"C`era una volta, in quel di Novi, la Fiera di Santa Caterina..."

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"C`era una volta, in quel di Novi, la Fiera di Santa Caterina..."
UN PO' DI STORIA DI UNA FIERA TRA LE PIU' IMPORTANTI DELLA PROVINCIA
"C'era una volta, in quel di Novi,
la Fiera di Santa Caterina..."
di EGIDIO MASCHERINI
II novembre, che il calendario gregoriano colloca tra il giorno di tutti i Santi e la festività di
Sant'Andrea, appartiene interamente all'autunno sotto il profilo astronomico, anche se presenta
quasi sempre le caratteristiche dei mesi invernali. Un vecchio adagio novese avverte : Per
Sant'Andrea, l'inverno u monta in carea, come a dire: cari miei, non fatevi illusioni, l'inverno è
alle porte, anzi ci siamo dentro fino al collo!.
I cieli sono imbronciati, l'aria è rigida, le nubi sono gravide di piovaschi e di neve, Giove pluvio e
nevoso può far cadere i suoi fulmini quando vuole.
Per lo più si ha un costante piovig-ginare - un qualcosa tra la pioggerellina appena percettibile e il
nebbione che ammolla-fenomeno che in italiano non trova una locuzione, un verbo particolarmente
acconcio, ma che in novese ha un'espressione ineguagliabile ed intraducibile che suona: u
scarnebia!.
Sul finire di novembre, il giorno 25, ecco, per la gioia di grandi e piccini, la festa di S.Caterina.
I più ignorano quale delle diverse Caterine si commemorino in questo giorno.
Non è la grande Caterina da Siena, la Santa patrona d'Italia, colei che indusse con le sue lettere di
fuoco il Papa ad abbandonare l'esilio di Avignone per tornare a Roma, dov'è la cattedra di Pietro. E
nemmeno di Santa Caterina Fieschi, la nobile genovese che visse una vita all'insegna
dell'ascetismo e della penitenza, soccorrendo lebbrosi ed appestati. Diciamo, dunque, che si tratta
di Santa Caterina d'Alessandria, vergine di nobile famiglia, vissuta a cavallo tra il terzo e il quarto
secolo. Le enciclopedie scrivono che disputò davanti alla corte di Massimino Daia contro iI
politeismo e accusò l'imperatore come persecutore dei cristiani, per cui fu imprigionata.
L'imperatrice stessa si convertì, alla fede cristiana, ma Massimino fu implacabile; Caterina fu
condannata prima alla ruota e poi alla decapitazione. La leggenda narra che uno stuolo di angeli
portò a volo la sua anima sul Monte Sinai, dove sorse un celebre monastero . Oggi S. Caterina è
venerata in tutto il mondo cristiano ed è patrona dell'università di Parigi.
Come è noto, è altresì patrona delle sartine, che ogni anno le dedicano la famosa "Festa delle
caterinette". La sua venerata immagine viene esposta in questi giorni nella nostra Collegiata ed
ha uno stuolo innumerevole di devoti.
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La Fiera istituita nel suo nome, ha origini molto lontane, comunque posteriori ai tempi in cui Novi,
con Piacenza, Besancon e le Fiandre, ospitava le cosiddette Fiere dei cambi, che vedevano calare
a casa nostra banchieri e mercanti di tutta l'Europa, apportatori di benessere e di un vastissimo
giro d'affari.
Ma anche per il mercato dei cavalli, S.Caterina aveva sempre esercitato un foltissimo richiamo,
con l'esposizione, prima sotto i portici, poi nel maneggio, dove sorgeva la cavallerizza militare delle specie
più rinomate e quotate sui mercati. Allora, folle di contadini calavano tra le nostre mura , e giù a
palpar garretti e spalancar mascelle per accertare i requisiti di idoneità e gli eventuali "trucchi" che
non di rado i capi esposti rappresentavano, più o meno occulti, più o meno
individuabili a prima vista. Nugoli di mediatori famelici circondavano i potenziali clienti a offrire i
propri servigi ed i propri buoni uffici presso il proprietario, dietro corrisponsione di adeguata
percentuale ed il pranzo pagato alla trattoria del Bartumelin Lagostena, a Porta Pozzolo, dov'è
ora la Banca di Novara.
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Per le strade era ed è un procedere arrancante, ci si urta, ci si spinge e s'ha da stare attenti a certe
gomitate caratteristiche accompagnate da un sommesso pardon: potrebbe essere la mano
elegante del borseggiatore che ci soffia con un capolavoro di abilità il portafoglio, reato che il
nostro codice chiama appunto furto con destrezza.
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Si vedono in giro nasi paonazzi, mani livide, labbra violacee, talché vien fatto di chiederci chi ce lo
fa fare questo su e giù per la passeggiata dei Cappuccini e la contrada Girardenga, quando meglio
si starebbe tra le pareti domestiche, a goderci i pur striminziti 20 gradi che le restrizioni dei
consumi energetici hanno consentito.
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II richiamo dei bancarellisti, degli ambulanti che piovono a Novi da ogni parte d'Italia, ha un fascino
tutto suo. Certo, non sono pittoreschi come quello della Cala che offriva le sue noci ai soldati dei
quartieri al grido: belinucci, militari! oppure, convinta come era che tutti i nomi dei frutti fossero di
genere femminile, proclamava imperterrita a dritta e a manca: Abbiamo le fiche fresche... le
fiche fresche!
Purtuttavia essi meritano un cenno particolare, costituendo tanta parte del colore e del profumo di
S.Caterina. C'èquellodi Vogherà che urla ogni cinque minuti :"Vado via, vado via..." ma non c'è
pericolo che si muova... c'è il negro della Somalia, un fusto che le teen-agers divorano con gli
occhi, che ti vuol vendere a tutti i costi il cul di bottiglia e quasi implora: "II bell'anellino, signora,
per la bambina... o l'amuleto contro gli spiriti malefìci...". E c'è infine il ciottolaio di Lucca,
sempre fedele al suo posto davanti al bar Agostino, arguto e sfottitore, che non può tollerare le
massaie indecise che gli ronzano attorno senza comprare: La guardi, la mi signora, che se la si
ferma ancora du minuti, la mi moglie diventa gelosa.."
Il diavolo del torrone, meriterebbe una medaglia per la assiduità alla nostra fiera, che risale molto
in là nel tempo. Oggi ha lanciato la formula dell'assaggio preventivo del torrone, dimodochè il
potenziale cliente possa fare la sua scelta a ragion veduta. Ma iI suo richiamo alla folla, amplificato
dal microfono appeso al collo,che rende la voce un po’ gracidante - raramente cade nel vuoto,
sicché il paesanotto di Cuquello o di Bavantorino la sua brava stecchina da mille lire se la porta
sicuramente a casa.. .pei baleinni, o a fiueina...
Il parco dei divertimenti è un impazzare di colori, e rumori, che sono sibili, fucilate, ululati,
imprecazioni, invettive, richiami, risate... C'è da uscirne pazzi.
Il baraccone delle tre palle per un soldo, tra gli anni trenta e quaranta, era la nostra passione. Sul
fondo si muovevano le sagome del Negus e di Neville Chamberlain, accanto a quelle di Gretha
Garbo e di Buffalo Bill. Per una monetina di rame il dubion con l'ape che suggeva il nettare d'una
corolla, si ricevevano tre palle di pezza che lanciavano contro i pupazzi ruotanti, con sadica
violenza. Le rare volte che si faceva centro, si aveva diritto a premi favolosi: una bustina contenente un prodotto callifugo, oppure uno jo-jo, o magari un cartoccio di caramelle d'infima qualità... I
militari indugiavano al tirassegno "Faccetta nera" in lunghi colloqui con la gerente, una vamp
super truccata, che ascoltava le proposte del caporalino calabrese, o del furiere di Bassano del
Grappa, senza scomporsi , fumando avidamente la pestifera sigaretta popolare. Poi arrivava,
raggelante e tale da smorzare il sorriso sulle labbra, la proposta della donna, tale Mafalda , da
Lugo di Romagna: "Sucmel, bel soldatino, ma ce le hai le cinque lire per il mio disturbo?" E a
questo punto l'esercito di sua maestà batteva in ritirata, come ai tempi di Caporetto, e si attestava
sul Piave...fuor di metafora, correva dritto alla Villa Rosa, dove si diceva fosse arrivata una certa
Candida (guardate, a volte, che razza di nomi portano le mignotte...) della quale si lodavano il
tocco che dava le vertigini e la veemenza e l'ardore nel pilotare l'amplesso.
Ma c'era altresì tra le gioventù in grigioverde, chi si accontentava della mancia guadagnata su per i
sentieri del castello, in notturne avventure che press'a poco venivano raccontate così tra
commilitoni: "Salvatò dove sei stato?.." - A fa u servizio al mobiliere! Chi fosse poi questo
mobiliere dai gusti eclettici, non lo so proprio.
A me faceva un effettaccio quella singolare montagna di carne ch'era la Corallina, una donna cannone sui duecento chili, che si mostrava al pubblico nel bazar delle meraviglie, insieme alla
donna serpente, un volgare trucco che tuttavia aveva il potere di mettere in movimento la sbrigliata
fantasia di noi ragazzi, che pensavano ai più strambi accoppiamenti sotto i cieli tropicali dei Caraibi
o addirittura del Congo.
Trovavamo mirabolanti gli sberleffi del nano Bagonghi, che, - a confronto della donna cannone sembrava una pulce accanto all'elefante e le si sedeva sulle ginocchia butirrose, sperdendovi si
come in un oceano come il povero Pinocchio nella mano di Mangiafuoco. Gli scimpanzè del
piccolo circo"Aurora" attiravano in special modo le nostre simpatie, che arrivavano al punto di farci
spendere sino a mezza lira di banane, per la soddisfazione di stare ad osservare quei mammiferi
mentre se le succhiavano fra mille sberleffi. Il termine sumion da baracon, così spesso usato dai
nostri novesi per indicare connotati particolarmente repellenti, deve essere proprio nato in quel
torno di tempo...
La gioventù del Littorio, che van-tava a parole muscoli d'acciaio si cimentava nel lancio del ferro
lungo la rotaia d'una cremaliera, oppure nei gabbioni che bisognava far salire su, su in un'altalena
che esigeva bicipiti d'acciaio e garretti ben temprati. Noi guardavamo, naso all'insù come ad
imprese irripetibili, che non saremmo mai riusciti ad emulare, nonostante i flaconi di Proton e di
olio di fegato di merluzzo che le nostre madri ci costringevano a buttar giù, con al scusa che i fan
migola...
Gli ultimi spiccioli li spendevamo da Bazzicalupo, un pallonaio che veniva dalla Valle d'Aveto e
non disertava mai la fiera di S.Caterina e l'altra sagra tipicamente novese, che era ed è la festa
dell'ottava di Pasqua, alla Pieve. La scelta andava dal palloncino colorato, che Bazzicalupo ci
annodava all'avambraccio, al fischietto a forma di gallo o di giraffa, di metallo o di terracotta, alla
pistola caricata ad acqua, con la quale terrorizzavamo l'altro sesso sbrinzandogli addosso l'intero
contenuto.
Qualche volta ci andava di mezzo la distinta signora cu è gato a è colu e non di rado finiva male
perché la madama più accorta di uno Sherlok Holmes, minacciava fulmini e saette: "Ti a t'o
cunsu, t'è è fio de è pustein... ti vedrè che fin te la passrè liscia"
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Infine cala la tela sui fondali di Santa Caterina e si spengono le luci corrusche di una baraonda
ch'è durata abbastanza e il cui profumo si disperde nel vento che fa volteggiare in carambole
rabescate i primi fiocchi di neve che cadono da un cielo livido e minaccioso.
Mulinelli di carte multicolori frammiste a polvere giocano a rimpiattino per strade e vicoli, e danno
l'impressione del passaggio di un carnevale frenetico e pazzerelIone. Il Pein da Gaspareina,
risospinge verso le staccionate della sua fattoria i pochi superstiti tacchini invenduti, che all'alba
aveva condotto sulla piazza del mercato.
L'inverno gelido è proprio cominciato e tutto si ferma e pare addormentarsi in un sonno lungo e
profondo. Nelle case, le vecchie nonne ripetono ai nipotini l'antico adagio che accompagna la fiera
plurisecolare -Santa Caterina, liga i boi aa caseinna, lighii bain, lighii mò, quartru maisi i
gh'han da sto Per la cena, sono rimasti gli avanzi ed un bicchiere di vino novello.
NOTES – NOVEMBRE 1993