Il disagio del bambino consumatore

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Il disagio del bambino consumatore
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Il disagio del bambino consumatore1
Daniela D’Ottavio – Del Priore
pedagogista
Oggi come non mai il bambino ha un ruolo di protagonista nella nostra società dei consumi, tanto
da divenire oggetto delle attenzioni dei pubblicitari che cercano di studiarne, in modo più
sistematico e approfondito possibile, i gusti emergenti. Tale sforzo si giustifica data la crescente
rilevanza economica dei beni di consumo destinati ai bambini e ai ragazzi.
Il minore non è più un semplice consumatore-destinatario di prodotti, ma sempre più spesso ha la
possibilità di essere un acquirente in proprio grazie alle piccole o grandi somme che gli vengono
date da genitori o parenti. Inoltre il bambino-consumatore contribuisce in maniera consistente a
determinare gli orientamenti di scelta e d’acquisto dei genitori per prodotti che lo riguardano
direttamente o che concernono tutta la famiglia. Ciò naturalmente è dovuto anche alle molte ore
che i figli trascorrono davanti alla televisione, principale fonte di conoscenza e luogo di formazione
del bambino in quanto consumatore.
Osservando il rapporto tra bambino-consumatore e l’attuale panorama dell’offerta degli oggetti, si
possono fare alcune considerazioni.
Uno dei primi aspetti che colpisce riguarda l’ingresso sempre più precoce del bambino nella
“società dei consumi”. È di pochi anni fa l’immissione sul mercato di una linea di cosmetica per
bambine dai tre anni in sù, comprendente profumi, rossetti, lucidalabbra, lacche per le unghie,
creme di bellezza, ecc. Si sta quindi verificando uno slittamento dell’offerta di molti oggetti verso
fasce d’età via via inferiori.
Una seconda considerazione concerne la constatazione dell’accelerazione dei ritmi di successione
con cui si dispone di nuovi oggetti e il rispettivo accorciamento dei loro cicli di vita. Di riflesso si
assiste nella pubblicità ad un calo della ripetitività di messaggi, tipica di prodotti che restano
immutati per lungo tempo, a vantaggio di messaggi che indicano la caratteristica di sorpresa,
novità, imprevisto, tipica di prodotti che si rinnovano costantemente.
Viene da chiedersi, per dirla con le parole di E. Marigonda, se l’estesa valorizzazione del nuovo e
la sua equivalenza con il bello o il desiderabile non finisca per essere l’anticamera dell’adesione
individuale agli imperativi dell’effimero e della moda2.
Un’ulteriore considerazione è riferita allo spazio di vita del minore, che si presenta affollato,
gremito e a volte saturo di oggetti. Non si può certo affermare che il bambino occidentale viva in un
contesto povero di stimoli. Sembra che gli adulti, con la loro vita piena di organizzazione, di
struttura, di lavoro, di cose utili, non possano più immaginare che le piccole cose senza valore
siano importanti e che lo spazio libero, non strutturato, sia proprio quello spazio che è necessario
per uno sviluppo psichico sano e ricco. Il bambino necessita di questo spazio nel quale dar libero
corso alla sua fantasia. Tramite la fantasia egli si confronta con la sua ansia e con i suoi conflitti
interiori ed impara ad assimilare le sue esperienze del mondo esterno. Secondo Renate Cogoy, il
lavoro terapeutico rappresenta un punto di vista privilegiato dal quale osservare l’utilizzo
esemplare che il bambino sa fare del gioco e dello spazio poco strutturato che gli vengono offerti 3.
Uno spazio invece dominato dagli oggetti e dagli stimoli che essi producono, si traduce in
un’occupazione permanente del campo di coscienza del bambino e avvantaggia alcune forme di
esperienza rispetto ad altre: l’impulso, l’incostanza, la ricerca del piacere immediato, la sazietà, il
rumore, ecc.; piuttosto che la costanza, il differimento del piacere, la rinuncia, la solitudine, la
nostalgia, il silenzio, la riflessione, ecc.
Considerando la gestione del tempo libero infantile e pensando a tutto l’insieme di pratiche e
servizi che presentano analoghi caratteri di consumo e di moda, come il corso di nuoto, il corso di
danza, le lezioni di lingua straniera, le arti marziali, le lezioni di musica, i parchi dei divertimenti,
ecc., viene spontaneo parlare di vera e propria iperstimolazione ed eccessiva programmazione
della vita del bambino, scandita secondo canoni assai precisi, che lasciano assai poco spazio ad
una vita autonoma e creativa, dove, ancora una volta, la dimensione della quiete, del vuoto, della
mancanza viene rimossa o tende a scomparire e dove il tempo per annoiarsi non esiste. Ma la
noia, se intesa come tempo libero per ritrovare sé stessi, si rivela essere un aspetto importante
dell’esistenza umana. Interessanti a tale proposito le riflessioni della Cogoy:
“(...) vorrei mettere in rilievo il fatto che la noia non è tempo perso, ma piuttosto tempo nel quale
possono succedere molte cose. Io credo che la nostra disposizione a far uscire quanto più presto
possibile i nostri bambini da situazioni in cui si annoiano abbia le sue cause nella nostra paura
della noia. In una situazione di noia possono venire infatti alla superficie sentimenti rimossi, spesso
di natura ambigua e spiacevole. Se nella vita degli adulti può essere talora utile evitare simili
sentimenti, per i bambini è vero il contrario. Tutti hanno notato qualche volta un bambino che dice
a sua madre “mamma mi annoio”. Se la madre ha la pazienza di sopportare questa fase di noia
accompagnata di solito da piagnucolii, si sarà anche osservato che il bambino dopo questa fase
incomincia a dedicarsi al suo mondo interiore in maniera molto creativa. Vorrei allora affermare
che proprio nella noia è da identificare quello spazio libero, nel quale crescono le capacità
psichiche del bambino”4.
Il mondo ben organizzato degli adulti, saturo di oggetti di consumo finalizzati alla soddisfazione
immediata di ogni bisogno, iperstimolante, dove apparentemente non manca niente, è stato
trasferito nelle stanze dei bambini, creando loro l’illusione di un mondo perfetto, che a livello della
psiche equivale ad un sentimento di onnipotenza. Così si promuovono nel carattere del bambino
strutture e sentimenti di tipo narcisistico, piuttosto che strutture favorevoli allo sviluppo delle
capacità dell’Io.
1
Tratto da “Il maltrattamento dei minori con particolare riferimento allo sfruttamento sessuale”, tesi di laurea di Daniela
D’Ottavio-Del Priore.
2
Marigonda Enzo, “Oggetti di consumo e bambini-consumatori”, in: Paolo Cendon (a cura), Il bambino e le cose. Diritti e
doveri dei minori nella società dei consumi. Milano, Franco Angeli, 1993, p. 119.
3
Ibid., p. 31.
4
Loc. cit.