Acquisizione mediante lettura e regole sovranazionali di valutazione

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Acquisizione mediante lettura e regole sovranazionali di valutazione
Processo penale e giustizia n. 4 | 2015
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ATTILIO MARI
Magistrato – Tribunale di Roma
Acquisizione mediante lettura e regole sovranazionali
di valutazione delle dichiarazioni ormai irripetibili
Acquisition by reading and rules of proof imposed
by the case law of the Echr
Una pronuncia della seconda sezione della Corte suprema ritorna sulla tematica delle regole di valutazione della
prova assunta in assenza di contraddittorio, alla luce dell’evoluzione della giurisprudenza europea e in particolare
riferimento al (dedotto) overruling contenuto nella pronuncia della Grande Camera nel caso Tahany-Al Khawaja c.
Gran Bretagna. Nel commentare la sentenza, l’Autore ripercorre le tappe più significative dell’evoluzione dottrinale
e giurisprudenziale in materia. Conclude infine con l’affermazione, opportunamente argomentata, che la pronuncia
della Grande Camera abbia apportato un mutamento più apparente che reale nell’ormai consolidato assetto interpretativo.
A ruling in the second section of supreme Court returns to the theme of evaluation rules of evidence taken in the
absence of an adversarial process, in the light of the evolution of European law and in particular reference to the
(inferred) overruling in the Grand Chambre (c.Tahany-Al-Khawaja c. Uk). Commenting on the judgment, the author
traces the most significant stages of the evolution of doctrine and jurisprudence on the subject. Concludes with
the statement, properly argued, that the Court’s Grand Chamber has made a change more apparent than real in
the now consolidated structure interpretation.
LETTURE DIBATTIMENTALI E CONTRADDITTORIO PER LA PROVA
La sentenza in commento offre l’occasione per una rinnovata riflessione sui nodi interpretativi derivanti dalla formulazione dell’art. 512 c.p.p.: tra questi, il tema – specificamente preso in esame dalla pronuncia – circa gli spazi di compatibilità delle disposizioni processuali con i principi del giusto processo
convenzionale, con particolare riguardo all’acquisizione dibattimentale mediante lettura (su richiesta di
parte) di dichiarazioni raccolte in fase di indagine, nel caso in cui, “per fatti o circostanze imprevedibili”, ne sia divenuta impossibile la ripetizione 1.
Lo strumento acquisitivo della lettura si pone in deroga al principio di separazione delle fasi processuali e, conseguentemente, al postulato relativo all’inutilizzabilità “fisiologica” degli atti assunti nel
corso delle indagini preliminari, consentendo l’ingresso nel materiale probatorio valutabile in sede di
decisione anche di atti formatosi al di fuori del contraddittorio delle parti.
Volendo operare una sintesi del risalente dibattito dottrinale, va giusto ricordato che – già in sede di
originaria formulazione – il testo normativo non era andato esente da critiche, in particolare per il riferimento, nella delimitazione dei presupposti di applicazione, a clausole flessibili e suscettibili di ampliare eccessivamente la potenziale area di operatività di una disposizione che, per la sua natura ecce1
Il testo originario della disposizione prevedeva tale possibilità solo riguardo agli atti assunti dal pubblico ministero e dal
giudice, nel corso dell’udienza preliminare; successivamente, per effetto dell’art. 8 del d.l. 8 giugno 1992, n. 306 (convertito nella
l. 7 agosto 1992, n. 356), questa è stata estesa agli atti assunti dalla polizia giudiziaria e, per effetto dell’art. 18 della l. 7 dicembre
2000, n. 397, anche agli atti assunti dai difensori delle parti private.
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zionale, non è, in astratto, suscettibile di applicazioni analogiche 2.
Peraltro, i profili sistematici erano stati chiariti da alcune rilevanti decisioni della Corte costituzionale, ed in particolare della sentenza n. 255/1992 3 che, nel fare riferimento alle varie disposizioni che consentivano l’acquisizione al fascicolo del dibattimento di atti non assunti in contraddittorio, tra cui l’art.
512 c.p.p., aveva espressamente rilevato che quello dell’oralità non assurge al rango di principio inderogabile, ma di solo “criterio-guida”, cui è consentito derogare in tutti i casi in cui possa attribuirsi valenza prevalente all’esigenza di “non dispersione” dei mezzi di prova.
L’orientamento della Consulta aveva anticipato la novella del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, che estese la
possibilità di acquisire atti connotati dalla non ripetibilità anche a quelli assunti dalla polizia giudiziaria
con una modifica che – se era stata ritenuta da alcuni commentatori come necessaria al fine di evitare
una dichiarazione di incostituzionalità della norma, proprio alla luce della giurisprudenza citata 4 – era
stata oggetto di vivaci critiche da parte di altri autori, in quanto ritenuta manifestamente incoerente rispetto all’impostazione originaria del codice del 1988 5.
Peraltro, il riequilibrio tra il principio del contraddittorio e l’esigenza di non dispersione delle fonti
di prova si è evidentemente imposto alla luce della riforma costituzionale intervenuta con la l. cost. 23
novembre 1999, n. 2, che, nel riscrivere l’art. 111 della Carta fondamentale, al comma 5 ha espressamente sancito il carattere derogatorio delle disposizioni che prevedono la formazione della prova al di fuori
del contraddittorio tra le parti, consentendola, tra gli altri casi, solo in presenza di una “impossibilità di
natura oggettiva”. Tale ultima locuzione è stata allora interpretata come attributiva di una valenza costituzionale – speculare a quella del contraddittorio – al principio di non dispersione, necessariamente
residuale, 6.
Ne consegue comunque che, pur non avendo la l. 1 marzo 2001, n. 63, attuativa della riforma costituzionale, apportato alcuna modifica testuale all’art. 512 c.p.p., l’aspetto dell’ambito di estensione della
deroga al principio del contraddittorio non può che essere valutato alla luce del nuovo testo dell’art.
111 della Carta fondamentale; ciò comporta che la nozione di “impossibilità” deve essere parametrata
su elementi di carattere oggettivo, considerazione in base alla quale – già in radice – deve ritenersi
esclusa l’applicazione della disposizione ai casi in cui l’impossibilità di ripetizione sia invece ancorata a
un’opzione soggettiva del dichiarante, anche se sostenuta dall’esercizio di uno specifico diritto riconosciuto dall’ordinamento 7.
Ulteriormente, le regole di acquisizione imposte dal comma 5 del nuovo art. 111 Cost. vanno lette in
diretta correlazione con la regola di valutazione imposta dal comma 4, in base al quale la colpevolezza
dell’imputato non può essere “provata” sulla base di dichiarazioni di soggetto che si sia volontariamente sottratto all’esame da parte dell’imputato stesso o del suo difensore, disposizione riportata – in modo
pressoché pedissequo – nel comma 1-bis dell’art. 526 c.p.p., introdotto dalla l. n. 63/2001.
2
Tra i critici dell’originaria formulazione, M. Nobili, sub art. 512 c.p.p., in M. Chiavario (coordinato da), Commento al nuovo
codice di procedura penale, V, Torino, 1992, p. 435; P. Ferrua, Studi sul processo penale, Torino, 1990, p. 95.
3
Corte cost., sent. 3 giugno 1992, n. 255, in Giur. it., 1993, I, 1, p. 1858, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’originario testo dei commi 3 e 4 dell’art. 500 c.p.p., nella parte in cui non prevedevano l’acquisizione al fascicolo del dibattimento
delle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria e utilizzate per le contestazioni; ma si veda anche Corte cost., sent. 31 gennaio
1992, n. 24, in Cass. pen., 1992, p. 2022, relativa all’illegittimità dell’art. 195, comma 4, c.p.p., già contenente il divieto di testimonianza indiretta da parte degli appartenenti alla polizia giudiziaria (e che già aveva enunciato il criterio della “non dispersione”
dei mezzi di prova); d’altra parte, la sentenza n. 255 del 1992 è stata depositata lo stesso giorno di Corte cost., sent. 3 giugno
1992, n.254, in Giur. it., 1993, I, p. 533, che aveva dichiarato illegittimo il vigente testo dell’art. 513, comma 2, c.p.p., nella parte in
cui non prevedeva la lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dagli imputati in procedimento connesso che si fossero avvalsi
della facoltà di non rispondere.
4
Tra gli altri, F. Peroni, La testimonianza indiretta della polizia giudiziaria al vaglio della Corte costituzionale, in Riv. it. dir. proc.
pen., 1992, p. 696.
5
Ad esempio, G. Frigo, La formazione della prova nel dibattimento dal modello originario al modello riformato, in Giur. it., 1993, IV,
p. 328.
6
In questo senso, specificamente, M. Daniele, Principi costituzionali italiani e ingerenze europee in tema di prova dichiarativa, in
Riv. it. dir. proc. pen., 2011, p. 1010; in via generale, sulla valenza della riforma costituzionale nell’interpretazione dell’art. 512
c.p.p., M. Chiavario, L. 1 marzo 2001, n. 63 – Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di formazione e valutazione della prova in attuazione della legge costituzionale di riforma dell’articolo 111 della Costituzione, in Legislazione pen., 2002, p. 144;
G. Garuti, Il giudizio ordinario, in AA. VV., Procedura penale, Torino, 2012, p. 605.
7
Cass., sez. VI, 8 gennaio 2003, n. 8384, in CED Cass., n. 223731; Cass., sez. I, 23 ottobre 2014, n. 46010, ivi, n. 261265.
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GLI ATTI SUSCETTIBILI DI LETTURA PER SOPRAVVENUTA IMPOSSIBILITÀ DI RIPETIZIONE
Su queste premesse occorre individuare la tipologia di atti suscettibili di lettura in fase dibattimentale,
rilevando che l’articolo 512 c.p.p., a differenza del successivo, espressamente applicabile alle sole dichiarazioni, fa generico riferimento agli “atti assunti” dalla polizia giudiziaria e dalle parti processuali.
Sul punto, di particolare rilevanza è una pronuncia della Corte costituzionale 8 che, nel rilevare la
manifesta infondatezza della questione di legittimità del combinato degli artt. 500, 503 e 512 c.p.p., ha
ritenuto che l’art. 512 c.p.p. debba trovare applicazione anche per gli atti semplicemente “ricevuti” dalla
polizia giudiziaria e, in particolare, per la denuncia-querela 9.
Va altresì rilevato che proprio l’inclusione della polizia giudiziaria tra i soggetti destinatari degli atti
suscettibili di lettura ha determinato un evidente ampliamento dell’area potenziale di applicazione della norma, pure nella necessità (come detto, resa più stringente dall’approvazione della riforma costituzionale) di valutare con particolare rigore i presupposti della non ripetibilità.
Tra gli arresti giurisprudenziali più interessanti in questo senso possono citarsi quelli relativi
all’acquisibilità della relazione di servizio, qualora per circostanze sopravvenute e imprevedibili sia divenuta impossibile l’escussione del verbalizzante 10 e dell’informativa contenente la notizia di reato
qualora sia divenuta impossibile l’escussione del soggetto che abbia reso dichiarazioni accusatorie ivi
verbalizzate 11.
Pur nella carenza di univoci elementi testuali, deve ritenersi che un presupposto per la lettura della
dichiarazione sia la sua formalizzazione in un verbale, anche in considerazione del disposto dell’art.
515 c.p.p., che consente l’allegazione al fascicolo del dibattimento dei soli “verbali” di cui si sia data lettura 12.
LA SOPRAVVENUTA IMPOSSIBILITÀ DI RIPETIZIONE
Dal dato letterale dell’art. 512 c.p.p. si desume quindi che i presupposti specifici necessari per consentire la lettura sono due e sono costituiti dalla sopravvenuta impossibilità di ripetizione 13 e dall’imprevedibilità dell’evento che ne sta all’origine.
In ordine al primo, l’impossibilità, oltre che sopravvenuta, deve essere assoluta e non meramente relativa, con conseguente illegittimità di un’interpretazione tale da consentire la lettura anche nei casi di
mera difficoltà di ripetizione.
Tale soluzione si era già prospettata a seguito dell’entrata in vigore del nuovo codice di rito, avendo
la giurisprudenza di legittimità sottolineato che l’applicazione della disposizione ai casi di sola “difficoltà” nella ripetizione dell’atto si sarebbe risolta in una, non tollerabile, applicazione analogica di una
norma di carattere derogatorio 14.
La validità dell’assunto è stata rafforzata dalla riforma dell’art. 111 Cost. che, nel chiaro riferimento
8
Corte cost., sent. 12 aprile 1996, n. 114, in Giur. cost., 1996, p. 991.
9
Del tutto conforme è la successiva giurisprudenza di legittimità, tra cui Cass., sez. VI, 14 aprile 2003, n. 23807, in CED Cass.,
n. 226084; Cass., sez. II, 4 dicembre 2013, n. 51416, ivi, n. 258064; meno uniforme è la lettura dottrinale sul punto, in particolare
in base al tenore letterale della previsione dell’art. 511, comma 4, c.p.p., che – secondo alcune interpretazioni – limiterebbe comunque l’utilizzazione dell’atto di querela ai soli fini della valutazione di sussistenza della condizione di procedibilità (G. Garuti, Utilizzabilità delle dichiarazioni orali di querela, in Riv. it. dir. proc. pen., 1996, p. 864).
10
Cass., sez. VI, 11 maggio 2004, n. 32505, in CED Cass., n. 229155.
11
Cass., sez. VI, 6 novembre 2008, n. 44970, in CED Cass., n. 241905.
12
In tale senso, M. Chiavario, La riforma del processo penale, Torino, 1990, p. 21; C. Cesari, sub art. 512 c.p.p,., in G. Conso-G. Illuminati (diretto da), Commentario breve al codice di procedura penale, Padova, 2015, p. 2321; non mancano peraltro opinioni di segno contrario, basate sul dato testuale e anche sulla mancata prevedibilità della necessaria verbalizzazione di tali atti (M. Nobili,
sub art. 512 c.p.p., cit., p. 435; A. Nappi, Documentazione degli atti processuali, in Dig. pen, IV, p. 169).
13
Da cui, ulteriormente, deve essere distinta quella determinata dalla congenita natura irripetibile dell’atto, che ne legittima
l’inserimento nel fascicolo dibattimentale, ai sensi dell’art. 431, comma 1, lett. b) e c), c.p.p.
14
In questo senso già Cass., sez. VI, 20 settembre 1993, n. 10955, in CED Cass., n. 196591; Cass., sez. I, 14 ottobre 1999, n.
13765, ivi, n. 215173; solo apparentemente difforme è Cass., sez. II, 15 maggio 1996, n. 5494, ivi, n. 205279, dalla cui massima deve invece unicamente evincersi che il carattere dell’assolutezza deve comunque costituire oggetto della necessaria valutazione
da parte del giudice.
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alla natura “oggettiva” dell’impossibilità, esclude che la lettura dell’atto possa essere legittimata sulla
base di una scelta volontaria del dichiarante 15 o, comunque, di una situazione di fatto non riscontrabile
sulla base di univoci elementi esterni.
In questa prospettiva, uno dei punti di maggiore complessità attiene alla nozione di volontarietà della sottrazione all’esame, in relazione a cui la giurisprudenza di legittimità ha elaborato uno specifico
corpus di principi: deve così escludersi la volontarietà in tutti i casi in cui vi siano precisi elementi esterni tali da desumere una coartazione della libera scelta del dichiarante 16 o, comunque, la sussistenza di
elementi tali da provare una situazione di violenza fisica o psichica esercitata sulla fonte testimoniale 17.
Ulteriore corollario della valenza assoluta dell’impossibilità della ripetizione è che la lettura dell’atto
è consentita solo dopo che il giudice abbia verificato, senza esito positivo, la possibilità di applicare altri
istituti processuali finalizzati comunque a garantire il previo contraddittorio nell’acquisizione della
prova, quali l’esame a domicilio o la rogatoria internazionale 18.
L’IMPREVEDIBILITÀ DELLE SOPRAVVENIENZE
Quanto al secondo presupposto, ossia l’imprevedibilità di ciò che determina l’impossibilità di ripetizione, l’apprezzamento in concreto è affidato ad una prognosi postuma, da compiersi sulla base delle circostanze di fatto sussistenti al momento dell’assunzione originaria dell’atto, e a un giudizio probabilistico ancorato a plausibili ragioni logiche 19, da espletare in modo analitico proprio in considerazione
della deroga apportata al principio di oralità del dibattimento 20.
Da qui si trae che l’impossibilità ragionevolmente pronosticabile al momento dell’assunzione
dell’atto e tale da legittimare la proposizione della richiesta di incidente probatorio non consente il successivo ricorso alla lettura.
La giurisprudenza ha altresì chiarito che l’onere di provare, oltre che l’impossibilità della ripetizione, anche il carattere imprevedibile dell’evento che l’ha determinata spetta alla parte richiedente 21; ed
ha stabilito che la valutazione postuma deve essere condotta sulla base di criteri particolarmente rigorosi – pur se riferiti al preesistente stato di fatto – proprio in modo da evitare che la deroga al principio
dell’oralità si ripercuota in senso favorevole su parti che avrebbero potenzialmente potuto provvedere
(in particolare, attraverso la richiesta di incidente probatorio) ad evitare la dispersione della prova.
Tanto premesso, la nozione di evento “imprevedibile” ha generato una nutrita casistica che ha riguardato anche il caso della morte del dichiarante, ritenuta idonea a consentire la lettura delle dichiarazioni 22 ma solo qualora non sia stata prognosticamente prevedibile sulla base dei suddetti criteri, ele-
15
Di particolare rilievo, sotto questo profilo, è la tematica relativa alla possibilità di dare lettura di dichiarazione rese da parte di prossimi congiunti dell’imputato che, in sede di dibattimento, si siano avvalsi della facoltà di non deporre; sul punto, la
Corte costituzionale (Corte cost., sent.16 maggio 1994, n. 179, in Giur. cost., 1994, p. 1589) aveva ritenuto non fondata la questione di legittimità degli artt. 500, comma 2-bis e 512 nella parte in cui non consentivano la contestazione o la lettura di tali dichiarazioni, ritenendo che l’astensione costituisse un’ipotesi di impossibilità sopravvenuta; dopo l’approvazione della riforma
dell’art. 111 Cost., è stato però ritenuto che tale lettura non sia più compatibile con il quadro costituzionale (Corte cost., sent. 25
ottobre 2000, n. 440, in Cass. pen., 2001, p. 788); conforme a tale ultimo orientamento, Cass., sez. II, 19 gennaio 2004, n. 9588, in
CED Cass., n. 228385, mentre con quest’ultima tematica si intreccia quella relativa all’eventuale possibilità di dare lettura delle
dichiarazioni rese in sede di indagini e riguardanti imputati diversi dal prossimo congiunto (risolta positivamente, tra le altre,
da Cass., sez. VI, 27 maggio 2008, n. 27060, ivi, n. 240977).
16
Cass., sez. un., 25 novembre 2010, n. 27918, in Cass. pen., 2012, p. 858
17
Cass., sez. III, 8 luglio 2004, n. 38682, in Cass. pen., 2005, p. 3815; Cass., sez. II, 6 novembre 2012, n. 46286, in CED Cass., n.
25234.
18
Cass., sez. un., 25 novembre 2010, n. 27918, cit.
19
Tra le molte, Cass., sez. II, 11 novembre 1998, n. 12705, in Giust. pen., 1999, III, p. 342; Cass., sez. IV, 12 novembre, n.
16859/04, in CED. Cass., n. 227900.
20
Cass., sez. II, 10 ottobre 2014, n. 44570, in CED Cass., n. 260862; corollario ai predetti principi è quello per cui la valutazione
del giudice di merito, qualora adeguatamente e logicamente motivata, è insindacabile in sede di legittimità, Cass., sez. IV, 8 novembre 2007, n. 842, ivi, n. 238664.
21
Cass., sez. III, 8 luglio 2004, n. 38682, in CED Cass., n. 230045; Cass., sez. II, 16 giugno 2009, n. 29949, ivi, n. 244669.
22
Cass., sez. III, 27 settembre 2007, n. 40194, in CED Cass., n. 238146; rientra nel potenziale ambito di applicazione della
norma anche il decesso dovuto a suicidio (in relazione al quale è stato rilevato come questo non possa essere valutato alla stre AVANGUARDIE IN GIURISPRUDENZA | ACQUISIZIONE MEDIANTE LETTURA E REGOLE SOVRANAZIONALI DI VALUTAZIONE
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mento – in particolare – da valutare con particolare rigore qualora il dichiarante, al momento dell’assunzione dell’atto, fosse stato affetto da postumi di lesioni personali 23.
Rilevante è anche la casistica per sopravvenute patologie alla sfera psichica del dichiarante; in particolare, sono stati ritenuti idonei a legittimare la lettura eventi quali la sopravvenuta infermità ascrivibile a tale categoria 24, o comunque un ulteriore peggioramento della medesima qualora questo assuma
carattere non prevedibile 25, così come eventi incidenti sulla sfera mnemonica (quali la perdita della
memoria 26 o un blocco di tipo psicologico-emotivo 27).
Peraltro, il tema che ha dato origine alla giurisprudenza più ampia (e, in alcuni casi, contraddittoria)
è stato quello della rilevanza da attribuire allo stato di sopravvenuta irreperibilità del teste non comparso in dibattimento e che abbia già reso dichiarazioni in sede di indagini.
Sul punto, in base alla sentenza dalle Sezioni unite del 28 maggio 2003, n. 36747, Torcasio 28, la sopravvenuta irreperibilità del dichiarante non costituisce, di per sé, elemento rivelatore di una volontà di
sottrarsi all’esame e non determina, ipso facto, l’applicazione della regola di esclusione contenuta nell’art. 526, comma 1-bis, c.p.p.
Ne deriva che è rimessa al giudice di merito, sulla base dei criteri prima riassunti, la valutazione in
ordine alla configurabilità di una oggettiva impossibilità di ripetizione dell’atto e che sono necessari –
fermo restando che non può considerarsi sufficiente, al fine di procedere alla lettura, la mera impossibilità di notificare la citazione testimoniale – tutti gli accertamenti connessi alla peculiare situazione del
soggetto intimato, eventualmente indotti dagli esiti dell’istruzione dibattimentale, con il conseguente
obbligo di dare adeguatamente conto delle valutazioni compiute sulla ragionevole impossibilità di
svolgere ulteriori ed efficaci ricerche del dichiarante 29.
Ed è parimenti necessario che lo stato di irreperibilità del testimone non sia stato ragionevolmente
pronosticabile al momento della sua assunzione in sede di indagini (escludendo quindi, in tale momento, la necessità di procedere a incidente probatorio) 30.
Pur in presenza di principi adeguatamente consolidati, la prassi evidenzia alcune difficoltà applicative, in particolare nei casi in cui i testimoni non appaiano, già in base a elementi di fatto presenti al
momento dell’originaria assunzione, stabilmente presenti in quel territorio.
Sono indicativi, a tale proposito, i non pochi arresti della giurisprudenza di legittimità circa la lettura
di dichiarazioni rese da soggetti di nazionalità extracomunitaria, quando gli stessi risultino privi di
permesso di soggiorno.
In particolare, sul presupposto per cui lo stato di soggetto privo di tale permesso non concretizza, di per
sé, un’ipotesi di impossibilità sopravvenuta di ripetizione 31, la Suprema Corte ha rilevato che tale condizione può legittimare l’applicazione dell’art. 512 c.p.p. solo in presenza di adeguati e univoci elementi di fatto.
Pertanto, si è esclusa la possibilità di dare corso alla lettura in presenza di situazioni tali da denotare
una oggettiva e originaria precarietà del domicilio dichiarato in sede di indagini 32, mentre l’applica-
gua della volontaria sottrazione all’esame di cui all’art. 526, comma 1-bis, c.p.p., Cass., sez. I, 22 novembre 2002, n. 2596, ivi, n.
223252).
23
Cass., sez. I, 23 gennaio 1995, n. 122, in CED Cass., n. 201423.
24
Cass., sez. I, 15 gennaio 2010, n. 19511, in CED Cass., n. 247195.
25
Cass., sez. I, 25 febbraio 2004, n. 24249, in CED Cass., n. 228549.
26
Cass., sez. II, 26 novembre 2010, n. 3315, in CED Cass., n. 248940 (nella specie, si trattava di amnesia di origine traumatica);
sul punto, di particolare rilievo è l’ordinanza della Corte costituzionale (Corte cost., ord. 19 gennaio 1995, n. 20), che ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità del combinato degli artt. 512 e 514 c.p.p., nella parte in cui non prevedevano l’amnesia del teste quale causa di irripetibilità dell’atto, proprio sulla base dell’erroneità del presupposto interpretativo
alla base dell’ordinanza di rimessione).
27
Cass., sez. III, 10 ottobre 2007, n. 40195, in CED Cass., n. 237956.
28
In Cass. pen., 2004, p. 21; in senso conforme al relativo principio di diritto, Cass., sez. II, 18 ottobre 2007, n.43331, in CED
Cass., n. 238198; Cass., sez. II, 20 gennaio 2009, n. 6139, ivi, n. 243285.
29
Cass., sez. II, 27 maggio 2010, n. 22358, in CED Cass., n. 247434; Cass., sez. VI, 6 febbraio 2014, n. 16445, ivi, n. 260155.
30
Cass., sez. VI, 8 gennaio 2003, n. 8384, in CED Cass., n. 223731 (in tale caso, la Corte ha rilevato come l’elemento della volontaria sottrazione del testimone all’esame può essere desunto dal suo comportamento concreto; nel caso di specie, il teste medesimo era stato regolarmente citato e si era successivamente reso irreperibile).
31
Cass., sez. I, 9 ottobre 2002, n. 37119, in CED Cass., n. 222913.
32
Cass., sez. VI, 30 gennaio 2004, n. 14550, in Cass. pen., 2005, p. 2624, relativa al caso di una cittadina extracomunitaria dedi-
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zione dell’art. 512 c.p.p. è stata invece ritenuta ammissibile quando le circostanze di fatto denotino (pur
in assenza del permesso di soggiorno) una adeguata stabilità da parte del dichiarante e non siano tali
da legittimare la previsione in ordine a un successivo mutamento di dimora 33.
I PRINCIPI DEL GIUSTO PROCESSO CONVENZIONALE, ANCHE ALLA LUCE DELLA SENTENZA TAHERYALKHAWAJA DEL 15 DICEMBRE 2011
Delineati i presupposti di applicabilità dell’art. 512 c.p.p. si pone – in via logicamente successiva – la
questione direttamente esaminata dalla sentenza in commento, quella della compatibilità tra le disposizioni ivi contenute e l’art. 6, comma 3, lett. d) della Cedu, nella parte in cui, nell’ambito delle situazioni
soggettive derivanti dal diritto a un processo equo, stabilisce il diritto dell’imputato a “interrogare o a
far interrogare” i testimoni a carico.
In via logica deve premettersi che la problematica relativa alla compatibilità della disposizione codicistica con quella convenzionale non si pone in termini di utilizzabilità della prova non assunta in contraddittorio, ma nella fase (logicamente successiva) dei suoi criteri di valutazione e della sua idoneità a
fondare un giudizio di colpevolezza.
Difatti, l’acquisizione al materiale probatorio astrattamente valutabile di un atto assunto in fase di
indagine e di cui risulti, sulla base dei parametri prima riassunti, il carattere irripetibile per sopravvenute e imprevedibili circostanze, è compatibile con il quadro costituzionale ed, in particolare, con il disposto dell’art. 111, comma 5, nella parte in cui demanda alla legge di stabilire i casi di deroga al principio del contraddittorio a seguito di “accertata impossibilità di natura oggettiva” di assunzione della
prova.
In relazione, invece, alle regole di valutazione, dal complesso delle disposizioni costituzionali non si trae
alcun esplicito principio 34 – la regola del quarto comma dell’art. 111 è applicabile soltanto ai casi in cui il dichiarante si sia “volontariamente” sottratto all’esame –, e pertanto i principi convenzionali – come delineati
dalla Corte di Strasburgo – assumono il rango di parametri interposti di legittimità delle norme interne, sulla base dei principi dettati dalla Corte costituzionale nelle sentenze nn. 348 e 349 del 2007 35.
Sul punto, la Corte europea è spesso intervenuta proprio in specifico riferimento alla disciplina nazionale relativa alle dichiarazioni rese in sede di indagini e utilizzate ai fini di una condanna senza
l’esame in contraddittorio del loro autore, e ha dettato – in modo adeguatamente costante – rigidi principi in punto di valutazione.
Ha anzitutto premesso che il principio del contraddittorio, pure garantito dall’art. 6 della Cedu, non
ha carattere assoluto e può quindi subire delle eccezioni, con la conseguenza che non può ritenersi contraria alle disposizioni convenzionali l’acquisizione di dichiarazioni rese nella fase delle indagini anche
nel caso in cui le stesse non siano ripetute di fronte al giudice 36 e purché all’imputato sia comunque
concessa la facoltà “adeguata e sufficiente” di procedere all’esame in contraddittorio ovvero di contestare il contenuto della deposizione 37.
ta alla prostituzione e che aveva fornito, in sede di indagini, recapiti intrinsecamente “precari”. Peraltro, proprio relativamente a
cittadine extracomunitarie nella medesima situazione di fatto, la Corte è anche giunta a conclusioni diverse, almeno quando le
circostanze fossero tali da denotare adeguatamente un “radicamento” nel territorio (Cass., sez. III, 17 novembre 2009, n. 6636, in
CED Cass., n. 246181; in particolare, Cass., sez. III, 22 aprile 2004, n. 23282, ivi, n. 229424, ha cassato la valutazione del giudice di
merito, che aveva desunto l’imprevedibilità dell’irreperibilità di dichiaranti che erano poi state ospitate da una struttura protetta dalla P.G.).
33
Nella varia casistica giunta all’esame della Suprema Corte, possono citarsi, Cass., sez. I, 23 marzo 2006, n. 16210, in CED Cass., n.
234215 (relativa a soggetti che, pur privi di permesso di soggiorno, lavoravano alle dipendenze dello stesso imputato – in assenza di
regolarizzazione – ed erano stati identificati tramite passaporto); Cass., sez. II, 4 marzo 2009, n. 14850, ivi, n. 244055 (relativa a soggetto
dedito da anni al commercio ambulante e in grado di comprendere la lingua italiana); Cass., sez. I, 19 maggio 2009, n. 32616, ivi, n.
244294 (relativa a soggetto che abbia precedentemente denunciato il reato cercando di contattare la P.G.).
34
M. Daniele, Principi costituzionali e ingerenze europee in tema di prova dichiarativa, in Riv. it. dir. proc. pen., 2011, p. 1008, secondo cui il tema della valutazione della prova dichiarativa è “indifferente” alla Costituzione.
35
Corte cost., sent. 24 ottobre 2007, n. 348, in Cass. pen., 2008, p. 2253; Corte cost., sent. 24 ottobre 2007, n. 349, ivi, p. 2279.
36
Corte e.d.u., 19 febbraio 1991, Isgrò c. Italia; Corte e.d.u., 15 giugno 1992, Ludi c. Svizzera; Corte e.d.u., 18 giugno 2010,
Ogaristi c. Italia, in Cass. pen., 2010, p. 3300.
37
Corte e.d.u., 27 febbraio 2001, Lucà c. Italia; Corte e.d.u. 13 ottobre 2005, Bracci c. Italia, in Cass. pen., 2006, p. 2897.
AVANGUARDIE IN GIURISPRUDENZA | ACQUISIZIONE MEDIANTE LETTURA E REGOLE SOVRANAZIONALI DI VALUTAZIONE
Processo penale e giustizia n. 4 | 2015
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Ha però poi rilevato che, al fine di garantire il rispetto del diritto a un processo equo, è necessario
che la dichiarazione resa dal soggetto “assente”, pur se legittimamente acquisita agli atti sulla base della legge nazionale, non costituisca la ragione “unica” o “determinante” della pronuncia di condanna,
dovendo la stessa necessariamente essere corroborata da ulteriori elementi di prova assunti nel contraddittorio delle parti 38 e ciò anche quando l’esame del testimone sia divenuto impossibile per irreperibilità, morte o infermità del dichiarante 39.
In questo quadro adeguatamente univoco (e specificamente riferito alla legislazione processuale italiana) si è peraltro inserita, come dato atto dalla sentenza in commento, la decisione della Grande Camera del 15 dicembre 2011 40, pronunciata in riferimento a una sentenza emessa dalla Corte (il 19 gennaio 2009) nei confronti della Gran Bretagna, con cui era stata accertata la violazione dell’art. 6, commi 1
e 3, lett. d) della Cedu, a seguito di condanna emessa nei confronti dei due ricorrenti per effetto soltanto
di dichiarazioni rese da soggetti assenti al dibattimento.
In questa pronuncia la Grande Camera ha affermato che la regola dell’inidoneità della dichiarazione
non ripetuta in contraddittorio a costituire la prova “unica o determinante” della colpevolezza dell’imputato non ha carattere assoluto, e che può essere derogata a seguito dell’esistenza di “solide garanzie
procedurali”; apparentemente, quindi, il percorso motivazionale della Corte sembra portare a una conclusione, di segno difforme rispetto alla giurisprudenza consolidata, in base alla quale la dichiarazione
non ripetuta in contraddittorio potrebbe costituire anche la prova unica o determinante della colpevolezza, qualora il complessivo quadro delle facoltà processuali spettanti all’imputato sia comunque idoneo ad assicurare il diritto di difesa.
Tuttavia, al di là di tale, generica, enunciazione contenuta nelle premesse della motivazione, una lettura più attenta induce a ritenere che l’overruling consacrato della pronuncia – e oggetto di incisive critiche da parte di alcuni commentatori 41 – sia stato più apparente che reale.
In particolare, esaminando la parte della pronuncia in cui sono stati presi in esame i casi concreti (relativi, a propria volta, a sentenze di condanna basate, in un caso, su dichiarazione di teste deceduto e,
nel secondo, di teste “intimorito” 42), si rileva che tali “garanzie procedurali” ad altro non attengono se
non alle regole di valutazione della prova dichiarativa e che, di conseguenza, le stesse impongono che
le prove non ripetibili siano assistite da elementi ulteriori di carattere strettamente probatorio.
Non v’è passaggio della motivazione da cui si evinca che tali garanzie possano risolversi unicamente
nella valutazione complessiva delle facoltà processuali assicurate dal sistema nazionale.
Non sembrano, quindi, condivisibili le conclusioni dei citati commentatori nella parte in cui hanno
ritenuto che l’impianto argomentativo della pronuncia della Grande Camera sia tale da determinare un
significativo arretramento dei diritti di difesa garantiti dall’art. 6 della Cedu.
GLI ORIENTAMENTI DELLA
VINCOLI SOVRANAZIONALI
CORTE DI CASSAZIONE SU SOPRAVVENUTA IMPOSSIBILITÀ DI RIPETIZIONE E
La giurisprudenza di legittimità si è progressivamente adeguata agli arresti della Corte di Strasburgo,
in riferimento alla necessità che le dichiarazioni irripetibili debbano essere avvalorate da idonei e ulteriori elementi probatori 43 e ciò anche quando il testimone “assente” si identifichi nella persona offesa 44.
38
Corte e.d.u., 5 dicembre 2002, Craxi c. Italia, in Cass. pen., 2003, p. 1080; Corte e.d.u. 13 ottobre 2005, Bracci c. Italia, cit.;
Corte e.d.u., 19 ottobre 2006, Majadallah c. Italia; Corte e.d.u, 18 maggio 2010, Ogaristi c. Italia, cit.; va precisato che, Corte
e.d.u., 26 marzo 1996, Doorson c. Italia, ha rilevato che tale iniquità sussiste anche nel caso in cui l’assenza del testimone sia giustificata.
39
Corte e.d.u., 7 agosto 1996, Ferrantelli/Santangelo c. Italia; Corte e.d.u., 5 dicembre 2002, Craxi c. Italia, cit.
40
Corte e.d.u., Grande Camera, 15 dicembre 2011, Tahery e Al-Khawaja c. Regno Unito.
41
Si vedano, tra gli altri, F. Zacché, Rimodulazione della giurisprudenza europea sui testimoni assenti, in Dir. pen. contemp., 17
gennaio 2012.
42
Rilevando che, in tale secondo caso (posto alla base di una pronuncia di condanna emessa dalla Grande Camera), il teste
aveva reso una precedente testimonianza “protetta” di fronte al giudice, rifiutandosi però di comparire in udienza pubblica di
fronte alla giuria.
43
Orientamento fatto proprio, con espresso riferimento alle disposizioni convenzionali, da Cass., sez. II, 18 ottobre 2007,
n. 43331, in Dir. pen. proc., 2008, p. 878, nonché da Cass., sez. I, 23 settembre 2009, n. 44158, in CED Cass., n. 245556, che giun AVANGUARDIE IN GIURISPRUDENZA | ACQUISIZIONE MEDIANTE LETTURA E REGOLE SOVRANAZIONALI DI VALUTAZIONE
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Va però osservato che vi erano state pronunce giunte a conclusioni contrarie a proposito dell’idoneità di tali dichiarazioni a fungere da prova “unica” o “determinante”, ritenendo che le disposizioni
convenzionali non siano tali da poter consentire la disapplicazione di disposizioni processuali interne,
quali l’art. 512 c.p.p., assunte come direttamente attuative del disposto dell’art. 111, comma 5, Cost.,
nella parte in cui consente la deroga al principio del contraddittorio 45; in realtà, facendo riferimento a
quanto sopra argomentato, tali ultime pronunce sovrapponevano il piano della legittimità delle regole
di utilizzabilità delle dichiarazioni assunte in assenza di contraddittorio con quello della successiva valutazione (in cui, come si è visto, una volta accertata l’impossibilità “oggettiva” di ripetizione, l’art. 111
non detta alcuna regola esplicita, con conseguente idoneità della Cedu a fungere da parametro interposto).
Il contrasto ha trovato una composizione nella già citata pronuncia delle Sezioni unite n. 27918/11
del 2010 46, pure riferita al disposto dell’art. 512-bis c.p.p., che regola la lettura delle dichiarazioni rese
da persona residente all’estero e che però contiene principi applicabili anche alle ipotesi disciplinate
dall’art. 512 c.p.p.
In tale pronuncia, la Corte ha operato una ricostruzione finalizzata ad armonizzare la normativa interna con quella di fonte convenzionale, sulla base della premessa secondo cui v’è una diversità di ambiti operativi tra l’art. 111, comma 5, Cost., che detta principi in tema di acquisizione, e la regola di valutazione imposta dalla disposizione convenzionale.
Sula base di tali premesse, la Corte ha quindi ritenuto che le disposizioni nazionali e quelle convenzionali siano espressive, sul punto, di una comune ratio, in base alla quale le dichiarazioni rese da soggetto del quale non sia stato possibile l’esame in contraddittorio vanno sottoposte a un rigoroso criterio
di valutazione, a propria volta implicante la necessità di concreti elementi di riscontro 47.
D’altra parte, anche le successive pronunce della Corte che hanno fatto espresso riferimento al (dedotto) overruling espresso dalla sentenza Tahery-Al Khawaja 48, non hanno dettato principi derogatori
rispetto a quelli fatti propri dalle Sezioni unite, ritenendo che le “garanzie procedurali” di cui ha fatto
menzione la Grande Camera non possano che risolversi nella valutazione della sussistenza di ulteriori
elementi di carattere probatorio rispetto alle dichiarazioni rese dal teste non esaminato in dibattimento.
La sentenza in commento si pone, quindi, in diretta linea di continuità con la prevalente giurisprudenza di legittimità, ritenendo che le garanzie di “equità” si risolvano – nel caso di specie – in una valutazione complessiva del quadro probatorio, che tenga necessariamente conto di elementi di rango ulteriore rispetto a quelli forniti da una prova non assistita dalle garanzie del contraddittorio.
ge ad analoga conclusione sulla base di una lettura combinata delle disposizioni della Cedu con gli artt. 512 e 526, comma 1-bis,
c.p.p.
44
Cass., sez. V, 26 marzo 2010, n. 21877, in CED Cass., n. 247446; Cass., sez. III, 15 giugno 2010, n. 275802, ivi, n. 248053; Cass.,
sez. I, 4 aprile 2012, n. 18407, ivi, n. 252269.
45
Cass., sez. V, 16 marzo 2010, n. 162169, in CED Cass., n. 247258; Cass., sez. VI, 25 febbraio 2011, n. 9665, ivi, n. 249594.
46
Cass., sez. un., 25 novembre 2010, n. 27918, cit.
47
Per una lettura critica della sentenza delle Sezioni unite, C. Conti, Le dichiarazioni rese da persone irreperibili, ne Il libro
dell’anno del diritto/2012, Roma, p. 756, in cui si rileva che il riferimento testuale ai “riscontri” (e, di conseguenza, ai criteri dettati
dall’art. 192 c.p.p.) non esclude, di per sé, che la dichiarazione non ripetuta costituisca la prova “determinante” della condanna.
48
Cass., sez. VI, 13 novembre 2013, n. 2296, in CED Cass., n. 257771.
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