ASPETTI PRATICI PER EFFETTUARE UNA REAZIONE CHIMICA

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ASPETTI PRATICI PER EFFETTUARE UNA REAZIONE CHIMICA
15/04/2015
ASPETTI PRATICI PER EFFETTUARE UNA REAZIONE CHIMICA
Per effettuare una reazione chimica correttamente, si deve eseguire un certo
numero di operazioni:
1. Purificare (se necessario) reagenti e solventi.
2. Mescolare i reagenti nelle opportune quantità.
3. Seguire l’andamento della reazione.
4. Lavorare la reazione.
5. Analizzare il grezzo della reazione.
6. Separare i prodotti.
7. Controllare la purezza dei prodotti.
8. Purificare (se necessario) i prodotti.
9. Tutti le operazioni vanno descritte SUBITO in un QUADERNO DI
LABORATORIO, insieme alle eventuali osservazioni che si ritengano
importanti, in caso di ripetizione della reazione (ad es., variazione di colore,
formazione di precipitato, sviluppo di gas, ecc.)
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Per comodità di esposizione, le varie tecniche si possono raggruppare in
tre categorie, che si riferiscono allo scopo per cui si usano
Non sempre reagenti e solventi sono della purezza necessaria. Il prodotto di
una reazione difficilmente è puro già al termine della stessa
1. Si purificano (se necessario) reagenti e solventi
8. Si purifica (se necessario) il prodotto (o i prodotti)
Queste tecniche si usano quando il composto chimico è già abbastanza puro, ma non
completamente: l’impurezza non si recupera
6. Si separano i prodotti.
Queste tecniche si usano quando, alla fine della reazione, sono presenti più composti,
tutti in quantità significativa: in questo caso tutti i composti si isolano e si recuperano.
Se necessario, ciascuno verrà poi purificato.
E’ importante avere a disposizione metodi per sapere le la reazione sta
procedendo o no, quando è finita, quanti prodotti si sono formati
3. Si segue l’andamento della reazione.
5. Si analizza il grezzo della reazione.
7. Si controlla la purezza dei prodotti.
Norme di sicurezza
In un laboratorio chimico bisogna essere sempre concentrati su quello
che si sta facendo, sapere quello che si sta facendo (nel dubbio chiedere
SEMPRE a qualcuno più esperto), attenersi alle norme di sicurezza
In laboratorio non si può mangiare o bere.
In laboratorio non si possono utilizzare telefoni cellulari.
Evitare di usare fiamme libere. Se proprio fosse necessario, fare Attenzione: non ci
devono essere solventi infiammabili nelle vicinanze!!!
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Norme di sicurezza
In laboratorio è necessario indossare il camice,
i guanti e gli occhiali protettivi.
Le lenti a contatto possono
essere molto pericolose!
Quando si lavora con
sostanze volatili è bene
operare “sotto cappa”
La cappa è dotata di sistema
aspirante, con filtro a carbone
attivo, per intercettare le
sostanze nocive e volatili, che
così non vengono disperse
nell’ambiente
Non si deve versare niente di diverso dall’acqua nei
lavandini (ci sono recipienti appositi)
Eventuali vetri rotti non si buttano nel cestino della carta
(ci sono contenitori appositi)
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Solventi infiammabili
Solventi clorurati
Soluzioni acquose (acide o
basiche)
Il bancone deve essere tenuto, per quanto possibile, pulito ed ordinato
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2. Mescolare i reagenti nelle opportune quantità.

E’ necessario conoscere esattamente la quantità dei composti che si fanno
reagire (per calcolare le moli e quindi tener conto dei rapporti stechiometrici)
Un composto solido si preleva con una spatola e si pesa con una bilancia
spatole
ATTENZIONE! La bilancia analitica è uno strumento delicato: bisogna
evitare di urtare il piatto e di sporcarlo.
Si introduce un vetrino da orologio, con il pulsante “tara” si azzera la
bilancia con il vetrino sul piatto, si versa del campione sul vetrino da
orologio FUORI DELLA BILANCIA
vetrini da orologio
Un composto liquido si preleva (piccole quantità) con una pipetta Pasteur (detta anche contagocce) e si misura con un cilindro graduato (o con una pipetta
tarata)
tettarella
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Inserire così:
Bisogna lasciare abbastanza
spazio nella tettarella per
l’aria!
tettarella
Tenere la Pasteur SEMPRE VERTICALE: se si tiene dritta il liquido NON
esce, mentre se si inclina, il liquido esce, oltre ad inquinare la tettarella.
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Per prelevare quantità di liquidi maggiori, un chimico dovrebbe saper
versare dalla bottiglia nel recipiente
Eventualmente con l’aiuto di un imbuto di vetro.
pipetta graduata
pipetta tarata (a due tacche)
I solidi si purificano per CRISTALLIZZAZIONE, un processo che permette
di ottenere selettivamente da una soluzione il composto solido,
separandolo dalle impurezze (che non devono superare il 10%).
Si basa sul fatto che sostanze diverse hanno solubilità diverse.
Passaggi necessari per la purificazione per cristallizzazione
 1. Scelta del solvente
2. Dissoluzione del campione
3. Decolorazione della soluzione
non sempre necessario
4. Filtrazione a caldo
5. Raffreddamento della soluzione
passaggio più critico
6. Filtrazione a freddo
7. Lavaggio dei cristalli
8. Essiccamento dei cristalli
sempre importante; non sempre facile
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1. Scelta del solvente
Un solvente adatto è quello che scioglie il campione a caldo, ma non a freddo,
che scioglie le impurezze anche a freddo o non le scioglie neppure a caldo.
3
2
Il solvente 1 scioglie poco sia a
freddo che a caldo: non va bene
Il solvente 2 scioglie molto sia a
freddo che a caldo: non va bene
1
Il solvente 3 è quello giusto:
scioglie bene a caldo e poco a
freddo
 Il solvente deve avere un punto di ebollizione tra 50°C e 150°C
Solventi con p.e. basso evaporano e possono separarsi anche le impurezze
Solventi con p.e. alto si allontanano difficilmente dai cristalli
 Il solvente deve avere un punto di ebollizione inferiore a quello del
composto da cristallizzare
Il composto può separarsi come olio e non come solido
 Se ci sono più solventi con le caratteristiche adatte, va scelto il
MENO TOSSICO
Per trovare un buon solvente di cristallizzazione si effettua una prova in piccolo,
aggiungendo in una tubo da saggio circa 3 ml di solvente a circa 10 mg di composto ed
agitando.
Se tutto il solido si scioglie a temperatura ambiente, il solvente non è adatto.
Se il solido si scioglie in parte, si scalda.
Se il solido NON si scioglie tutto a caldo, il solvente non è adatto.
Se tutto il solido si scoglie a caldo, si lascia raffreddare il tubicino: se si
forma precipitato, il solvente è ADATTO.
Se dopo il raffreddamento non si forma precipitato, provare a sfregare all’interno
con una bacchetta di vetro. Se continua a non formarsi precipitato, il solvente
non è adatto
Se non si trovasse un solvente adatto, si può provare con una miscela di solventi.
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Passaggi necessari per la purificazione per cristallizzazione
1. Scelta del solvente
del campione
 2.3. Dissoluzione
Decolorazione della soluzione
non sempre necessario
4. Filtrazione a caldo
5. Raffreddamento della soluzione
passaggio più critico
6. Filtrazione a freddo
7. Lavaggio dei cristalli
8. Essiccamento dei cristalli
sempre importante; non sempre facile
2. Dissoluzione del campione
Si pesa il campione. La sensibilità della bilancia deve essere adatta alla
quantità che si deve pesare.
10-100 g
bilancia tecnica (precisione 0.1 g)
<1g
bilancia analitica (precisione 0.1 mg)
Il solido da cristallizzare si mette in una beuta delle dimensioni giuste
(il campione non deve occupare più di 1/5-1/4 del volume)
beute
(Erlenmeyer flask)
Il campione pesato si trasferisce in una beuta, con l’aiuto
di una spatola
becker
In un beker il solvente evapora più in fretta ed
solido sale lungo le pareti e può traboccare
“beacker”
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In un’altra beuta si scalda del solvente che poi si aggiunge
lentamente alla beuta con il solido da cristallizzare.
Non sapendo quanto solvente serve, bisogna aggiungerlo poco alla volta,
per evitare di metterne troppo, altrimenti alla fine rimarrebbe troppo
composto in soluzione
aperto!!
Si deve aggiungere la quantità sufficiente di solvente
per sciogliere tutto il composto, più qualche cosa, per
tener conto dell’evaporazione
Il solvente scelto per la cristallizzazione e scaldato in
una beuta va aggiunto (con una pipetta Pasteur o
contagocce) alla beuta contenente il campione pesato.
Se il solvente è molto volatile, si può usare una
beuta con smeriglio ed un refrigerante
 3. Decolorazione della soluzione
Se la soluzione è colorata (e si è sicuri che il composto sia incolore!) la
colorazione è dovuta ad impurezze, che si possono eliminare aggiungendo
polvere di carbone (dopo aver raffeddato un po’! Per evitare schizzi)
Il carbone attivo ingloba di preferenza le impurezze colorate. Se ne
aggiunge una quantità piccola (1-2% in peso rispetto al campione o 1
mg per ml di soluzione), si riporta all’ebollizione per qualche tempo.
AVVERTENZA!
Assicurarsi sempre che la beuta non rischi di cadere:
usare sostegni e pinze!
Tenersi le mani libere!
morsetto
sostegno
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La pinza va collegata al morsetto ed al sostegno in un
modo ben preciso: si deve evitare che, in seguito a
“manovre” sbagliate, ci siano cadute di vetreria!
pinza con
morsetto
pinza su sostegno
 4. Filtrazione a caldo
La presenza di impurezze insolubili a caldo (o l’aver usato il carbone attivo)
rende necessaria la filtrazione a caldo.
Si effettua una filtrazione per gravità, usando un imbuto ed un filtro di carta
Nota Bene: la filtrazione per gravità si preferisce
quando interessa più il liquido del solido
spazio per l’aria
soluzione senza impurezze insolubili
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E’ meglio usare un imbuto a gambo corto, perché
l’evaporazione del solvente caldo potrebbe far
cristallizzare del composto lungo il gambo
La carta da filtro va piegata, in modo da favorre la filtrazione
ancora
a metà
a metà
Si riapre fino ad avere un semicerchio con pieghe:
verso il
basso
in giù
in su
ancora
a metà
verso l’alto
verso il basso
in su
in giù
a ventaglio
Per adattare bene il filtro all’imbuto si piegano le due facce opposte a metà:
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Passaggi necessari per la purificazione per cristallizzazione
1. Scelta del solvente
2. Dissoluzione del campione
non sempre necessario
3. Decolorazione della soluzione
4. Filtrazione a caldo
5. Raffreddamento della soluzione
passaggio più critico
6. Filtrazione a freddo
7. Lavaggio dei cristalli
8. Essiccamento dei cristalli
Cristallizzazione
Precipitazione
sempre importante; non sempre facile
Crescita lenta dei cristalli, con un processo di
equilibrio
cristalli puri
Formazione veloce dei cristalli
cristalli impuri
(le impurezze rimangono inglobate nei cristalli)
Non bisogna raffreddare troppo in fretta. La velocità del riscaldamento
determina le dimensioni dei cristalli.
Cristalli molto grandi vanno evitati, perché spesso inglobano il solvente e le
impurezze in esso disciolte.
Cristalli troppo piccoli sono da evitare, perché è difficile lavarli bene dal
solvente e dalle impurezze solubili e ci vuole più tempo ad asciugarli.
Il compromesso migliore tra rapidità, convenienza e qualità dei cristalli
si raggiunge lasciando raffreddare la soluzione a temperatura ambiente.
NON BISOGNA AVERE FRETTA!
Se I cristalli si raccolgono troppo presto, si può perdere del prodotto che ancora
non è cristallizzato. Il tempo minimo per la cristallizzazione varia da minuti a giorni.
Si determina solo facendo delle prove

6. Filtrazione a freddo
Completata la cristallizzazione, il solido si rccoglie per filtrazione sotto vuoto,
usando un imbuto Büchner o un imbuto Hirsch
serve una beuta
da vuoto
Büchner
Hirsch
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Imbuto di Büchner
Imbuto di Hirsch
Va inserito tra l’imbuto di porcellana ed il collo
della beuta, per assicurare la tenuta del vuoto
i fori del Büchner sono coperti
con carta da filtro
Se il solvente è molto,
se ne può decantare
un po’ sull’imbuto
di solito bisogna agitare
la beuta prima di versare
Dopo che tutto il solvente è stato versato, spesso rimangono dei cristalli nella beuta.
Si possono riprendere con del solvente fresco o con un po’ del filtrato.
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Il vuoto viene assicurato con una pompa ad acqua o a membrana
Nota Bene: la filtrazione per gravità si preferisce
quando interessa più il solido del liquido

7. Lavaggio dei cristalli
Dopo aver raccolto i cristalli sul filtro, bisogna lavarli con la minima quantità
di solvente fresco, per togliere il liquido che contiene le impurezze solubili.
Se I cristalli sono relativamente solubile, il solvente di lavaggio deve esssere freddo
Attenzione: durante il lavaggio non spostare o rompere il filtro di carta.

8. Essiccamento dei cristalli
Facendo passare aria attraverso il filtro, con l’aiuto del vuoto bisogna
rimuovere quanto più solvente è possibile
POSSIBILI INCONVENIENTI
1. Si separa un olio: la soluzione prima diventa opalescente e poi si separano le
goccioline
Le impurezze restano sciolte nell’olio
2. Non si ha cristallizzazione dopo raffreddamento
soluzione sovrassatura: la cristallizzazione si innesca
sfregando con una bacchetta o mettendo un cristallo di
composto puro (germe di cristallizzazione)
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I solidi volatili si possono purificare per sublimazione, processo
che comporta il passaggio dalla fase solida a quella vapore e la
condensazione dalla fase vapore alla fase solida
Il campione si scalda sotto
vuoto ed il vapore
incontra una superficie
fredda, dove solidifica.
Non tutti i solidi sono in grado di sublimare
dito freddo
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I liquidi (sia reagenti che solventi) si purificano per DISTILLAZIONE, un
processo che porta il liquido in fase vapore vapore e poi condensa
nuovamente il vapore a liquido
Un liquido bolle quando la sua pressione di vapore è uguale alla
pressione esterna (equazione di Clausius-Clapeyron)
il liquido
bolle
Composti con calori di vaporizzazione più
alti hanno pressioni di vapore più basse e
quindi serve più energia per vaporizzarli
(p.e. maggiore)
Pressione
atmosferica
normale
I liquidi basso-bollenti (p.e. < 150°C)
contenenti impurezze non volatili si
possono purificare per distillazione
semplice a pressione ambiente
- Il liquido viene portato all’ebollizione con un’opportuna fonte di calore
(EVITARE FIAMME LIBERE: i composti organici sono di solito
infiammabili!!!)
- il vapore viene fatto passare attraverso un tubo freddo (refrigerante), dove
condensa e viene raccolto in un pallone.
E’ importante asscurare una buona agitazione del liquido in ebollizione (ancoretta
magnetica, oppure pietruzze da ebollizione) per evitare “bumping”, che può mandare
nel pallone di raccolta del liquido non purificato.
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Apparecchiatura per la distillazione semplice a pressione atmosferica
H2O
esce
H2O
entra
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Apparecchiatura per la distillazione semplice a pressione ridotta
Se non si conosce la pressione (e non si può misurare), si può ricavare con l’aiuto
del grafico:
30 torr
195°C
95°C
Conoscendo il p.e. a 760
torr, si collega il p.e.
sperimentale (prima scala)
con quello a pressione
atmosferica (seconda scala)
e si prolunga la retta fino a
leggere la pressione (terza
scala).
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Se il liquido ha un punto di ebollizione molto alto (anche a pressione ridotta)
ed è immiscibile con l’acqua, si può ricorrere alla DISTILLAZIONE IN
CORRENTE DI VAPORE.
Alla temperatura di ebollizione dell’acqua,
il vapore di questo liquido in equilibrio con
esso contribuisce al raggiungimento della
pressione esterna e viene trascinato via
dall’acqua che bolle.
Al termine della distillazione, il liquido
e l’acqua formano due fasi separate.
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Per allontanare del solvente, la distillazione si effettua con un
Evaporatore rotante (o ROTAVAPOR)
serpentina refrigerante
motore a velocità variabile,
per far ruotare il pallone
rubinetto a due vie, per
collegare con l’esterno
pallone con il solvente
da evaporare
alla pompa da vuoto
tubi con l’acqua di
raffreddamento
serpentina refrigerante
rubinetto a due vie, per
collegare con l’esterno
motore a velocità variabile,
per far ruotare il pallone
pallone con il solvente
da evaporare
bagno riscaldante
ad acqua
pallone di raccolta
del solvente
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pallone di raccolta del solvente
smeriglio
sferico
rubinetto per collegare
con l’esterno
Per allontanare del solvente, la distillazione si effettua con un
Evaporatore rotante (o ROTAVAPOR)
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PER EFFETTUARE UNA REAZIONE CHIMICA
1. Si purificano (se necessario) reagenti e solventi.

2. Si mescolano i reagenti nelle opportune condizioni di reazione.
3. Si segue l’andamento della reazione.
4. Si lavora la reazione.
5. Si analizza il grezzo della reazione.
6. Si separano i prodotti.
7. Si controlla la purezza dei prodotti.
8. Si purificano (se necessario) i prodotti.
2. Mescolamento dei reagenti
I reagenti vanno mescolati in soluzione, in un pallone,
munito di piastra magnetica riscaldante. Generalmente
uno dei reagenti si aggiunge all’altro (mediante imbuto
di gocciolamento autoequilibrante).
Se necessario, si mantiene l’atmosfera inerte e/o
anidra.
tubo a CaCl2
refrigerante a bolle
imbuto di
gocciolamento
autoequilibrante
bagno esterno
piastra magnetica
(riscaldante o refrigerante)
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Per effettuare una reazione chimica correttamente:
1. Si purificano (se necessario) reagenti e solventi.
2. Si mescolano i reagenti nelle opportune condizioni di reazione.

3. Si segue l’andamento della reazione.
4. Si lavora la reazione.
5. Si analizza il grezzo della reazione.
6. Si separano i prodotti.
7. Si controlla la purezza dei prodotti.
8. Si purificano (se necessario) i prodotti.
E’ importante poter verificare se il substrato stia reagendo (e quindi
scomparendo) ed il prodotto/i si stia formando (e quindi comparendo).
Sono utili quando reagenti e prodotti hanno
caratteristiche spettrali diverse (per es. un picco IR o un
segnale 1H NMR o il massimo di assorbimento UV-vis.
TECNICHE
SPETTRALI
però….
sono più utili per analizzare il grezzo di
reazione (dopo aver allontanato il solvente)
problema del solvente
TECNICHE CROMATOGRAFICHE
Le separazioni cromatografiche si basano sul fatto che sostanze diverse si
ripartiscono diversamente tra due fasi (fase stazionaria e fase mobile),
generalmente sulla base della diversa polarità.
Cromatografia di ADSORBIMENTO
Cromatografia di RIPARTIZIONE
Fase stazionaria
Fase mobile
tecnica
Sostanze separate
SOLIDO
LIQUIDO
ADSORBIMENTO
ampia gamma di molecole
alifatiche ed aromatiche
Fase inversa
molecole organiche polari
gel permeation
macromolecole
a scambio ionico
molecole cariche
(amminoacidi)
LIQUIDO
LIQUIDO
RIPARTIZIONE
molecole organiche
termicamente labili
LIQUIDO
GAS
RIPARTIZIONE
molecole organiche volatili
Nella cromatografia di ADSORBIMENTO le sostanze vengono adsorbite sulla
fase stazionaria, di solito un solido polare.
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L’adsorbimento è un processo fisico, con interazioni polari (legame
idrogeno, interazioni dipolo-dipolo, forze di van der Waals)
La fase stazionaria (l’adsorbente) è un solido poroso, molto puro, in granelli
di piccole dimensioni, in grado di interagire sia con solventi che con soluti
Silice (gel di silice)
SiO2
Allumina
Al2O3
Una volta che la miscela da separare è stata caricata sull’adsorbente, si
eluisce con uno o più solventi (si fa passare il solvente, detto eluente,
attraverso la fase stazionaria).
L’eluizione può essere fatta per gravità (discendente) o per capillarità
(ascendente).
L’eluente compete con le sostanze adsorbite per i siti di interazione
della fase stazionaria e di conseguenza sposta le sostanze adsorbite.
Eluenti di polarità diversa hanno capacità diversa di spostare un dato soluto
dal sito attivo del supporto su cui è stato adsorbito.
Maggiore è la polarità del solvente, più efficientemente questo compete per
l’interazione con l’adsorbente è più rapidamente il soluto verrà spostato
Sostanze adsorbite con interazioni più deboli (composti meno polari)
verranno spostati più facilmente di sostanze con interazioni più forti
con la fase stazionaria (composti più polari)
separazione
Le proprietà eluenti del solvente hanno permesso di costruire la serie eluotropica, che
li ordina dal meno polare al più polare. L’ordine può variare cambiando adsorbente.
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Serie eluotropiche dei più comuni solventi
silice
allumina
cicloesano
pentano
tetracloruro di carbonio
toluene (metilbenzene)
cloroformio
dietil etere
acetato di etile
acido acetico
metanolo
pentano
cicloesano
tetracloruro di carbonio
toluene (metilbenzene)
dietil etere
cloroformio
acetato di etile
metanolo
acido acetico
POLARITA’
- Cromatografia su Strato Sottile, TLC (Thin Layer Chromatography)
La cromatografia su strato sottile è una cromatografia di adsorbimento
La fase stazionaria è stesa su un supporto solido e l’eluente sale per
capillarità
Diversi fattori determinano l’efficienza di una separazione cromatografica
ADSORBENTE
1
Dovrebbe essere molto selettivo verso le sostanze da
separare
Non deve adsorbire troppo fortemente
Altrimenti tutti I composti restano vicino al punto di applicazione e non
si ha separazione.
2
Non deve adsorbire troppo debolmente
Altrimenti tutti i composti si muovono con il fronte del solvente e non si
ha separazione.
ELUENTE
Dovrebbe essere molto selettivo nella capacità di
desorbire le sostanze da separare.
Una proprietà importante del solvente è quella di venire adsorbito sulla fase
stazionaria.
Se il solvente viene adsorbito più fortemente dei composti da separare, ne
prende il posto sulla fase stazionaria ed I composti verranno eluiti insieme
Tutti i composti si muovono con il fronte del solvente e non si ha separazione.
Se il solvente viene adsorbito meno fortemente di tutti i composti da separare,
non riesce a desorbirli
Tutti I composti restano vicino al punto di applicazione e non si ha separazione.
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Se il solvente è adsorbito più fortemente di qualche composto della miscela e meno
fortemente di altri, faciliterà il desorbimento dei composti che può sostituire sulla
fase stazionaria, senza favorire il desorbimento degli altri
si ha separazione.
fronte del
solvente
linea di
applicazione
La particolare combinazione di adsorbente ed eluente che darà una buona
separazione dei composti di una miscela si può determinare SOLO PER
TENTATIVI
Per indicare quanto abbia “camminato” un composto su TLC con un dato
eluente, si definisce il rapporto frontale, Rf
distanza percorsa dal composto
Rf =
distanza percorsa dal fronte del solvente
I valori di Rf dipendono molto dalla natura dell’adsorbente e da quella dell’eluente.
Per verificare se un composto incognito corrisponda o no ad un composto noto, si
devono far correre affiancati, sulla stessa lastrina, mello stesso cromatogramma: se
i percorsi sono identici, ci sono buone possibilità che anche i composti lo siano.
TECNICA DELLA TLC
1. Si prende una lastrina: la fase stazionaria è depositata su un supporto
solido (per es., vetro o alluminio)
Non toccate la fase stazionaria, ma tenete la lastrina sui lati, se non
volete cromatografare quello che avete sulle dita o sui guanti!
2. Si segna una riga con la matita a circa 1 cm di altezza
Non usate penna, se non volete…eluire l’inchiostro. Non premete con la matita:
il segno deve essere leggero: se fate un solco, impedite la corretta eluizione.
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3. Si immerge un capillare in una soluzione della miscela da esaminare,
con un solvente che evapori facilmente.
Il liquido sale per capillarità.
4. Si appoggia il capillare sulla linea tracciata, avendo cura di toccare appena la superficie. Soffiare leggermente sulla macchia, per fare evaporare
il solvente. Appoggiare il capillare sullo stesso punto.
In questo modo si aumenta la quantità della sostanza applicata,
senza allargare troppo la macchia.
5. Si prepara la “camera di sviluppo”: un recipiente che si possa chiudere, in
cui si versa il solvente adatto per la miscela in esame (trovato in precedenza
per tentativi). Si inserisce un rettangolo di carta da fltro, che si bagna con il
solvente. Si inserisce la lastrina e si chiude il recipiente.
Per avere risultati riproducibili l’atmosfera nella camera di sviluppo
deve essere saturata con il solvente di eluizone.
Rettangolo di carta da filtro imbevuto di solvente
Il livello del solvente non deve superare il punto di applicazione delle sostanze
sulla lastrina: altrimenti la sostanza si scioglie nel solvente e non viene eluita.
Preparzione della ”camera di sviluppo”
A. Miscela eluente nella
camera di sviluppo
A
B. Preparazione della carta da
filtro per aiutare la formazione
dell’atmosfera satura di
solvente
C. Introduzione della carta
B
C
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Preparazione della lastrina
Per la lastrina:
Usare la matita (segno leggero)
6. Il solvente sale per capillarità. Si interrompe quando il fronte del solvente
è arrivato a circa 1 cm dalla fine della lastrina.
Non lasciate che l’eluente salga oltre il bordo della lastrina! Potreste
perdervi una sostanza che cammina con il fronte del solvente.
7. Si toglie la lastrina, si lascia asciugare il solvente e si visualizzano le
macchie sulla lastrina.
Se i composti sono colorati, si vedono direttamente.
Se non sono colorati vanno visualizzati
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Rivelazione della lastrina
a
Con lampada UV
Molti tipi di lastrine contenengono una sostanza fluorescente che
brilla quando si mette sotto una lampada UV.
La lastrina brilla e i composti si vedono come macchie scure (spengono la
fluorescenza) o come macchie fluorescenti di colore diverso.
NON guardate MAI direttamente la luce UV!!!
spenta
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b
Con iodio
Si inserisce la lastrina in un recipiente contenente vapori di iodio, che dà
interazioni deboli con molti composti (ma non con tutti)
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Le macchie scompaiono lentamente, una volta tolta la lastrina dal recipiente.
c
Visualizzazione distruttiva
Si spruzza acido solforido sulla lastrina, che poi si mette in stufa a 110°C.
In corrispondenza dei composti si ha una macchia carbonizzata.
Dopo la visualizzazione:
1. Si misura la distanza tra il fronte del solvente ed il punto di
applicazione
2. Si misura la distanza tra la macchia (centro della macchia) ed il
punto di applicazione
3. Si fa il rapporto tra i due valori, ottenendo il rapporto frontale, Rf,
che può andare da 0,0 a 1,0
L’analisi TLC permette di determinare rapidamente:
-se un grezzo di reazione è una miscela di composti
- l’identità di un composto se è disponibile uno standard.
Errori da evitare
Troppa sostanza. Le macchie diffondono
e non si vede separazione
troppa
sostanza
quantità
minore
oppure scodano
fronte del solvente
troppa sostanza:
lastrina sovraccarica
linea di
applicazione
Ripetere l’analisi usando una
quantità minore
33
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Le sostanze sono state
applicate troppo vicino.
La diffusione impedisce
di capire di quale
campione si tratta
era in A o in B?
Le macchie incominciano a
sovrapporsi
A B
Macchia troppo vicina al bordo
la macchia non è ben circondata da
adsorbente e solvente
Gli Rf non sono accurati; si ha perdita di campione
Talvolta le macchie non hanno l’aspetto rotondo “giusto”, anche se
applicate nella quantità corretta
a
b
c
Composti con gruppi funzionali fortemente acidi o basici (es. acidi carbossilici
o ammine) vengono fortemente adsorbiti e perciò sono eluiti con difficoltà
Nel momento dell’applicazione si è appoggiato il capillare con troppa forza
e parte dell’adsorbente si è staccato nel punto di applicazione: il solvente
passa intorno e questo provoca uno sviluppo irregolare, con formazione
di una mezzaluna
Si è usato un solvente troppo
polare per applicare il campione
sulla lastrina: ha provocato
spostamento di parte del campione
già prima dell’inizio dell’eluizione
a
b
c
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GASCROMATOGRAFIA (GC)
Sostanze volatili possono essere analizzate (qualitativamente e quantitativamente) mediante cromatografia in fase vapore (vapour phase chromatography,
VPC) detta anche cromatografia gas-liquido (gas-liquid chromatography, GLC)
o, comunemente, gascromatografia (GC).
è una cromatografia di ripartizione
colonna capillare
La fase stazionaria è un liquido altobollente che riveste come film sottile
una colonna di vetro cava (colonna capillare) oppure impregna della silice
e viene inserito in una colonna di vetro o di metallo (colonna impaccata)
colonne impaccate
metallo
vetro
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Mediamente polari: oli di silicone
R
R R
R R
Si
Si
O
O
R R
R R
Si
Si
O
O
R R
R R
Si
Si
O
O
R R
R R
Si
Si
O
O
R R
R R
Si
Si
O
O
R R
R
Si
Si
O
Utili per molte sostanze. Separano sulla base della volatilità
La fase mobile è un gas inerte: azoto o elio, migliore, ma più costoso
La siringa solitamente è da 10 ml; si inietta 1 ml della soluzione
Lavare MOLTO bene la siringa, sia prima che dopo l’iniezione!
L’ago è molto sottile e si rompe facilmente: guidarlo con entrambe le mani
toccare il setto
l’ago deve essere vuoto
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forare il setto senza iniettare
iniettare
Si inietta con un movimento morbido e
rapido
RIVELAZIONE DEL CAMPIONE
Il detector più usato è il rivelatore a ionizzazione di fiamma, FID (flame
ionization detector)
Nel detector arrivano: idrogeno, aria e una porzione del gas
di trasporto.
La fiamma, ottenuta bruciando H2 in aria, è posta in un campo elettrico.
Quando passa solo il gas di trasporto, si ha una fiamma che produce pochi ioni.
Quando il gas di traporto contiene un composto organico, questo brucia e forma
ioni, che aumentano la conducibilità elettrica.
La variazione di potenziale si traduce in un segnale che viene inviato
ad un registratore o ad un computer
Il risultato è un
gascromatogramma
I picchi diventano più
larghi con l’aumentare
del tempo di ritenzione.
Il picco del solvente va
fuori scala.
Il tempo di ritenzione
si misura tra il tempo
dell’iniezione e
quello del picco
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Il tempo di ritenzione permette di identificare un composto in confronto
con un campione noto di quel composto: i tempi di ritenzione devono
essere identici nelle stesse condizioni di analisi
La forma ideale del picco dovrebbe essere una gaussiana.
Picchi irregolari possono essere dovuti a cause diverse.
picco scodato
La fase stazionaria della colonna non è adatta per
quel composto
picco a “pinna di pescecane” con crescita
irregolare seguita da diminuzione improvvisa
La colonna è stata sovraccaricata: bisogna
iniettare molto meno campione
picco allargato
A causa della diffusione laterale (presente in tutti i
processi cromatografici) i picchi diventano sempre
più larghi e bassi: con tempi di ritenzione molto
lunghi si possono confondere con la linea di base
Si può rimediare aumentando
la temperatura della colonna
in modo programmato
ANALISI QUANTITATIVA
L’area dei picchi è proporzionale alla quantità di sostanza, ma le sostanze NON
bruciano tutte alla stessa maniera e perciò non producono la stessa quantità di ioni.
E’ perciò necessario fare delle rette di taratura con concentrazioni note e
con un composto standard di elevata purezza e di concentrazione nota.
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Riportando in grafico il rapporto delle aree misurato in funzione del
rapporto delle concentrazioni si ottiene una retta il cui coefficiente
angolare è il fattore di risposta
Areacampione
[campione]
= fR x
Areastandard
[standard]
Quando si ha una concentrazione icognita del composto, basta fare l’analisi con
una concentrazione nota di standard
[campione]incognita =
Areacampione
Areastandard
x
[standard]
f
R
CROMATOGRAFIA LIQUIDA AD ELEVATA PRESTAZIONE (HPLC)
High Performance Liquid Chromatography
Si usa in alternativa alla GC, quando le sostanze non sono volatili, oppure
non sono stabili alle temperature dell’iniettore del gas cromatografo.
Fase stazionaria: solido finemente suddiviso (particelle anche di 5 m)
Fase mobile: liquido pompato sotto pressione attraverso la fase stazionaria
L’equilibrio tra l’adsorbente e la fase mobile si stabilisce molto rapidamente
LAVORAZIONE DELLA REAZIONE
1. Si purificano (se necessario) reagenti e solventi.
2. Si mescolano i reagenti nelle opportune condizioni di reazione.
3. Si segue l’andamento della reazione.

4. Si lavora la reazione.
5. Si analizza il grezzo della reazione.
6. Si separano i prodotti.
7. Si controlla la purezza dei prodotti.
8. Si purificano (se necessario) i prodotti.
Finita la reazione, il prodotto (o i prodotti) deve essere separato dalla miscela di
reazione con tecniche di separazione.
Ogni reazione può presentare problemi diversi di separazione, ma la maggior parte
delle reazioni si può “lavorare” (“work-up”) secondo alcuni schemi generali.
“Lavorazione acquosa” standard
metodo più comune
Al termine della reazione, la miscela si versa CAUTAMENTE in acqua (o
acqua e ghiaccio se il processo è esotermico): di solito il solvente organico
usato per la reazione non è miscibile con l’acqua e si formano due fasi, che
vanno separate.
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Le due fasi si separano con un imbuto separatore
aprendo il rubinetto si
raccoglie la fase inferiore
Etere dietilico: più leggero
dell’acqua: sta sopra
CH2Cl2 o CHCl3: più pesanti
dell’acqua: stanno sotto
l’imbuto separatore si fissa al sostegno con un morsetto ed un anello
beuta
sostegno
imbuto
separatore
anello
morsetto
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L’anello va inserito nel morsetto in modo da essere sempre SORRETTO
Così, anche in caso di allentamento accidentale, l’anello non cade.
NO !
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ATTENZIONE !!!!
Prima di introdurre la soluzione nell’imbuto,
accertarsi che il rubinetto sia chiuso!
Mettere sempre una beuta vuota sotto, perché il
rubinetto potrebbe perdere!
In acqua restano sali ed eventuali altri composti inorganici (acidi e basi compresi).
Nella fase organica restano tutti i composti organici (insolubili in acqua).
Quando si vedono bene le due
fasi, si apre il rubinetto e si fa
scendere (LENTAMENTE!) il
liquido fino a che la separazione
tra le fasi non raggiunge il
rubinetto stesso.
La fase organica, separata, si lava (sempre con l’aiuto dell’imbuto separatore)
con porzioni di acqua distillata, per allontanare tutti I composti solubili in H 2O.
NOTA BENE Se la reazione è stata eseguita in un solvente MISCIBILE con l’acqua,
prima della lavorazione occorre rimuoverne la maggior parte, poi
versare (cautamente) in acqua ed infine aggiungere un solvente
immiscibile con H2O.
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Dopo aver effettuato i lavaggi e raccolto la fase organica, bisogna
rimuovere il solvente (Rotavapor).
E’ però necessario togliere prima tutta l’acqua o, come si dice, “seccare”
il solvente
Anche se il solvente è immiscibile con l’acqua, rimane “bagnato”:
evaporando il solvente resta l’acqua, che è difficile da mandar via.
Per togliere l’acqua, il solvente organico si tratta con solfato di sodio
anidro, che tende a diventare decaidrato (acqua di cristallizzazione)
Na2SO4 (anidro)
H2O
Na2SO4 . 10 H2O
aspetto cristallino
(resta sul fondo)
aspetto polveroso
(va in sospensione)
Si aggiunge solfato di sodio anidro fino a che, agitando la beuta, una
parte va in sospensione
Si filtra su carta e si allontana il solvente (Rotavapor).
SEPARAZIONE MEDIANTE ESTRAZIONE CON SOLVENTI
Teoria dell’estrazione
Se un composto A, sciolto in un solvente organico (per esempio, dietil
etere) si tratta con il liquido immiscibile acqua, si ripartirà tra le due fasi,
con concentrazioni regolate dalla costante di ripartizione, KR
[A]Et2O
[A]H2O
= KR
Se una miscela di due composti, A e B, viene sciolta in un solvente organico
(per esempio, dietil etere) e la soluzione viene trattata con il liquido
immiscibile acqua, i due composti si separano se A ha KR>>1 e B ha KR <<1
(o viceversa).
Difficilmente la separazione di sostanze organiche neutre ha successo,
perché la maggior parte delle sostanze organiche è più solubile nei
solventi organiche che in acqua.
Acidi e basi, trasformati in ioni solubili in acqua, si possono
spesso rimuovere completamente dalle soluzioni organiche
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Gli acidi sono estratti da una base
base
A:-
H-A
base coniugata
ionica
acido
covalente
insolubile nei solventi organici,
solubile in acqua
solubile nei solventi organici,
insolubile in acqua
Dopo l’estrazione, se si vuole riottenere l’acido, si acidifica la soluzione acquosa: HA,
essendo insolubile in acqua, precipita e si separa.
Le basi sono estratte da un acido
acido
B:
base
covalente
solubile nei solventi organici,
insolubile in acqua
H-B+
acido
ionico
insolubile nei solventi organici,
solubile in acqua
Dopo l’estrazione, se si vuole riottenere la base, si alcalinizza la soluzione acquosa:
B, essendo insolubile in acqua, precipita e si separa.
miscela di
reazione
Alla fine della
reazione:
1.Si tratta con acqua o acqua e ghiaccio
2.Si aggiunge un solvente organico immiscibile e si agita
soluzione organica con prodotto neutro
fase acquosa (si scarta)
Si lava (estrae) con una base
soluzione organica con prodotto neutro
fase acquosa con impurezze
acide (si scarta)
Si lava (estrae) con un acido
soluzione organica con prodotto neutro
Si lava (estrae) con acqua
soluzione organica con prodotto neutro
fase acquosa con impurezze
basiche (si scarta)
fase acquosa (si scarta)
1.Si secca
2.Si evapora il solvente organico
prodotto neutro
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miscela di
reazione
Se il prodotto
è acido:
1.Si tratta con acqua o acqua e ghiaccio
2.Si aggiunge un solvente organico immiscibile e si agita
soluzione organica con prodotto acido
fase acquosa (si scarta)
Si estrae con una base
fase organica (si scarta)
fase acquosa basica con prodotto acido
1.Si acidifica
2.Si estrae un solvente organico
soluzione organica con prodotto acido
fase acquosa (si scarta)
Si lava (estrae) con acqua
soluzione organica con prodotto acido
fase acquosa (si scarta)
1.Si secca
2.Si evapora il solvente organico
prodotto acido
miscela di
reazione
Se il prodotto
è basico:
1.Si tratta con acqua o acqua e ghiaccio
2.Si aggiunge un solvente organico immiscibile e si agita
soluzione organica con prodotto basico
fase acquosa (si scarta)
Si estrae con un acido
fase organica (si scarta)
fase acquosa acida con prodotto basico
1.Si alcalinizza
2.Si estrae un solvente organico
soluzione organica con prodotto basico
fase acquosa (si scarta)
Si lava (estrae) con acqua
soluzione organica con prodotto basico
fase acquosa (si scarta)
1.Si secca
2.Si evapora il solvente organico
prodotto acido
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ESTRAZIONE IN CONTINUO
Se si deve estrarre da
un solido un composto
relativamente poco
solubile, l’estrazione
con solventi si può
effettuare in modo
efficiente con un
apparecchio Soxhlet.
SEPARAZIONE MEDIANTE DISTILLAZIONE FRAZIONATA
Se il grezzo di reazione è costituito di composti liquidi miscibili, questi si
possono separare per distillazione
Una coppia di liquidi miscibili, A e B, ha comportamento ideale se segue la
legge di Raoult, contribuendo alla pressione di vapore totale in funzione
della composizione della miscela
Ptotale = PA + PB = xAP0A + xBP0B
xA e xB = frazione molare di A e B nella miscela
P0A e P0B = pressione di vapore di A e B puri ad una data temperatura
Se la differenza di temperatura di ebollizione dei due liquidi è > 50°C, si può effettuare
una distillazione semplice, raccogliendo prima il liquido che bolle a temperatura più
bassa e poi quello che bolle a temperatura più alta (se necessario, diminuendo la
pressione)
Per separare liquidi con punti di ebollizione più vicini:
distillazione frazionata.
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Mescolando quantità diverse di A e B, misurando la temperatura a cui la
miscela bolle (a pressione atmosferica) ed esaminando la composizione
del vapore, si ricava il diagramma dei punti di ebollizione in funzione
della composizione
Man mano che la distillazione procede, il punto di ebollizione sale gradualmente ed
il distillato contiene una quantità minore del composto più volatile
Questo significa salire nel diagramma da XY a, per esempio, X’Y’
Caratteristico della distillazione di una miscela di liquidi è:
La composizione del liquido e quella del vapore non sono
uguali
 Il p.e. del liquido sale gradualmente durante la distillazione.
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p.e.
Una miscela con, frazione molare di B L1 si scalda e raggiunge la temperatura di ebollizione. Il vapore ha composizione V1. Se il vapore condensa, dà un liquido di composizione
L2. Se L2 viene scaldato, raggiunge una temperatura di ebollizione (inferiore alla precedente), da cui si ottiene un vapore V2, più ricco nel composto a p.e. più basso.
Ripetendo più volte la serie distillazione-condensazionedistillazione si arriva ad A puro
Le distillazioni successive necessarie per la separazione costituiscono i piatti teorici
Riempimento con palline di vetro
Riempimento a spirale
Colonna di Widmer
Denti di vetro rientranti
Colonna di Vigreux
In pratica le distillazioni successive si realizzano interponendo tra
pallone e testa di distillazione una “colonna di frazionamento”
Un piatto teorico è l’equivalente di una distillazione semplice.
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Miscele non ideali possono non essere separabili se c’è una
composizione della micela in cui la composizione del vapore è
uguale a quella del liquido (miscele azeotropiche).
SEPARAZIONE MEDIANTE CROMATOGRAFIA
SU COLONNA
I composti organici si possono separare
con la cromatografia di adsorbimento, in
quantità di grammi.
La separazione si basa sullo stesso primcipio della TLC
Una colonna di vetro, con rubinetto, si riempie
con la fase stazionaria bagnata con il solvente
(per evitare la formazione di bolle d’aria)
In testa alla colonna si pone una soluzione dei
composti da separare (minimo volume), che si fa
adsorbire, facendola scendere (rubinetto aperto)
Si eluisce con il solvente opportuno e si
raccolgono le frazioni (attraverso il rubinetto)
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Il solvente può evaporare, depositando
cristalli sul gambo: lavare con solvente
fresco
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