ho fatto una cosa da Matto

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ho fatto una cosa da Matto
l’intervista/Fuori giri
Andrea Dovizioso
ho fatto
una cosa
da MATTO
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mi coccolo la desmosedici
Andrea Dovizioso, 27 anni oggi, nel reparto corse della Ducati
a Borgo Panigale, impegnato ad attaccare il numero di gara,
il 4, sul cupolino della moto. In basso spicca il tatuaggio “chiccolo”
sul braccio: la parola usata dalla sua bimba per dire “piccolo”.
è timido e introverso. ma questa volta il nuovo pilota
della ducati ci ha parlato delle sue follie. prima
fra tutte, la decisione di correre con la moto su cui
valentino ha fatto fiasco. e poi le fughe d’amore,
le derapate per le strade di forlì, le liti con i suoi tifosi.
e quel giorno in cui alonso gli ha lucidato le scarpe…
di Alessia Cruciani ~ foto di Gigi Soldano
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intervista/Andrea Dovizioso
S
chietto, educato, molto
misurato. Sempre stato
così, fin da bambino.
Infatti si definisce «un
uomo da sposare». Con
un sogno: «Vorrei essere più estroverso». Per
i suoi 27 anni, che compie proprio oggi,
23 marzo, proviamo allora a regalare ad
Andrea Dovizioso un ritratto diverso dal
solito. Perché, in fondo, come fa a non essere un po’ fuori di testa uno che corre in
moto fin da quando aveva tre anni? Come
fa a non essere passionale uno che si commuove davanti ai film? Ma, soprattutto,
come fa a non essere un po’ pazzo uno che
decide di scommettere sulla Ducati, la
moto che ha reso difficile la vita di tanti
piloti della MotoGP?
«Pazzia non è il termine giusto. Direi una
decisione rischiosa ma molto importante. Stoner è stato l’unico a fare la differenza su questa moto, mentre tutti gli altri
hanno fatto sempre fatica. Se sommiamo
questo agli ultimi due anni di Rossi, da
cui ci si aspettava tanto, decidere di passare su quella moto è stato un rischio
grosso. Perché, se nei prossimi due anni
dovessi fare risultati pessimi, la mia carriera ne risentirà di sicuro».
Non sarebbe stato più saggio restare nel team del 2012?
«Potevo restare con Hervé Poncharal nel
team satellite della Yamaha. Ho fatto
buoni risultati e ho chiuso la stagione al
quarto posto. Ma se vuoi combattere per
il titolo devi stare in un team ufficiale, con
un’azienda che sviluppa la moto insieme
a te. Solo così puoi giocartela. Con la Ducati c’era questa possibilità ma sono d’accordo che è stato un azzardo. Con Yamaha o Honda devi solo “rifinire” la moto.
Questo, invece, è un lavoro diverso, a lungo termine, di almeno due anni».
Quando è stata presa la decisione?
«A luglio. Ero solo a casa mia a Forlì,
stavo in piscina e mi telefonò il mio manager. Quando si discute un contratto
non si parla solo dell’aspetto economico
ma si ponderano tanti altri aspetti, anche tecnici. Lui mi disse che tutto quello
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che noi chiedevamo era stato accettato.
E io sarei diventato un pilota Ducati».
Visto come andava Valentino, quanti
le hanno chiesto: ma chi te lo fa fare?
(ride) «È stata una cosa strana. A inizio
stagione, quando accennavo a questa
possibilità, la mia famiglia e gli amici
non ne volevano nemmeno sentir parlare. Ma poi, senza che nemmeno li avvisassi della trattativa, hanno iniziato a
dire che poteva essere una buona soluzione per me. Alla fine mi incitavano.
Non tutti però».
“
Rossi mi ha detto: «Magari riesci a
migliorare la moto». È stato un azzardo ma
è l’unico modo per lottare per il Mondiale
Chi era contrario?
«I tifosi, più della metà mi ha dato del
matto. Mi imploravano: “tutto, ma la Ducati no”. Ci sta perché molti tifosi miei
tifano anche Rossi. E vedendo lui in difficoltà non volevano per me la stessa
sorte. Mi dicevano: “ti voglio bene, non
farlo!”. Ma li capisco, loro non sanno come viene studiato ogni progetto. Io sì».
Commenti dagli altri piloti?
«Nessun pilota ti dirà mai quello che
pensa esattamente. Però te lo fa capire
con lo sguardo».
Rossi le ha mai detto qualcosa?
«Una volta, durante una riunione dei
piloti mi ha detto: “Provaci, magari riesci
tu a migliorare la moto”. Ma Valentino è
bravo, non è uno che si lascia prendere
dall’emotività. Non ti direbbe mai “che
cazzata che hai fatto!”».
LA SCHEDA
campione del mondo in 125
un trionfo e 21 podi in motogp
Andrea Dovizioso è nato a Forlì il 23
marzo 1986. Dopo l’esordio nel
Motomondiale nel 2001 (una sola gara
in 125 con l’Aprilia), dall’anno
successivo è passato alla Honda, con
cui ha corso fino alla scorsa stagione
ottenendo come migliori risultati il
titolo in 125 (2004), due secondi posti
in classifica nella 250 e il terzo in
MotoGP nel 2011. Nella classe regina
ha una vittoria (GB 2009) e 21 podi.
Magari cosa le voleva dire davvero
lo avrà capito dopo il primo giro.
«In effetti il primo giro è stato il momento più difficile. Considerando che ero in
Malesia, su una pista che amo, è stato
traumatico. Il problema è che non sono
riuscito a mascherarlo al rientro ai box.
Sono stati tre giorni complicati. Dicono
che Sepang sia la pista peggiore per la
Ducati, ma di sicuro non mi ero trovato
a mio agio. Quando ci siamo tornati per
la seconda volta è andata meglio».
Correre per la Ducati è come per un
calciatore essere convocato in Nazionale, sente la responsabilità?
«Enorme. È l’unico caso in cui viene prima la moto del pilota. Non è come per la
Honda o la Yamaha, in cui i tifosi sostengono più l’atleta che la marca. Quello
Ducati è un tifoso molto più difficile da
gestire. È un “ducatista”».
Però è una situazione un po’ strana,
visto che ora la proprietà Ducati è
tedesca (l’Audi) e, calcisticamente
parlando, i rapporti tra Italia e Germania non sono mai stati idilliaci.
«In effetti quando ho incontrato i dirigenti tedeschi ho notato subito il “petto
in fuori”. L’impostazione è tedesca senza
dubbio, ma Bernhard Gobmeier (il nuovo direttore generale di Ducati Corse;
ndr) è un tedesco che sorride molto. E gli
piace la birra. Anzi, ci piace la birra».
La cosa più matta che le è capitata
da quando è in Ducati?
«Durante Wrooom, l’evento che organizza ogni anno la Marlboro con Ferrari e Ducati a Madonna di Campiglio,
stavamo facendo la gara coi kart sul
ghiaccio. Ero in testa ma poi Alonso mi
ha superato in modo sporco a cinquanta metri dal traguardo facendomi girare. Ci stava. Però per me, alla prima
uscita in rosso, sarebbe stato un risultatone, invece chiusi quarto. All’inizio
della seconda gara, per scusarsi, prima
di risalire sui kart Fernando si è inginocchiato davanti a me, mi ha preso il
piede e ha fatto finta di lucidarlo, come
fanno i calciatori. Non so quanto fosse
sincero, però è stata una bella soddisfazione. Il pilota più forte al mondo che fa
UNO DI NOI
Molto spesso
presente in
azienda, Andrea
si sente un
dipendente
di Borgo Panigale
a tutti gli effetti,
anche se non
resiste alla
tentazione di
impennare con una
bicicletta o di
scattare foto alle
rosse del passato
all’interno del
museo Ducati.
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intervista/Andrea Dovizioso
“
così perché lo stavo per battere, e chi se
lo scorda più».
I tifosi più matti?
«Più che matti, i più fedeli sono i meno
obiettivi. Anzi, non lo sono per niente. E
così mi trovo a litigarci di brutto perché
loro, pur di difendermi, sparano un sacco di cavolate. Si crea una situazione
decisamente buffa».
Cassano è il matto
più simpatico, e
sono felice che
Balotelli sia al Milan
Ma lei, sempre così schietto ed educato, non ha mai voglia di lasciarsi
andare?
«Con voi giornalisti devo controllarmi
molto. A volte leggo certe cose…».
attimo; il secondo è che Reggiani, pur
essendo bravissimo a guidare, una cavolata la fa sempre, puoi starne certo».
Ha mai fatto qualche colpo di testa
con la moto, fuori dalle piste?
«Facendo il pilota fin da bambino, non
ho mai truccato una moto o uno scooter.
Forse questa è la cosa più pazzesca. Vi
racconto questa ma premetto che adesso
non lo faccio più, soprattutto da quando
sono diventato papà di Sara, che ha quasi tre anni. Ho una macchina, in società
con Loris Reggiani: è una Bmw del ’95
preparata per fare drifting (intraversare
l’auto, ndr), alleggerita, senza i sedili, insomma è una macchina che non si può
usare normalmente (scrivi però che l’assicurazione ce l’ha). Ogni tanto, la sera,
andavamo in giro a fare drifting per le
rotonde di Forlì. Piuttosto rischioso per
due motivi: il primo è che fare questo
casino a Forlì significa che, se ti beccano,
i carabinieri ti vengono a prendere in un
Follie per una donna?
«Quando avevo 17 anni mi facevo due ore
di treno ad andare e due a tornare al giorno solo per incontrare una ragazza che
viveva in un’altra città. È andata avanti
per oltre un anno».
Follie per la piccola Sara?
«È lei che fa impazzire me. Soprattutto
quando stiamo nel lettone. L’espressione
che ha quando dorme, la tenerezza di
quando mi cerca nel sonno e lo sguardo
appena si sveglia sono pazzeschi».
Il pilota più matto mai incontrato?
«Troy Bayliss. Ho fatto con lui una gara
di supermotard al Motor Show sulla
stessa moto. Per me era impensabile vedere come guidava e i rischi che prendeva. Adesso fa una scuola guida per la
Ducati, dei miei amici che seguono il suo
corso mi hanno confermato che è fuori
di testa. Troppo simpatico».
L’atleta più matto in generale?
«Il crossista americano Travis Pastrana
e Antonio Cassano, mi trasmette proprio
simpatia. Mi piacerebbe conoscerlo».
Il matto da non imitare?
«Mi piace per il grande talento e chi lo
critica è invidioso, ma Balotelli può migliorarsi nei comportamenti. Da milanista sono felicissimo che sia venuto».
La follia da non fare in moto?
«Mai andare oltre il proprio controllo».
con i ducatisti
Bagno di folla per Andrea all’interno
del Ducati Store di Bologna.
La pazzia che vorrebbe fare?
«Paracadutarmi tra le rocce con la tuta
alare. Ma penso di non avere le palle per
farlo!».
Questo magari glielo regalerà qualcun
altro. Buon compleanno, Andrea.
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