Una Parola Comune tra noi e voi
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Una Parola Comune tra noi e voi
World Interfaith Harmony Week Milano, 28 gennaio 2013 Accademia ISA Una Parola Comune tra noi e voi Yahya Pallavicini Una tradizione profetica nella quale Dio parla in prima persona dice: “Io ero un tesoro nascosto ho voluto essere conosciuto e ho creato il mondo”. Dio, secondo questa tradizione islamica, ci parla in prima persona e ci informa di tre livelli di realtà: il tesoro nascosto che corrisponde al livello principiale e superiore della Natura divina, la ragione della conoscenza che rappresenta il primo svelamento della Volontà divina e lo scopo della vita umana e, infine, la creazione del mondo che rappresenta l'oggetto della manifestazione dell'Ordine divino. Natura divina, Volontà del Creatore e Ordine della creazione sono sintetizzati in questa tradizione profetica e possono corrispondere ad un ternario medievale nel quale alcuni padri della Chiesa ricollegavano gerarchicamente lo Spirito di Dio, l'Amore che muove la creazione e il miracolo dell'universo. Utilizzando un parallelismo simile, alcuni maestri e commentatori della Parola di Allah nel Corano e delle raccolte tradizionali riconoscono in questa stessa tradizione un altro ternario: Intenzione divina, Parola divina e Significato divino e ci invitano a ricercare e cogliere questi tre aspetti nel loro insieme per gustare il valore e il senso profondo del Messaggio del Misericordioso. Si tratta di un Messaggio nel quale il Misericordioso rinnova il mistero del Suo tesoro, rinnova la Sua volontà di essere conosciuto e rinnova la comunicazione con la Sua creazione. E si tratta anche di un Messaggio nel quale il Misericordioso ispira uno svelamento tramite la Sua Parola. La Sua Parola si rende misteriosamente e misericordiosamente accessibile alla capacità di intuizione e comprensione del lettore divino. È per questo motivo che nella tradizione islamica, i maestri musulmani insegnano ai loro studenti di imparare a “leggere” la Rivelazione divina intendendo con “sforzo di lettura” quell'alchimia di sapersi relazionare con un linguaggio divino, una lingua sacra, che ha conservato il suono originale della Parola di Dio. Così i musulmani recitano le Parole della Rivelazione cercando di pronunciare o far risuonare i suoni del Signore della Rivelazione. Tale metodo di comunicazione è misteriosamente e misericordiosamente comune solo ad alcune confessioni religiose, l'induismo con i Veda, il giudaismo con la Torah e l'islam con il Qur'an mentre altre confessioni religiose hanno ricevuto sempre misteriosamente e misericordiosamente altri metodi di comunicazione con la Parola di Dio. Ciò ci permette di testimoniare come Dio abbia utilizzato varie lingue sacre e anche differenti linguaggi per richiamare le molteplici creature e comunità alla Sua Parola di Verità. Lingue e linguaggi sono misteriosamente e misericordiosamente differenti ma l'Origine e l'Essenza della Verità di Dio è Unica. Parallelamente, per tornare agli insegnamenti dei maestri musulmani, il lettore eccellente non è colui che si è specializzato solo nella lettura intesa come tecnica di memorizzazione linguistica e recitazione fonetica, né lo studente che si è specializzato nei commentari sui significati giuridici o simbolici della Rivelazione, né l'erudito che si sofferma sulle speculazioni filosofiche della Parola di Dio. Il lettore eccellente è solo colui che sa imparare a “leggere” la Parola di Dio nel testo sacro, in lui e fuori di lui, e far coincidere la sua vita con il Messaggio di Verità iscritto nella Rivelazione. Egli sarà in grado di essere nel mondo che Dio ha creato e saper leggere i segni del suo Signore, sarà in grado di riconoscere la Conoscenza di Dio e saper meditare sul senso più profondo della sua funzione di testimone del mistero e del miracolo e, infine, sarà in grado di interpretare estinguendosi la permanenza nel tesoro nascosto che è il deposito primordiale della Parola di Dio. Dal capitolo intitolato alla famiglia di Imran, il versetto 64 recita: “Dì: o genti della Scrittura, venite ad una Parola comune tra noi e voi: che non adoriamo altro se non la Divinità, e non Gli associamo nulla, e nessuno di noi si scambierà come Signoria ciò che è senza Divinità”. E se essi si volgeranno altrove, dì: “almeno testimoniate che noi siamo sottomessi (a Lui)”. Questo versetto della Rivelazione islamica è stato il versetto che ha ispirato il titolo, il lavoro e il consensus di molti sapienti e fedeli musulmani internazionali da ben oltre cinque anni, dando vita al documento, all'iniziativa e alla corrente di studiosi e fedeli che si riconoscono in questa espressione del Corano, Kalimat Sawaa, una Parola comune. In questo caso, si tratta della parola Kalimat che significa Parola e che viene iscritta nella Rivelazione del Qur'an affinché possa essere non solo letta dai fedeli musulmani ma anche condivisa con le genti della Scrittura, le genti del Libro sacro, le genti del Libro della Parola di Dio, i fratelli cristiani ed ebrei. Il contesto della Rivelazione di questo versetto risale alla visita che il Profeta Muhammad ricevette nella città di Madinah di una delegazione cristiana inviata dal vescovo di Najran a seguito di una lettera che il vescovo aveva ricevuto dal Messaggero dell'Islam. La delegazione cristiana era composta da sessanta uomini e aveva ricevuto l'incarico di stipulare un patto con il governatore di Madinah, in parte mossi dal timore delle sorti di un eventuale conflitto e in parte spinti dalla curiosità di sapere i contenuti della nuova religione. Si racconta che quando le domande della delegazione cristiana si concentrarono sulla figura di Gesù, il Profeta rimandò la risposta ad un momento successivo e nell'occasione del nuovo incontro recitò le Parole di Allah che contengono l'invito a convergere verso una Parola comune precedute da “In verità, presso Dio, Gesù è come Adamo: Egli lo creò dalla polvere, poi disse: «Sii!», ed egli fu”. Significativo notare quindi come la figura di Gesù rappresenti una realtà in grado di sancire, già quattordici secoli fa, una convergenza spirituale e fraterna tra musulmani e cristiani, una convergenza che sapesse per un momento andare al di là dei timori del conflitto o della curiosità dottrinale. Questa convergenza spirituale grazie alla figura comune di Gesù ispira anche il richiamo ad una comune derivazione nella figura di Adamo, una comune natura nella polvere costitutiva dell'essere umano e una comune obbedienza nella vitalità dell'ordine divino o del Verbo divino che basta che dica “Sia!” e la cosa è. Siamo dunque in una prospettiva che va ben oltre al dialogo convenzionale tra musulmani e cristiani e che non è a discapito delle rispettive e provvidenziali differenze teologiche e rituali, non è condizionata dall'analisi della polvere o della terra d'origine o della funzione specifica di ogni credente e ancor meno può essere associabile alle eterodosse interpretazioni settarie di fatalismo o sincretismo. Parallelamente, non si tratta di analizzare le specificità teologiche della figura di Gesù per raggiungere qualche artificiale compromesso storico o simbolico, né si tratta di voler prescindere dalla figura di Gesù per illudersi di risolvere al ribasso alcune controversie territoriali o politiche, ancor meno si pensi di poter emulare la figura di Gesù inseguendo un approccio astratto, esclusivista o una passione sentimentale. Come firmatario tra i primi 138 saggi musulmani internazionali e membro sostenitore del documento “Una Parola comune tra noi e voi” che ha fatto parte della delegazione islamica di preparazione con la Santa Sede per il primo Forum Cattolico Musulmano ho cercato di rappresentare il carattere della Comunità Religiosa Islamica (COREIS) in Italia e dell'Institut des Hautes Etudes Islamiques in Francia, con il particolare auspicio di collaborare con i saggi cristiani nel comune riconoscimento della prima venuta di Gesù e nella comune attesa e preparazione del suo ritorno prima della fine dei tempi. Il carattere della nostra rappresentanza è quello di una comunità che ha la vocazione di realizzare una conformità tradizionale con gli eredi dei Profeti attraverso una verifica condivisa nella purezza delle persone sensibili alla Santa Parola di Dio. Questa vocazione può senz'altro trovare adeguate e preziose corrispondenze con alcuni fedeli di ogni comunità religiosa e può rappresentare l'occasione di un ricettacolo di virtuosi “dotati di sano intelletto”. “In Verità Abramo era una comunità, devota a Dio, di fede pura, e non era tra gli idolatri” (XVI, 120). Una Parola comune per cristiani e musulmani può dunque essere il Logos, l'Intelletto Universale, che può essere rappresentato simbolicamente dal Calamo (kalam) per mezzo del quale Dio scrive la Sua Rivelazione prima ancora che possa essere recitata per la lettura dei fedeli nelle rispettive lingue, linguaggi o forme di comunicazione spirituale. Una Parola comune è anche la scienza sacra ('ilm al-kalam) che viene ritrasmessa dall'Onnipotente come Unico Autore del messaggio di Verità (KalimatAllah, Qawl al-Haqq). Per noi una Parola comune è la matrice delle parole presenti in ogni differente dottrina delle genti del Libro, rappresenta la relazione tra ahl al-kitab e umm al-kitab e permette ai sapienti ebrei, cristiani e musulmani di riconoscere il principio archetipico della tavola custodita presso il trono del Signore. Infine una Parola comune è l'amore per Dio e per il prossimo proprio come la presenza cristica lo testimonia nelle nostre rispettive dottrine. Assumersi l'insieme di queste corrispondenze tradizionali, aspirazioni spirituali e responsabilità temporali, soprattutto come sforzo di riorientamento intellettuale dell'Occidente contemporaneo, costituisce una funzione che, secondo le parole dell'arcivescovo di Milano cardinale Angelo Scola “non possiamo esimerci dal compiere”. Per noi musulmani questa funzione risponde all'invito del Profeta Muhammad a seguirlo e a condividere con le genti del Libro il riconoscimento e la testimonianza dell'Autore di quella Parola comune che è Verità Assoluta, senza perderci in vane parole con le quali nessuno di noi dovrebbe mai accomunarsi.