2013-09-06 - Il recupero dei crediti condominiali

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2013-09-06 - Il recupero dei crediti condominiali
IL RECUPERO DEI CREDITI CONDOMINIALI
LA FORMAZIONE DEL TITOLO ESECUTIVO:
IL DECRETO INGIUNTIVO
AI SENSI DELL’ART. 63 DISP. ATT. C.C.
Le fonti normative
Il ricorso per decreto ingiuntivo è lo strumento processuale, particolarmente
efficace, che la legge mette a disposizione dell’Amministratore per
adempiere all’obbligo di riscuotere i contributi condominiali previsto
dall’art. 1130 comma 1 n. 3 e 1129 commi 9 e 12 n. 6 codice civile (c.c.)
La norma specifica di riferimento è l’art. 63 comma 1 disposizioni per
l’attuazione del codice civile (disp. att. c.c.), il quale dispone: “Per la
riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato
dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di
questa, può ottenere decreto d’ingiunzione immediatamente esecutivo,
nonostante opposizione…..”
Gli articoli da 633 a 656 codice procedura civile (c.p.c.) contengono
invece la disciplina generale del procedimento d’ingiunzione e del
giudizio d’opposizione all’ingiunzione.
Il ricorso va presentato davanti al Tribunale del luogo in cui si trova
l’edificio condominiale per i crediti superiori ad euro 5.000; altrimenti al
Giudice di Pace del luogo in cui si trova l’edificio condominiale, ai sensi
dell’art. 23 c.p.c. come modificato dalla legge di riforma del condominio
(art. 31) e secondo il principio già affermato da Cassazione - Sezioni Unite
18.9.2006 n. 20076.
Le condizioni per l’emanazione del decreto
1) L’art. 63 disp. att. c.c. richiede come condizione per la concessione del
decreto ingiuntivo uno “stato di ripartizione approvato dall’assemblea.”
E’ quindi sufficiente produrre con il ricorso per ingiunzione il piano di
riparto e il verbale della delibera assembleare che lo ha approvato. Non è
invece necessario (ma sarà comunque opportuno) produrre il consuntivo di
gestione al quale il riparto si riferisce.
L’ingiunzione può essere richiesta anche in base al riparto del preventivo di
gestione (Cassazione 29.9.2008 n. 24299; Cassazione 8.3.2001 n. 3435), ma
solo sin tanto che non saranno stati approvati il consuntivo ed il relativo
riparto (Cassazione 12.2.1993 n. 1789).
Poichè il credito deve essere certo, liquido ed esigibile (art. 633 c.p.c.) si
potrà richiedere il pagamento soltanto delle rate scadute al monento di
deposito in cancelleria del ricorso per ingiunzione.
2) La Suprema Corte ha affermato che l’Amministratore può richiedere
decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 633 c.p.c. anche soltanto in base al
verbale d’assemblea che indichi le spese occorrenti, pur in mancanza del
riparto (Cassazione 21.11.2000 n. 15017); od addirittura in base a prospetti
mensili delle spese condominiali non contestati (Cassazione 10.4.1996 n.
3296) od a ricevute di pagamento mensili (Cassazione 29.3.2001 n. 4638),
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ma in tal caso non può ottenere la clausola d’immediata esecuzione del
decreto prevista dall’art. 63 disp. att. c.c.
Questa prassi è tuttavia da evitare in quanto la mancata approvazione
del riparto e la non provvisoria esecuzione del decreto agevoleranno
l’eventuale opposizione da parte del condòmino debitore.
L’immediata esecutorietà del decreto ingiuntivo
L’art. 63 disp. att. c.c. stabilisce che il “decreto d’ingiunzione è
immediatamente esecutivo, nonostante opposizione.”
Ciò significa che il condòmino che faccia opposizione al decreto
ingiuntivo, dovrà comunque pagare immediatamente tutte le somme
dovute per capitale, interessi e spese legali liquidate in decreto.
Se poi l’opposizione sarà accolta dal Giudice, il Condominio dovrà restituire
le somme versate dal condòmino, nella misura determinata nella sentenza
che conclude il giudizio d’opposizione all’ingiunzione.
La provvisoria esecutività del decreto ha un duplice scopo: il primo è quello
di non privare il Condominio, per tutta la durata del giudizio d’opposizione,
dei mezzi economici necessari per la gestione e l’erogazione dei servizi
comuni; il secondo è quello di disincentivare opposizioni pretestuose, fatte
dal condòmino soltanto per ritardare il pagamento di quanto dovuto.
Di conseguenza anche in caso di opposizione all’ingiunzione, se il
condòmino non pagherà quanto dovuto in base al decreto ingiuntivo,
l’Amministratore dovrà procedere al recupero coattivo del credito, ai
sensi dei già citati art. 1130 comma 1 n. 3 e 1129 commi 9 e 12 n. 6 c.c.
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L’oggetto del giudizio d’opposizione al decreto ingiuntivo
ed il rapporto col giudizio d’impugnazione della delibera,
che ha approvato il riparto posto a base dell’ingiunzione.
1) I motivi d’opposizione all’ingiunzione che il condòmino può far valere
sono assai limitati.
a) Anzitutto il condòmino potrà contestare l’insufficienza della
documentazione in base alla quale è stato emesso il decreto: ad esempio
in quanto manca il riparto o non è stato prodotto il verbale dell’assemblea
che lo ha approvato.
Per questa ragione si consiglia di allegare sempre anche il consuntivo e/o il
preventivo ai quali il piano di riparto di riferisce e la così detta stampa rate.
b) In secondo luogo il condòmino potrà allegare fatti estintivi della sua
obbligazione,
successivi
all’approvazione
del
riparto
da
parte
dell’assemblea.
Ad esempio l’opponente potrà eccepire che dopo l’approvazione del riparto
ha pagato in parte il suo debito e che questo pagamento non è stato detratto
dal Condominio nella somma richiesta col ricorso per ingiunzione.
2) Come sopra scritto, il decreto ingiuntivo viene emesso sulla base di un
piano di riparto approvato da una delibera che potrebbe essere illegittima od
errata e che potrebbe essere anche impugnata davanti all’autorità giudiziaria
ai sensi dell’art. 1137 c. c.
Tuttavia le cause di illegittimità della delibera, sia essa stata o meno
impugnata, non hanno alcuna rilevanza nel giudizio di opposizione al
decreto ingiuntivo emesso per il pagamento delle spese approvate dalla
stessa delibera.
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Infatti l’art. 1137 c.c. dispone che “l’azione di annullamento della delibera
non sospende l’esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia
ordinata dall’autorià giudiziaria” davanti alla quale la delibera è stata
impugnata.
Ne consegue che la delibera di approvazione del riparto, anche se impugnata
davanti all’autorità giudiziaria, mantiene i suoi effetti sino a quando il
giudice che deve decidere sull’impugnazione della delibera non ne sospenda
in via provvisoria e cautelare l’esecuzione o sino a quando la delibera non
venga annullata dalla sentenza che conclude il giudizio d’impugnazione.
Il principio è espresso in termini assai chiari dalla Cassazione - Sezioni
Unite 18.2.2009 n. 26629: “Nel procedimento di opposizione a decreto
ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice
deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative
delibere assembleari, senza poter sindacare, in via incidentale, la loro
validità, essendo questa riservata al giudice davanti al quale dette delibere
siano state impugnate.”
Riassumendo:
- nel giudizio d’opposizione al decreto ingiuntivo emesso per il pagamento
di spese approvate dall’assemblea il giudice non può compiere alcuna
valutazione, neppure incidentalmente, in merito alla legittimità e validità
della delibera che ha approvato tali spese (sia essa stata impugnata o meno);
- il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo deve limitarsi a verificare
che la delibera di approvazione delle spese sia efficace, vale a dire che non
sia stata annullata o che la sua esecuzione non sia stata sospesa dal Giudice
competente a seguito d’impugnazione ai sensi dell’art. 1137 c.c.;
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- anche se la delibera è stata impugnata (ma non ne sia stata sospesa
l’esecuzione) può essere richiesta l’ingiunzione di pagamento ed il giudice
davanti al quale venga opposto il decreto ingiuntivo non può sospendere
il giudizio di opposizione in attesa della definizione del giudizio
d’impugnazione della delibera (Cassazione - Sezioni Unite 27.2.2007 n.
4421).
I destinatari dell’ingiunzione di pagamento
L’Amministratore può richiedere il decreto ingiuntivo ex art. 63 disp.
att. c.c. nei confronti dei seguenti soggetti:
1) in via solidale nei confronti di tutti i comproprietari dell’unità
immobiliare (Cass. 21.10.2011 n. 21907; Cass. 4.6.2008 n. 14813).
2) In via solidale nei confronti del nudo proprietario e dell’usufruttuario
dell’unità immobiliare (art. 67 ultimo comma disp. att. c.c.).
3) In via solidale nei confronti di chi cede e di chi acquista diritti reali
sull’unità immobiliare (proprietà, nuda proprietà od usufrutto), per le spese
relative all’esercizio di gestione in corso alla data della cessione ed a quello
precedente, nonché per le spese che maturano sino al momento in cui è
trasmessa all’Amministratore copia autentica del titolo che determina il
trasferimento del diritto reale (art. 63 commi 4 e 5 disp. att. c.c.).
La natura solidale dell’obbligazione comporta che il decreto ingiuntivo per
l’intera somma dovuta può essere richiesto o contestualmente contro tutti gli
obbligati o singolarmente contro ciascuno di essi.
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LA FASE ESECUTIVA
1) LE PROCEDURE ESPROPRIATIVE
NEI CONFRONTI DEL CONDOMINO MOROSO
La notifica del titolo esecutivo e del precetto di pagamento
Ottenuto dal Giudice il decreto ingiuntivo di pagamento ai sensi dell’art. 63
disp. att. c.c., l’Avvocato che assiste il Condominio provvederà a notificare
il decreto al condòmino moroso, unitamente all’atto di precetto secondo
quanto previsto dall’art. 479 c.p.c.
Con l’atto di precetto viene intimato al debitore di pagare, entro un termine
non minore di dieci giorni dalla notifica, quanto dovuto per capitale,
interessi e spese legali liquidate nel decreto ingiuntivo, oltre alle spese di
precetto.
Se il condòmino non provvede al pagamento il Condominio dovrà procedere
ad esecuzione forzata, attivando una delle procedure per espropriazione
previste dagli articoli da 483 a 604 c.p.c. per il recupero dei crediti.
L’espropriazione mobiliare presso il debitore
E’ disciplinata negli articoli da 513 a 542 c.p.c. e viene abitualmente
denominata come “esecuzione mobiliare”, in quanto ha ad oggetto i beni
mobili (anche iscritti in pubblici registri) di proprietà debitore.
L’Ufficiale Giudiziario competente per territorio si reca, munito del titolo
esecutivo (decreto ingiuntivo) e del precetto notificati, presso la residenza o
il domicilio del debitore e sottopone a pignoramento beni mobili (compresi
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valori e denaro) colà rinvenuti e che si presumono quindi di proprietà del
debitore che li possiede, per un valore presumibilmente corrispondente a
quello del credito per cui si procede.
Entro novanta giorni dal pignoramento il Condominio deve presentare
istanza di vendita dei beni, il cui ricavato sarà destinato al soddisfacimento
del creditore procedente e di eventuali creditori intervenuti.
Questa procedura presenta il vantaggio di una relativa celerità iniziale (il
pignoramento va eseguito entro novanta giorni dalla notifica del precetto;
l’istanza di vendita deve essere presentata entro novanta giorni dal
pignoramento). Tuttavia gli ulteriori incombenti da parte del Tribunale
richiedono molto tempo (presso alcune sedi distaccate più di un anno).
Inoltre la vendita attraverso gli Istituti autorizzati risulta raramente proficua:
molti beni restano invenduti; altri vengono venduti dopo numerosi
esperimenti d’asta a prezzi ridicoli rispetto alla valutazione iniziale.
Cosicchè il creditore molto spesso non recupera neanche le spese della
procedura esecutiva; ancor meno può sperare di veder soddisfatto il credito
capitale, soprattutto se di una certa consistenza.
D’altro canto un debitore un po’ accorto si guarderà bene dal tenere presso
la sua abitazione od il suo domicilio beni mobili di rilevante valore (quadri
d’autore; tappeti antichi; oro e gioielli).
Più che altro il pignoramento può avere un qualche effetto psicologico nei
confronti del debitore non incallito, il quale non gradirà l’accesso
dell’Ufficiale Giudiziario e per evitare ulteriore problemi potrebbe
determinarsi a pagare.
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L’espropriazione presso terzi
E’ disciplinata negli articoli da 543 a 554 c.p.c. e viene abitualmente
denominata “esecuzione presso terzi”.
Con questa procedura vengono sottoposti a pignoramento i crediti che il
condòmino moroso vanta nei confronti di terzi a qualsiasi titolo: ad esempio
stipendi dovuti dal datore di lavoro; somme depositate presso la banca su
conto corrente; canoni dovuti dal conduttore dell’unità immobiliare.
A tal fine viene notificato prima al terzo debitore del condòmino e subito
dopo al condòmino stesso un atto di pignoramento presso terzi, con cui si
dichiara di sottoporre a pignoramento i crediti vantati dal condòmino nei
confronti del terzo e si invita il terzo a dichiarare se sia effettivamente
debitore ed, in caso affermativo, in quale misura, nei confronti del
condòmino moroso.
Se la dichiarazione del terzo è positiva si può chiedere al Tribunale
l’assegnazione delle somme sino alla concorrenza del credito del
Condominio per capitale, interessi e spese legali.
Il vantaggio di questo procedimento consiste nelle relativa celerità rispetto
alle altre forme di espropriazione: dalla notifica del pignoramento presso
terzi all’assegnazione delle somme pignorate (che conclude l’esecuzione) il
lasso di tempo può essere anche soltanto di pochi mesi.
Inoltre recentemente è stato modificato l’art. 548 c.p.c., che riguarda la
dichiarazione del proprio debito da parte del terzo: ciò ha semplificato la
procedura, evitando anche che venga iscritta a ruolo l’esecuzione nel caso in
cui non esista alcun credito del condòmino moroso nei confronti del terzo
(ad esempio nel caso di conto corrente “in rosso”).
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La difficoltà nell’intraprendere questa procedura consiste nell’assumere
informazioni certe sull’esistenza del credito del condòmino nei confronti dei
terzi: ad esempio il conto corrente presso la banca potrebbe essere in
passivo. E’ quindi opportuno effettuare anticipatamente le opportune
ricerche investigative.
In secondo luogo i crediti derivanti da rapporti di lavoro (stipendi, salari, ed
altre indennità), possono essere pignorati nella misura massima di un quinto,
ai sensi dell’art. 545 c.p.c.
Infine alcuni rapporti, i cui crediti futuri possono essere pignorati (stipendi;
canoni di locazione), si esauriscono (per cessazione del rapporto di lavoro;
per finita locazione) prima che il credito del Condominio possa essere stato
soddisfatto.
L’espropriazione immobiliare
E’ disciplinata negli articoli da 555 a 601 c.p.c. e viene abitualmente
denominata come “esecuzione immobiliare”, in quanto colpisce beni
immobili (ed i relativi frutti) di cui il debitore è proprietario o titolare di
diritto d’usufrutto.
Poiché il condòmino moroso è proprietario dell’unità immobiliare o, quanto
meno, titolare del diritto d’usufrutto, questa procedura è, in linea teorica,
sempre esperibile.
L’atto di pignoramento consiste in un atto, notificato dall’Ufficiale
Giudiziario, col quale si sottopone a pignoramento un bene immobile
esattamente individuato nei suoi dati catastali e per il quale va indicato il
diritto (proprietà; usufrutto; diritto di superficie) e la relativa quota (intera o
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frazione) di cui il condòmino debitore è titolare.
Una volta notificato, l’atto di pignoramento va trascritto presso l’Agenzia
del Territorio - Ufficio di Pubblicità Immobiliare (Conservatoria dei Registri
Immobiliari) per evitare che il debitore possa vendere l’immobile,
vanificando gli effetti del pignoramento.
Entro novanta giorni dal pignoramento va presentata istanza di vendita al
Tribunale, che provvederà poi alla nomina di un perito per la valutazione
dell’immobile e, successivamente al deposito della perizia, alla nomina di
un professionista delegato alle operazioni di vendita.
Le controindicazioni per questo procedimento consistono:
- nella durata della procedura, non inferiore attualmente ai tre-quattro anni
presso il Tribunale di Bergamo e comunque condizionata dal numero di
esperimenti d’asta andati deserti (ipotesi molto frequente nell’attuale
periodo di crisi del settore immobiliare);
- nei costi elevati relativi a certificazioni ipocatastali, perizia per la
valutazione dell’immobile, spese per la pubblicità della vendita (da
rinnovarsi ad ogni esperimento d’asta), compensi per il professionista
delegato alla vendita;
- nel fatto che spesso i beni pignorati sono gravati da ipoteche per mutui e,
pertanto, il ricavato della vendita può essere quasi interamente assorbito dai
creditori privilegiati.
Tuttavia in caso di persistente morosità il Condominio ha comunque
interesse che l’immobile venga venduto al più presto, sia in quanto verrà
così estromesso dalla compagine condominiale il condòmino moroso (che
altrimenti continuerebbe ad accumulare debiti), sia in quanto l’acquirente
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all’asta dell’immobile sarà comunque tenuto al pagamento delle spese di
esercizio, ai sensi dell’art. 63 comma 4 disp. att. c.c., per la gestione in corso
al momento in cui verrà emanato il decreto di trasferimento del bene e per la
gestione precedente.
Se poi l’esecuzione è stata iniziata dal Condominio, va sottolineato che
questi, in quanto creditore procedente, ha comunque privilegio assoluto per
il rimborso di tutte le spese anticipate per l’esecuzione (vale a dire dal
pignoramento in avanti), che vengono soddisfatte prima di ogni eventuale
privilegio ipotecario.
2) IL FALLIMENTO DEL CONDOMINO
Gli effetti nei confronti del Condominio
Con la sentenza dichiarativa di fallimento il Curatore subentra al fallito
nell’esercizio dei diritti e degli obblighi connessi alla proprietà
dell’immobile in condominio.
Ne consegue che il Curatore:
- dovrà essere convocato in assemblea a cura dell’Amministratore;
- avrà diritto di voto nella delibere (salvi i concorrenti diritti di eventuali
comproprietari, usufruttuari o conduttori);
- avrà diritto d’impugnare le delibere dell’assemblea;
- sarà tenuto al pagamento delle spese condominiali direttamente nei
confronti dell’Amministratore.
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La tutela dei crediti del Condominio nei confronti del Fallimento
L’Amministratore dovrà tener presente quanto segue:
a) I crediti del Condominio per spese di gestione maturate prima della
dichiarazione di fallimento sono crediti concorsuali, che dovranno essere
accertati ed ammessi al passivo secondo le procedure previste dalla legge
fallimentare (art. 93 domanda di ammissione al passivo e art. 101 domande
tardive di crediti).
Si tratterà di crediti chirografari, che verranno liquidati secondo le misure
percentuali previste dal piano di ripartizione dell’attivo, ai sensi dell’art. 111
comma 1 n. 3 legge fallimentare.
b) Ai sensi dell’art. 30 della Legge 11.12.2012 n. 220 (Riforma del
Condominio) i crediti del Condominio per sole spese di manutenzione
ordinaria e straordinaria e per innovazioni, divenuti esigibili ai sensi dell’art.
63 – 1 comma disp. att. c.c. durante le procedure concorsuali, sono
prededucibili ai sensi dell’art. 111 comma 1 n. 1 e comma 2 legge
fallimentare.
L’esigibilità presuppone uno stato di ripartizione approvato dall’assemblea
ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c. in data successiva alla dichiarazione di
fallimento; non è necessario invece il d.i., che non potrebbe neppure essere
richiesto nei confronti del Fallimento (Trib. Palmi 18.8.2005 in Fallimento
2005,1322), in quanto tutti i crediti devono essere verificati dal Giudice
Delegato nelle forme dell’accertamento dello stato passivo, e quindi per i
crediti prededucibili maturati in corso di fallimento nelle forme previste
dall’art. 111 bis legge fallimentare.
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Se i crediti prededucibili del Condominio non sono contestati né per la
collocazione né per l’ammontare e se l’attivo del fallimento è
presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i titolari di tali crediti, i crediti
prededucibili potranno essere pagati al di fuori del procedimento di riparto,
secondo le modalità previste dall’articolo 111 bis comma 3 legge
fallimentare.
In caso di contestazione da parte del Curatore i crediti del Condominio
dovranno invece essere accertati, ai sensi del comma 1 dello stesso articolo
n. 111 bis, con le modalità previste dal Capo V della legge fallimentare.
In entrambi i casi il pagamento avverrà nelle misure indicate rispettivamente
dall’art. 111 bis commi 2 e 4 legge fallimentare.
c) Eventuali crediti del Condominio di altra natura (vale a dire non derivanti
da spese di manutenzione ordinaria e straordinaria o per innovazioni)
maturati dopo la dichiarazione di fallimento non godranno del beneficio
della prededuzione: andranno quindi considerati come crediti chirografari;
dovranno essere accertati con le procedure previste dall’art. 93 legge
fallimentare per le domande tempestive e dall’art. 101 legge fallimentaare
per le domande tardive; verranno liquidati secondo le misure percentuali
previste dal piano di ripartizione dell’attivo, ai sensi dell’art. 111 comma 1
n. 3 legge fallimentare.
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GLI INCOMBENTI E LE RESPONSABILITA
DELL’AMMINISTRATORE
La legge di riforma del condominio ha notevolmente rafforzato l’obbligo
dell’Amministratore di riscuotere i contributi, già sancito dall’art. 1130 n. 3
c.c., attraverso numerose disposizioni che, direttamente o indirettamente,
incidono su questa sua attribuzione.
1) Anzitutto lo stesso art. 1130 c.c. al numero 9 dispone che
l’Amministratore deve “fornire al condomino che ne faccia richiesta
attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e
delle eventuali liti in corso.”
La violazione di quest’obbligo costituisce “grave irregolarità” ai sensi
dell’art. 1129 comma 12 n. 7 c.c. e legittima pertanto la revoca, sia
assembleare che giudiziale, dell’Amministratore ai sensi dell’art. 1129
comma 11 c.c.
L’Amministratore è quindi tenuto a rendere una vera e propria
dichiarazione, con la quale attesta la situazione dei mancati pagamenti
riferita al momento in cui gliene viene fatta richiesta.
Questo specifico obbligo non può essere surrogato né dalla semplice
consegna di copia della rendicontazione periodica prevista dall’art. 1129
comma 7 c.c., né dalla consegna di copia delle scritture o dei documenti di
spesa prevista dall’art. 1130 bis comma 1 c.c., e neppure dalla tempestiva
pubblicazione dei dati relativi ai pagamenti sul sito internet eventualmente
attivato ai sensi dell’art. 71 ter disp. att. c.c.
2) Altro obbligo d’informativa correlato è quello previsto dall’art. 63
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comma 1 disp. att. c.c., in forza del quale l’Amministratore “è tenuto a
comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei
condomini morosi.”
Anche se quest’obbligo non è accompagnato da una espressa sanzione, la
sua violazione potrà essere fonte di una duplice responsabilità
dell’Amministratore:
a) responsabilità da fatto illecito nei confronti del creditore che, a causa
della mancata od errata comunicazione dell’Amministratore abbia agito nei
confronti del condòmino in regola coi pagamenti, vedendosi respingere la
domanda per mancata preventiva escussione dei condòmini morosi;
b) responsabilità contrattuale nei confronti dei condòmini in regola coi
pagamenti, che abbiano subito l’iniziativa del creditore in luogo dei
condòmini morosi o che abbiano comunque subito un danno dal mancato
adempimento dell’obbligo d’informazione al creditore insoddisfatto.
3) Particolarmente oneroso è l’obbligo sancito dall’art. 1129 comma 9 c.c.,
per il quale “salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea,
l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme
dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale
il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell’art. 63, primo comma,
delle disposizioni per l’attuazione del presente codice.”
Questo
termine
dovrà
essere
opportunamente
ponderato
dall’Amministratore in rapporto a quello di centottanta giorni (praticamente
equivalente) previsto dall’art. 1130 n. 10, entro il quale va convocata
l’assemblea per l’approvazione del rendiconto annuale di gestione.
Infatti la convocazione dell’assemblea al limite dei centottanta giorni dalla
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chiusura dell’esercizio comporterebbe verosimilmente l’impossibilità pratica
di agire nei confronti degli eventuali condòmini morosi nel termine di sei
mesi, decorrente sempre dalla chiusura dell’esercizio.
Il mancato rispetto di questo termine costituisce forma di inadempimento
del mandatario ex art. 1710 comma 1 c.c., con conseguente responsabilità
per eventuali danni derivanti al Condominio dal ritardo.
4) Da ultimo l’art. 1129 comma 12 n. 6 considera grave irregolarità,
sanzionata con la revoca assembleare o giudiziale dell’Amministratore,
“qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle
somme dovute al condominio, l’aver omesso di curare diligentemente
l’azione e la conseguente esecuzione coattiva.”
Anche se le attività di richiesta di decreto ingiuntivo provvisoriamente
esecutivo ex art. 63 disp. att. c.c. e di successiva azione esecutiva vengono
svolte da un Avvocato, che risponde in base alla legge professionale nei
confronti del Condominio, la previsione dell’art. 1129 comma 12 n. 6
richiede che l’Amministratore possieda, quanto meno, le nozioni base in
tema di procedimenti di cognizione ed esecutivi per il recupero dei crediti,
anche al fine di poter valutare l’idoneità delle iniziative proposte od assunte
dal difensore del Condominio.
In ogni caso potrà esistere una specifica ed autonoma responsabilità
dell’Amministratore qualora non anticipi le spese necessarie o non consegni
i documenti a corredo delle varie iniziative giudiziarie (ad esempio:
nell’esecuzione immobiliare non paghi le spese per le pubblicazioni delle
aste o per l’imposta di trascrizione del pignoramento o non fornisca nel
termine di legge le certificazioni ipocastali).
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5) Un obbligo non espressamente affermato dalla legge ma al quale
l’Amministratore dovrà prestare molta attenzione è quello desumibile
dall’art. 1135 comma 1 n. 4 c.c., relativo alla costituzione del fondo speciale
per le opere di straordinaria manutenzione e le innovazioni.
Lo scopo della norma è evitare che vengano disposte spese straordinarie
senza
la
preventiva
acquisizione
della
provvista
da
parte
dell’Amministratore.
Questo comportamento virtuoso del Condominio eviterà da un lato
l’inadempimento delle prestazioni rese dai terzi al Condominio, dall’altro
che i condomini in regola coi pagamenti possano dover rispondere, se pur in
via sussidiaria, dell’eventuale morosità di altri condomini od anche della
risoluzione del contratto col terzo per inadempimento del Condominio.
Di conseguenza l’Amministratore, prima di sottoscrivere contratti di
straordinaria manutenzione, dovrà aver acquisito dai condòmini i fondi
necessari, salvo premunirsi di specifica delibera dell’assemblea che lo
dispensi in tutto od in parte da questo incombente (delibera che, peraltro,
potrebbe essere impugnata ex art. 1137 c.c. per contrarietà all’art. 1136
comma 1 n. 4 c.c.).
In alternativa potrebbe essere stipulato un contratto d’appalto ai sensi
dell’art. 1666 c.c., che preveda cioè la progressiva esecuzione di singole
partite, tra loro indipendenti, con verifica e pagamento ad avvenuta
esecuzione delle singole partite. In questo caso dovrebbe ritenersi
ammissibile l’acquisizione, da parte dell’Amministratore, della provvista
relativa alle sole partite man mano commissionate.
Bergamo, 27 agosto 2013.
Avv. Fabrizio Bruno GUIZZETTI
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