1. Utilità e utilità attesa

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1. Utilità e utilità attesa
Complementi sulla scelta sotto incertezza
1. Utilità e utilità attesa
In queste pagine utilizzeremo esplicitamente il concetto di funzione di utilità. Si tratta di una funzione che
assegna indicatori numerici di soddisfazione alle diverse possibili conseguenze delle scelte. Poiché nel caso di
scelta tra lotterie le conseguenze sono somme monetarie, ipotizzeremo l’esistenza di una funzione di utilità la
cui variabile indipendente sono le diverse somme monetarie potenzialmente disponibili: ad ogni somma
monetaria corrisponde un ammontare di soddisfazione, misurato da questa funzione. Ovviamente la relazione
deve essere crescente, cioè al crescere della somma monetaria l’utilità aumenta.
L’ipotesi di utilità crescente è illustrata nelle Fig. 1a e 1b. In entrambi i casi l’utilità aumenta al crescere delle
somme monetarie, tuttavia nel primo caso la relazione è concava, mentre nel secondo caso la relazione è
convessa. Il significato economico della concavità, per esempio, è che quanto più grande è la somma che il
signor Rossi già possiede, tanto più piccola è l’utilità addizionale che egli ottiene da un euro addizionale. Ciò
ricorda l’ipotesi che abbiamo adottato in precedenza, e che allora giustificava la forma convessa delle curve di
indifferenza: il possedere quantità maggiori di un certo bene rende le unità aggiuntive meno appetibili. Ma un
soggetto potrebbe anche avere preferenze diverse da queste, come per esempio il signor Neri della Fig. 1b, la
cui funzione di utilità è convessa. Non si può neppure escludere, infine, che un soggetto abbia una funzione di
utilità lineare, cioè rappresentata da una retta.
Figura 1
Due tipi di utilità delle somme monetarie
Utilità
di Neri
Utilità
di Rossi
(a)
0
(b)
Somma
monetaria
0
Somma
monetaria
Data questa descrizione del benessere ottenibile da somme monetarie alternative, possiamo ora affrontare il
problema dell’ordinamento delle lotterie. Ogni lotteria dà luogo ad una variabile casuale che consiste in varie
somme monetarie alternative, ciascuna ottenibile con una certa probabilità. Da ciò consegue che chi partecipa
alla lotteria può ottenere diversi livelli di utilità, ciascuno con una certa probabilità. Il suggerimento offerto
dagli studiosi della scelta sotto incertezza è allora il seguente. Si consideri una lotteria e si valuti, tramite la
funzione di utilità del consumatore, l’utilità che egli otterrebbe in corrispondenza di ogni possibile esito della
lotteria. Si calcoli poi il valore atteso, cioè la media, di queste utilità, usando come pesi proprio le probabilità
dei diversi esiti. Il risultato di questa operazione è chiamato utilità attesa della lotteria, vale a dire è il valore
atteso delle diverse possibili utilità. Si osservi quindi che l’utilità attesa della lotteria si calcola come media di
valori della grandezza rappresentata sull’asse verticale del grafico, l’utilità, e si dovrà rappresentarla sul
medesimo asse. Il valore monetario atteso, invece, si calcola come media delle somme monetarie, rappresentate
sull’asse orizzontale del grafico.
L’utilità attesa, dunque, è un indicatore numerico del benessere fornito dalla lotteria in questione. Poiché
ordinare i numeri è facile, chi deve prendere una decisione può scegliere, fra diverse lotterie alternative, quella
caratterizzata dall’utilità attesa più alta. Se si prende una decisione in questo modo, si dice che ci si comporta
secondo il principio dell’utilità attesa, e noi assumeremo che ci si comporti proprio in questo modo.
Arrivati a questo punto, siamo riusciti anche nel caso di decisioni sotto incertezza a definire gli elementi
essenziali del problema di scelta: l’insieme di scelta sono le varie “lotterie” a disposizione del decisore, inclusa
le scelta di non partecipare ad alcuna lotteria e disporre di somme certe; le conseguenze delle scelte sono
variabili casuali (somme monetarie incerte) che conseguono dalle diverse scelte; l’ordinamento è costruito
guardando all’utilità attesa di ogni scelta (lotteria); i vincoli dipendono in vario modo dalle regole e dai costi
di partecipazione delle diverse lotterie; l’informazione è, nelle nostre ipotesi, “completa” nel senso che le
proprietà delle diverse lotterie (ma ovviamente non i loro esiti specifici) sono note con precisione a chi deve
compiere la scelta.
2. Ancora avversione e propensione al rischio
Di fronte a prospettive incerte alcuni soggetti si sentono timorosi, mentre altri, amanti dell’azzardo, potrebbero
invece entusiasmarsi: soggetti diversi hanno attitudini diverse nei confronti del rischio, manifestando una
maggiore o minore propensione nei suoi confronti. Ricordiamo la definizione di avversione al rischio: un
individuo è avverso al rischio se, di fronte a due lotterie che hanno uguale valore monetario atteso, sceglie
sempre quella caratterizzata da minore rischio, ovvero minore varianza. In caso contrario diremo che
quell’individuo è propenso al rischio. Infine, è neutrale nei confronti del rischio chi è indifferente fra lotterie
con uguale valore atteso monetario, anche se hanno varianza diversa.
Per collegare in modo semplice questa definizione con il principio dell’utilità attesa conviene considerare
inizialmente la scelta fra coppie di lotterie di uguale valore monetario atteso quando una delle due lotterie sia
in realtà un evento certo. Il caso più semplice è la scelta se partecipare o meno ad una lotteria equa. In questo
caso la scelta di non partecipare implica che alla fine avremo in tasca per certo il costo di partecipazione x: se
non partecipiamo alla scommessa possiamo godere sicuramente della somma x che abbiamo risparmiato.
Possiamo anche dire che la scelta di non partecipare ci promette un valore monetario atteso pari a x, in quanto
si tratta del valore atteso di una variabile in realtà certa il cui valore è x. La partecipazione, invece, implica
esiti incerti, ma con un valore monetario atteso esattamente pari al costo di partecipazione, essendo la lotteria
equa. I valori monetari attesi delle due scelte sono dunque uguali, ma la varianza è diversa: non partecipare
implica una varianza nulla, mentre partecipare implica una varianza positiva. Studiamo il problema secondo il
principio dell’utilità attesa.
Figura 2
Avversione al rischio
Utilità
U(A)
U(EV)
EU = ½U(A) + ½U(B)
U(B)
0
B
EV
A
Somme monetarie
Consideriamo un soggetto che abbia una funzione di utilità concava. Supponiamo che costui possa scegliere
se partecipare ad una lotteria equa i cui due esiti monetari, alto e basso, sono indicati come al solito come A e
B. Il valore monetario atteso, EV, si situa a metà strada fra B e A poiché ipotizziamo che le probabilità dei due
esiti siano ½; e EV è anche il costo di partecipazione alla lotteria. Questa situazione è illustrata nella Fig. 3. Se
il nostro soggetto decide di non partecipare, risparmia EV euro, che si ritrova in tasca per certo e che gli
garantiscono un’utilità pari a U(EV), come vediamo dalla figura. Se invece decide di partecipare, il nostro
decisore potrà ottenere due diversi livelli di utilità, ciascuno con probabilità ½, a seconda dell’esito monetario.
Se la vincita monetaria è quella più alta, l’utilità ottenuta sarà U(A), altrimenti sarà U(B). Questi due livelli di
utilità sono indicati in ordinata nella Fig. 2.
Ciò che conta ai fini della decisione, tuttavia, è l’utilità attesa EU, cioè la media fra U(A) e U(B): siccome le
probabilità di ottenere questi due livelli di utilità sono pari a ½, l’utilità attesa si trova a metà strada fra i due
(in verticale!), e corrisponde all’altezza della linea continua riportata in figura. Siccome l’utilità attesa di
partecipare alla lotteria, EU, è chiaramente inferiore all’utilità di non partecipare, U(EV), questo soggetto
decide di non partecipare. Ne segue che un soggetto la cui funzione di utilità è concava è avverso al rischio,
perché fra le due alternative di uguale valore monetario atteso preferisce quella di minor varianza. La scelta di
non partecipare, infatti, dà luogo ad un esito certo, la cui varianza è zero, mentre la lotteria ha varianza positiva
in quanto i due possibili esiti sono discostati dal valore monetario atteso.
Consideriamo invece ora il caso di un individuo che abbia una funzione di utilità convessa. Gli altri dati del
problema sono gli stessi di prima. La Fig. 3 illustra questa situazione, e se ne può agevolmente ricavare che in
questo caso U(EV) è inferiore a EU. Il nostro individuo, dunque, sceglie di partecipare alla lotteria, perché ciò
gli fornisce un’utilità attesa maggiore. Questo è il caso di propensione al rischio: il soggetto preferisce la
prospettiva con maggiore varianza.
Una situazione esattamente intermedia fra le due precedenti sarà caratterizzata da una funzione di utilità né
concava né convessa. Il grafico di questa funzione di utilità sarà una linea retta, e in tal caso chi deve decidere
sarà indifferente fra le due alternative in esame. Costui è neutrale nei confronti del rischio, cioè guarda solo al
valore monetario atteso delle due lotterie senza preoccuparsi della maggiore o minore varianza.
Figura 3
Propensione al rischio
Utilità
U(A)
EU= ½U(A) + ½U(B)
U(EV)
U(B)
0
B
EV
A Somme monetarie
A
Si potrebbe sospettare che i risultati appena ottenuti siano validi solo perché l’alternativa alla prospettiva
incerta è un evento certo. Da ciò potremmo dedurre, per esempio, che un soggetto avverso al rischio è
semplicemente uno che preferisce solo le prospettive certe, ma in realtà le definizioni che abbiamo ripetuto
all’inizio di queste pagine, che vi prego di andare a rileggere, sono valide in generale. Per capire questo punto
ci limitiamo al caso dell’avversione al rischio, e ricorriamo alla Fig. 4. Qui un soggetto caratterizzato da una
funzione di utilità concava si trova di fronte a due diverse lotterie con uguale vincita monetaria attesa: la prima
ha come esiti possibili A1 e B1, la seconda ha esiti A2 e B2 ed in entrambe le lotterie le probabilità degli esiti
sono pari a ½. Evidentemente la prima lotteria ha varianza maggiore della seconda, perché i suoi esiti sono più
lontani, rispetto alla seconda, dal valore atteso. Si può osservare inoltre che le due lotterie hanno il medesimo
valore atteso EV, in quanto nel passaggio dalla prima alla seconda entrambi gli esiti rientrano “verso l’interno”
dello stesso ammontare.
Figura 4
Due lotterie diverse
Utilità
U(A1)
U(A2)
EU2
EU1
U(B2)
U(B1)
O
B1 B2
A2
A1
Somme monetarie
Ciò che conta per chi deve decidere è l’utilità attesa. Siccome la probabilità degli esiti in entrambe le lotterie
è pari a ½, l’utilità attesa di ciascuna di esse si situa esattamente a metà strada fra le utilità dei due diversi esiti
a cui esse possono condurre. Dunque l’utilità attesa della prima lotteria è EU1, media fra U(A1) e U(B1), mentre
l’utilità attesa della seconda lotteria è EU2, media fra U(A2) e U(B2). La prima lotteria implica per il decisore
un’utilità attesa inferiore rispetto alla seconda: quest’ultima, che ha varianza più bassa, sarà dunque preferita
alla prima, e ciò significa avversione al rischio. Resta dunque confermato che un soggetto la cui funzione di
utilità è concava è anche avverso al rischio.
Per concludere, accettando il principio dell’utilità attesa abbiamo potuto giustificare rigorosamente un’ipotesi
abbastanza ragionevole: un individuo avverso al rischio sceglierà, fra diverse lotterie di uguale valore
monetario atteso, quella caratterizzata da minor incertezza, cioè da minore varianza. Dunque, il fatto che oggi
esista una gran quantità di persone che si dedicano a fare scommesse e a comprare biglietti di lotterie (e
sappiamo che non si tratta di lotterie eque) può, al punto attuale della nostra analisi, essere interpretato in un
solo modo: se sono persone che agiscono secondo il principio dell’utilità attesa e sanno valutare correttamente
le opzioni a loro disposizione, si tratta di persone amanti del rischio.
3. Assicurarsi o correre il rischio?
Il signor Rossi possiede un appezzamento di terreno e sa che mettendolo a coltura potrebbe ottenere un certo
profitto, che è dato dalla differenza tra ricavi e costi. Il profitto sarà alto se il clima sarà favorevole, e basso nel
caso contrario. Supponiamo che la probabilità di un clima favorevole sia ½. Rossi, dunque, è incerto sul
risultato finale della sua attività, ma d’altra parte questo è l’unico modo per ottenere un reddito. Rossi, quindi,
non potrà astenersi dal coltivare il suo appezzamento. Un giorno arriva il signor Verdi, che è un assicuratore,
il quale propone a Rossi questo contratto: Rossi pagherà a Verdi ogni anno una somma, che si chiama premio
assicurativo, pari alla metà della differenza fra il profitto alto e il profitto basso. Nel caso di un’annata
sfavorevole per il raccolto, Verdi pagherà a Rossi come risarcimento tutta la differenza fra profitto alto e
profitto basso. Rossi deciderà di assicurarsi?
Se A è il profitto alto e B il profitto basso, quando Rossi non si assicura può aspettarsi di avere in media ogni
anno una somma pari a ½·A + ½·B = ½·(A + B). Cosa accade se Rossi si assicura? Se le cose vanno male, egli
ottiene il profitto basso, riceve il risarcimento e paga il premio, cioè ottiene il reddito B + (A – B) – ½·(A – B)
= ½·(A + B). Se le cose vanno bene, invece, Rossi riceve il profitto alto e paga il premio, cioè ottiene il reddito
A – ½·(A – B) = ½·(A + B). Allora, poiché in entrambi i casi Rossi riceve ½·(A + B), se si assicura egli può
contare ogni anno su un reddito certo pari a tale valore. [Notate che questo è un caso di assicurazione a
copertura integrale, in quanto il danno viene risarcito integralmente; inoltre si tratta di una assicurazione equa,
in quanto la ricchezza finale attesa è uguale sia assicurandosi sia non assicurandosi].
Rossi quindi si trova a scegliere tra due lotterie con lo stesso valore monetario atteso ma con una diversa
varianza, perché l’esito di una delle due lotterie, quella che consiste nell’accettare l’assicurazione, è certo.
Dunque, se Rossi è avverso al rischio preferisce assicurarsi, e rinuncia ad assicurarsi se è propenso al rischio.
Come già sappiamo, se Rossi è avverso al rischio accetterà di assicurarsi non solo quando gli si promette un
reddito costante, ma anche quando gli si propone un qualsiasi contratto caratterizzato da un premio x e da un
risarcimento 2·x, il cui effetto è una riduzione del rischio per Rossi. Si consideri infatti quanto segue. Se non
si assicura Rossi può continuare ad avere in media un reddito pari a ½·(A + B). Se Rossi si assicura, quando le
cose vanno bene ottiene il profitto alto e paga il premio, cioè ha un reddito pari a A – x, e quando le cose vanno
male ottiene il profitto basso, riceve il risarcimento e paga il premio, cioè ha un reddito pari a B + 2·x – x = B
+ x. Il valore monetario atteso di questa lotteria, quindi, è ½·(A – x) + ½·(B + x) = ½·(A + B). Rossi, dunque,
deve scegliere tra due lotterie che hanno lo stesso valore monetario: ma la seconda ha varianza più bassa della
prima, visto che i suoi esiti sono più vicino al valore monetario atteso. Se Rossi è avverso al rischio, dunque,
deciderà di assicurarsi.
Sinora abbiamo appreso che un soggetto avverso al rischio preferisce, se ne ha l’opportunità, assicurarsi ed
affrontare così una nuova situazione caratterizzata, a parità di valore monetario atteso, da una rischiosità
inferiore. Non è detto, però, che tutte le assicurazioni siano eque, cioè non è detto che esse promettano
all’assicurato lo stesso reddito monetario atteso che egli avrebbe se non si assicurasse. Anzi, usualmente accade
che il valore monetario atteso garantito da un’assicurazione sia inferiore al valore monetario atteso che si
avrebbe se non ci si assicurasse. L’assicurazione, infatti, deve pagare i suoi dipendenti e tutti gli altri costi di
gestione. Ciò significa che un soggetto avverso al rischio non trova più conveniente assicurarsi?
Per studiare questo problema consideriamo la Fig. 5. Il profitto di Rossi è B se il raccolto è cattivo, il profitto
è A se il raccolto è buono, e la probabilità che il raccolto sia cattivo è sempre ½. Ora Verdi, l’assicuratore, gli
propone il seguente contratto: Rossi pagherà a Verdi un premio all’inizio dell’anno. Se le cose vanno bene la
storia finisce qui; se invece il raccolto sarà cattivo Verdi pagherà a Rossi un risarcimento tale che il reddito di
Rossi sarà comunque B’, maggiore di B. In altri termini, Verdi propone a Rossi un risarcimento netto, cioè al
netto del premio, pari a R = B’ – B. La domanda che ci poniamo è: qual è il premio massimo che Rossi è
disposto a pagare a Verdi?
Poiché il reddito che Rossi ottiene senza assicurarsi può essere B oppure A, l’utilità che Rossi ottiene senza
assicurarsi è misurata da L in caso sfavorevole e da H in caso favorevole, e l’utilità attesa in assenza di
assicurazione (cioè la media fra queste due utilità) è EU, il punto a metà strada fra L e H. Lo schema
assicurativo proposto da Verdi implica che in caso sfavorevole Rossi ottenga un reddito, inclusivo del
risarcimento netto, pari a B’, a cui corrisponde un’utilità pari a C. Poiché in caso favorevole Rossi deve
comunque pagare il premio, egli si troverà in tal caso con un reddito inferiore a A, e dunque con un utilità
inferiore a H. L’utilità attesa in caso di accettazione dell’assicurazione è la media fra C e l’utilità alternativa,
che dipende dal premio da pagarsi. Rossi accetterà di assicurarsi solo se questa seconda utilità attesa sarà
almeno pari a quella ottenibile senza assicurazione, EU.
Figura 5
Il massimo premio assicurativo che Rossi è disposto a pagare
Utilità
H
D
EU
C
L
Premio
massimo
0
B B’
E
Utilità attesa
senza assicurazione
A Reddito di Rossi
Ciò accade solo se l’utilità del caso favorevole (tenendo conto del pagamento del premio) è almeno pari a D.
In questo caso la lunghezza del segmento C-EU è la stessa del segmento EU-D, e la media tra C e D è proprio
EU, uguale l’utilità attesa in assenza di assicurazione. Dunque EU è sia la media fra L e H, sia quella fra C e
D. Affinché l’utilità del caso favorevole sia almeno pari a D, il reddito al netto del premio ottenibile da Rossi
in quel caso deve essere almeno E. Dunque, poiché il reddito netto è pari alla differenza fra il profitto alto e il
premio assicurativo, il premio massimo che Rossi è disposto a pagare a Verdi per accettare l’assicurazione
proposta è dato dal segmento EA. Naturalmente Rossi sarebbe ben contento di pagare un premio inferiore a
EA, ma non sarebbe comunque disposto a pagarne un premio maggiore.
La cosa importante da osservare è che, pagando il premio EA in caso favorevole e incassando il risarcimento
netto R = B’ – B in caso sfavorevole, Rossi si trova in una situazione incerta il cui valore monetario atteso è
inferiore a quello che avrebbe senza assicurarsi. Ciò emerge dalla Fig. 5, dove potete chiaramente vedere che
il punto medio del segmento BA, cioè il valore monetario atteso in assenza di assicurazione (il trattino verticale
rosso sull’ascissa), sta a destra del punto medio del segmento B’E, il valore monetario atteso in presenza di
assicurazione (il trattino verticale blu).
Possiamo concludere, dunque, che un soggetto avverso al rischio può preferire assicurarsi anche se il premio
che deve pagare è superiore al risarcimento netto che gli è garantito in caso di sinistro. Per costui, infatti, non
è importante il valore monetario atteso dell’assicurazione, ma la sua utilità attesa, e quest’ultima può essere
maggiore di quella che si avrebbe senza assicurazione anche se il valore monetario atteso è inferiore. D’altra
parte un soggetto che, valutando le sue prospettive secondo il principio dell’utilità attesa, preferisce non
assicurarsi è un soggetto amante del rischio.
Diversificare il rischio
(A lezione l’ho fatta molto più breve, con l’esempio del lancio di una moneta ripetuto un numero
sempre maggiore di volte, dove ogni ripetizione è indipendente dai lanci precedenti.
Ma quanto segue non dovrebbe essere troppo difficile per voi.
In ogni caso, trattasi di lettura facoltativa)
Consideriamo ora due individui, Rossi e Bianchi, che guadagnano il medesimo reddito monetario, diciamo
100. Entrambi fanno il medesimo lavoro, che richiede l’utilizzo di un automezzo. Durante i loro spostamenti
in automobile essi rischiano di provocare incidenti che causano danni a terzi. Supponiamo che il danno che
essi possono arrecare sia valutabile in 100, e che la probabilità di provocare un incidente sia ½ per entrambi.
Ciascuno dei due si trova allora in una situazione incerta: con probabilità ½ possono avere un reddito di 100,
se non causano incidenti, oppure di zero, se causando un incidente devono risarcire il danno provocato.
Faremo tre ipotesi alternative circa l’incertezza del mondo in cui vivono Rossi e Bianchi.
i) L’evento “Rossi provoca un incidente” accade solo simultaneamente all’evento “Bianchi provoca un
incidente”, e lo stesso vale per gli eventi “Rossi non provoca un incidente” e “Bianchi non provoca un
incidente”. Ciò è possibile, per esempio, se Rossi e Bianchi sono i soli automobilisti che percorrono la stessa
strada. In tali circostanze gli eventi possibili nel nostro mondo sono solo due, “Rossi non provoca un incidente
e Bianchi non provoca un incidente” e “Rossi provoca un incidente e Bianchi provoca un incidente”, e ciascuno
di questi due eventi ha probabilità ½. Si dice in questo caso che gli incidenti di Rossi e Bianchi sono
perfettamente correlati in modo positivo.
ii) Il fatto che Rossi provochi o meno un incidente è indipendente dal fatto che Bianchi provochi o meno un
incidente, per esempio perché essi frequentano località tra loro distanti. I casi possibili in questo mondo sono
dunque quattro, cioè tutte le combinazioni delle diverse possibilità: “Rossi non provoca un incidente e Bianchi
non provoca un incidente”; “Rossi non provoca un incidente e Bianchi provoca un incidente”; eccetera. La
probabilità di ognuno di questi quattro casi è pari a ¼.
iii) L’evento “Rossi provoca un incidente” accade solo simultaneamente all’evento “Bianchi non provoca un
incidente”, e lo stesso vale per gli eventi “Rossi non provoca un incidente” e “Bianchi provoca un incidente”.
Ciò è possibile, anche se il caso è molto artificiale, se Rossi e Bianchi, lavorando come soci, la mattina
estraggono a sorte chi userà l’unica automobile della società ed è certo che l’uso dell’automobile provoca un
incidente. In tali circostanze gli eventi possibili nel nostro mondo sono solo due, “Rossi provoca un incidente
e Bianchi non provoca un incidente” e “Rossi non provoca un incidente e Bianchi provoca un incidente”. Ma
ciò significa che avviene certamente un solo incidente. Si dice in questo caso che gli incidenti di Rossi e
Bianchi sono perfettamente correlati in modo negativo.
Consideriamo ora Verdi, un assicuratore, che propone a Rossi e Bianchi di assicurarsi. Per semplicità,
possiamo pensare che il premio individuale sia pari a 40 e il risarcimento lordo promesso a ciascuno sia pari a
80, cioè il risarcimento al netto del premio sia 80 – 40 = 40. Se Rossi e Bianchi sono sufficientemente più
avversi al rischio di Verdi, sappiamo già che è possibile stabilire premi di assicurazione tali per cui il contratto
migliora l’utilità attesa sia degli assicurati che dell’assicuratore.
Ciò è vero considerando separatamente i rapporti bilaterali fra i due assicurati e l’assicuratore. Ma guardiamo
più da vicino la reale posizione di Verdi nei confronti del pool dei suoi assicurati, cioè Rossi e Bianchi
congiuntamente. Per poter risarcire gli assicurati egli deve accantonare complessivamente riserve per 80,
poiché, pur incassando premi per un valore globale di 80, nel caso più sfavorevole (due incidenti) Verdi deve
risarcire somme per un valore complessivo di 160. Le sue prospettive sono diverse a seconda che valga l’ipotesi
(i), oppure la (ii), oppure la (iii) di quelle introdotte sopra. Consideriamo separatamente i tre casi.
i) Gli incidenti di Rossi e Bianchi sono eventi tra loro perfettamente correlati in modo positivo: Verdi ha una
ricchezza iniziale pari a 80 e incassa premi complessivi per 40 + 40 = 80. D’altra parte, con probabilità ½ deve
pagare un risarcimento pari a 80 + 80 = 160 se Rossi e Bianchi hanno due incidenti contemporaneamente, e
con probabilità ½ non deve pagare nulla se costoro non hanno incidenti. La sua ricchezza finale, dunque, è pari
a 80 + 80 – 160=0 con probabilità ½, oppure 80 + 80 = 160 con probabilità ½. La ricchezza finale attesa di
Verdi è 80.
ii) Gli incidenti di Rossi e Bianchi sono eventi tra loro indipendenti: Verdi continua ad avere una ricchezza
iniziale di 80 e a incassare un premio complessivo di 80, ma deve pagare le seguenti somme a titolo di
risarcimento: 0 se nessuno provoca incidenti (probabilità ¼); 160 se entrambi provocano un incidente
(probabilità ¼); 80 se solo uno solo dei due provoca un incidente, ma poiché esistono due eventi di questo tipo,
ciascuno di probabilità ¼, la probabilità complessiva è ½. La ricchezza finale posseduta da Verdi è 80 + 80 =
160 con probabilità ¼; 80 + 80 – 160 = 0 con probabilità ¼; 80 + 80 – 80 = 80 con probabilità ½. Anche in
questo caso la ricchezza finale attesa di Verdi è 80.
iii) Gli incidenti di Rossi e Bianchi sono eventi tra loro perfettamente correlati in modo negativo: Verdi
continua ad avere una ricchezza iniziale di 80 e a incassare un premio complessivo di 80. Però ora, benché la
probabilità di un incidente di Rossi oppure uno di Bianchi sia sempre ½, è certo che avvenga un solo incidente.
Quindi Verdi, indipendentemente da chi abbia avuto l’incidente, deve pagare un risarcimento pari a 80 con
probabilità 1. La sua ricchezza finale, dunque, è 80 + 80 – 80 = 80 con probabilità 1, e ovviamente anche in
questo terzo caso la ricchezza finale attesa di Verdi è 80.
La cosa importante da osservare è che le tre diverse prospettive hanno implicazioni diverse per il benessere di
Verdi. Abbiamo infatti ipotizzato che costui sia avverso al rischio, benché lo sia meno di Rossi e Bianchi, cosa
quest’ultima che rende possibile la scrittura di contratti individuali di assicurazione. L’avversione al rischio di
Verdi, però, fa sì che le tre prospettive siano progressivamente una più gradita dell’altra per l’assicuratore.
Infatti, è facile capire che il caso (i) ha varianza superiore al caso (ii), che a sua volta ha varianza superiore al
caso (iii). Ciò dipende dal fatto che le variabili casuali “ricchezza finale” dei tre diversi casi, pur avendo gli
stessi valori estremi e il medesimo valore atteso, sono tali che cresce sempre più la probabilità che si verifichi
l’esito pari al valore atteso, mentre si riduce la probabilità degli esiti estremi. Perciò la varianza si riduce
progressivamente, come mostrato nella Fig. 6: lasciamo a voi di verificare il calcolo della varianza dei tre casi.
Figura 6
Probabilità, valore atteso e varianza della ricchezza finale in tre casi diversi
Livelli della ricchezza
(i) Perfetta correlazione positiva
(ii) Indipendenza
(iii) Perfetta correlazione negativa
0
80
160
Loro probabilità
0
½
½
¼
½
¼
0
1
0
Valore
Atteso
80
80
80
Varianza
6.400
3.200
0
Dunque l’utilità attesa di Verdi, avverso al rischio, è inferiore nel caso (i) rispetto al caso (ii), ed è inferiore
nel caso (ii) rispetto al caso (iii). Dunque è preferibile assicurare soggetti i cui rischi sono tra loro indipendenti
rispetto a soggetti i cui rischi sono correlati positivamente, ed è preferibile assicurare soggetti i cui rischi
sono addirittura correlati negativamente rispetto a soggetti i cui rischi sono tra loro indipendenti.
Il caso di perfetta correlazione negativa, il più favorevole all’assicuratore, è talora chiamato in gergo contro–
assicurazione: da una parte l’assicuratore Verdi protegge Rossi assicurandolo, ma dall’altra protegge poi se
stesso assicurando anche Bianchi il cui rischio va in direzione opposta a quella di Rossi. In un certo senso la
posizione di Bianchi contro–assicura Verdi nei confronti dei rischi di Rossi, che Verdi stesso si è assunto in
parte.
Questo caso, anche per come l’abbiamo giustificato nell’ipotesi (iii) di cui sopra, potrebbe apparire del tutto
teorico e di difficile riscontro empirico: il meglio che possa capitare all’assicuratore sembrerebbe essere il caso
di indipendenza tra i rischi degli assicurati. È tuttavia facile intuire che, se il numero di assicurati con rischi
indipendenti aumenta, la varianza diminuisce progressivamente e la situazione diviene simile al caso di perfetta
correlazione negativa. Infatti, per un fenomeno che in statistica prende il nome di legge dei grandi numeri, se
avesse un numero molto elevato di assicurati l’assicuratore dovrebbe pagare ogni anno risarcimenti pari ad una
somma praticamente fissa. Questa somma è data dall’ammontare del risarcimento individuale, moltiplicato
per il numero degli assicurati, moltiplicato ancora per la probabilità degli incidenti. Accade lo stesso fenomeno
per cui, lanciando moltissime volte una moneta, il numero effettivo di volte in cui esce testa in rapporto ai casi
possibili diviene sempre più simile alla probabilità dell’esito testa. Per l’assicuratore non vi sarebbe allora
alcuna incertezza, ed egli si troverebbe nella posizione per lui ottima, sempre posto che sia avverso al rischio.
Tutto ciò significa semplicemente che, quando l’assicuratore si trova di fronte a rischi indipendenti o ha
addirittura la possibilità di contro–assicurarsi tramite un numero molto elevato di contraenti, l’incertezza a cui
si sottopone si riduce. Dunque l’assicuratore, essendo avverso al rischio, si accontenterebbe di una ricchezza
finale attesa inferiore. In altri termini egli sarebbe disposto a far pagare premi inferiori, poiché anche ottenendo
premi inferiori egli riuscirebbe a compensare il rischio di cui si carica facendo il suo mestiere.
Abbiamo mostrato due aspetti molto rilevanti del mondo delle assicurazioni. Da un lato, è saggia politica per
un assicuratore quella di diversificare al massimo il rischio; dall’altro lato, una regolazione pubblica che
rendesse obbligatorio per tutti i soggetti assicurarsi contro un dato evento incerto potrebbe aumentare il
benessere sociale, in quanto farebbe aumentare il numero degli assicurati. Infatti, se vi è avversione al rischio
ciò consentirebbe di aumentare il benessere di ciascun individuo rispetto a una situazione nella quale non vi
fosse la possibilità di assicurarsi, e i premi assicurativi potrebbero essere più bassi per chiunque senza
disincentivare l’assicuratore.
Osserviamo in chiusura che molti problemi diffusi nella società si prestano ad una soluzione di tipo
assicurativo.
Un lavoratore potrebbe essere incerto se nel futuro avrà ancora il suo lavoro oppure sarà licenziato, cosa che
implica un’incertezza sul suo reddito futuro. Il lavoratore, quindi, potrebbe essere disposto a versare ogni anno
un contributo al fondo disoccupazione (o al fondo cassa integrazione) per ricevere un sussidio se sarà
disoccupato (o sarà in cassa integrazione). In alternativa il lavoratore potrebbe accettare un salario stabile ma
inferiore a quello che potrebbe ottenere negli anni di buona riuscita dell’impresa, in cambio della promessa
che non sarà licenziato negli anni di magra.
Un individuo potrebbe essere incerto sul proprio stato di salute futuro, che di nuovo potrebbe implicare
abbandono del lavoro e mancanza di reddito, e potrebbe essere disposto a pagare un contributo al fondo
malattia per ricevere un’indennità quando dovrà assentarsi.
Si immagini infine il seguente caso. Un soggetto sta accumulando risparmi per potersi sostenere anche nella
parte della vita in cui non lavorerà più, per un periodo residuo atteso che dipende dalla lunghezza media della
vita e dall’età di pensionamento. Potrebbe però capitargli il caso “sfortunato” di vivere più a lungo della vita
media, e dunque non avere accumulato risorse sufficienti. Allora gli potrebbe convenire consorziarsi con molti
altri in un fondo pensione, dove i rischi indipendenti dei partecipanti si diluiscono nell’aggregato: i contributi
versati da chi vive meno compensano le esigenze di chi vive più a lungo, e i contributi individuali possono
essere più bassi di quanto accade se ciascuno deve cautelarsi da solo rispetto alle esigenze di una vita lunga.