborazione di aspetti di
avidità, fino allora espressi dalla quantità di colore preso e poi non utilizzato.
Per Marta il lavoro di collage ha rappresentato un momento importante del percorso.
In primo luogo gli spunti dati dalle figure dei ritagli sono stati ben integrati dalla
bambina con la parte di disegno personale, in cui si fa strada in modo sempre più
forte la tecnica del gessetto. Esse fungono quindi non da sostituto, ma da stimolo
per temi e produzioni più varie e ricche. Per esempio: la piccola immagine in
lontananza di una mandria di cammelli ha permesso a Marta di realizzare un
paesaggio di deserto molto suggestivo, con caratteri quasi onirici. Coinvolta dalle
potenzialità di questa tecnica Marta si svincola dal punto di vista del lavoro da P.,
diventa più autonoma ed anche più visibile e presente per gli altri bambini del
gruppo, che dimostrano attenzione ed interesse per i suoi lavori. Lei stessa sembra
percepirsi maggiormente come parte del gruppo; in una situazione in cui al momento
della verbalizzazione N. lamenta il fatto che gli altri non lo stanno ad ascoltare, Marta
esclama con decisione:
- Io ti ascolto!
Anche rispetto a P. il rapporto sul piano del lavoro evolve verso una situazione
paritaria grazie alle capacità via via emerse in Marta. Già dal momento dell’ideazione
del lavoro lo spazio del foglio è organizzato in modo completo ed armonioso, il clima
della scena rappresentata appare molto più vitale rispetto al primo periodo, si fa
strada un interesse ed una ricerca della prospettiva che sembrano esprimere
suggestivamente un diverso coinvolgimento rispetto alla scena rappresentata.
La situazione di interesse reciproco muove le due bambine a chiedere nell’ultima
seduta di poter fare un disegno insieme. Considerato il momento per il gruppo e la
situazione delle due bambine, ci siamo sentite di permettere questa condivisione del
lavoro, che abitualmente evitiamo. Questo lavoro a quattro mani si svolge in un clima
estremamente vivace, fatto di accordi e disaccordi mediati fino ad una soluzione
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accettabile per entrambe, con la capacità di ciascuna di cogliere i suggerimenti
dell’altra. Marta e P. rappresentano un paesaggio colorato con i gessetti, gradevole
ed armonioso, alla fine firmato da ambedue e mostrato agli altri con gran
soddisfazione.
All’interno di un percorso di gruppo globalmente positivo, l’evoluzione dimostrata da
Marta ci ha particolarmente colpito sulla base delle riflessioni mosse dalla situazione
di disegno in coppia con P. dell’ultima seduta.
Lo spazio del gruppo sembra, infatti, aver offerto a Marta non solo uno spazio
personale di espressione e creatività ed un’esperienza positiva e di sostegno alla
sua autostima ed alle funzioni dell’Io, ma anche un contesto di elaborazione di
aspetti più profondi, connessi alle sue gravi difficoltà di separazione. Dalla
dipendenza iniziale dalle terapeute e poi da P., nell’ultimo periodo del gruppo Marta
è potuta arrivare ad un’autonomia ideativa ed esecutiva, ad una sua apertura verso
tematiche e modalità nuove, della cui autenticità ci pare significativo quest’ultimo
momento di lavoro con P., in cui anche nella totale condivisione dei materiali e della
rappresentazione, il rispetto degli spazi individuali si è mantenuto per tutto il lavoro
ed anche nella presentazione al gruppo. Nelle ultime sedute anche i rapporti con gli
altri componenti del gruppo sono apparsi decisamente più diretti e liberi: Marta ha
potuto prendere posizione in situazioni dibattute, mantenendo autonomamente
quello spazio che toccava a noi tenere nel primo periodo del gruppo.
Sicuramente il lavoro con Marta dovrà continuare in altra sede (noi pensiamo a
questo punto ad uno spazio individuale), perché il percorso che il contesto del
gruppo ha permesso possa rientrare nel più ampio contesto della vita di Marta;
anche la madre, che nel colloquio conclusivo lamenta segnali di minore passività di
Marta, da lei vissuti come una ribellione della bambina contro di lei, dovrà essere
aiutata almeno a non ostacolare i movimenti della figlia verso un più sano livello di
separazione. A conclusione di questi sei mesi di lavoro di arteterapia noi ci sentiamo
tuttavia fiduciose nelle capacità evolutive di questa bambina e raccogliamo con
piacere la comunicazione della mamma circa la decisione di mandare per la prima
volta Marta in colonia, avendo finalmente raggiunto lei la consapevolezza
dell’importanza di questa esperienza per la bambina e Marta della possibilità di
allontanarsi dalla mamma per un paio di settimane.
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