III incontro - Centro Culturale Marcello Candia

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III incontro - Centro Culturale Marcello Candia
NELLA CHIESA, TRA LE CHIESE, IN EUROPA QUALE UNITA’ POSSIBILE?
Tre serate di condivisione per un confronto di vita e di fede
Melzo, 29 novembre 2005
L’Europa: verso quale unità?
Salone Sacro Cuore
L’Europa: verso quale unità?
Robi Ronza – Giornalista e scrittore
La questione sottesa al quesito che fa da tema a
questo incontro potrebbe anche venire espressa a
contrariis come segue: è possibile pensare a
un’unità europea a prescindere dalle radici cristiane
dell’identità dell’Europa? A quanto pare no, a
giudicare dalla crisi in cui le attuali istituzioni
europee stanno precipitando, tanto più che censurare
le radici cristiane dell’Europa significa per logica
conseguenza censurare anche tutta l’eredità della
vicenda biblica e della civiltà classica che in esse sono contenute, e quindi censurare tutto ciò che
dà energia non solo all’Europa ma all’intero Occidente.
Si potrebbe dire che l’Europa – così importante e forte – non poteva accettare di non essere un
continente (come in effetto non è), ed ha un po’ forzato la geografia: i confini a Est non sono
precisi e in realtà l’Europa è solo la penisola occidentale del continente eurasiatico. Né la
caratterizza una unità etnica, essendo un incrocio di popoli 1: un solo Paese ha unità etnica in
Europa, l’Islanda – 180.000 abitanti, freddo... non c’è immigrazione!
Con la civiltà romana si è poi avuta l’elaborazione del diritto2, un diritto che oggi riconosciamo
molto limitato (perchè prevedeva la schiavitù), eppure decisivo e assente altrove. E con il diritto
la definizione della pubblica amministrazione – di cui strade3 e acquedotti sono esempio.
Quello che caratterizza l’Europa è un’unità culturale, che si è formata attraverso millenni,
attraverso eventi che sono accaduti solo qui, e non altrove: la cultura greca classica, la scoperta
1
Se chiedessimo a ciascuno dei presenti di dire il proprio nome troveremmo nomi ebraici, latini,
germanici e forse della tradizione ispanica, se a Melzo ci fosse stata una emigrazione dal sud.
2
La Cina ha recentemente deciso di prendere il diritto romano a base della sua politica legislativa.
3
Le strade romane in realtà erano strade militari, dove il traffico civile era solo subordinato.
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della ragione, l’affermazione della storia e della filosofia. E’ accaduto a partire da 6-7 secoli
prima della nascita di Cristo, in Europa e in nessun’altra parte del mondo4.
E’ in questo contesto che arriva il cristianesimo. Io sono tra quelli che pensano che Cristo sia il
Figlio di Dio e che ciò che accade nella Chiesa avvenga per ispirazione dello Spirito Santo – e
credo quindi che la decisione di spostare da Gerusalemme a Roma il centro religioso sia
importante e non casuale: Pietro, conducendo a Roma il cristianesimo, e stabilendovi di fatto il
suo centro, vi porta l’idea di responsabilità personale5 e questo non ha valore “solo teologico”,
come a dire “inincidente”, ma influisce sulla concezione della vita, sul diritto e sul modo di
operare.
Questo insieme di cose, vissuto in tutte le sue contraddizioni, si è svolto lungo il Medio Evo in
una Res publica cristiana: bisogna subito chiarire che Res publica cristiana non è il luogo dove
tutti sono buoni cristiani (perchè ne succedevano di tutti i colori come adesso) ma era una società
in cui ognuno riconosceva il suo riferimento nel cristianesimo.
Questa è quindi l’unità, il fondamento dell’Europa, che si costruisce nei secoli.
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L’Occidente è più forte di tutto il resto del mondo grazie a tale eredità e la sua cultura ha unito il
mondo grazie a tale eredità. L’Occidente non è forte perché ha depredato il resto del mondo
(come qualche volta si sente dire), ma essendo più forte per motivi intrinseci di tale forza ha
anche abusato (perché il peccato originale non è una fantasia bensì un fatto concreto 6) facendo
ingiustizie e provocando danni.
Il cristianesimo è credere in un Dio personale, Padre, universale: questo è stato un motore enorme
di tutto il processo di cui ho dato solo qualche rapido accenno. Quelli che si sono avventurati
4
E’ appena il caso di precisare che riconosciamo naturalmente che anche in altre parti del mondo si sono
avute espressioni di notevole valore, ma lo sviluppo della storia e della filosofia non ci sono state ovunque.
Ad esempio, per quanto riguarda la storia, ci sono popoli che hanno vissuto nel mondo dell’epica (e quindi
non hanno elaborato concetti di storia) fino al 1500 d.C.
5
La responsabilità personale consegue dalla vocazione unica di ciascuna persona, a partire dalla
vocazione di Abramo, in ciascuno lungo la storia.
6
Bisogna ricordare che perfino nella depredazione coloniale, anche senza volerlo, i coloni hanno portato
con sé l’idea di persona e di dignità che era propria dell’humus della loro provenienza.
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sugli oceani per tracciare le rotte transatlantiche che hanno gettato le basi di quella che ora
chiamiamo globalizzazione, lo facevano anche in forza di una fede in un Dio universale7.
Un altro elemento molto importante, tipico della cristianità, è l’idea di laicità. Essa prende le
mosse dal Date a Cesare quel che è di Cesare e date a Dio quel che è di Dio (che Cristo rivolge a
Pietro e ai suoi) come riprenderò più avanti. E’ un’idea che non dipende dal grado di sviluppo di
un paese: il Giappone è molto sviluppato, ma non ha una idea di laicità, così come non ha l’idea
di pari dignità della donna8.
Quando si dice che bisogna difendere la laicità dal cristianesimo si dice una corbelleria. E’ vero
che la laicità si è pienamente sviluppata in un contesto storico, ma l’origine che l’ha permessa e
promossa, che ne è la condizione, è cristiana.
Naturalmente non si può dire che l’Europa sia un prodotto del solo cristianesimo, perchè – come
ho accennato – moltissimi sono stati gli apporti che hanno contribuito al suo sviluppo. Così come
è chiaro che molti sono i contributi che il cristianesimo ha raccolto lungo la storia.
Ma i tratti cristiani dell’Europa sono chiari.
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La questione delle radici cristiane dell’Europa fu come noto uno dei grandi temi dell’ultima fase
del magistero di Giovanni Paolo II. Consiglio in proposito la lettura dell’esortazione apostolica
7
Dal punto di vista tecnico anche i cinesi avrebbero potuto venire in Europa e scoprirla: le loro navi non
erano peggiori delle caravelle, ma essi ritenevano che uscendo dalla loro terra sarebbero rimasti senza
alcuna protezione. Avevano un altro sentire, rispetto all’universalismo europeo cresciuto nella matrice
cristiana.
8
L’assenza dell’idea di laicità è quel che ha bloccato lo sviluppo della società islamica. Nel cristianesimo
non si concepisce che se un’azione di un uomo o di un gruppo non ha successo ciò comporta che a fallire
sia anche Dio. Questo livello è troppo rischioso e impegnativo, tanto che porta a preferire di non esporsi e,
in molti modi, conduce a non fare più nulla per un vero sviluppo. L’islam ad esempio nella cultura, nei
primi 2-3 secoli, si è impetuosamente affermato (in quel tempo 1/3 della popolazione in terra musulmana
era cristiano, contribuendo con una diversa prospettiva al dinamismo culturale).
Noi tutti i giorni parliamo arabo, usando moltissime parole (e le parole veicolano l’oggetto e il concetto):
zero, algebra, chimica – albicocca, ammiraglio, tariffa, dogana, alchermes... Solo per fare un esempio
della rilevanza di tutto questo si può osservare che senza l’idea di zero probabilmente non ci sarebbe stato
tutto lo sviluppo della matematica moderna.
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Ecclesia in Europa del 28 giugno 2003, pubblicata proprio mentre la Convenzione europea stava
licenziando
un
testo
di
Trattato costituzionale ove
tali
radici
venivano
deliberatamente censurate9.
Sul medesimo argomento
Giovanni Paolo II torna
ampiamente anche nel suo
ultimo libro, Memoria e
identità, uscito pochi giorni
prima della sua morte. Nel
volume
sottolinea
il
grande
che
“è
l’evangelizzazione
Papa
stata
a
formare l’Europa, a dare inizio alla civilizzazione dei suoi popoli e delle loro culture (...) Gesù
Cristo non può essere separato dalla storia d’Europa”. Nondimeno Giovanni Paolo II si era
dimostrato ben consapevole del venir meno di tale consapevolezza già nel 1982 quando da
Santiago di Compostela aveva lanciato all’Europa un appello, anzi un grido: “Ritrova te stessa.
Sii te stessa, Riscopri le tue origini. Ravviva le tue radici” (Discorso ad autorità europee e ai
presidenti delle Conferenze episcopali europee, Santiago di Compostela, 9 novembre 1982).
//////
Tale consapevolezza era invece ancora viva quando, subito dopo la fine della seconda guerra
mondiale, si cominciò a pensare all’unità europea come a una prospettiva non solo possibile ma
anche urgente. Perciò allora fu spontaneo guardare al Sacro Romano Impero come al grande
9
Oggi i documenti pontifici sono accessibili a chiunque senza nemmeno doversi muovere da casa,
consultando via internet (che è un grande strumento) il sito della Santa Sede, invece di affidarsi solo alle
riduzioni parziali che ne fanno i giornalisti.
Siamo inescusabili per la mancanza di utilizzo dei documenti papali attraverso i quali si sente davvero il
respiro del mondo: la chiesa cattolica promulga documenti sui diversi argomenti dopo consultazione dei
vescovi in tutti i Paesi del mondo – ed è un caso unico nel mondo attuale.
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precedente storico cui fare ideale riferimento. Questo spiega tra l’altro l’intitolazione a Carlo
Magno di uno degli edifici più importanti del «Quartiere Europeo» di Bruxelles, e così pure il
premio Carlo Magno, massimo riconoscimento concesso dalle istituzioni europee, peraltro
consegnato nel corso di una cerimonia che si svolge ad Aquisgrana, nel cui duomo riposano
appunto i resti dell’imperatore da cui il premio prende nome.
Pur con tutti i limiti che sono propri del rimando a qualcosa di così lontano nel tempo, non c’è
dubbio che quello del Sacro Romano Impero costituisse l’unico precedente cui fosse ragionevole
riferirsi. Fondato da Carlo Magno nell’anno 800 e interrottosi nel 924, ripristinato da Ottone I di
Sassonia nel 962 e durato formalmente fino al 1806, pur avendo iniziato il suo tramonto con
l’abdicazione di Carlo V d’Asburgo nel 1556, fino ai trattati di Westfalia (1648) il Sacro Romano
Impero continuò ad avere peso nella vicenda europea.
D’altra parte, la concezione cristiana dell’uomo è tuttora alla base delle moderne relazioni
internazionali, perché con Cristo e con il cristianesimo viene meno la differenza fra «noi» e «i
barbari», cioè fra noi e gli altri, e quindi si creano le condizioni per delle relazioni internazionali
che siano eque, che non siano basate su una volontà di sopraffazione oppure sull’accettazione di
un dominio. Questo perché, con la tradizione giudaica, che raggiunge la sua pienezza con la
venuta di Cristo, viene affermato che esiste un Dio, un Padre universale. Questa storicamente è
una novità che fonda il concetto di fratellanza universale. Non si può essere fratelli se non si ha
un padre comune. E infatti, la fratellanza di cui parla la rivoluzione francese diventa una
fratellanza insostenibile, perché in realtà la fratellanza non deriva dal fatto che siamo tutti uguali,
altrimenti si deve forzare sul lato dell’uguaglianza, affermando, ad esempio, una cosa
obiettivamente non vera, cioè che le civiltà abbiano tutte la stessa qualità, il che non è. La
fratellanza deriva dalla comune figliolanza, cioè dal padre comune.
Anche se dai trattati di Westfalia in poi non si fa più conto del papato e dell’impero, e perciò si
comincia ad affermare che, secondo la formula latina, rex est imperator in regno suo (ogni re è
imperatore nel proprio regno), diciamo che l’inerzia storica di un’idea diversa perdura, e perdura
fino ad oggi. Questa umanizzazione delle relazioni internazionali, pur con tutte le contraddizioni,
sorge con il cristianesimo, entra nella storia con Cristo e poi si estende di pari passo al crescere
dell’influsso dell’Occidente sul resto del mondo. Per esempio, il dovere di accogliere e soccorrere
dei profughi stranieri deriva dalla cultura cristiana. Nella cultura asiatica non c’era assolutamente.
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Sono stato fra i testimoni dell’afflusso dei profughi cambogiani superstiti del regime di Pol Pot
alla frontiera thailandese nel ’79 e, visitando i campi di accoglienza profughi come inviato,
toccavo con mano questo fatto. L’idea di soccorrere i profughi era qualcosa che veniva
dall’esterno rispetto alla cultura del luogo; qualcosa nella quale, non a caso, la piccola minoranza
cristiana thailandese aveva un ruolo di leadership, ma che nell’insieme della popolazione
avveniva per puro traino, per influsso dall’esterno.
Questa cultura, dunque, anche dopo la fine dei trattati di Westfalia continua a influire. Buona
parte di queste idee perdura. Queste idee non vengono più citate con il loro nome originario, ma
perdurano.
Con l’Impero, e correlativamente con il papato, per circa 700 anni l’Europa latina aveva vissuto
un’esperienza di unità, pur nella molteplicità dei suoi regni e dei suoi principati. E non è un caso
che anche oggi, come bene si vede in Italia, le terre che furono parte dell’Impero conservano più
viva la tradizione autonomistica. L’Impero infatti né volle né poté essere qualcosa di monolitico,
anche perché doveva confrontarsi con il papato e la sua particolare autorità spirituale. All’ombra
del comune riconoscimento di un’«alta sovranità» imperiale, nei secoli era appunto fiorita una
grande molteplicità di regni, di principati, di città libere, di comuni urbani e rispettivamente di
comuni rurali connessi tra loro da legami politici vari e non esclusivi. Quella del Sacro Romano
Impero (che non era in effetti un impero nel senso più comune del termine) fu un’esperienza
unica, senza riscontri in alcun’altra parte del mondo, nel corso della quale tra l’altro venne
definito il principio di distinzione tra autorità politica e autorità spirituale, creando così le
condizioni perché il principio di laicità diventasse storicamente praticabile. Il principio di laicità è
stato introdotto nella storia da Cristo, è un’idea cristiana. Quindi, quando si oppone il principio di
laicità al cristianesimo, innanzitutto si afferma una stupidaggine. Il cristiano si trova benissimo
dentro a un’idea di laicità, perché è un’idea che viene da Cristo; non c’entra niente con lo
sviluppo della moderna industrializzazione. Ci sono paesi più moderni di noi, per esempio il
Giappone, dove non c’è il principio di laicità.
Il Sacro Romano Impero fu dunque qualcosa di cui l’Europa dovrebbe essere orgogliosa.
Diversamente dalle attese, l’affermazione della sovranità assoluta degli Stati, sancita dai trattati
di Westfalia, non portò affatto a un miglior equilibrio delle relazioni fra gli Stati europei. Anzi,
dalle guerre di successione fino alle due guerre mondiali quel principio dimostrò di essere un
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gigantesco catalizzatore di conflitti sempre più cruenti e catastrofici. Dalla pace di Westfalia in
poi le guerre diventano totali e i danni che vengono prodotti sono sempre maggiori. In tutte le
guerre combattute nel ‘500 muoiono meno persone che in mezza giornata di una guerra del ‘600.
Non solo perché i mezzi di offesa erano più potenti, ma anche perché si cominciò ad affermare
l’idea dello sterminio del nemico. Il nemico non doveva essere solo battuto, doveva essere
sterminato. In questo senso, vedete come il seme di certe idee di Lenin comincia a germogliare
già nella cultura che trovò espressione nei trattati di Westfalia.
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I padri dell’unità europea
Quando poi, appena terminata la seconda guerra mondiale, si cominciò a parlare di unità europea,
il rinvio al precedente dell’Impero non aveva niente di strano. E ciò tanto più considerando che i
grandi fondatori di tale processo, ossia il lorenese Robert Schuman, il renano Konrad Adenauer e
il tirolese di lingua italiana Alcide
De Gasperi (dico «tirolese di
lingua italiana», perché sappiamo
che la parola «trentino» è stata
inventata nel 1915), erano tutti e
tre nati e cresciuti in terre che
avevano fatto parte dell’Impero e
ne
avevano
consapevolmente
assorbito la tradizione. Schuman
non solo era lorenese, ma visse e
si formò nell’epoca in cui la
Lorena faceva parte del Reich
tedesco. Erano inoltre tutti e tre cattolici, il che aiuta anche a capire l’influsso non solo cristiano
in generale, ma anche in particolare cattolico, che caratterizzò i primi decenni delle istituzioni
europee, e che si rintraccia tuttora nella bandiera dell’Unione, un cerchio di dodici stelle in
campo azzurro, che è di evidente riferimento mariano. Le stelle sono dodici come quelle che
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coronano la Donna dell’Apocalisse, e l’azzurro della bandiera è un tipico «blu madonna». Oggi
nelle pubblicazioni e nei siti web dell’Unione il significato della bandiera europea viene spiegato
altrimenti, ma ciò non toglie che si tratti in realtà di un vessillo di ispirazione mariana10. Vorrei
fare un piccolo esempio. Se vi fanno vedere una bandiera rossa con sopra una falce e un martello,
vi possono anche dire che è la bandiera di una associazione artigiani, però a voi viene comunque
il sospetto che si tratti di una bandiera del bolscevismo. D’altra parte, i paesi membri delle
istituzioni europee non sono mai stati dodici: sono stati sette, poi quindici, e quel blu non ha altra
tradizione nella storia europea, è il «blu madonna», che, purtroppo, è stato usato dai pubblicitari
come colore dominante delle confezioni dei detersivi per le lavatrici, ma deliberatamente, perché
il «blu madonna» richiama un’idea di purezza.
È poi interessante rilevare che la bandiera con le dodici stelle in campo azzurro venne preferita a
un altro possibile vessillo fino ad allora spesso usato, ossia una bandiera dominata da una grande
«E» verde in campo bianco. Quest’ultima era invece una bandiera di chiara ispirazione «laica»,
se non giacobina. Come i primi stemmi della Francia rivoluzionaria essa rifiuta infatti il
linguaggio simbolico della tradizione araldica, preferendo una lettera dell’alfabeto alle
tradizionali figure simboliche; inoltre quella tonalità di verde e quel bianco sono i colori della più
antica bandiera della Rivoluzione francese. Prima infatti che s’imponesse il tricolore
rosso/bianco/blu, che, come sapete, è derivato dai colori del comune di Parigi, quella stessa
tonalità di verde combinata con il bianco aveva caratterizzato la «bandiera della libertà» protorivoluzionaria (osserviamo per inciso che le medesime tonalità e abbinamenti sono giunti fino a
noi negli stemmi di due cantoni svizzeri di fondazione napoleonica, il Vaud e il San Gallo, e che
la stessa tonalità di verde si trova nella «E» del movimento federalista).
La questione potrebbe sembrare dotta, ma di dettaglio. In effetti non lo è. Si tratta piuttosto di
sintomi molto significativi, vere e proprie «punte di iceberg» che sono di grande aiuto per capire
le direzioni prese o non prese dal complesso sviluppo delle istituzioni europee. Nel mio lavoro
sto molto attento a queste cose: all’araldica, alle etichette, a tutte le cose in cui la mentalità filtra
più liberamente, perché è meno controllata. Quindi bisogna fare attenzione all’araldica e alle
10
L’autore della bandiera europea era un devoto della Medaglia Miracolosa; non aveva dichiarata
l’ispirazione d’origine e l’intenzione dell’iconografia, ma il significato è facilmente accessibile a chi
possieda un minimo di sensibilità e cultura storico/simbolica.
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etichette, a cosa c’è scritto sulle scatole dei supermercati: sono realtà attraverso cui passa un
mucchio di cultura.
Il ruolo centrale di Schuman, Adenauer e De Gasperi nella fase iniziale del processo di
unificazione europea non basta comunque da solo a spiegare l’originario forte influsso cattolico
su tale processo. Tra le altre cose non va trascurato che accanto a loro ebbe un ruolo di altrettanto
rilievo il «laico» francese Jean Monnet, ex-vicesegretario della Società delle Nazioni (19191923) e primo presidente (1952-1955) della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio,
CECA, l’organizzazione con cui iniziò a concretarsi il processo di unificazione europea (la CEE
nacque quattro anni più tardi, nel 1956). Il fatto è che nell’Europa del dopoguerra, segnata dalle
rovine di uno scontro tra nazionalismi, la Chiesa costituiva tra l’altro l’unica testimonianza di una
dimensione internazionale concretamente vissuta, che fosse alternativa all’internazionalismo del
Cominform. Internazionalismo che aveva una forte influenza culturale in Europa, perché l’unica
battaglia di importanza strategica che il potere sovietico vinse, fu quella per l’egemonia
sull’intelligencija: non a caso usiamo una parola russa per esprimere questo concetto.
Per questo motivo anche molto contingente la Chiesa si trovava a godere di un prestigio molto
particolare in tutta la piccola Europa comunitaria di allora (Germania Occidentale, Francia, Italia,
Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo), che per di più era anche in larga maggioranza cattolica.
Questo, in un’epoca nella quale la secolarizzazione di massa era ancora di là da venire.
///////
Un nuovo principio
La situazione comincia a cambiare nel 1973, quando nella CEE di allora entra la Gran Bretagna,
insieme all’Irlanda e alla Danimarca. Con la Gran Bretagna infatti entra nelle istituzioni europee
un grande Paese che non aveva mai partecipato alla vicenda del Sacro Romano Impero, e che in
tutta la sua epoca aurea era gravitato non sull’Europa bensì sul resto del mondo. Un Paese che ha
una relazione speciale con gli Stati Uniti, e sin qui l’ha sempre considerata prioritaria rispetto a
qualsiasi suo impegno con l’Europa. E si capisce il perché: perché è una potenza marittima. I
popoli di mare, le potenze marittime non sono legate alla terra: guardano al globo terracqueo. Per
la gente di mare, una volta che sei partito con la tua nave, è tutto vicino. Per la Gran Bretagna
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l’Umbria è molto più lontana della Nuova Zelanda. E un tempo lo era davvero, perché fino
all’invenzione della locomotiva, la velocità di spostamento sull’acqua era sette-otto volte
maggiore di quella di spostamento sulla terra. In più c’è la comunanza di lingua: in Nuova
Zelanda, dall’altra parte del globo, si parla la stessa lingua che si parla a Londra. Dunque, la
cultura della Gran Bretagna è una cultura completamente diversa, ha dei punti di gravitazione
completamente diversi.
Dall’ingresso della Gran Bretagna in avanti non si parla più di radici storiche e di motivazioni
ideali del processo di unificazione europea. Da quel momento in avanti il processo di
unificazione assume contenuti sempre più tecnici ed economici. Tenete conto che allora la Gran
Bretagna cercava ancora di mantenere in vita il Commonwealth, quindi aveva la necessità di non
scandalizzare l’Australia, la Nuova Zelanda o il Sud Africa manifestandosi troppo europea, cosa
che del resto non era. Non è una colpa, è una situazione che ha il suo fascino. Questo malgrado
che la globalizzazione rendesse la questione economica sempre meno centrale.
Oggi, mentre dei potenti e sin qui ingovernati processi economici sovranazionali stanno creando
un mercato comune planetario, il cercare di costruire e mantenere un mercato comune europeo
come qualcosa di diverso dal mercato globale è in larga misura una pura e semplice perdita di
tempo 11 . Oggi più che mai i valori e i principi dovrebbero diventare decisivi. Perché in
un’economia globalizzata il vero valore aggiunto che voi date a un prodotto è la vostra esperienza
culturale12: tutto il resto si può fare qui o a Singapore, e non capisco perché dovrei farlo qui se a
Singapore mi costa molto meno. Oggi più che mai i valori e i principi dovrebbero diventare
decisivi. Purtroppo però questo finora non accade, o non accade abbastanza, credo anche perché
proprio in questi anni è giunta al culmine della propria vita attiva la generazione che si formò
negli anni segnati dal ’68: una generazione che ha alle spalle un’immersione totale in un mare di
ideologia e in un deserto di cultura.
11
Ho un amico che ha un bosco. Gli ho chiesto come mai non fa più il taglio, visto che la richiesta di
legna da ardere cresce sempre più. La risposta nel suo piccolo fornisce una tessera che si inserisce bene
nel descrivere alcuni effetti della globalizzazione (il più preoccupante dei quali è il timore proveniente
dalla produzione cinese): la legna che viene dai balcani costa ¼ di quella che produrrebbe lui a 30
chilometri da Milano.
12
La forza che proviene dalla ideazione di nuovi prodotti risiede in occidente, è una forza culturale dal
punto di vista tecnico – cui si accompagna però la fragilità culturale di senso e prospettiva di vita.
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E’ difficile dire se l’originaria ispirazione cristiana delle istituzioni europee sia qualcosa di
dimenticato o qualcosa di censurato. Forse si tratta sia di una cosa che dell’altra. Dall’esito di
certi dibattiti al Parlamento europeo o al Consiglio d’Europa si ricava la fondata impressione che
volontà di censura e ignoranza spesso paradossalmente si sommino.
Il dibattito sul progetto di Trattato costituzionale e il suo successivo naufragio inducono però alla
speranza che in Europa stiano finalmente riemergendo esigenze, sensibilità ed energie che sino a
poco tempo fa sembravano prossime a una definitiva scomparsa.
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E’ di questi giorni il tumulto delle città francesi, dove i giovani di veri e propri ghetti si sono
ribellati. Non ci si può fermare a guardare a questi fatti come un fenomeno di ordine pubblico
perchè ciò in realtà pone al centro la domanda di quali sono i motivi per i quali si sta insieme, e
anche del perchè si accoglie l’altro.
Se non si sa perchè si sta insieme, non si hanno ragioni fondate per accogliere13.
E’ quindi necessario riprendere le ragioni dell’unità.
In questa prospettiva – come dico talvolta ai miei colleghi “laici” – sapere che il peccato originale
esiste è altamente produttivo e utile: sapere che l’uomo è fragile di fronte al potere rende realisti.
Si deve guardare all’Occidente come si guarda agli uomini, che sono peccatori. Dobbiamo cioè
essere consapevoli della sua fragilità.
Ma non abbiamo solo questo: abbiamo una ricchezza profonda e sterminata che ci viene dalla
storia europea.
Oggi è urgente riprendere le ragioni di unità perchè l’accoglienza non può essere fondata sul
credere in niente14. Il dialogo non si può impostare sul dubbio di ciascuno degli interlocutori, ma
sulla comune condizione umana. In comune abbiamo il nostro essere uomini15.
13
Quelli che si ribellano sono nello stesso momento inclusi ed esclusi: sono inclusi perchè ad esempio
frequentano le stesse scuole dei coetanei, ma sono pesantemente esclusi perchè non hanno le possibilità e
le prospettive degli altri.
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Bisogna tornare al concetto di realtà 16 . Oggi si alimenta un modo di pensare non realistico,
sentimentale, che non fonda sulla responsabilità.
L’Europa, e l’Occidente nel suo complesso, hanno grande forza. Si tratta di un dono17.
Dobbiamo lavorare insieme per rimediare all’enorme squilibrio che si è creato, perchè abbiamo
una responsabilità, e l’Occidente avendo ricevuto un più grande dono ha una più grande
responsabilità, un più grande compito.
//////
Domande
1. L’Europa sembra essere quella dell’Euro e dei banchieri, non quella dei fondamenti culturali
e spirituali di cui ha parlato sinora.
Robi Ronza.
La storia dell’Euro è in effetti un bell’esempio di come si procede verso l’unità europea.
All’inizio del dibattito su come dovessero essere le banconote si era pensato che ogni Paese
potesse mettere un’immagine che meglio lo rappresentasse: Socrate, Michelangelo, Goethe,
Lutero... Poi si decise di mettere invece degli stili architettonici – quindi non degli edifici
riconoscibili, ma una loro stilizzazione. Cioè un’astrazione. Non è un buon segno.
Il provvidenziale no dei francesi e dei danesi hanno fermato la “Costituzione”, che ha una
violenza intrinseca tremenda: la censura delle radici cristiane (di cui si è giustamente e a
lungo discusso) è solo la punta dell’iceberg. Infatti, sommando le competenze esclusive e
quelle concorrenti attribuitele, l’Unione fa tutto ed è incontrollabile.
Purtroppo il Parlamento italiano l’ha approvata e non si è voluto procedere a referendum...
Ma questo stop è un salutare punto di arresto e spero che la ripresa avvenga con un serio
dibattito – altrimenti non si farà davvero l’Europa.
14
Sembra che la regola da seguire sia: “Io non credo in niente, tu non credi in niente, questa è la migliore
condizione per incontrarci”. Ma questa è un’illusione di dialogo e in realtà questa posizione ha una forte
componente di violenza intrinseca.
15
non “buoni pensieri”.
ad esempio, non si guarisce da tutte le malattie. E poi si muore.
17
Non è un’onta, come molti terzomondisti sostengono. Così come non c’è da una parte l’oppressore e
16
dall’altra chi è solo innocente, chi deve por rimedio e chi deve attendere che sia fatta giustizia: ognuno ha
le sue responsabilità. Tutti siamo peccatori e tutti abbiamo un compito da svolgere.
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Tre serate di condivisione per un confronto di vita e di fede
Melzo, 29 novembre 2005
L’Europa: verso quale unità?
Salone Sacro Cuore
2. L’Europa fa da sponda alla Turchia, che sembra ben poco europea (meno di Israele di sicuro)
e che non vuole riconoscere l’immane sterminio degli Armeni (1.500.000 morti), il primo tra
gli altri tremendi genocidi del secolo scorso.
Robi Ronza.
Anch’io non sono favorevole all’ingresso della Turchia in Europa. Il bello è che non la vuole
nessuno: anche quelli che non si oppongono apertamente al suo ingresso pongono delle
condizioni insostenibili per poter continuare a rimandare il processo. E’ un equivoco per
l’Europa, ma anche per la Turchia.
La Turchia è stata modernizzata bruscamente da una casta militare che ha preteso di
europeizzarla, ma la realtà che resta – negata e repressa – è quella musulmana: la Turchia non
ha un’idea di laicità, contrariamente a quanto si dice di solito. Penso che quando ci sarà un
generale, o un prefetto, o un ministro o anche un sottosegretario non musulmano – allora
potremo pensare che la Turchia è laica. I greci, gli armeni, i greco ortodossi... non li troviamo
nemmeno come sindaci...
Io oggi ho scritto che sono contrario a che Israele da solo entri nella Comunità Europea, per la
sua collocazione geografica. Trovo invece molto interessante la proposta di Simon Peres di
un ingresso congiunto di Israele, dell’Autorità Palestinese e di Paesi limitrofi, che in realtà
spinge però in direzione di una Unione Mediterranea, dove anche la Turchia potrebbe
benissimo essere presente. Una confederazione di confederazioni sarebbe quindi un obiettivo
di lungo periodo, ma realistico18.
Credo che la cosa più importante sia di sviluppare i rapporti tra riva nord e riva sud del
Mediterraneo. Ciò costituirebbe un fenomeno di sviluppo enorme e uno scambio culturale
vero, come è stato per secoli.
D’altra parte l’area turcofona è emblematicamente distesa da Istambul al Sin-Kiang cinese, in
una striscia continua: se Istambul fosse metropoli di questi paesi turcofoni sarebbe più
interessante per lei e per l’Europa... Ma credo che la formazione di una Area Mediterranea sia
la via più realistica e promettente.
Intendiamoci, la Turchia non è Paese “da buttare”, ad esempio l’Impero Ottomano è durato
più di quello Romano d’Occidente e – siccome gli imperi si fanno con la forza ma si
mantengono con il consenso (i Mongoli che usarono solo la forza durarono solo due
generazioni) – ha dimostrato una notevole capacità di amministrazione; statalista, d’accordo,
eppure con suoi pregi... Quindi riconosciamo ciò che è dovuto, ma senza tacere che non c’è
ora in Turchia un autentico concetto di società civile, europea. Armeni e greci avevano avuto
un ruolo nell’impero ottomano, fino al collasso e all’intervento dei nuovi governanti, che
avevano studiato nelle università francesi e nei fatti che hanno operato uno sterminio di
impronta nazista.
18
Se si dovesse decidere di far entrare un paese musulmano nella CE, allora sarebbe meglio il Marocco
che è l’unico a non essere mai stato soggetto ai turchi: si alleò sempre con la Spagna per evitare
l’invasione ottomana e oggi la sua società è diversa, più simile a quelle che conosciamo come europee.
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L’Europa: verso quale unità?
Salone Sacro Cuore
C’è un bel libro che vi consiglio di leggere: La masseria delle allodole, in cui l’autore
riprende le memorie dei suoi antenati...19
Ma ora si deve avere il coraggio e la franchezza di dire che è ipocrita porre (come fa anche il
nostro Governo) delle condizioni che nei fatti sono insostenibili: sarebbe meglio dire chiaro e
tondo che la Turchia non è benvenuta, ma che è possibile e necessario stabilire un buon
rapporto di vicinato. Ciò sarebbe anche un salutare shock per l’attuale classe dirigente turca,
che ad esempio ancora non riconosce lo sterminio degli armeni: l’ambasciata mi manda una
lettera tutte le volte che lo cito in un articolo o in un libro, per negare che quello sterminio sia
mai avvenuto!
3. Costruire l’Europa. Da dove cominciamo? Partiamo da zero...
Robi Ronza.
Non partiamo da zero, abbiamo anzi una grande quantità di materiale di eccellente valore da
cui partire.
Se pensiamo a San Colombano e agli altri grandi santi irlandesi del 600, 700, 800 che
attraversavano l’Europa... cosa vedevano? Adesso vediamo il risultato di quel lavoro, ma a
loro l’abate aveva detto soltanto: “vai verso Roma” 20 . Loro avevano ubbidito, ma non
vedevano che poche cose, quelle che stavano facendo, non vedevano la portata e la
prospettiva futura della loro missione. Noi oggi invece facilmente (magari studiando e
riflettendo un po’) riconosciamo il gigantesco valore della loro opera. Basta pensare
all’Abbazia di Bobbio, che ne è una testimonianza evidente.
L’uomo religioso è capace di lanciarsi in intraprese che superano il numero di anni di
speranza di vita individuale. Se non si ha questa prospettiva ci si impegna solo in un lavoro di
ottimizzazione, cioè di breve respiro.
In questo senso è l’ateismo il vero oppio dei popoli: chi non ha prospettiva adeguata si
paralizza21.
Questo accade anche nella ricerca scientifica. Alessandro Volta si è messo a fare la sua
ricerca consapevole che l’applicazione dell’energia elettrica non l’avrebbe veduta lui... eppure
non si è fermato.
L’uomo religioso ha presente tutto questo, e si impegna in obiettivi che superano il suo
limitato tempo terreno: è una lunghezza d’onda diversa22.
19
[Ronza aggiunge qualche ulteriore accenno sul libro, che qui viene omesso. NdR]
Proprio come succede nella chiesa ai giorni nostri, litigavano anche tra di loro. E’ nota la divergenza tra San Gallo,
che non volle continuare il suo viaggio oltre le Alpi (e infatti si fermò), e San Colombano che arrivò invece fino a
Bobbio. Ma si rappacificheranno: San Colombano manderà a San Gallo il suo bastone, come segno di fraternità...:
immaginate una spedizione che valica le Alpi in quelle condizioni, per portare un bastone in Svizzera!
21
D’altra parte la divisione che siamo soliti fare tra vita eterna e vita terrena è fuorviante: la vita è eterna dall’inizio,
altrimenti che eternità sarebbe?
20
22
E infatti il pavimento di questo salone, le sedie su cui sediamo, sono il risultato di scoperte e lavori che ci
precedono: siamo davvero su spalle di giganti.
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L’Europa: verso quale unità?
Salone Sacro Cuore
4. Ma allora, quali sono i confini dell’Europa?
Robi Ronza.
A est c’è il mare... a ovest non c’è confine chiaro. I primi confini sono stati posti sul Volga,
poi sono stati fissati agli Urali... ma, se ci ragioniamo un attimo, perchè i siberiani dovrebbero
essere esclusi? Però così si arriva fino a Vladivostok...
Distinguiamo, allora, quando si parla di confini.
Una cosa è l’Europa come praticabilità politica, altra cosa è la cultura europea.
Pensate all’America Latina, quanto è europea! A Cuzco non a caso vedete lo stemma di
Castiglia e Leon sulla cattedrale. I concetti di confine ora sono diventati ancora più difficili:
perchè il mare deve impedire ai latino americani di rifarsi alla loro appartenenza europea?
Invece, da un punto di vista della praticabilità si può dire che se riusciremo a integrare i Paesi
dell’ex blocco sovietico faremo già un buon lavoro, un’opera che ci ricorda che l’Europa è
latina e bizantina.
Mentre credo che in questo momento – sempre sullo stesso terreno della possibile
praticabilità politica, dovuta a ragioni istituzionali – la Russia non possa entrare nella CE. Ma
questa, lo ripeto, è una valutazione storica, politica.
L’importante è che queste identità che vanno costituendosi non siano chiuse. Dobbiamo
cominciare a pensare ai confini non come a un muro di separazione, ma a punti di contatto.
5. Per i suoi fondatori, al termine della II guerra mondiale l’Europa Unita era una grande opera
di pace: economia e pace, a partire dalla CECA. Cosa ne pensa e cosa può essere la CECA
dei nostri giorni?
Robi Ronza23
L’economia fa parte della materialità della vita. Cristo incarnandosi ci ha segnalato che la
materialità è degna di attenzione. Serpeggia invece, anche nel mondo cattolico una idea
secondo la quale l’economia sia come un lavoro brutto, un aspetto basso. Tutt’al più si
concede che con i soldi che si guadagnano con l’iniziativa economica si può fare del bene, da
un’altra parte...
In Europa tutte le guerre tra ‘700 e ‘800 sono state combattute per il controllo del carbone e
dell’acciaio.
L’idea di fondo dei fondatori è stata che per fare la pace bisogna creare delle condizioni che
la rendono conveniente. La pace non è cosa astratta, come ben testimonia il Piano Marshall:
23
Ho ricordi personali in proposito: mio padre è stato un consulente nella formazione della CECA, e
ricordo che a casa ne parlava qualche volta...
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esso costringeva i paesi aiutati a comprare merci da paesi che erano stati nemici nella guerra,
per rigenerare dei rapporti24.
La CECA è stato questo, un grande strumento di pace, favorendo rapporti convenienti.
L’economia ricca è il motore della pace, l’iniquità produce tensione e alla fine porta alla
guerra.
La pace si costruisce. Il motto se vuoi la pace prepara la guerra è stupido: se vuoi la pace
devi preparare la pace. E’ un’opera, la pace. Infatti Beati i pacifici è un’opera: il Vangelo non
è cosa della domenica, ma un aiuto per la vita quotidiana.
La CECA è stata una grande cosa... ma ora è sorpassata. Ora è tutto più complicato.
Per me oggi la grande questione è la tecnologia. E’ verissimo che lo squilibrio nel mondo
oggi è insopportabile 25 . In un qualunque paese arabo anche i tappi delle bottiglie sono
prodotti con macchine occidentali (di solito sono italiane). E’ un incubo per chi considera
l’occidente come estraneo, o peggio arriva fino a sviluppare un antagonismo violento.
Bisogna difenderci, anche militarmente quando occorre, ma bisogna lavorare per risolvere
questo squilibrio tecnologico.
Oggi nei paesi arabi e nei ghetti che sono stati costituiti in occidente si vive una situazione
apparentemente paradossale: più c’è sviluppo più c’è rancore con l’occidente. Gli africani non
hanno prodotto una avversione violenta come quella araba. A Londra chi ha messo le bombe
erano cittadini britannici, quindi integrati da generazioni, ma consapevoli di non avere le
stesse chances dei coetanei. D’altra parte nei parlamenti europei non ci sono praticamente
deputati di origine araba o pakistana...
Può sembrare strano ad alcuni, ma la tensione è destinata a crescere, con l’aumentare dello
sviluppo26. Certo, non tutti coloro che sono marginali diventeranno terroristi, ma alcuni sì...
bisogna rimediare a questa frustrazione27.
6. Ma quale è la nostra forza? Come si comincia in questo lavoro? E quanto ci costerà?
24
Mio padre è stato ospite nel lager di Mauthausen, e tra i pochi a tornar vivi. Dopo la fine della guerra
andava in Germania per lavoro e certo, se avesse trovato dall’altra parte del tavolo dei negoziati uno che lo
aveva puntato dalle torrette del lager, non sarebbe stata una cosa facile...
25
Noi siamo vicini degli arabi, non possiamo fare come se non ci fossero.
Dobbiamo considerare il senso di frustrazione di chi, ritenendo estraneo e nemico l’Occidente deve usano
tutta tecnologia di provenienza occidentale: non so se avete notato che l’integralismo nasce nei politecnici
e che gli attentatori sono in massima parte degli ingegneri.... Osama Bin Laden è un ingegnere che ha
studiato in USA...
26
La peste è scomparsa nelle forme gigantesche delle pestilenze medioevali con il termine della
coabitazione di uomini e topi, cioè secoli prima che si scoprisse il vaccino. I topi sono la peste?
Evidentemente no, ma ne sono il veicolo. Ci sono delle condizioni che sono il brodo di cultura di
degenerazioni potenziali, e questo vale oggi per il terrorismo.
27
L’idea che il reclutamento dei suicidi avvenga per la promessa di un paradiso orgiastico è semplicistica,
e il suo riferimento al Corano non è molto fondato. Bisogna chiedersi come possa accadere un fatto così
imponente e gravi, che non passa attraverso gli annunci sui giornali...
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Melzo, 29 novembre 2005
L’Europa: verso quale unità?
Salone Sacro Cuore
Robi Ronza.
Siamo fortissimi, nell’economia. Ma debolissimi nella mentalità.
Come si comincia? Ognuno cominci!
Quanto costerà? Costerà! Non si deve avere la presunzione dell’immunità: attentati ce ne
saranno ancora, perchè si può essere potenti ed avere sconfitte.
Dobbiamo recuperare una virtù, la virtù cardinale della Fortezza28, che ci ricorda che non
bisogna lasciarci né scoraggiare né esaltare.
Un tempo la drammaticità della condizione umana era più chiara. Abbiamo passato un
periodo che ha messo tra parentesi la realtà drammatica, che ora possiamo sentire al massimo
solo nei ricordi dei bisnonni. Queste vicende ci costringono a riprendere la necessità della
Fortezza.
Fin dove arriverà la crisi? Spero non fino in fondo. Siamo molto fragili: tutto è raffinato, ma
molto più rigido. E’ più fragile anche la gente.
Se arriverà una crisi seria sarà una dura prova, perchè troppo spesso si ripone la speranza in
alcune cose, che se mancano gettano come nella disperazione...
Io credo che la Storia sia una Parusìa: pure una crisi può essere utile, anche se spero che non
accada e non sia comunque pesante. Ma i segnali sono seri e la situazione assolutamente
ingovernata (e non si sa come governarla29). L’economia si globalizza comunque e diventa
sempre più complessa.
Bisogna riporre la speranza in Qualcuno d’Altro. E fare la nostra parte nella realtà, fino in
fondo.
(Appunti. Testo non rivisto dall'autore)
28
29
.... Prudenza, Temperanza e Giustizia... ci si ricorda soprattutto la Giustizia.
Fa venire in mente la situazione della fine dell’Impero Romano, quando ad esempio non si capiva
perchè la moneta perdesse valore.
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